Meraviglie di Borgogna in Oltrepò

Racconti dalle delegazioni
28 dicembre 2018

Meraviglie di Borgogna in Oltrepò

Armando Castagno e la Borgogna. Un binomio assoluto, imprescindibile. Castagno sta a quella terra almeno quanto pinot noir e chardonnay! Non può che essere lui a parlare di Borgogna in AIS Pavia, per l’occasione in terra oltrepadana, ospiti dell’Enoteca Regionale della Lombardia

Marco Agnelli

Autore del caso editoriale del 2017 nel mondo del vino, quell’opera grandiosa dal titolo Borgogna - Le vigne della Côte d'Or, Armando Castagno con semplicità si schermisce: «ho ancora a casa il preventivo spedito in tipografia per 192 pagine. Poi mi ha un po’ preso la mano e ne sono uscite 800». 

Il tema della serata - Tesori nascosti della Borgogna - è in qualche modo laterale e periferico rispetto al grande tam-tam mediatico che investe la Borgogna. Questa conversazione intende indicare la strada che porta a luoghi in cui si fa grande vino, che a pieno diritto rientrano nella geografia della Borgogna d’élite (la Côte d’Or), ma che per una serie di ragioni hanno assunto una sorta di posizione defilata. Sono luoghi altrettanto vocati in cui una componente storica ed una componente sociologica hanno lavorato in sinergia per “affossare” la produzione attuale al rango di “Borgogna minore”. Non da ultimo, anche il cosiddetto effetto “global warming” ha profondamente cambiato dinamiche e prospettive: alcuni dei comuni trattati durante la serata erano relativamente sfavoriti prima che il riscaldamento generale degli ultimi decenni portasse ad innalzare le temperature, con risultati sorprendenti laddove invece prima le uve faticavano ad arrivare a maturazione.

La caccia ai tesori nascosti di Borgogna inizia dal villaggio che convenzionalmente è riconosciuto come la porta d’ingresso della Côte d’Or: Marsannay, comune per il quale, al momento, è riconosciuta solamente l’Appellation Village, anche se è presente un dossier per il passaggio a Premier Cru di una dozzina di vigne di probabile e imminente riconoscimento.
Il primo vino della serata è un Marsannay Trois Terres Vieilles Vignes 2015 (rouge) - Jean Fournier. Non fa macerazione a freddo, subisce pressatura dopo intera diraspatura e fermentazione spontanea senza inoculo di lieviti. L’idea del giovane produttore è quella di fornire all’assaggio una sensazione che rimandi all’uva di partenza. Obiettivo perfettamente centrato in questo piccolo capolavoro giocato sulla freschezza del frutto, una delle caratteristiche peculiari del pinot noir che purtroppo spesso ci perdiamo con l’affinamento prolungato in vetro. 

Facciamo un balzo di una quarantina di chilometri a sud, trasferendoci nel comune di Saint-Romaine, nella Côte de Beaune. Vigne in assoluto tra le più alte della Borgogna, da un luogo freddo in fondo a una combe. Piccolo agglomerato di case ai piedi di un’imponente parete di falesia, nessuna vigna riconosciuta Premier Cru. Degustiamo un Saint-Romain 2017 (rouge) – Domaine Alain Gras. Colore decisamente trasparente, con profumi delicati e sfumati. Assemblaggio di cinque diversi vigneti, diraspatura totale. Trionfo floreale, note speziate e di incenso seguite da un ricordo di cera profumata. All’assaggio è molto articolato e decisamente fresco.

Santenay, propaggine sudista della Cote d’Or, è di fatto l’ultimo grande comune vinicolo. Le vigne di Santenay guardano a sud, e questo porta al vino una maggiore alcolicità ed una fisionomia che non si basa tanto sull’acidità, ma sulla componente di sapidità. Un comune particolarmente caro a Castagno, tanto da aver utilizzato una foto del mulino di Santenay per  la copertina della sua opera. In degustazione abbiamo il Santenay Premier Cru Les Gravières 2015 (rouge) – Domaine Bruno Colin. Le sensazioni olfattive possono quasi ricordare un liquore d’erbe. Segue una vaga nota di agrume amaro che domina un naso di radice e rabarbaro. All’assaggio è inconfondibilmente un vino di questo luogo. Non ha niente di rustico, ma il profilo gustativo è basato sulla durezza sapida.

Torniamo a nord verso un tesoro davvero nascosto, collocato dietro la collina di Corton: Pernand-Vergelesses. «Il suffisso “Vergelesses”, un tempo utilizzato per giochi di parole promozionali -si pronuncia come “verre je laisse”, “lascio il bicchiere vuoto”; si intende, perché il vino è buono- è stato aggiunto al nome storico del paese nel 1922». Da questo comune degustiamo Pernand-Vergelesses Premier Cru Île des Vergelesses 2015 (rouge) -Domaine Chandon de Briailles. Nota di sciroppo e di anice, vinacciolo, geranio, ricordi vegetali che vengono dalla scelta di non diraspare. Vino di personalità e struttura, da agricoltura biodinamica.

Ci spostiamo nella capitale della Côte de Beaune, la città di Beaune, caratterizzata dal suo meraviglioso centro storico. L’etimologia deriva dal dio celta della luce Belenos, (evocato spesso nelle interiezioni da Asterix & co!). È la città francese con il più alto reddito pro capite. Da qui vengono i grandi negociant che hanno fatto la storia della Borgogna e da qui viene anche l’ultimo rosso della serata, Beaune Premier Cru Clos des Mouches 2016 (rouge) – Domaine Joseph Drouhin. Dall’ultima vigna del comune, al confine con Pommard, un vino che grida ai quattro venti l’eccezionalità della sua fisionomia. Un côté quasi salmastro, di alga. Preziosità speziate, pepe, lampone maturo e un autentico profluvio di fiori azzurri, lavanda e glicine fresco. In bocca una bella nota di agrume, arancia sanguinella, e poi ritorno della nota speziata, che vira quasi sull’incenso e sulle suggestioni orientali.

Cambiamo capitolo e cambiamo argomento, passando ai vini bianchi. Trovare tesori nascosti in bianco è meno facile, afferma Castagno, non fosse altro che per una questione di numeri. Le vigne da bianco in tutto sono un quarto rispetto al totale, e da comuni che non possono certo essere definiti “minori”. La prima tappa bianchista è a Auxey-Duresses. Mentre il rosso è piuttosto duro e tannico, i bianchi da questo comune sono tra i vini più sottovalutati dell’intera Borgogna. L’Auxey-Duresses Les Crais 2016 (blanc) di Prunier-Bonheur nasce da una delle vigne al confine con Mersault. Il nome “les crais” evoca il gesso e la pietra. Una vigna contraddistinta da una distesa di pietra aguzze, che sembrano quasi sentirsi nel calice. Note evidenti di agrume, di bianco del limone e anche di fiore di limone. E naturalmente mineralità, iodio e pietre macinate. Fermentato in cemento e poi andato immediatamente in legno al 20% nuovo, trascorre poi 16 mesi in pièce nuove. Il contenitore non lascia nessun tipo di ricordo in ciò che abbiamo nel calice. 

Ci spostiamo a Ladoix-Serrigny, sul fronte della collina di Corton che guarda a est. Il vino che Armando ci propone è un vero tesoro nascosto di Borgogna, di fatto un piccolo Corton-Charlemagne, data la vicinanza e la continuità tra le vigne: Ladoix Premier cru Les Gréchons 2015 (blanc) - Michel Mallard. Siamo già oltre la vocazione del precedente quanto ad ampiezza e persistenza. Un vino suadente, avvolgente, una grande interpretazione di chardonnay con la quale possiamo osare un accostamento con il quinto quarto, rimanendo sul territorio magari con l’andouillette.

Il viaggio si conclude a Vougeot, luogo simbolo della Borgogna e molto caro a AIS Lombardia, che ha qui ricevuto negli ultimi anni l’incoronazione a Chevalier du Tastevin per cinque suoi soci, tra cui lo stesso Armando Castagno. L’ultimo vino della serata è un bianco semplicemente sorprendente: Vougeot Clos du Prieuré 2016 (blanc) - Domaine de la Vougeraie. Da agricoltura biodinamica, profumo di straordinaria eleganza, con elementi quasi di carnosità, ed una parte floreale di notevole leggiadria, molto delicata. All’assaggio perfettamente bilanciato con mineralità e sale, per chiudere con una parte salmastra quasi marina.