Montgueux. Lo champagne eteroclito

La condivisione di un’esperienza di viaggio del delegato di AIS Monza e Brianza, Antonio Erba, è diventata l’occasione per lo studio di un’enclave poco conosciuta al grande pubblico. Piccolo territorio “eteroclito”- vale a dire insolito, curioso, stravagante - capace di produrre vini eccellenti. Alessia Occhipinti, grande esperta di champagne, ci ha guidato nella degustazione di vini senza eguali.

Monica Berno

Montgueux, a ridosso della città di Troyes – capoluogo dell’Aube – è una collinetta di puro gesso che svetta tra campi di grano e colza. Salire in cima è un must, perché si gode di un panorama straordinario su Troyes, i dintorni e i vigneti. Tutt’intorno è pianura, piatta pianura per chilometri e chilometri.
Questo è il territorio preferito dello chardonnay (90,1%) che nei coteaux esposti a sud-est e nel suolo di questa enclave ha trovato la sua espressione migliore. Qui si coltivano poco più di 200 ettari di vigna su suoli gessosi e kimmeridgiani, simili a quelli di Chablis, da cui dista solo 70 km.

La piccola cittadina (poco più di 400 abitanti) è stata soprannominata la “Montrachet della Champagne”, ma a onor del vero Montrachet è sinonimo di eleganza e raffinatezza, mentre a Montgueux si cerca l’opposto, si rifugge dalle griffe del lusso, dalla confezione sgargiante per nascondersi in una bellezza contadina sobria. I suoi prodotti non brillano certo per finezza, signorilità, classe – caratteristiche che si trovano in altre tipologie – ma hanno delle qualità e delle prerogative validissime che si traducono in champagne di spiccato carattere, di altra forma.

Zona marginale nei numeri (Montguex produce 430.000 bottiglie su un totale di 320 milioni), ma eccezionale nel contesto provinciale, Montgueux conta 18 produttori e in quest’occasione abbiamo assaggiato i prodotti - tutti chardonnay in purezza-  di 8 vigneron, tutti récoltant manipulant. 

La degustazione

Gérard Laissagne – Blanc de Blancs 
100% chardonnay. 24 mesi sui lieviti; dosaggio brut. Suolo calcareo. Ha vinto il concorso “Vinalies” dell’Unione degli Enologi Francesi che promuove il rigore, la precisione e l’expertise.

A Montguex il cognome Laissagne è molto diffuso e si trovano diversi produttori che si chiamano così. Gérard inizia a fare il suo vino negli anni Settanta e poi tra gli anni Ottanta e Novanta diventa uno dei primi récoltant manipulant e punto di riferimento della zona, ricevendo riconoscimenti dalla critica enologica francese. L’azienda, oggi condotta dalla figlia, non ha certificazioni, ma lavora sul rispetto del know-how familiare e sui valori della tradizione. Massima cura nella lavorazione in vigna e nella selezione delle uve. Produce extra brut- brut-demi-sec. 

Giallo dorato, al naso emerge subito una nota di panificazione e a seguire la nota floreale (tiglio, caprifoglio) predominante rispetto ai fiori. In bocca c’è una buona corrispondenza gusto-olfattiva, anche se qui prevale il frutto, in particolare un agrume dolce. La chiusura è pulita, con una nota di mineralità, di gesso. Si allarga in bocca lentamente. Ha una discreta persistenza. La delicatezza è caratteristica di Montgueux così come la fruttuosità in bocca. Qui il segreto è la maturità del frutto. Non è uno champagne complesso, ma ha il pregio di essere molto facile da bere. 

Regis Corniot – Grand Reserve 
100% chardonnay. Fermentazione alcolica in acciaio; vinificazione effettuata con l’utilizzo della fermentazione malolattica; minimo 36 mesi sui lieviti; dosaggio brut. Suolo di marne grigie ricche di carbonati, argillose a valle e calcaree in cima alle colline.

Récoltant manipulant a Montgueux, il Domaine possiede circa 7 ettari vitati con una produzione di 30.000 bottiglie annue. Il fondatore, oggi in pensione, ha passato il testimone ai tre figli e l’azienda ha preso anche il nome di “Alexis St Aude”.

Il colore è un bellissimo giallo oro. Il naso è intenso ed esprime subito note burrose di brioche, è carico di lieviti ma non in panificazione, già in dolcezza. Emerge anche un nitido sentore di mela cotogna. Al gusto c’è, come nel vino precedente, una certa corrispondenza gusto-olfattiva, anche se in bocca si sente chiaramente la nota agrumata che al naso non c’è, poi si fa strada una freschezza floreale che ricorda il caprifoglio, la magnolia, il tiglio e un frutto tropicale. È un vino complesso, ricco, strutturato, persistente.

Etienne Douè – Cuvée Reserve
100% chardonnay. Dosaggio brut; assemblaggio 2013/2014/2015. Suolo calcareo gessoso.


Etienne proviene dal mondo agricolo. Ha lavorato per 15 anni in aziende vitivinicole affermate e poi, nel 1972, ha fondato la sua impresa con la moglie e nel 1976 effettuò la sua prima vendemmia. Dal 1979 iniziò a commercializzare con il suo marchio e dal 1987 diventò récoltant manipulant. La tenuta di 6,5 ettari è oggi gestita dalla figlia Virginie.

Alla vista è giallo brillante. Ha un naso fine, sottile e si esprime in modo elegante e raffinato. I profumi rimandano a un delicato frutto tropicale che si intreccia con i fiori bianchi. In bocca ha un ingresso deciso, orizzontale e una bella chiusura, astringente, agrumata (pompelmo). Un vino raffinato nell’espressività,  ma potente, di corpo. 

Didier Douè – Millesime 2007
100% chardonnay. Dosaggio brut. Suolo calcareo gessoso.

Fratello di Etienne, Didier inizia a lavorare come contadino e si stabilisce nella tenuta di famiglia nel 1975 e 5 anni dopo si compra un torchio. Nel 2009 inizia la conversione biologica dei suoi 5 ettari e dal 2016 è l’unico produttore certificato ECOCERT di Montguex. Biodinamico, produce anche energia elettrica. I suoi champagne esprimono la tipicità del territorio.

Un naso cerealicolo, per niente delicato, selvaggio, che sa di fieno. È lo champagne del vigneron, autentico di Montguex. C’è una bella maturità del frutto, una dolcezza non stucchevole, ma anche salinità, mineralità e acidità; la nota cerealicola torna anche in bocca. Uno champagne ricco e rustico, al tempo stesso. Pur essendo del 2007 (annata non eccelsa) non ha alcuna nota ossidativa.

Hèlène Beaugrand – Le Grand Carré
100% chardonnay. Fermentazione alcolica in acciaio per 6 mesi; la fermentazione malolattica viene svolta completamente; minimo 36 mesi sui lieviti; dosaggio 0 g/L. Suolo di marne grigie ricche di carbonati, argillose a valle e calcaree in cima alle colline; vigne di 45 anni.

Il padre di Héléne è stato il primo produttore di Montguex e oggi lei è la “rising star”. Nel 2018 eredita 3 ettari e si stacca dall’azienda di famiglia per avviare una sua produzione. Oggi lavora con il figlio Cèdric e il fratello Arnaud; l’approccio è quello della sostenibilità in vigna e in cantina; produce 6 etichette (25.000 bottiglie annue).

Alla vista è di un colore giallo con riflessi leggermente verdolini. Al naso esplode subito con una mela croccante piacevolmente spolverata di zucchero a velo e una nota di agrume, il bouquet floreale è invitante. In bocca ha un bellissimo ingresso, subito verticale per poi espandersi con la sua grande mineralità e acidità. Al palato si ritrova il frutto, un po’ meno croccante e con un ricordo di miele. Persistente, pulito, lascia una scia di dolcezza che ricorda il miele amarognolo e si chiude con una nota sapida. 

Eric Therrey – Utopy
100% chardonnay. Invecchiamento in botti; dosaggio 3 g/L. Suolo calcareo gessoso e terreno argilloso calcareo kimmeridgiano. Zona: Montgueux e Celles-sur-Ource.

Eric è un récoltant manipulant rigoroso ed esigente, coltiva le viti con metodi sostenibili nel rispetto della natura. La sua filosofia è quella di una viticoltura indipendente, basata sulla ricchezza della diversità dei territori, dei climi, del know-how, degli uomini e delle donne. 

Questo champagne “Utopy” è quello che più si avvicina allo stile “luxory”. Il colore è sempre un bel giallo dorato; al naso aromi che ricordano l’albicocca - un profumo mai incontrato - la frutta è fresca, croccante. In bocca, visto l’invecchiamento in botte, ci si aspetta una nota di evoluzione, di frutta secca, di miele che però non c’è. Al centro del palato si ritrova l’albicocca, quasi disidratata e la noce ancora fresca. La mineralità è molto spiccata, è un vino ancora scalpitante. È consistente e molto persistente. Un po’ poco armonico.

Jean Velut – Témoignage – 2013
100% chardonnay. Uve della vendemmia 2013; sui lieviti da 04/2014; sboccatura 10/2023; dosaggio 3 g/L. Suolo calcareo gessoso turoniano. Zona: Montgueux da 3 parcelle a diversi livelli della collina, complementari tra loro e rappresentativi del territorio.

Jean lavora 7,7 ettari prevalentemente di chardonnay. Il suo rispetto per l’ambiente lo ha portato ad abbracciare l’agricoltura biodinamica; ha ottenuto la certificazione HVE (Haute Valeur Environnementale). Ricerca la creazione di uno stile di vino giocoso che flirta con l’ossidazione. 

Al naso ha un imprinting naturale, si sente che è biodinamico. Bisogna lasciargli un po’ di tempo, non si apre subito, ma lascia percepire una bella complessità. Emerge una nota di evoluzione, miele e noci. È un naso caleidoscopico, che incuriosisce. In bocca ci si aspetta un vino un po’ più ossidato, invece è fresco sa di pompelmo, agrume, sale. La frutta è sempre presente e si armonizza con un sentore di crema catalana: strutturato, persistente. 

Jacques Laissagne – Extra Brut Reserve
100% chardonnay. Affinamento in botti vecchie dai 12 ai 24 mesi; dosaggio 3g/L. Suolo calcareo gessoso. 

Il domaine è gestito da Jacques e dai figli Emmanuel e Ludovic, si trova a 12 km a nord di Troyes. Il vigneto, gestito da Emmanuel, si estende su 5,5 ettari. La coltivazione è caratterizzata da tecniche biologiche e biodinamiche con la massima attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. Nessun utilizzo di fertilizzanti chimici o di solfiti

Il naso è complesso, in evoluzione: frutta secca, mela cotogna, agrumi. La bocca ha una bella corrispondenza con l’approccio olfattivo ed emerge una nota di tostatura. È sicuramente lo champagne più strutturato, con una nota tostata importante che si fonde con il limone. Fine e minerale esprime appieno il suo terroir.

Al termine della serata si ha la netta sensazione di aver scoperto un territorio dalle potenzialità enormi, che questa e la prossima generazione di vignaioli sapranno certamente valorizzare al meglio. Quasi certamente tra qualche anno saranno considerati produttori di caratura mondiale.