Operazione Lugana alla cieca

Proseguono gli incontri della rassegna “Allenamento|Degustazione alla cieca” organizzati da AIS Pavia. Questa volta Mauro Garolfi ci propone un approfondimento sul Lugana, in un percorso sensoriale attraverso le differenti tipologie della denominazione.

Marco Agnelli

«Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla composta autorevolezza.»

Con queste parole di Luigi Veronelli, Mauro Garolfi apre la serata di degustazione alla cieca dedicata alla denominazione Lugana DOC. Il taglio del format di AIS Pavia, oramai più che collaudato, prevede un numero ristretto di partecipanti (dodici) e un approccio votato alla dialettica in direzione bilaterale tra pubblico e conduttore della serata. Mauro, sommelier, degustatore nonché grande conoscitore del territorio del Lugana grazie alla sua collaborazione professionale con aziende della zona, ci fornisce una panoramica generale di quelle che solo le coordinate all’interno delle quali muoveremo la nostra indagine.

Ci troviamo sul Lago di Garda, in una denominazione a cavallo tra Lombardia e Veneto, distribuita su cinque comuni. “Lugana” è presente anche nella toponomastica della zona ed è una frazione di Sirmione; l’etimologia deriva da “Selva Lucana”, un bosco acquitrinoso bonificato a partire dal 1400 dalla Repubblica di Venezia. La presenza della vite qui è antichissima, ci sono ritrovamenti che è possibile far risalire addirittura all’età del bronzo. Ma è solo a partire dal XVI secolo con Andrea Bacci e successivamente con Ottavio Rossi che il vino bianco di queste terre comincia a ottenere le sue prime, specifiche menzioni storiche. Venendo al ventesimo secolo, nel 1967 Lugana è stata la prima Denominazione di Origine Controllata istituita in Lombardia. Nel 1990 nasce quindi il Consorzio per la Tutela del Lugana, un istituto di vigilanza, difesa e promozione che si occupa soprattutto di proteggere e valorizzare la denominazione e il suo vino. 

Elemento fondamentale per una corretta chiave di lettura di quello che ci accingiamo a degustare è il clima, temperato e con marcate caratteristiche mediterranee. Il rilascio del calore da parte del lago durante la notte da un lato non consente grandi escursioni termiche, ma dall’altro permette di prevenire eventi catastrofici quali le gelate primaverili. La matrice geologica della zona è di natura morenica. Elemento distintivo è l’argilla, che nella porzione di pianura della denominazione, a ridosso della costa lacustre, è anche ricca di sali minerali, mentre nell’entroterra collinare vede un contributo di ghiaia e sabbia. Il vitigno fulcro e motore della DOC è la turbiana o trebbiano di Lugana, che nelle varie tipologie previste deve essere presente almeno al 90%. Il disciplinare consente la produzione del Lugana come Spumante, Annata, Riserva, Superiore e Vendemmia Tardiva.

I vini

Lugana Brut Bio - Pasini San Giovanni
Un metodo classico giocato tutto sulla semplicità e sulla fragranza, tanto che alla cieca la maggioranza dei partecipanti aveva ritenuto potesse trattarsi di un metodo Charmat. L’impatto olfattivo ci parla di mineralità di ghiaia in apertura, a seguire fiore delicato e frutto, soprattutto pesca e susina. La persistenza non è particolarmente pronunciata, elemento che alla fine risulta essere il tratto più penalizzante di questo vino, che comunque ha una sosta di circa 24 mesi sui lieviti.

Lugana Metodo Classico - Oselara
In questo caso il riconoscimento del Metodo Classico da parte dei partecipanti è stato unanime, sebbene a fine serata si sia scoperto, non senza un certo stupore, che il tempo di permanenza sui lieviti è solo di 12 mesi, quindi circa la metà rispetto al vino precedente. Qui, nonostante l’affinamento abbastanza limitato nel tempo, la nota di lievito e nello specifico legata al ricordo della crosta di pane è emersa ben netta. Provando a giocare sui riconoscimenti, avvertiamo una parte agrumata soprattutto di cedro e mandarino che prevale sulla componente floreale. In bocca, in retrolfazione, ritorna con notevole coerenza l’agrume, con una persistenza più pronunciata rispetto al vino che lo ha preceduto in degustazione.

Lugana Brolo 2019 - Marsadri
Con il primo vino fermo della serata entriamo nel vivo della tipicità della denominazione, ricordando che la tipologia “annata” rappresenta l’autentico volano della medesima, con oltre il 90% dei volumi totali. Il colore è seducente, di un bel paglierino brillante che ammicca al dorato. Frutto a polpa gialla, accenno di idrocarburo e a seguire tratti spiccatamente floreali e erbacei, con una sapidità che ancora una volta risulta elemento dominante. Su questo campione il riconoscimento alla cieca ha portato ad un parere pressoché concorde da parte del pubblico nell’attribuirlo alla tipologia “annata”. In sintesi, un vino semplice ma che sembra costruito per piacere.

Segue, nella seconda parte della serata, una miniserie di tre Lugana della stessa azienda. Il pubblico, non essendone a conoscenza, è stato stimolato dal relatore a provare a individuare eventuali elementi stilistici comuni sui tre vini di chiusura. I tre campioni, sebbene prodotti dalla stessa mano, presentano significative differenze, a conferma di quanto questo vino possa rivelarsi estremamente camaleontico. 

Lugana DOC 2019 - Bulgarini
Il primo della miniserie è la versione annata senza ulteriore specificazione. Prodotto con uve provenienti dal comune di Pozzolengo, su colline moreniche contraddistinte da suoli di matrice argillosa e finemente ghiaiosi, questo vino fa esclusivamente acciaio. Un Lugana meno facile del precedente, in cui l’apertura è caratterizzata da una nota sulfurea che va via via sfumando con il passare dei minuti, lasciando successivamente il posto a note leggermente amarognole come pompelmo e, in chiusura, mandorla. L’assaggio ci riporta alla sapidità, qui più composta e meno debordante.

Lugana DOC 010 2019 - Bulgarini
Ci troviamo nuovamente di fronte ad un Lugana nella sua tipologia annata. Lo “010” è tuttavia piuttosto differente dal vino che lo ha preceduto in sequenza. “010” è prodotto dai vigneti più vecchi nelle pianure intorno al Lago di Garda (la scheda tecnica indica che l’età delle vigne non è inferiore ai 37 anni). Una parte del vino è stata affinata in tonneaux di rovere francese per sei mesi. L’impatto al naso è immediato, con un’intensità piuttosto esuberante. I presenti in sala sottolineano tre famiglie di profumi abbastanza ben distinguibili nell’esame olfattivo: aprono sentori che richiamano alla mineralità di ghiaia e di gesso, segue un ricordo di asparago ed erba, chiudono note dolci di fiore e frutto. In bocca caldo, avvolgente, con un leggero residuo zuccherino che ribadisce ulteriormente la morbidezza.

Lugana Superiore DOC Cà Vaibo’ 2017 - Bulgarini
Il vino di chiusura della serata è stato realizzato con uve che hanno alle spalle un appassimento di circa 40 giorni prima della pigiatura. Parte del vino ha fatto malolattica in acciaio a temperatura controllata, la rimanenza è stata affinata in botti di rovere francese per 12 mesi. Il colore è dorato, brillante e molto piacevole alla vista. L’olfazione rivela nel calice un vino di notevole eleganza.  Parte del pubblico ha ipotizzato potesse trattarsi di una vendemmia tardiva, per via di un residuo zuccherino compostamente contenuto ma tuttavia percepibile. Il frutto giallo, esuberante nella sua evidenza, si accompagna a sentori vegetali che rimandano a fieno ed erbe officinali. All’assaggio troviamo la già citata morbidezza lievemente zuccherina che è ben sostenuta dalla freschezza citrina e da una mineralità che qui, a differenza che in altri campioni, è presente ma non recita il ruolo di protagonista.