Morisfarms a Magenta. Trecento anni di tradizione e amore per la Maremma

I vini della Maremma interpretati da una delle aziende di riferimento del territorio. Insieme a Ranieri Moris, una serata di approfondimento con sette grandi vini di Morisfarms.

Alessandra Marras

Il mistero del fascino del vino, di quel potere di seduzione che inevitabilmente avviluppa chi, con esso, approfondisce la conoscenza, è forse afferrabile - al di là dell’aspetto edonistico - nel patrimonio infinito di storie straordinarie che è in grado di far scoprire e narrare. L’accettazione dell’oggettiva impossibilità di raggiungere una conoscenza esaustiva in materia, anziché creare sgomento, diviene gioiosa disposizione d’animo, sorgente inesauribile e spinta vitale all’esplorazione.

Ranieri MorisIl peregrinare tra le vigne, animato da questa attitudine di apertura e accoglienza, di rado delude e l’entusiasmo degli incontri speciali spesso induce al desiderio di condivisione. L’idea di immergere, per una sera, la delegazione di Magenta nel fulgore della Maremma grossetana, nasce proprio da un viaggio di scoperta e dalla volontà di Roberto Fusè di farlo rivivere con i vini che riescono a narrarne la storia.

E chi meglio di Ranieri Moris, uno dei due attuali protagonisti della gestione della tenuta di famiglia, custode di inestimabili memorie, poteva disvelare la suggestione di un passato in bianco e nero che, attraverso l’esperienza di uomini dai grandi sogni, magicamente trasmuta in uno scenario di luce e colori?

Famiglia Moris, antiche radici. Quando la Maremma era ancora amara

Per risalire alle origini andiamo indietro nel tempo di quasi tre secoli quando la famiglia Moris, proveniente dalla Spagna, approda nell’allora Maremma senese, territorio - all’epoca - tutt’altro che accogliente e ospitale. Traccia indelebile di una memoria storica nemmeno troppo lontana, il toponimo “Maremma”, lungi dal rimandare all’odierno scenario di vivido splendore, deriva dal castigliano “marismas”, ossia palude.

La MaremmaTerra florida e prospera in epoca etrusca e romana tanto da meritare l’appellativo di “pingue granaio d’Etruria”, con il trascorrere del tempo, causa incuria e trascuratezza, andò incontro a un inesorabile declino fino a trasformarsi in una landa desolata, paludosa e malsana; patria di briganti, in cui a fatica si sopravviveva e di malaria si moriva.

Se il Settecento vide solo timidi e vani tentativi di recupero, la prima grande svolta si avrà il 27 aprile del 1828 grazie all’editto per la bonifica della Maremma, a spese dello Stato, emanato dal Granduca Leopoldo II di Lorena, il cui padre era morto di malaria. Le successive bonifiche e la riforma fondiaria attuata dall’Ente Maremma, a metà del Novecento, consentiranno alla Maremma, finalmente liberata dal peso etimologico del termine, di tornare agli antichi splendori e trasformarsi nello straordinario territorio di vitale bellezza - in parte ancora fieramente selvaggio - che oggi conosciamo.

Gualtier Luigi Moris e il territorio disegnato

A pieno diritto, la famiglia Moris può essere considerata parte attiva e integrante di tale processo di rinascita. Affacciata sul golfo di Follonica, nei pressi di Massa Marittima, la proprietà Moris si estendeva, sul finire del ‘700, per circa 1000 ettari. L’attività principale della casata era il commercio del carbone che proprio nel porto di Follonica aveva il suo fulcro. Il declino dell’attività carbonifera e la graduale contrazione degli ettari di proprietà - dovuta principalmente a un progetto statale di ridistribuzione terriera nel periodo di transizione dalla pastorizia all’agricoltura - faranno da detonatore per un felice e più consapevole ritorno alla terra.

Accade poi, come in ogni fabula, che alcuni personaggi, spesso animati da una visione, incidano il cammino in maniera più significativa di altri; uomini che, anziché limitarsi al semplice passaggio, lasciano un’impronta che è insieme segno e direzione. Siamo sul finire degli anni Trenta quando Gualtier Luigi Moris, unico maschio di sette figli e nonno di Ranieri, riceve in eredità la Tenuta Poggetti.

La Querce GobbaTra le vigne della tenuta è inevitabile imbattersi in un’antica quercia coricata, “La Querce Gobba”, al cui cospetto sorge - irrorato dai riflessi dorati - il sasso su cui campeggia, a solida memoria, il motto: «Chi nella vita ha piantato almeno un albero non è vissuto invano». E di certo non invano è vissuto Gualtier Luigi, dotato di grande personalità, ottimista per natura, creativo per vocazione, che riuscì a trasformare in motore d’azione l’amore per la propria terra e, nel desiderio di dimostrarne l’eccellenza, ne ascoltò l'essenza più profonda tirandone fuori il meglio.

Nel 1937, riproducendoli direttamente per seme da coccole selezionate di una pianta madre, piantò 3600 cipressi; prese così concretamente forma il disegno - già perfettamente vivo nella sua mente e definito su carta - di donare la grazia di un giardino a un territorio ai tempi ancora brullo e inospitale. Un ricamo di ben 6 km di svettanti cipressi che inorgogliva Gualtier Luigi il quale, si narra, non perdeva occasione di rimarcare al cospetto del marchese Incisa della Rocchetta in visita alla tenuta, in quanto superava persino i ben più noti 5 km del viale bolgherese! Nella Tenuta Poggetti, però, i cipressi non sono disposti in linea retta, ma formano una croce - così che estetica e sostanza vengano a sovrapporsi - a significare unione, accoglienza e compartecipazione, tutte caratteristiche che rimandano al ruolo centrale che la famiglia ha, da sempre.

Nel 1971, l’acquisto della seconda tenuta, Poggio la Mozza, nei pressi di Scansano. «Il nonno aveva 6 figli, 3 maschi e 3 femmine; uno di essi viveva a San Francisco ed è a lui che si deve la scelta del nome Morisfarms», racconta Ranieri, l’unione di due semplici parole che racchiudono la famiglia e il legame con la terra. Il plurale, invece, ha un duplice obiettivo: sottolineare l’individualità delle due aziende di proprietà e suggerire un’atavica disposizione all’interculturalità, un’innata predisposizione ad ampliare il dialogo al di là dei confini nazionali.

Adolfo Parentini e la viticoltura di qualità

Sul finire degli anni Ottanta la produzione vinicola dell’azienda aveva già assunto un ruolo predominante anche se la produzione in vino era destinata principalmente alla vendita all’ingrosso in damigiane.

Il destino aveva però in serbo l’ingresso in scena di un altro personaggio fondamentale, Adolfo Parentini, che 1977 convola a nozze con Caterina, una delle figlie di Gualtier Luigi. Estro, visione ed esperienza incontrano istinto pragmatico e lungimiranza dando origine a un sodalizio che siglerà, sorretto da un rapporto di completa fiducia reciproca, la definitiva consacrazione della Morisfarms alla viticoltura di qualità.

Fu relativamente facile per Adolfo convincere sull’opportunità di investire in nuovi vigneti e proporre la vinificazione separata dei vini delle due aziende, così da avere, già ai primi degli anni ’80, una piccola produzione di Morellino di Scansano. Più faticoso, far accettare «in un tempo in cui un raccolto abbondante era visto come una benedizione di Dio e lo spreco di una parte del raccolto era blasfemo» interventi drastici come la potatura verde. Nonostante i risultati furono da subito evidenti, per Adolfo il quadro non era ancora perfettamente compiuto, desiderando una più affidabile e regolare costanza qualitativa. Nel 1988 nasce così la collaborazione - mai più abbandonata - con il giovane allievo del grande Gambelli, Attilio Pagli, enologo all’epoca poco conosciuto, ma dotato di grande grinta e competenza tanto che oggi è figura di fama mondiale.

«Non ci sono segreti né particolari tecnologie nei vini di Moris Farms: il segreto – spiega Attilio Pagli – è la qualità dell’uva e la sua pulizia. La parte maggiore del lavoro consiste nella scelta del momento migliore per la vendemmia, che si fa andando in vigneto, prelevando campioni e assaggiando l’uva. Poi, la cura».

Morisfarms oggi

Oggi l’azienda è gestita da due cugini, Ranieri Moris e Giulio Parentini, e copre una superficie di 476 ettari suddivisi tra le proprietà di Tenuta Poggetti e Poggio la Mozza, aziende completamente autonome sia per produzione che vinificazione; unico elemento in comune, la barricaia di recente costruzione. Entrambe le proprietà, dal 2011, sono inserite nella DOC Maremma Toscana.

I vignetiSituata nella parte nord della provincia grossetana, vicino a Massa Marittima,Tenuta Poggetti - nome evocativo del profilo del territorio disegnato a piccoli poggi (colline) - è l’azienda storica di proprietà della famiglia Moris. 420 ettari, in regime di pluricoltura, il cui sguardo splendidamente posa sul golfo di Follonica. Un microclima unico dove luce e tepore (la temperatura media annua è di circa 16 °C!) non mancano mai e le brezze marine donano sollievo nei tempi di arsura infondendo un tocco inconfondibile ai 37 ha dedicati a vigneto. I terreni sono prettamente argillosi e ricchi di scheletro; il patrimonio ampelografico, oltre che alle varietà rosse sangiovese, merlot, syrah e petit verdot, lascia spazio all’anima bianca delle produzioni enologiche con vermentino, trebbiano e ansonica. I vini qui prodotti rientrano, nella quasi totalità, nelle denominazioni Monteregio di Massa Marittima DOC e Maremma Toscana DOC.

Tenuta Poggio la Mozza, situata a un’altitudine di circa 100 m s.l.m., in prossimità di Grosseto, si avvale di un totale di 56 ha; il clima è mite, caratterizzato, in epoca di maturazione delle uve, da una buona escursione termica tra il giorno e la notte. Nei suoli, a tessitura tendenzialmente sabbiosa, derivati da una lenta disgregazione di roccia arenaria e ricchi di scheletro, affondano le radici 35 ha di vite. Qui i grappoli si tingono unicamente di sfaccettature di rosso: principalmente sangiovese accompagnato da altre varietà internazionali come merlot, syrah e petit verdot. I vigneti ricadono nelle denominazioni Morellino di Scansano DOCG e Maremma Toscana DOC.

Giulio e Ranieri mantengono con passione l'orgogliosa eredità di Adolfo Parentini di produrre vini di alta qualità, con l’accurata scelta di cloni per ottimizzare rese, tempi di maturazione e salubrità, e la decisione - sofferta e impegnativa - di mettere in atto la transizione dal sistema di allevamento a cordone speronato al più performante guyot. La conduzione è in regime di sostenibilità, basti pensare che tra i filari trova spazio persino l’allevamento delle api, infallibile termometro di salubrità ambientale.

Nonostante il numero di bottiglie prodotte e la dimensione aziendale inseriscano la Morisfarms nella categoria di azienda medio-grande, la cultura dell’accoglienza è ancora quella dell’avvolgente e caldo abbraccio di una grande famiglia; un’ospitalità di sapore antico, memore e custode del prezioso insegnamento di una grande e indimenticabile figura femminile, la nonna, solida colonna portante del dietro le quinte, che «anche se eravamo solo in tre a tavola, apparecchiava per tutti, così chi anche fosse arrivato senza preavviso avrebbe trovato comunque posto».

La degustazione

Maremma Toscana DOC Ansonica Amor 2020 / Tenuta Poggetti
ansonica 100%
Resa: 90 q/ha; 15.000 bottiglie circa.

Dalla crasi tra i nomi del vitigno ansonica e Moris nasce “AMor”. E se in passato per questo vino si era scelto il contatto con il legno, il nuovo progetto - nato nel 2019 - punta tutto sulla preservazione ed esaltazione delle peculiarità del vitigno attraverso l’uso esclusivo dell’acciaio.
Pressatura soffice delle uve, rimozione statica delle fecce a freddo e movimentazione del mosto sotto protezione di ghiaccio secco per preservare dalle ossidazioni, fermentazione in vasche di acciaio a temperatura controllata di 18 °C per circa 21 giorni, sosta sulle fecce fino a 45 giorni prima dell’imbottigliamento.
Trasparente e luminoso, rivela al naso un garbo sottile sospinto da una ventata di sale; sembra letteralmente di respirare il profumo del mare elegantemente punteggiato da delicate erbe aromatiche. Salvia, mentuccia cedono il passo a dolci note di pesca bianca con lievi cenni di mandorla fresca. Il sorso è avvolgente e saporito; stupisce l’acidità che, nonostante la non convenzionale scelta di vendemmiare in epoca avanzata (ottobre!), mantiene il suo nerbo contribuendo a ricamare un mirabile equilibrio gusto olfattivo.

IGT Toscana Vermentino Moris 2020 / Tenuta Poggetti
vermentino 90%, viognier 10%
Resa: 95 q/ha; 27.000 bottiglie circa.

Vinificazione con pulizia statica a freddo del mosto e successiva fermentazione a 18 °C per circa 21 giorni. Dopo il primo travaso, sosta sulle fecce fino a 15 giorni prima dell’imbottigliamento.
Giallo paglierino nel calice, intenso e potente il profilo olfattivo. Fiori di campo, pesca gialla, rosmarino ma anche una nota dolce di miele, potenzialmente riconducibile al tocco del viognier, che abilmente doma e ingentilisce la vivace esuberanza delle altre componenti. L’ingresso in bocca è verticale, il gusto è fresco, spiccatamente sapido, dotato di un'ottima bevibilità e bella persistenza.

Morellino di Scansano DOCG 2018 / Poggio la Mozza
sangiovese 90%, merlot-syrah 10%
Resa: 90 q/ha; 200.000 bottiglie circa.

Vinificazione in vasche inox con controllo della temperatura e 2 rimontaggi al giorno per circa 15 giorni di macerazione; imbottigliamento dopo 4 mesi e affinamento di almeno 2 mesi.
Vivido il colore, ben rispecchia la fragranza di questa pura spremuta di frutto. Naso intrigante, seducente di ciliegia fresca, croccante con un tocco floreale di violetta e liquirizia dolce. Sottile vena balsamica. La bocca si arricchisce di sentori lievemente officinali e confortante ricordo di cenere di camino. Avvolgente, suadente, morbido il sorso in cui il tannino si distingue per levigata tattilità. Bella la persistenza siglata da una piacevole chiusura salina.

Morellino di Scansano Riserva DOCG 2017 / Poggio la Mozza
sangiovese 90%, cabernet sauvignon-merlot 10%
Resa: 70 q/ha; 15 - 18.000 bottiglie solo annate selezionate.

Prodotto per la prima volta nel 1988, nasce da una mirata selezione di cloni di sangiovese vocati al lungo invecchiamento.
Vinificazione in vasche di cemento vetrificate con controllo della temperatura e due rimontaggi al giorno per un periodo di macerazione di 20 giorni; maturazione in barrique di secondo e terzo passaggio per un anno; affinamento in bottiglia di almeno 6 mesi.
Rosso rubino vivace e luminoso. Al naso la freschezza del melograno cede il passo alla succosità agrumata dell’arancia sanguinella; con eleganza emerge una stuzzicante nota di grafite ingentilita da suadenti e dolci ricordi di chiodi di garofano. Il progressivo ampliarsi del profilo, a cenni di china ed elegante balsamicità, invoglia all’assaggio. Il sorso leggiadro e avvolgente, con rimandi di cioccolato fondente, rivela un tannino vivido e incisivo dalla trama raffinata. Lunga la chiusura corroborata da spiccata sapidità.

I viniMaremma Toscana DOC Sangiovese Barbaspinosa 2018 / Tenuta Poggetti
sangiovese 90%, cabernet sauvignon 10%
Resa: 60 q/ha.

Vinificazione in vasche di cemento vetrificate con due rimontaggi al giorno per un periodo di macerazione di 18 giorni; maturazione per 12 mesi in barrique di secondo passaggio; affinamento in bottiglia per almeno 4 mesi.
L’origine del nome di questo splendido vino è anch’essa riconducibile alla storia di famiglia. Alla ricerca di un termine che consentisse di definire un’identità all’interno del grande contenitore della denominazione Maremma DOC, di più facile comprensione rispetto alla ostica Monteregio di Massa Marittima DOC, la scelta ricadde sul personaggio di un antico e splendidamente illustrato libro di fiabe, opera dal bisnonno Giuseppe Leo Moris. Il temibile mago Barbaspinosa sembrò calzare a pennello con l’immagine di un vino da sorseggiare al cospetto della fiamma baluginante e calda di un caminetto.
Rubino splendente nel bicchiere. Al naso si apre con un bouquet elegante di frutta scura, prugna e mora selvatica. Seguono sentori di sottobosco con gentili incursioni di ribes, violetta e ciclamino. Potente, rotondo e avvolgente il sorso a delineare un profilo “goloso” che senza posa invoglia alla beva. Vibrante la freschezza del lungo finale.

IGT Toscana Rosso Avvoltore 2015 e 2012 / Tenuta Poggetti - Poggio dell’Avvoltore
sangiovese 75%, cabernet sauvignon 20%, syrah 5%
Resa: 35 q/ha; 23.000 bottiglie circa.

Fermentazione in vasche di cemento, con controllo della temperatura e due rimontaggi al giorno per i primi 10 giorni; ulteriore periodo di 15 giorni a contatto con le bucce; maturazione in barrique, nuove per l’80%, per circa un anno; affinamento in bottiglia per almeno 6 mesi.
“Avvoltore” è il termine dialettale per identificare il falco, fiero rapace che dal leggiadro volteggiare nei cieli di maremma trae diletto. Irrorate di fulgida luce, nell’avvolgente abbraccio del Poggio dell’Avvoltore, rassicurante sentinella sulla cui vetta spicca un semicerchio di cipressi, anch’esso frutto dell’estro di nonno Gualtier Luigi, si adagiano le viti dal cui prezioso frutto prende origine il vino simbolo della Morisfarms.
Nato nel 1988 da un'idea di Attilio Pagli e Adolfo Parentini si aggiudica fin dall’esordio, in un’epoca in cui la maremma vitivinicola era ancora completamente sconosciuta, ambiziosi riconoscimenti inserendosi a pieno titolo nella prestigiosa categoria dei migliori supertuscan.

2015
Rilucente rosso rubino. Timido e riservato il respiro iniziale con sentori di succosi piccoli frutti neri e macchia mediterranea; elegantissima e rarefatta la rifinitura speziata con un richiamo appena accennato di oliva nera in salamoia. Quasi corposo all’olfatto, il profumo si evolve a rivelare un profilo ematico, ferroso, reso lieve da una sottile ben delineata vena balsamica. Un naso in cui perdersi per complessità e trasformismo. L’ingresso in bocca è verticale salvo poi compiersi in seducente rotondità. Il tannino, potente e ben definito, perfettamente si integra con l’esuberante e scalpitante vitalità. Continuo e profondo il sapore.

2012
Rosso rubino intenso e profondo. Al naso, il sottofondo di aromi che inevitabilmente riconduce al profilo identitario dell’Avvoltore 2015, si tinge qui dei colori dell’annata e della più avanzata evoluzione. Intenso, pulito, raffinato, apre con note di mirtillo e amarena sotto spirito, poi prugna disidratata. Seguono profumi di fiori secchi violetta, peonia su un substrato lievemente terroso e fumé. Dolce la speziatura, appena accennato il tabacco. Polvere di cacao alla menta e cipria completano la suadente silhouette. Grande la coerenza gusto olfattiva. Un mirabile gioco di equilibrio tra alcol e tannino disegna un’amabile armonia. Corposo e masticabile il sorso fino a concedere un cristallino e sapido finale di lunga persistenza.