Orvieto DOC, storia ed emozioni di una denominazione tutta da scoprire
Pochi territori vinicoli hanno una potenzialità così grande e allo stesso tempo così poco percepita come quello della zona di Orvieto. A Magenta, il sommelier Maurizio Dante Filippi ci ha accompagnato alla scoperta dei vini di un territorio che riserva non poche sorprese.
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La platea del ristorante BettyCuore, sede di AIS Milano a Magenta, ha vissuto un viaggio unico attraverso le dolci colline del mare verde che è l’Umbria, alla scoperta di vini profondamente emozionanti «se solo si ha la curiosità di conoscerli, la pazienza di attenderli nel tempo e, con la giusta sensibilità, scoprirli». A introdurci nel meraviglioso territorio di Orvieto è Maurizio Dante Filippo, miglior sommelier AIS d’Italia 2016 e ambasciatore della locale denominazione.
Una rara bellezza circonda questo habitat naturale del vino: dalla città arroccata sulla rupe di tufo (che letteralmente “conteneva” al suo interno, già in tempi antichi, giare di vino per un lungo affinamento), alle magnifiche colline vitate tutt’intorno, finendo sulle sponde del lago di Corbara. Un connubio secolare che identifica e lega da sempre il prodotto della vite al suo luogo d’elezione, e che oggi è lo spirito stesso del Consorzio Vini Orvieto.
In questa terra, storicamente legata all’agricoltura, il fare vino affonda radici già nella civiltà etrusca, epoca a cui risalgono i primi scavi nelle grotte dei terreni tufacei delle colline che punteggiano la pianura umbra. Inizialmente il vino era una bevanda aromatica, profumatissima e dallo spiccato grado zuccherino. Successivamente, divenne famoso come bevanda pregiata ai tempi dell’Impero Romano e poi dei Papi, che a lungo hanno risieduto nella città. Molto spesso veniva utilizzato anche come moneta: fu spesso impiegato per pagare gli ingenti lavori del Duomo e persino artisti del calibro di Pinturicchio e Signorelli chiesero un approvvigionamento vitalizio di vino di Orvieto come pagamento per gli affreschi realizzati all’interno della chiesa.
Dal 1931 l’areale di produzione del vino di Orvieto venne delimitato dal Professor Garavini, il quale notava immediatamente la grande espressività qualitativa della nascente Denominazione e la possibilità di un felice sviluppo della Botrytis Cinerea. Nel 1971 è stata riconosciuta ufficialmente la DOC interregionale “Orvieto”, la quale geograficamente è collocata nella zona sud-ovest dell’Umbria e si estende fino all’Alto Lazio, comprendendo i comuni attorno alla città di Orvieto (che rappresentano la zona storica) e alcuni della vicina provincia di Viterbo, nell’area della Teverina.
Dal punto di vista morfologico, la DOC Orvieto insiste su un territorio di origini antichissime formatosi dalla compressione della zolla di Adria che ha portato all’innalzamento delle odierne colline umbre dove prima c’era il mare. La grande eterogeneità dei terreni (argillosi, vulcanici, sabbiosi e alluvionali) unita alla variabilità del clima mediterraneo e alle forti escursioni termiche, dona ai vini grande complessità e carattere, temprandoli per mantenere una vivida personalità anche, e soprattutto, dopo lunghi affinamenti in bottiglia.
Da disciplinare, i vini (per la stragrande maggioranza bianchi, pur essendo prevista anche la versione “Rosso Orvietano”) sono ottenuti utilizzando un assemblaggio composto da un 60% minimo di trebbiano toscano (altresì chiamato procanico) e grechetto - di cui localmente sono coltivati i due biotipi “di Orvieto” e “di Todi” - insieme a cui possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, per un massimo del 40%. Le tipologie previste sono secco, abboccato, amabile, dolce, superiore, vendemmia tardiva e muffa nobile (menzione di cui il disciplinare dell’Orvieto DOC è l’unico in Italia a potersi fregiare in etichetta).
La Degustazione
Nel corso dell’evento sono state proposte due batterie di vini: la prima composta di tre prodotti con maturazione solo in acciaio e di quattro con maturazione in legno o in versione vendemmia tardiva.
Veste paglierino tenue con trasparenza e lucentezza supportate da buona consistenza. Il naso è tanto immediato quanto intrigante: pesca bianca, susina, erbe aromatiche, fieno sfalciato; la freschezza dei profumi ne fanno un vino “primaverile”. Il sorso è coerente, con ritorni agrumati di lime e un’acidità che ne conferma l’odierna immediatezza e la futura potenzialità nel tempo.
Cristallino, dal colore paglierino più vivido e pieno del precedente, consistente. Il naso evidenzia note di ginestra, pesca gialla, percoca, timo e maggiorana. All’assaggio sapidità e freschezza esaltano la persistenza aromatica delle sensazioni già avvertite al naso e fanno presagire un’evoluzione promettente del vino.
Calice luminoso dal colore dorato intenso. Al naso - inizialmente meno esuberante dei precedenti - si avverte una compostezza quasi aristocratica capace di farsi ascoltare e che si disvela man mano che il vino si scalda, esprimendo tutta la sua complessità: ginestra, gelsomino, mela golden, erbe aromatiche, sbuffi di pietra bagnata, pepe bianco. Il sorso è voluminoso e occupa il palato con garbo e finezza. Caldo e morbido, è questo un campione che - a ben quattro anni dalla vendemmia - inizia a mostrare la stoffa dell’Orvieto nel tempo.
Paglierino splendente e di ottima consistenza. Al naso è - a dir poco – debordante. I profumi sono ammalianti e disponibili, pronti a concedersi ogni volta che torniamo col naso nel calice: pera Williams, susina, mela caramellata, nocciola tostata e ancora maggiorana abbrustolita, cioccolato bianco, vaniglia. In bocca l’acidità e la sapidità hanno grande progressione e l’energia della gioventù è tutta dalla sua… Maurizio lo definisce metaforicamente «un ragazzino che, appena finiti i compiti, inizia a correre nei campi e non si ferma più».
Paglierino intenso, naso complesso con note agrumate di pompelmo rosa, erbe aromatiche, fieno, cipria. Il sorso è netto, verticale, asciutto, piacevolmente amaricante, con ritorni di mandorla fresca e sapidità incalzante.
Dorato sfavillante, consistente. Il quadro olfattivo è ricco di sfumature che vanno dalle note eleganti di spezie dolci - tra cui lo zafferano -, al fruttato di pesca noce, ananas, tamarindo per proseguire su note burrose e miele millefiori. Morbido al sorso, di lunga persistenza e avvolgenza, termina in una scia sapida che invita costantemente al riassaggio.
Ambrato brillante. Una bancarella di frutta si offre al naso: mango, papaya, ananas candito, albicocca disidratata, pepe bianco, zenzero, camomilla, fiore di zafferano, miele millefiori. Un gioco di profumi e sensazioni, un’emozione che si ripropone all’assaggio, con una dolcezza suadente che termina in una scia fresco-sapida dai richiami melliferi e fruttati già avvertiti al naso. Un vino suadente, complesso, generoso e accattivante, che non teme affatto gli abbinamenti con pietanze salate e speziate (pollo al curry, tajin di vitello e cumino).
A conclusione della sua narrazione appassionata e ricca di emozionanti suggestioni, Maurizio Dante Filippi ha posto l’attenzione sulla caratteristica, comune a tutti i campioni degustati, che è considerata la “firma” dei vini di Orvieto: una sensazione gustativa amaricante (riconducibile alla mandorla o alla nocciola, fresche) che lascia il palato piacevolmente pulito e netto dopo ogni sorso.
La serata termina con un momento conviviale in cui - grazie all’ospitalità che contraddistingue il ristorante Bettycuore - i partecipanti giocano cercando di abbinare le caratteristiche dei vini a due preparazioni tipiche del territorio umbro: stringozzi alla norcina (con salsiccia di Norcia, funghi porcini e pecorino) esaltati, in abbinamento, dalla complessa struttura dell’Orvieto Superiore Panata 2021 della cantina Argillae - e, a seguire, frico di pollo con purè, accostato alla esplosiva esuberanza dell’Orvieto Classico DOC Archè 2022 - Podere Barbi e perfettamente equilibrato dalla suadente dolcezza dell’Orvieto Classico Superiore Vendemmia Tardiva 2022 di Palazzone.
Finisce così un appassionante viaggio, lungo secoli di storia e tradizione, condensato in poche ore: il racconto di un vino versatile, emozionante, eclettico e longevo che merita oggi di essere finalmente ascoltato, apprezzato e soprattutto conosciuto perché: «Orvieto è il vino e il vino è Orvieto!».