Marina Vitae: il respiro del mare in un calice di vino

Racconti dalle delegazioni
13 dicembre 2023

Marina Vitae: il respiro del mare in un calice di vino

Nella sede di AIS Monza, Bruno Ferrari ci accompagna in un tour insolito, su e giù per l’Italia, alla scoperta dei “vini marini” prodotti con vitigni che ottengono grandi benefici dagli influssi del mare.

Raffaella Radaelli

Il titolo della serata “Marina Vitae” racchiude spensieratezza, vitalità e un profumo salmastro inebriante che ci riporta indietro alle vacanze estive. 
Bruno Ferrari riesce a stuzzicarci il palato e la mente. Nel mosaico dei vini del mare selezionati fra bianchi, rossi, passiti e fortificati, meritevoli per qualità e caratteristiche identitarie, si alterna il “Quiz Time” con domande e risposte curiose che riscaldano l’atmosfera. In palio una bottiglia a sorpresa, ovviamente dal sapore di mare. 

“Nel vino la verità…
Nel mare l’infinito…
Insieme, sono la perfetta simmetria della vita”.
(Leonardo da Vinci)

Cosa si intende per “il respiro del mare in un calice di vino”? 
L’Istituto della Vite del Vino afferma che la qualità della vigna è una combinazione di clima, terreno, vitigno e opera del viticoltore. 
Riprendendo le basi della viticoltura, Bruno sottolinea gli aspetti che danno un valore aggiunto ai vini del mare.
Se consideriamo il fattore clima, la presenza delle correnti marine e delle brezze favoriscono la mitigazione delle temperature e la diminuzione dell’umidità, donando un buon equilibrio fra le note polifenoliche e una vivace acidità. 
Se analizziamo il terreno, l’erosione delle rocce causata dal vento e i sedimenti contribuiscono alla mineralità del terroir, il tocco aggiuntivo di salsedine con l’effetto nebulizzazione “condisce” le vigne e insieme ai profumi mediterranei apporta freschezza e carattere.

I vitigni del mare

“Stesso vino, stesso mare?”. Sulla falsariga di una nota canzone estiva, la domanda provocatoria ci induce a metterci idealmente in viaggio per scoprirlo. 

Partiamo da quella lingua di terra lunga e stretta di nome Liguria che possiede colline scoscese verso il mare con terreni sabbiosi e calcarei, un clima sublitoraneo protetto dalle Alpi. I vitigni rappresentativi sono il pigato e il vermentino, “probabilmente” identici o con una parentela genetica. 

Spostandoci poco più a sud, arriviamo in Toscana dove il connubio mare e monti, Mar Tirreno ed Appennini, genera forti escursioni termiche, vitali per la salute della vite. I suoli sono sabbiosi e calcarei e fortunatamente drenanti, i vitigni di punta sono il vermentino e l’ansonica che in Sicilia si chiama inzolia. 

Dal Mar Tirreno ci spostiamo sul Mar Adriatico nel versante opposto, sostiamo nelle Marche, dove domina il Monte del Cònero, che del monte in verità ha gran poco con soli 572 metri s.l.m. I terreni di sedimenti marini, argilla e calcare producono il vitigno principe a bacca rossa, il montepulciano. 

Scendiamo ancora e arriviamo in fondo allo stivale, ci addentriamo in Sicilia nelle Isole Eolie, i terreni sono vulcanici, di pietra pomice molto porosa. Degni di nota sono gli autoctoni malvasia delle lipari e una coltivazione ridotta di corinto nero. 

Infine, ritorniamo a navigare verso nord e giungiamo in Sardegna per visitare la Gallura, dal clima temperato caldo e mitigato dal vento, pianeggiante con terreni di granito, roccia madre e sabbia. Il vitigno interprete è indubbiamente il vermentino, a seguire il moscato.

La regione più a sud dell’isola, il Sulcis, offre un paesaggio misto di colline, pianure e rilievi, con terreni di sabbia e vulcaniti acide, protagonista assoluto il carignano e un vitigno di nicchia di nome nasco.

La degustazione 

Riviera Ligure di Ponente DOC “Saleasco” 2021, 13% vol. - Cantine Calleri 
pigato 100%

di sale e di mare… 
così si presenta il primo vino, il cui vitigno autoctono pigato, dal latino “picatum” (aromatizzato con la pece) e dal dialetto “pigau” (picchiettato, macchiato), si esprime con fierezza ed eleganza nella Piana di Albenga, nel cuore della Riviera di Ponente, zona eccezionale per la presenza di un substrato di marna e di roccia.
Cantine Calleri, capostipite fu Aldo Calleri, è un piccolo produttore, attento alla qualità, con vini gioiello che attingono alla tradizione ligure.
Assaggiamo il vino che ha ottenuto numerosi riconoscimenti: vinificazione in bianco con pressatura soffice, affinamento sulle fecce fini fino a primavera, due mesi in bottiglia.
Dal colore giallo paglierino con riflessi verdi e una fittezza medio-bassa, si fa notare per la sua vivacità e consistenza. Il naso evoca gradevoli ed eleganti note floreali di gelsomino e ginestra, a seguire sentori di frutta a polpa bianca come la pesca e la mela renetta, poi si mescolano delicati accenni di vaniglia, mandorla, salvia, muschio di pino sorretti da una netta mineralità. Il sorso morbido e affusolato conferma sapidità e freschezza, chiude con echi lunghi di frutta. 
In abbinamento si opta per una pasta di gamberi in sugo di polipetti o gamberoni in padella agli agrumi.

Toscana Bianco IGT “Belvento” 2022, 13% vol. - Petra 
vermentino 100% 

senti che Belvento… 
e ci sembra di avvertire una folata di brezza marina che muove le foglie nelle vigne.  I vini della linea “Belvento” si ispirano al mare e alla terra selvaggia, includono vitigni autoctoni come il vermentino e il ciliegiolo e internazionali come il viognier e il cabernet sauvignon.
L’azienda agricola e vitivinicola al femminile Petra, voluta e diretta da Francesca Moretti, è monumentale, di una bellezza ed architettura straordinaria, ben integrata con le vigne. Di impronta biologica, si distingue per la tecnica di vinificazione per gravità con un impianto fotovoltaico innovativo e galleggiante.
Questo vermentino toscano in purezza, la cui parola deriva da “vermene” cioè ramoscello giovane, prevede vendemmia manuale, fermentazione a bassa temperatura, affinamento in bottiglia per almeno tre mesi.
Giallo paglierino luminoso, con sfumature verdoline, qui la fittezza e la consistenza sono maggiori rispetto al precedente vino. Spiccano l’intensità e la complessità di frutti gialli e maturi come la pesca, l’ananas, la papaia e note agrumate, fiori gialli come il tarassaco, la margherita ed erbe aromatiche. All’assaggio ci cattura la morbidezza e la persistenza, la mineralità risulta più celata rispetto al pigato, la struttura marcata vince sull’eleganza. 
In abbinamento si propone un piatto di ravioli ripieni di scampi o una vellutata di ceci e mazzancolle. 

Quiz Time

“Sulle coste toscane si dice che…

… il vermentino, coltivato vicino al mare, acquisisca note saline che si
sposano perfettamente con i piatti di pesce, in una perfetta
contrapposizione tra tendenza dolce del pesce e sapidità del vino”.

 

Salina Malvasia secca IGP “Infatata” 2022, 13% vol. – Caravaglio 
malvasia delle Lipari 100% 

… didyme infatata
Didyme era l’antico nome dell’isola di Salina, deriva dal greco “didymos” che significa “doppio, gemello” per la presenza di due coni vulcanici spenti che la fa apparire da lontano non come un’unica isola, ma come due diverse e vicine. Un’isola miraggio, quindi, attraente riserva naturale e protetta. 
Il produttore Antonino Caravaglio guarda alla qualità secondo i dettami dell’agricoltura biologica, gestisce l’intera filiera dalla produzione alla vendita.
Le isole Eolie producono vini passiti tra i più nobili d’Italia, scopriamo invece una malvasia nella versione pasto, secca, prodotta esclusivamente da uve provenienti dal “cru” di Tricoli, un appezzamento a forma triangolare che si affaccia sul mare: vendemmia manuale, fermentazione su lieviti autoctoni a bassa temperatura. Affinamento in acciaio e bottiglia.
Lucente, il giallo paglierino vivace attrae, ancora più accattivante il naso con un’esplosione di fiori e frutti gialli, pesca e banana caramellate col miele e la vaniglia. Non manca il tocco vegetale di sottobosco. La bocca è avvolgente, mantiene le potenti ed eleganti premesse olfattive e regala tanta freschezza. Un vino dal chiaro e ammirevole rigore espressivo.
Ci viene suggerita con la tagliata di tonno al pesto di menta o polpettine di cous cous di ceci e gamberi.

Quiz Time 

“Nelle isole Eolie la leggenda racconta che…
… la malvasia delle Lipari era commercializzata nel mediterraneo fin dall’antichità e la logica di coltivazione del vino è rimasta inalterata.

 

Vermentino di Gallura DOCG Superiore “Maìa” 2022, 14,5% vol.- Siddùra 
vermentino 100% 

… una maìa di vermentino…
Maìa in gallurese vuol dire “magia”, si produce nei pressi di Luogosanto, una cittadina medievale nel centro storico della Gallura. 
La cantina Siddùra, proclamata “Migliore Cantina Italiana”, è interrata per sfruttare la coibentazione naturale data dal suolo, utilizza soprattutto la fermentazione spontanea per vini di eccellenza che riflettono il terroir. 
Il vermentino Maìa “sa di Gallura”, è stato premiato come il “Miglior Vermentino d’Italia”: vendemmia manuale, uve raffreddate e lasciate in macerazione in serbatoi di acciaio, fermentazione in tini di rovere, maturazione in botte grande e affinamento in bottiglia.
Dal caratteristico giallo paglierino con fiammelle verdoline, la fittezza dona al vino una bella lucentezza. Il naso è delicato e di grande raffinatezza, suggerisce un ampio bouquet di margherite, biancospino, ginestre, frutta a polpa bianca come pesca e mela e ciuffetti di erbe aromatiche di timo e maggiorana. Fresco e sapido, vellutato, con un eccellente equilibrio gustativo e un’impareggiabile persistenza. Indubbiamente un grande ed elegante vermentino!
Si sposa alla perfezione con tartare di scampi oppure paccheri allo scoglio.

Quiz Time

“Si narra che in Gallura…
… gli antichi pescatori abbiano scoperto casualmente che le pecore, pascolando tra le vigne, contribuivano a migliorare il terreno con il loro concime naturale, aumentando così la qualità del vino”.

 

Marche Rosse IGT “La Gattara” 2016, 15% vol. - Fattoria San Lorenzo
montepulciano e sangiovese 

… un montepulciano del mare
perché nonostante ci si trovi sul litorale adriatico, spicca imponente il promontorio simbolo dell’Abruzzo, il Monte Cònero, dal greco “komaros” che vuol dire corbezzolo, un arbusto sempreverde largamente diffuso in quei boschi. Il Cònero divide, enologicamente, la produzione di sangiovese a nord in Romagna e quello di montepulciano a sud in Abruzzo. Il montepulciano è un vitigno che nulla ha a che vedere con il vino nobile di Montepulciano che è prodotto da uve sangiovese, in passato la località toscana creò non poca confusione. 
La Fattoria San Lorenzo è ubicata a Montecarotto, nel comprensorio dei Castelli di Jesi, ha un attaccamento viscerale alla propria terra, un forte orientamento al biologico e una filosofia tradizionalista e artigianale. 
Proviamo il loro vino rosso (e non il bianco verdicchio), le cui vigne hanno 70-80 anni di storia, vendemmia manuale, fermentazione spontanea, elevato per 36 mesi sui lieviti di fermentazione, uso della barrique, sei mesi in bottiglia, non filtrato. Produzione limitata, solo 1.500 bottiglie all’anno. 
Il rosso rubino è profondo e vivo, consistente, un naso ricco ed esuberante di frutta matura di prugna e ciliegia sotto spirito, spezie come chiodi di garofano, cannella, nota vegetale di muschio e tostatura di tabacco, fave di cacao, caffè, accenni minerali di grafite, una caramella balsamica-mentolata. Lo slancio al naso si evince anche in bocca, di grande struttura, “masticabile”, il tannino ancora da levigare, un vino in evoluzione che ammalia adesso per succulenza, freschezza e dinamicità. Il sorso è lunghissimo, termina su note legnose di liquirizia. 
Sublime abbinato a una coscia di cinghiale al forno o uno stracotto di manzo ai funghi.

Quiz Time 

“Nelle coste marchigiane del Conero si dice che…
… il nome “Conero” derivi dal termine latino “cornus”, che significa “corno” o “punta”, a causa della caratteristica forma del monte Conero che domina i vigneti”.

 

Vino da uve stramature “Latinia” 2017 (bottiglia 375 ml.), 14% vol. – Santadi
nasco 100% 

… il muschio del Sulcis…
il vitigno nasco deriva dal latino “muscus” e si caratterizza per un profumo muschiato di macchia sarda. La sua coltivazione è rara e limitata, si trova solo nell’entroterra di Cagliari e Oristano. 
La cantina Santadi nasce con un concetto sociale nel 1960, la svolta nella produzione di vini di qualità arriva negli anni settanta con l’enologo Giacomo Tachis e da quel momento è stato un continuo crescere ed apportare migliorie alla cantina e alle tecniche di vinificazione, con riconoscimenti da tutto il mondo, in particolare per i vini a base carignano.
Degustiamo un vino passito di rarità, le uve bianche nasco provengono da vigneti allevati ad alberello - antica vigna latina - del basso Sulcis. La vendemmia tardiva prevede di tornare anche più volte sullo stesso vigneto a raccogliere quei grappoli che col tempo hanno raggiunto il livello desiderato di surmaturazione, fino ad ottobre inoltrato, la fermentazione alcolica che a causa dell’alta densità del mosto procede molto lentamente, viene ad un certo punto naturalmente inibita. L’evoluzione prosegue per alcuni mesi in barrique di rovere francese di terzo passaggio.
Brillante, ricorda la pietra preziosa dell’ambra con riflessi ramati, ottima consistenza. Un ventaglio di profumi: albicocca disidratata, scorza di arancia candita, uva passa, uva sultanina, dattero, fico, miele, note balsamiche, vegetale secco di fieno, fiori appassiti. Un naso di una finezza impressionante. Eccellente corrispondenza naso-bocca con un ritorno di arancia candita e note mielose, una grande morbidezza sostenuta da tanta sapidità e freschezza, infinitamente lungo, chapeau!
Lo abbiniamo per concordanza con un dolce semplice, come la torta paradiso, guarnita di crema allo zabaione.

 “Vecchio Samperi” vino perpetuo, 16,5% vol. – Marco de Bartoli 
grillo 100% 

… il vignaiolo perpetuo
dal 1978 produce un vino senza tempo, un ritorno alle origini del marsala dell’epoca prebritannica, utilizzando un sistema di “travasi”, di piccole parti di vino di fresca produzione in botti con vini già invecchiati. Viene quindi nobilitato l’antico metodo di affinamento del vino in botti di rovere (simile al sistema Solera). Il nome del vino rimarca le origini da cui proviene, la Contrada Samperi, nell’entroterra marsalese e in etichetta leggiamo: “Sapienza dell’uomo, Vocazione del territorio, Forza del clima, Rispetto della tradizione, Carattere dell’uva, Qualità dei legni e Tempo…”.  Il vitigno grillo, un incrocio fra catarratto e zibibbo, con un alto grado zuccherino, è predisposto all’ossidazione e trova dimora ideale in questi terreni sabbiosi e calcarei ricchi di minerali. Selezione manuale delle uve, spremitura soffice, sedimentazione naturale, fermentazione tradizionale con lieviti indigeni in fusti di rovere e castagno a temperatura ambiente. Invecchiamento per una media di almeno 15 anni utilizzando il tradizionale metodo perpetuo.
Si presenta con un’affascinante tonalità ambrata, di bella vivacità e consistenza. Il naso è intenso, sopraffino, severo: mallo di noce, uva sultanina, uva passa, liquerizia, cera, smalto, iodio. La bocca è potente, dall’acidità travolgente e la sapidità decisa. Un vino-rivelazione, dalla lunghezza straordinaria, con un ritorno di mandorla e miele.
Godibile anche da solo, si fa notare per la sua ricercatezza e classe con un plateau di ostriche e bottarga.

Un evento dal tema inedito, caratterizzato da vini epifanici, che hanno regalato una fresca sensazione di benessere e uno sguardo a perdere sull’orizzonte:

“Un calice di vino dal mare 
è come un sorso di libertà,
un abbraccio con l’infinito blu dell’oceano”.
(Ernst Hemingway)