Masterclass “Sua Maestà, il Nebbiolo” - Prima parte: Alto Piemonte

Nella prima delle quattro serate dedicate al nebbiolo, vitigno nobile per definizione e per carattere, l’enologa e produttrice Silvia Barbaglia, insieme al Relatore AIS Francesco Ferrari, ci conducono alla scoperta dei terroir e dei vini dell’Alto Piemonte.

Stefano Vanzù

Quando si parla di nebbiolo, il pensiero corre immediatamente a due famosissime zone del Piemonte, Barolo e Barbaresco, nelle quali quest’uva storica, nobile, difficile ed esigente si è accasata alla perfezione e dove ha dato e continua a dare vini di altissimo profilo e somma eleganza, allorquando definiamo “elegante” un vino che racchiude in sé classe, finezza ed originalità unite ad una semplicità che non è banalità ma un tratto distintivo di “quel” vino e di “quel” terroir.

Il nebbiolo, però, ha un’altra grande peculiarità: è un vitigno che esprime e non domina il territorio dove viene allevato, al punto che Francesco Ferrari lo definisce un “traduttore” della terra in cui cresce poiché si identifica in maniera stretta con il suo terroir, a differenza ad esempio di un altro famoso vitigno, l’internazionale cabernet sauvignon, considerato un vitigno “scrittore” in quanto si impone al territorio in cui viene coltivato.

Se in un territorio uniamo questa caratteristica ad una profonda conoscenza del nebbiolo, maturata in secoli di esperienza, allora potremmo ottenere dei vini di alto livello anche senza essere nelle Langhe: è proprio questo il caso dell’Alto Piemonte, dove il nebbiolo è conosciuto, amato e coltivato da sempre per produrre vini, in purezza o in blend con altri vitigni autoctoni (nebbiolo fra il 50 ed il 90%, croatina, vespolina e uva rara a saldo), che hanno una qualità media fra le più alte in Italia, vini che, eleganti come l’uva da cui derivano, sussurrano e non gridano.  

L’Alto Piemonte

L'Alto Piemonte è il territorio della regione piemontese compreso tra le province di Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola.

Dal punto di vista geografico, si tratta di un territorio eterogeneo, incastonato fra la Pianura Padana, come confine meridionale, e le Alpi Pennine e Lepontine, come confine settentrionale (Canton Vallese e Canton Ticino); delimitato ad est dal Lago Maggiore e ad ovest dal Monte Rosa, il territorio si divide fra pianura (Novara e provincia, Vercelli e provincia ad eccezione della Valsesia, Biella e parte dell'omonima provincia) e montagna (Verbania e provincia, Valsesia).

L’Alto Piemonte è la terza zona italiana, insieme alle Langhe e alla Valtellina, in cui il nebbiolo (localmente chiamato anche spanna, picotendro o prunent) si esprime con risultati straordinari. Nebbiolo ma non solo, perché nelle Denominazioni che costituiscono il territorio, troviamo anche molti altri vitigni, principalmente vespolina, croatina, uva rara, l'immancabile barbera e, a bacca bianca, l'erbaluce.

Le sei Denominazioni, su dieci in totale, di cui degusteremo i vini sono comprese fra le provincie di Biella ad est e a nord e quelle di Novara e Vercelli a ovest e sud.

Il territorio dell’Alto Piemonte ha una conformazione collinare storicamente vocata alla viticoltura e una ricchezza di suoli che si esprime e si ritrova in vini di grande pregio. La protezione dai venti freddi del Nord e contemporaneamente, nelle stagioni calde, l’esposizione ai venti dalle valli che portano frescura notturna e ventilazione ai vigneti, determinano un microclima ideale per l'intensità aromatica e la coltivazione del nebbiolo. In pochissimi altri luoghi al mondo in un così ristretto spazio si concentrano condizioni geologiche, pedologiche e climatiche così diverse: dalla pianura alle vette più alte, dal porfido vulcanico alle morene glaciali, dal clima mite del lago a quello gelido di montagna.

La geologia dell’Alto Piemonte

L’Alto Piemonte è un territorio di origine vulcanica, nato oltre 280 milioni di anni fa, quando tutti gli attuali continenti erano uniti in un unico continente primordiale, la Pangea.

Nell’area in cui si trova oggi l’Alto Piemonte era presente un supervulcano che esplose, eruttando un'immensa quantità di materiale e sprigionando un'energia pari a 250 bombe atomiche, tale da modificare per molti anni il clima dell'intero pianeta: la sua enorme caldera coincide oggi con le valli dei fiumi Sesia e Sessera, tra le province di Novara, Vercelli e Biella, proprio in Alto Piemonte.

Un ulteriore accadimento fondamentale per definire le dinamiche geologiche e orografiche del territorio è quello relativo allo scontro, circa 50 milioni di anni fa, fra la placca africana e quella europea che ha dato origine alle Alpi e portato in superficie l'intera struttura sommersa dell’antico supervulcano, facendogli assumere un profilo orizzontale e mettendone in evidenza il sistema di alimentazione, fino a circa 30 km di profondità.

Il sistema di faglie generato dal movimento di subsidenza fra la placca africana e quella europea (che essendo più pesante di quella africana scivola sotto a quest’ultima), tuttora in atto, è chiamato Linea Insubrica e si estende per quasi tutta la catena alpina, dal Piemonte sino ad oltrepassare la Slovenia.

Una storia geologica così complessa ha originato una configurazione podologica straordinaria, caratterizzata fondamentalmente da terreni acidi (pH vicino a 4) e quasi totale assenza di calcare che, non legando fra loro i minerali presenti nel terreno, li rende mobili e disponibili per essere assorbiti dalle radici delle vigne.

In Alto Piemonte sono presenti anche sabbie marine fossili (nella DOC Lessona), porfidi vulcanici (nelle DOC Bramaterra, Gattinara e Boca) e terreni fluvio-glaciali (nelle DOC Ghemme, Sizzano e Fara).    

Il clima dell’Alto Piemonte

Il clima dell’Alto Piemonte è continentale, con elevate escursioni termiche che garantiscono la qualità dell’uva.

L’Alto Piemonte è una zona molto piovosa, con valori medi superiori a 1.000 mm (la media italiana è di 730 mm.), fredda (temperatura annua media 12 °C, sono 13,3 °C nelle Langhe) ma con inverni relativamente miti; la vendemmia è in genere tardiva (ottobre avanzato) e questo fatto assicura tannini eccezionali.

Importante l’influsso del Monte Rosa, il massiccio montuoso più ampio d’Europa, che protegge le vigne dai venti freddi del nord anche se in estate lo scontro fra le correnti fredde che scendono dalle montagne e quelle calde e umide provenienti dalla pianura può dare luogo a frequenti grandinate.

Un po’ di storia

In Alto Piemonte si fa vino da sempre: fonti archeologiche sembrerebbero indicare il commercio di vino fra le locali popolazioni celtiche e gli Etruschi e si ritiene che la viticoltura fosse già praticata dai Liguri residenti nella zona.

Nel territorio della DOC Fara si coltivava la vite per fare il vino e lo scrittore Plinio il Vecchio già lo menziona nel I° secolo d.C., altre testimonianze derivano anche da antichi diari di viticultori; a Fara Novarese è conservato un sarcofago romano, databile al II° secolo d.C., dove il testo dell’iscrizione nel cartiglio dice che il proprietario negoziava in generi agricoli e in vino.

Negli archivi vescovili di Vercelli si trova scritto che fin dai tempi di Carlo Magno sulle colline di Gattinara prosperavano verdeggianti vigneti e una vigna, ancora oggi esistente, è citata in un documento del 1286: questo dato è un’ulteriore conferma che quest’area ha sempre avuto una fortissima vocazione vitivinicola e una storia che, escludendo la Borgogna, non ha eguali al mondo. 

La bontà del Gattinara è testimoniata anche dai documenti storici i quali riferiscono come il Marchese di Gattinara, Cardinale Mercurino Arborio, Cancelliere di Carlo V e amante del vino delle sue terre, osò presentarlo nel 1525 alla Corte del Re di Spagna; grazie a questo famoso diplomatico, il Gattinara ottenne una grande fama e venne diffuso in Italia e in Europa, spesso offerto quale efficace mezzo di trattativa diplomatica.

Nel 19° secolo, un grande estimatore dei vini dell’Alto Piemonte fu Camillo Benso Conte di Cavour: in una lettera del 1845 indirizzata al notaio Giacomo Giovanetti, che gli aveva donato alcune bottiglie di Sizzano, il protagonista del Risorgimento paragona il bouquet del Sizzano a quello del Borgogna, persuadendosi altresì che anche in Piemonte si possano “fabbricare vini di lusso”. 

Successivamente, come accaduto a molti areali vitivinicoli italiani storicamente vocati e, quindi, molto vitati anche l’Alto Piemonte subì gli esiti nefasti della fillossera prima e dell’esodo dalle campagne poi, passando dai 40.000 ettari vitati di fine ‘800 a 600 ettari del dopoguerra, in un’area che da sola allevava più dell’intero patrimonio viticolo attuale del Piemonte; oggi la superficie totale a vigneto dell’Alto Piemonte è di circa 470 ha totali su 10 Denominazioni.

Le Denominazioni

Le Denominazioni, provincia per provincia, sono:

Novara: Ghemme Docg, Boca Doc, Colline Novaresi Doc, Fara Doc e Sizzano Doc, per un totale di 281,31 ettari vitati.

Vercelli e Biella: Gattinara Docg, Bramaterra Doc, Coste della Sesia Doc e Lessona Doc. per un totale di 181,70 ettari vitati

Verbano Cusio Ossola VCO: Valli Ossolane Doc con 8,31 ettari vitati.

Si tratta principalmente di Aziende di dimensioni medio piccole, quasi sempre a carattere familiare, tramandate di generazione in generazione, spesso con una qualità dei vini veramente interessante.

La degustazione

La degustazione ci fa apprezzare sei vini di altrettante denominazioni (Lessona Doc, Bramaterra Doc, Gattinara Docg, Boca Doc, Fara DOC e Ghemme Docg) che insieme totalizzano 231 ha vitati per una produzione annua di 470.000 bottiglie.

Lessona DOC “Proprietà Sperino” 2016 - Spanna (nebbiolo) 100% - 14% vol.

Un nebbiolo in purezza che nasce da uve allevate in tre vigneti su terreni con strati di sabbia rossastra e löss (un tipo di sedimento eolico molto fine, delle dimensioni del limo). Un vino “estroverso”, che affina per 34 mesi in botti di varie capacità, di un rosso rubino importante con sfumature granate; all’olfatto avvertiamo floreale di viola, rosa, iris, fragoline di bosco, erbe officinali e una nota agrumata che ritroviamo in bocca unita alla sapidità tipica dei Lessona ed a un tannino presente e maturo. Un vino ancora giovane, ma già elegante e raffinato.

Bramaterra DOC “Az. Agr. Antoniotti Odilio” 2015 - Spanna 70%, croatina 20%, vespolina 7%, uva rara 3% - 14% vol.

Un blend da uve allevate su terreni con porfidi vulcanici e affinato per 30 mesi in botte grande di rovere di Allier, si presenta leggermente torbido per una precisa scelta del Produttore che non filtra i suoi vini. Più chiuso del Lessona, offre al naso una sensazione predominante di piccoli frutti rossi e più lievi sentori di genziana e spezia (cannella). Al palato emergono le durezze ma è comunque un vino succoso e gastronomico, persistente e con un tannino un po' rustico che però potrà far evolvere nel tempo questo Bramaterra.

Gattinara Riserva DOCG “Molsino” 2016 - Az. Nervi - Spanna (nebbiolo) 100% - 14% vol.

Il vigneto Molsino (ovvero morbido nel dialetto locale) è noto sin dal 1471 e proprio Gattinara è la zona che più ha mantenuto nel tempo la sua storicità vitivinicola. I terreni formati dai porfidi dell’antico supervulcano del Sesia conferiscono ai vini una nota rugginosa importante. Il colore è granato, all’olfatto è complesso di mora, noce moscata, zenzero, anice, balsamico e minerale mentre in bocca è fresco, più acido dei due vini precedenti, con un tannino presente e già compiuto, un sentore di mandorla fresca e la nota ferrosa tipica dei Gattinara. A riprova di come l’Alto Piemonte sia un territorio con vini da riscoprire e rivalorizzare, l’Azienda Nervi è oggi di proprietà di Franco Conterno, il noto produttore di eccelsi Baroli in quel di Monforte d’Alba.

Boca DOC “Az. Agr. Sergio Barbaglia” 2016 - Spanna 80%, vespolina 20% - 13,5% vol.

Silvia Barbaglia, enologa e figlia del titolare dell’azienda, ci parla del suo vino che nasce su un terreno ricco di elementi minerali originati dallo sgretolamento dei porfidi del famoso supervulcano della Valsesia e che apportano al vino una spiccata mineralità percepita come sapidità; l’elevata acidità del suolo regala una grande freschezza che permette al vino di mantenersi per anni e la presenza del Rotundone nell’uva vespolina dona al Boca una nota speziata. L’esame olfattivo rivela un profilo complesso e raffinato di arancia sanguinella, pompelmo rosa, tamarindo e chinotto, al sorso il vino è giovane e notiamo erbe aromatiche e spezie (cardamomo), un tannino anche qui presente e compiuto e uno sfondo ferroso.

Fara DOC “Az. Francesca Castaldi” 2016 - Spanna 70%, vespolina 30% - 14% vol.

La Doc Fara condivide, con le Doc di Ghemme e Sizzano, gli stessi terreni ciottolosi di origine fluvio-glaciale dai ghiacciai del Monte Rosa. Le due uve del blend effettuano macerazioni diverse in acciaio (10 giorni per la vespolina e 30 giorni per la spanna) formando un vino che al naso risulta balsamico e con sentori di rosa canina, frutta scura come la ciliegia, rosmarino e spezie quali pepe ed anice. In bocca è pieno e succoso, con un tannino evidente ma non aggressivo.

Ghemme DOCG “Collis Breclemae” 2011 Antichi Vigneti di Cantalupo - Spanna 100% - 15% vol.

Proveniente dallo storico vigneto Breclema, situato nell’omonimo villaggio medioevale, il cui terreno “è un colossale campionario mineralogico della soprastante catena alpina, composto da ciottoli di granito, di porfido, di detriti di ghiaia, di schisti, micascisti, di serpentino, di sfaldature di rocce dolomitiche del Fenera, di ciottoli anfibolici” come scriveva Luigi Nicolini nel 1904 sul Corriere Vinicolo di Casale. Nato in un’annata calda, il Collis Breclemae 2011 ha un colore granato pieno ed intenso, all’olfatto si rivela fine, intenso e complesso di confettura di frutta scura, resina, spezie orientali scure e dolci, tabacco da pipa dolce. La tendenza dolce si conferma anche al palato dove compaiono anche arancia sanguinella, liquirizia e una nota terrosa unita ad un tannino levigato.

Come sorpresa finale, accanto al piatto in abbinamento preparato dagli Chef dell’Hotel Settecento, Francesco Ferrari ci offre un altro grande vino piemontese, un Carema DOC Riserva 2016 della Cantina dei Produttori di Nebbiolo di Carema. Nebbiolo “picoutener” in purezza, 13,5% vol., colore rosso granato scarico, offre al naso spezie, rabarbaro, artemisia (il Carema ha sempre sentori di erbe officinali), sottobosco, tabacco da pipa e nota balsamica di sciroppo per la tosse. Il sorso è dritto, coerente, rigoroso, la nota balsamica è persistente ed il tannino, pur presente, è meno incisivo di quello dei vini dell’Alto Piemonte degustati sino ad ora mentre la struttura delicata e la freschezza ne fanno un vino di ottima beva.