Mattia Vezzola e il vello rosa di Valtènesi

Una chiacchierata dal sapore di lectio magistralis che raccontano una pratica agronomica a fondamento sociologico, forte di un bagaglio esperienziale di lungo corso. Mattia Vezzola ci porta a spasso per l’enologia mondiale, ricordandoci la nobiltà dell’allevamento della vite, condividendone una sostenibilità simbiotica dai risvolti filosofici.

Diego de Vargas

Suggerimento musicale: Pink Balloon - Ben Harper & The Innocent Criminals

«La vigna non si coltiva ma si alleva, non per produrre la migliore uva possibile, ma per garantirle longevità e qualità attraverso la produzione del frutto». Mattia Vezzola

È particolarmente illuminante realizzare il rapporto tra uomo e vigna attraverso le opportunità di vendemmia di un vignaiolo. Qualche decina di alchemiche trasformazioni dell’uva in un contesto di mutevole complessità imprevedibile. Pare addirittura che fare vino non è arte che si impara, bensì si possono apprendere le tecniche agronomiche, quelle di cantina, ma far vino è più simile ad un rapporto tra esseri viventi dove la tecnica e la preparazione possono ritrovarsi sbaragliate da un improvviso cambiamento del contesto. La variabilità delle annate, il cambiamento climatico, l’evoluzione del rapporto vigna-uomo sono alcuni degli elementi a rendere allo stesso tempo complicato ed irresistibile il mondo del vino.

Come noi tutti abbiamo avuto modo di provare direttamente, un rapporto è soggetto a evoluzione, a maturazione, guarda caso termini condivisi con l’enosfera. Mattia Vezzola è diventato grande durante la sua lunga esperienza, anagraficamente ma, soprattutto, umanamente. Durante questa serata abbiamo avuto modo di partecipare a un racconto romantico, coi piedi ben radicati al suolo e lo sguardo ad un futuro enologico che sempre più mi auguro possa convergere in queste direzioni.

Cinquanta le vendemmie nella valigia dei ricordi. Sul finire degli anni Settanta è il sodalizio con Vittorio Moretti a farne l’uomo chiave del successo enologico di Bellavista e della Franciacorta tutta di rimando. Terra, quella franciacortina, in grado di contraccambiare le attenzioni dell’Uomo per la vite, contrariamente a quanto accaduto nella natìa Valtènesi, dove le difficoltà di maturazione e la propensione a sviluppare marciume del groppello lo hanno allontanato suo malgrado. Ma è proprio grazie a questa esperienza che Mattia Vezzola matura un rapporto di conoscenza e di scambio con la vite che nel tempo lo porterà a riconsiderare il lago di Garda e le sue uve. Grazie al suo percorso comprende che le necessità produttive del secondo dopoguerra hanno pregiudicato la qualità dei vini di casa. L’aumento sconsiderato delle rese decuplica le problematiche del Groppello. Ecco rendersi necessario un cambio di paradigma.

È il 1984 quando il patron di Costaripa, forbice alla mano, dimezza la produzione delle sue piante. Razionalizzando i frutti sulle viti, questi raggiungono una maturazione fisiologica eccellente. L’equilibrio nelle rese è un rimando alle tecniche importate dal Senatore Molmenti, padre del vino rosa in Valtenesi, dalla Francia. I presupposti per il cambiamento sono lanciati. Mattia Vezzola è pronto a seminare nella tradizione del Chiaretto quella che possiamo chiamare “viticoltura dedicata”, invero, tutte le attenzioni e gli sforzi, dal vigneto alla cantina, mirano alla produzione esclusiva di un vino rosato di qualità. Questo si rende possibile grazie alla vocazione del territorio. L'antropizzazione dei paesaggi viene sostituita da sinergie naturali che esaltano i risultati agronomici mediante la tutela della pianta e l'obiettivo a garantirne una vita prospera e qualitativamente eccellente. Uno scenario di fresca sostenibilità, che travalica le certificazioni, alla ricerca della circolarità che vede l’uomo integrato nell’ambiente “natura” e non quale speculatore super partes.

«Allevare groppello è un po’ come mettere le mani nella seta»

L’enosistema Valtènesi intraprende il percorso di consapevolezza, di affinamento dei rapporti col mondo, che lo vogliono ambiziosamente protagonista dell’espressione italiana nei rosati; non solo, a seguito di una proficua collaborazione tecnica con gli affini provenzali, saranno confermate le attitudini di quest’area a produrre uve spiccatamente vocate alla produzione di vini rosati. Sono le basi di una partnership sancita durante il 2022, una connessione rosa che porterà la Valtènesi a braccetto della Provenza nella diffusione culturale in Europa dei vini rosati da viticoltura dedicata. 

I precetti del progetto condiviso tra i due terroir sono:

  1. Viticoltura dedicata: in vigna ed in cantina con l’obiettivo di avere il migliore risultato in rosa;
  2. Territorio da raccontare: la storia e la coltura dei luoghi supportano la proposta enologica;
  3. Rosati e rosé come stile di vita: il consumatore di vini rosati è consapevole, elegante e ricercato.

«Il rosé è un antidoto al formalismo». Mattia Vezzola

La degustazione

Valtènesi Rosato DOC Rosamara 2022
Groppello gentile 50 %, marzemino 30%, sangiovese 10 %, barbera 10%; il 35%/50% del mosto fermenta ed eleva in piccole vecchie botti di rovere bianco da 228 lt per circa 6 mesi.

Rosa delicato di rimando floreale. Frutto croccante contorniato da una spezia varietale. Piccoli frutti di bosco freschi ed agrumati. Sensazioni coerenti al riscontro gustativo. Sorso fresco e teso. Buona persistenza tra ricordi di pesca, arancia e pepe nero. Congedo ammandorlato lontanamente amaricante.

Valtènesi Rosato Doc Molmenti 2018
Groppello gentile 60%, marzemino 20%, sangiovese 10% barbera 10%; Il 100% del mosto fermenta e si eleva in vecchie tonneaux di rovere bianco da 400 lt per circa 24 mesi, riposa poi in bottiglia per altri 3 anni.

Vigna antica dai natali attribuibili allo stesso senatore a cui è dedicata l’etichetta. Rosa prospettico dai riflessi satinati. Profondo intrigo olfattivo, palesa marzapane e fragoline succose. Continua su note di pesca e spezie stuzzicanti, accompagnate da melagrana e cedro maturo. Ragguardevole impatto del sorso, coerente e sostenuto da una fresca sapidità di lungo respiro. Ambizioso riferimento per il nuovo corso dei vini rosati del Garda Bresciano.

PalmArgentina 2022 vino dolce Rosato da uve stramature
Groppello gentile 50%, marzemino 45%, moscato rosa 5%; Parte delle uve appassite in pianta e parte in fruttaio. Pigiatura estremamente soffice e lenta con concentrazione zuccherina superiore al 30%. Fermentazione in acciaio inox a bassa temperatura.

Intense note di corallo in un calice rilucente. Naso ammiccante, dal frutto maturo da latitudini esotiche, ai più tipici frutti di bosco in confettura. Trovano spazio in un profilo mielato anche melone, albicocche sciroppate ed un croccante e fresco melograno. Di gentile avvolgenza al gusto, impreziosito da sentori di frutta disidratata, agrumi canditi e spezie dolci. Dedicato alla Mamma.

Mattia Vezzola Brut Rosè s.a. V.S.Q.
Chardonnay 80%, pinot nero 20%; 30 – 36 mesi dalla vendemmia.

Tenue il rosa nel calice, attraversato da numerose catenelle ordinate. Naso sbarazzino tra sbuffi di croccanti fragoline rinfrescate da toni mentolati e albedo di arance turgide. Fragrante il sorso, dettaglia i sentori dell’olfatto impreziosendoli di gentili note vanigliate e gustose erbe di macchia mediterranea, dal timo alla maggiorana. Finale elegante sostenuto da una decisa sapidità.

Mattia Vezzola Grande Annata Rosè 2017 V.S.Q.
Chardonnay 80%, pinot nero 20%; 54 – 60 mesi dalla vendemmia.

Elegante perlage di finissima fattura a donare brillantezza ad una peonia chiara incipriata. Un distinto moto ascensionale di variegate percezioni olfattive, porta more ed amarene succose, inseguite da pesche ed albicocche, in un cesto impreziosito da zagara e violette. Una delicata spezia balsamica rende il naso aristocratico. Deciso il sorso presenta un metodo classico di pregevole fattura. Riconoscimenti arricchiti da ulteriori complessità e gustosa sapidità a donare ammaliante persistenza.

Un ringraziamento speciale va a tutta la squadra di AIS Brescia che ha permesso la migliore riuscita di una serata indimenticabile.

«Vivere questa parte del mondo (il lago di Garda) è un gran privilegio». Mattia Vezzola