Naufragar me dolce in questo... Porto!

Racconti dalle delegazioni
25 novembre 2007

Naufragar me dolce in questo... Porto!

Il racconto della degustazione di Porto organizzata dalla delegazione Ais di Brescia

Davide Bonassi

Il lunedì è sempre una giornata pesante, lo stress degli impegni lavorativi riprende il sopravvento sulla serenità domenicale, i malumori incombono. La Delegazione AIS di Brescia con una degustazione di vino di Porto coglie nel segno e ci regala una serata davvero piacevole, oltre che interessante. All'organizzazione il sommelier professionista Nicola Bonera. Al microfono David Betti in rappresentanza della Burmester, casa fondata nel lontano 1750 e oggi marchio della Sogevinus, quarto gruppo vinicolo porteghese, fornitrice dei Porto in degustazione. In platea Pietro Pellegrini importatore per l'Italia.
Il vino di Porto è soprattutto il risultato di tre fattori: il Douro, lo scisto e il lavoro dell'uomo. Il Douro prima di diventare un fiume portoghese scorre in Spagna, dove con il nome di Duero vede già lungo le sue rive zone di primaria importanza per la produzione di vino di qualità quali la Ribera del Duero e l'emergente Toro. L'importanza del Douro è sia microclimatica, sia paesaggistica, avendo scavato a mò di canyon il suo percorso, sia logistica, visto che la primavera successiva alla vendemia i vini ne discendono la corrente a bordo di imbarcazioni denominate rabelo per raggiungere i lodges dei produttori situati a Vila Nova de Gaja. Lo scisto è una roccia metamorfica che tende a sfaldarsi facilmente in lastre sottili. Lungo il Douro è sposata a giaciture granitiche su costoni molto pendenti. La vigna è coltivata in terrazzamenti ricavati dallo scasso di questa pietra, con la vite costretta da cercare acqua e nutrienti spiengendo le proprie radici lungo le fratture del sostrato roccioso. I vitigni sono sia a bacca bianca (malvasia, gouveio, etc.) sia a bacca rossa (touriga national, tinta barroca, touriga franca, tinta roriz, etc.).Da ultimo, ma non ultimo, il lavoro dell'uomo è risultato determinante per creare questa chicca enologica. Lavoro inteso come lavoro fisico necessario ha strappare superfici vitabili su fianchi montuosi, rocciosi, dalle forti pendenze. Lavoro politico, svolto dai notabili portoghesi dell'epoca, in particolare nel 1703 con il Trattato di Methuen che rendeva conveniente i commerci di vino tra Portogallo e Inghilterra e nel 1756 quando il Marchese de Pombal demarcava la zona esclusiva di produzione del vino di Porto, a tutti gli effetti la prima denominazione d'origine normata al mondo. Da ultimo lavoro di natura tecnica legato alla messa a punto del sistema di produzione di questo vino. Il vino di Porto è un vino fortificato in cui la fermentazione alcolica incontra ad un certo punto un blocco indotto dall'uomo tramite l'aggiunta di distillato di vino al 77%.
Il vino di Porto esiste in molte varianti, riconducili però a solo tre stili: bianco, tawny e ruby. Lo stile bianco si presenta sul mercato con differenze in termini di dolcezza e invecchiamento. Nella versione secca è un ottimo apertivo e una intrigante base per cocktail. Nella versione abboccata è versatile sui dessert. Lo stile tawny (tawny, riserva, 10, 20, 40 anni e colheita) da vini caratterizzati da forti speziature e note ossidative derivanti dai lunghi invecchiamenti in legno. I vini di questo stile diventano abbinabili a pasticceria secca, a cioccolate fondenti o come fine pasto. Lo stile ruby (ruby, ruby riserva, LVB e vintage) offre invece vini più fruttati con bouquet, in particolare per i vintage, che acquistano ampiezza non già nel legno, a parte parzialmente nel caso degli LVB, ma nella lunga permanenza in bottiglia (almeno 10-15 anni). I vini di Porto stile ruby si accompagnano con piatti di cacciagione, con formaggi stagionati, meglio ancora erborinati (Stilton su tutti).

I vini degustati nel corso della serata sono stati:

- Burmester LVB 2001
- Tawny 10 anni
- Tawny 40 anni
- Colheita 1985
- Vintage 1997

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