Philipponnat, al cospetto della grande tradizione

Alberto Lupetti porta Philipponnat, una delle più storiche Maison di Champagne, sulle rive del lago di Como. Classe, eleganza e raffinatezza, senza paura di sfidare il tempo

Giuseppe Vallone

Le sponde del lago brillano di luci. È venerdì sera e d’affaccio alle acque l’Hilton Lake Como si allunga cheto ed elegante. Al suo interno, la Delegazione di AIS Como, in grande spolvero, dà il benvenuto ad Alberto Lupetti che arriva in terra lariana a raccontare una delle più storiche Maison di Champagne, Philipponnat.

Con prosa elastica e chiara, Alberto racconta la storia della famiglia, dall’approdo del capostipite Aprvil ad Aӱ nel 1522, alle prime vinificazioni in rosso nel XVI secolo – quando la Champagne era nota per i suoi clairets, vini fermi -, allo sviluppo impresso nell’Ottocento da Auguste e Pierre, fino al trasferimento a Mareuil-sur- Aӱ nel 1910. 

Superati i disastri impressi dalla fillossera prima, e dalla Prima Guerra Mondiale poi, la famiglia iniziò nel 1935 l’acquisto di vigneti all’interno del celebre Clos des Goisses: dapprima 2,5 ettari, seguiti poi da altre compravendite che ve ne aggiunsero nel tempo altri 3, per un’estensione oggi pari a 5,5 ettari.

Alberto LupettiL’azienda rimase nelle mani della famiglia fino al 1987, quando venne acquistata da Marie Brizard. Dieci anni dopo, un nuovo passaggio di proprietà, al gruppo Lanson-BCC: tra il 1997 e il 1999 al vertice vi fu Bruno Paillard, che però proprio sul finire del millennio convinse Charles Philipponnat a prendere il suo posto. 

Fu così che Charles, dopo un’esperienza in Moët – nella quale il padre René fu chef de cave dal 1949 al 1977 – segnò il rientro della famiglia Philipponnat (giunta alla 16° generazione) nell’omonima Maison che, oggi, è una realtà di 20 ettari di vigneti, di cui 2 in affitto, con una produzione annua di circa 600.000 bottiglie.

La degustazione

Royale Réserve Non Dosé

66% pinot nero, 31% chardonnay, 3% meunier. Fermentazione mista acciaio-legno, malolattica parziale (70%), cuvée di base vendemmia 2018 con 30% di vins de reserve. Le uve provengono da 27 villaggi di cui non meno dei 2/3 con classificazione di Grand Cru e Premier Cru. 48 mesi sur lattes, dosaggio di 0 g/l.

Naso teso, fresco, minerale, stuzzicante; dopo qualche minuto, scaldandosi, propone profumi di frutta bianca, crema di caffè e sbuffi tostati. Al palato è inizialmente morbido, poi ne emerge freschezza e sapidità e una convincente solidità gustativa. È intenso, di discreta persistenza. 

Cuvée 1522 - 2015 (magnum)

70% pinot nero, 30% chardonnay. Fermentazione mista acciaio (42%) – legno (58%), malolattica parziale. Uve provenienti da Aӱ, vigneti di Le Léon e Mailly per il pinot nero, di Verzenay per lo chardonnay. Sosta sui lieviti per più di 72 mesi, dosaggio di 4,25 g/l, sboccatura febbraio 2022, prodotto in 7.978 bottiglie.

Il nome “1522” commemora l’annata in cui la famiglia Philipponnat si è stabilita nel villaggio di Aӱ.
Rispetto al vino precedente, il naso è da subito aperto e comunicativo: frutti gialli, molti fiori, note dolci, un delicato profumo di cipria. L’impatto in bocca è diffuso e morbido, poi il sorso si tende a metà bocca per andare incontro a un finale sferico e vagamente amaricante.

Cuvée 1522 L.V. 2003

60% pinot nero, 40% chardonnay. Fermentazione solo in acciaio, malolattica svolta. Uve provenienti da Aӱ, vigneti di Le Léon per il pinot nero, da Le-Mesnil per lo chardonnay. Sosta sui lieviti per 18 anni, dosaggio di 4,25 g/l, sboccatura marzo 2022, prodotto in 310 bottiglie.

La 2003 fu un’annata molto calda: a un gelo primaverile (-11°C nel mese di aprile) seguì una canicola estiva, con temperature massime di 41°C. La conseguenza fu una resa d’uva inferiore del 40% rispetto alla normalità.

Calice di un bel dorato cristallino. Di primo acchito il naso è un po’ contratto, con accenni di albicocca e cedro. La bocca, invece, è da subito espressiva, diffusa e sapida, con uno sviluppo lineare e con un bel corpo. Finale di liquirizia. Dopo diversi minuti nel calice, fanno capolino una tostatura elegante, frutta matura, cenni di acqua di lago e sbuffi balsamici e vegetali. Anche a carbonica svanita, rimane intatta l’eleganza e la nobiltà della beva, da grande vino bianco.

Blanc de Noirs 2016

100% pinot nero. Fermentazione mista acciaio (52%) – legno (48%), malolattica parziale (43%). Uve provenienti da Mareuil-sur-Aӱ e Verzy. Sosta sur lattes di 60 mesi, dosaggio di 4,25 g/l, sboccatura aprile 2022, prodotto in 40.039 bottiglie.

Naso che si propone con profumi di frutta fresca, cipria, albicocca e pesca nettarina. Solare e di sottile mineralità. All’assaggio è accomodante, intenso, sapido, con un finale smussato e un poco amaricante. Ottima persistenza sul frutto.

Clos des Goisses 2013 (magnum)

85% pinot nero, 15% chardonnay. Le uve provengono dal celebre clos sulla collina di Mareuil-sur- Aӱ, e in particolare dalle parcelle di La Dure, Les Valofrays, Les Cintres per il pinot nero, Les Jolivets e Le Ecluse per lo chardonnay. Fermentazione mista acciaio (53%) – legno (47%), malolattica non svolta. Sosta sui lieviti per 96 mesi, dosaggio di 4,25 g/l, sboccatura marzo 2022, prodotto in 10.723 bottiglie, 1.910 magnum e 243 jéroboam.

Avvicinando il calice al naso, l’impatto è fresco, con fini profumi tostati, di frutta matura e fiori sfalciati. La bocca è tesa, sottile, fresca, ha un bello slancio, entra e accelera. È un vino intenso e particolarmente persistente. È giovane, va aspettato: nonostante sia già superbo, invoca ancora tempo.

Di tempo, per quanto possibile, proviamo a dargliene: dopo diversi minuti nel calice, il naso si conferma ampio e di suadente eleganza, con profumi di croissant salato e gocce di distillato. Al palato la maggiore temperatura è rogito della strepitosa fattezza: la freschezza è schioccante, la beva è trepidante e si ravviva costantemente su aromi agrumati e con una vaga scia tannica.

Clos des Goisses 2011 (magnum)

100% pinot nero. Parcelle di Le Collet, Les Valofrays Noirs, Le Chalet e Montin. Fermentazione mista acciaio (20%) – legno (80%), malolattica non svolta. Sosta sui lieviti per 96 mesi, dosaggio di 4,25 g/l, sboccatura ottobre 2020, prodotto in 12.020 bottiglie e 923 magnum.

Naso delicato, di piccola pasticceria, rosa e fragolina di bosco. La bocca è sferica e morbida, con un’acidità tratteggiata, un po’ meno persistente rispetto al vino precedente. Ancora una volta, concedergli qualche minuto gli giova: al naso fanno capolino note torrefatte e richiami fumosi, al palato conferma la natura più sottile rispetto al Clos des Goisses 2013.

Terminata la degustazione, c’è soddisfazione nella sala. Gli champagne di Philipponnat hanno senza dubbio fatto breccia tra i sensi dei partecipanti, contribuendo a suscitare belle emozioni. E di questo non possiamo che ringraziare l’ottima organizzazione, ovviamente la Maison e ultimo ma non ultimo, Alberto Lupetti e la sua grande competenza. A rivederci sul lago di Como.