Notte Bianca DOCG a Magenta. Denominazione di Origine Conviviale Garantita

Racconti dalle delegazioni
29 settembre 2025

Notte Bianca DOCG a Magenta. Denominazione di Origine Conviviale Garantita

Una serata che sa di estate, risate e calici alzati. Di quelle che iniziano con un brindisi e finiscono con le chiacchiere che vorresti non terminassero mai. La Notte Bianca di Magenta è questo: un appuntamento atteso, un rito collettivo che ogni anno chiude la stagione AIS con leggerezza, passione e una buona dose di allegria.

Paola Lapertosa

C’è chi la “notte in bianco” la teme, e chi invece l’aspetta tutto l’anno. A Magenta è ormai una tradizione consolidata, giunta con orgoglio all’undicesima edizione. Un appuntamento che chiude la stagione con brio, convivialità e, soprattutto, con il vino bianco italiano come protagonista assoluto.

A guidarci in questo viaggio sensoriale lungo lo Stivale è stato, come da tradizione, Guido Invernizzi, relatore carismatico, medico di professione e divulgatore per vocazione. Con la sua consueta verve, ci ha accompagnati attraverso sei interpretazioni di bianco che raccontano territori, vitigni e filosofie produttive molto diverse tra loro, ma accomunate da una spiccata identità. Dal Molise alla Lombardia, dalla Toscana all’Umbria, ogni calice ha svelato una sfumatura diversa del vino bianco italiano: dalla freschezza agrumata alla complessità ossidativa, dalla sapidità minerale alla rotondità glicerica. Un percorso che ha stimolato il palato e acceso la curiosità, tra racconti di territori, battute tra amici e una cena che sa di casa.

Come ogni serata che si rispetti, anche questa Notte Bianca ha avuto il suo inizio con la giusta effervescenza. E quale modo migliore per aprire una degustazione dedicata al vino bianco se non con una bollicina del territorio?

Nel calice, il Franciacorta DOCG Pas Dosé Millesimato Terra dei Trici 2019 - Cascina San Pietro: un Metodo Classico che parla la lingua della Franciacorta più autentica, quella che sa coniugare rigore tecnico e anima artigianale. Da uve chardonnay in purezza, affinato per minimo 48 mesi sui lieviti, questo spumante ha un perlage fine e continuo, preludio a un naso elegante, dove la crosta di pane si intreccia con note di frutta gialla matura, frutta secca, fiori bianchi e una sottile vena empireumatica. Il sorso è teso, verticale, con una spalla acida ben definita e una chiusura asciutta, quasi salina, che pulisce il palato e lo prepara all’esplorazione dei vini bianchi fermi che seguiranno.

Biferno DOC Bianco Gironia 2023 - Borgo di Colloredo

E se la Franciacorta rappresenta una delle espressioni più alte e celebrate della Lombardia enoica a livello internazionale, il Molise è invece una di quelle regioni che, se non la conosci, non la immagini. Eppure, chi ha la curiosità di scoprirla, trova vini di grande carattere, autenticità e un rapporto qualità-prezzo spesso sorprendente.

È il caso del Biferno DOC Bianco Gironia 2023 di Borgo di Colloredo, un blend di trebbiano molisano, malvasia e garganega che disarma per freschezza e immediatezza. Il naso è delicato ma preciso: fiori bianchi, frutta tropicale croccante e matura, mela verde, un accenno di speziatura. In bocca è agile, con una vena acida ben delineata e una chiusura sapida che invita al sorso successivo. Un vino sconosciuto che racconta la semplicità autentica del territorio, senza rinunciare alla precisione stilistica.

San Martino della Battaglia DOC Campolivi 2022 - Azienda Agricola Cobue

Un bianco raro e affascinante, ottenuto da uve tuchì, nome locale del friulano, che studi genetici hanno ricondotto al sauvignonasse (o sauvignon vert), vitigno originario della Valle della Loira e giunto in Italia tra il XVIII e il XIX secolo, probabilmente al seguito delle campagne napoleoniche.

La vinificazione segue il metodo sur lie, tecnica nata proprio nella Loira con il muscadet, che prevede un affinamento prolungato sulle fecce fini per arricchire il prodotto della fermentazione del mosto di struttura e complessità. Il risultato è un vino che unisce eleganza e profondità. Al naso si apre con note erbacee, agrumi e pesca bianca, mentre al palato si mostra pieno, quasi cremoso, ma sempre sostenuto da una vibrante acidità e da una sapidità marcata che lo rende particolarmente gustoso. Il finale è lungo, con un tipico ritorno amaricante che firma il sorso. Un bianco che merita attenzione e che dimostra come anche le “micro-DOC”, se ben interpretate, possano regalare emozioni autentiche e sorprendenti.

Toscana IGT Bianco Con Vento 2022 - Castello del Terriccio

Un bianco toscano che punta tutto sull’identità aromatica del sauvignon blanc, qui protagonista assoluto. Il naso è tipico e riconoscibile: pompelmo rosa, foglia di pomodoro, finocchietto selvatico e bosso o, per i più affezionati al gergo conviviale, la celebre “pipì di gatto”. Il viognier, presente in uvaggio, resta in secondo piano, quasi timido, lasciando spazio all’esuberanza varietale del sauvignon. Un vino moderno, ben costruito, che non rinuncia alla bevibilità, capace di sorprendere per precisione e stile.

Falerno del Massico DOP Bianco 2021 - Villa Matilde Avallone

Dietro ogni grande vino c’è una storia, e nel caso del Falerno del Massico le storie sono addirittura due. La prima è quella mitologica: si narra che Falerno fosse un pastore povero che una notte accolse Bacco offrendogli il poco che aveva: pane raffermo e latte. In segno di gratitudine, il dio Bacco trasformò il Massico in una distesa di viti. La seconda è storica, e riguarda la famiglia Avallone, che ha recuperato vitigni antichi come il cecubo, il cui nome deriva dal console Appio Claudio Cieco (in latino Appius Claudius Caecus), costruttore della Via Appia: da cecum bibendum nacque il cecubo.

Il Falerno Bianco è prodotto da uve falanghina, il cui nome richiama il “phalangos”, il palo attorno a cui si attorcigliava la vite. Un inno alla solarità del Sud: profumi intensi di ananas, agrumi canditi, ginestra e una leggera nota balsamica. In bocca è caldo, morbido, pieno, ma ben bilanciato da una sapidità che ne allunga la persistenza e lo rende tutt’altro che stucchevole. La firma enologica è quella di Riccardo Cotarella, garanzia di precisione stilistica e valorizzazione del territorio.

Umbria IGT Bianco Arnèto 2020 - Tenuta Bellafonte

L’Umbria, cuore verde d’Italia, è una regione da sempre vocata alla viticoltura e all’olivicoltura, grazie a un paesaggio modellato da monti, fiumi e colline che regalano biodiversità e microclimi ideali. Già in epoca papale, i vini umbri erano apprezzati a tal punto che i pontefici ne fecero vini di corte, riconoscendone il valore ben prima che il mercato moderno li riscoprisse.

L’Arnèto nasce da trebbiano spoletino, vitigno autoctono capace di coniugare struttura e freschezza in un equilibrio quasi naturale. La vinificazione prevede fermentazione e affinamento in grandi botti di rovere di Slavonia, fermentazione malolattica svolta e almeno cinque mesi di affinamento in bottiglia.

Il risultato è un bianco dal colore dorato intenso, che al naso richiama caramella mou, pietra focaia e panettone, con una complessità olfattiva di ampio respiro. Il sorso è verticale, minerale, con una chiusura salina e persistente.

Lugana DOC Riserva del Lupo 2019 – Ca' Lojera

Un classico che non delude, anzi, sorprende per profondità e carattere. Prodotto da turbiana in purezza, questo Lugana nasce su terreni morenici, un tempo fondale del grande lago glaciale che modellò il paesaggio della zona. La vendemmia è tardiva, tra fine ottobre e inizio novembre, con alcuni acini che arrivano in cantina botritizzati, contribuendo alla complessità aromatica. L’affinamento avviene per due anni in acciaio, seguito da almeno sei mesi in bottiglia custodita in una cantina interrata sotto il livello del lago, dove la temperatura resta naturalmente costante.

Note “sauternizzate”, spezie dolci, zafferano, frutta gialla matura creano un bouquet complesso e avvolgente. Il naso è morbido, quasi vellutato. In bocca, il vino è strutturato e profondo, con una mineralità marcata, quasi “rocciosa”, sostenuta da una presenza evidente di sali inorganici. Il finale è lungo, sapido, ma mai amaricante, a conferma di un equilibrio raggiunto con maestria.

E se l’ultimo calice è stato versato – tra acidità taglienti, profumi esotici e racconti mitologici – la serata non poteva che continuare a tavola! I vini, già protagonisti della degustazione, si sono fatti compagni di viaggio anche durante la cena preparata dalla chef del Ristorante Bettycuore. Tra brindisi, risate e qualche bis non proprio autorizzato, la Notte Bianca si è trasformata in una vera festa del gusto.

Perché sì, a Magenta la notte è “in bianco”, ma nessuno resta a secco. Né di vino, né di buonumore!