Piccoli produttori, grandi champagne
Racconti dalle delegazioni
04 novembre 2025
Una serata in AIS Monza e Brianza dedicata ai Récoltants-Manipulants, guidata da Guido Invernizzi, ha aperto le porte a un mondo poco visibile dello champagne. Un viaggio tra piccole realtà indipendenti, spesso sconosciute, che incarnano l’autenticità e la personalità vera di questa regione: vini che sfuggono alle etichette blasonate ma raccontano la storia, la passione e la dedizione dei vigneron.
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Radici e memoria
Sullo champagne si è detto quasi tutto, eppure se lo prendiamo come filo conduttore per un viaggio nel tempo, può ancora sorprenderci. Perché lo champagne stesso è un viaggio temporale: ogni bolla porta con sé secoli di storia. La sua leggenda, come spesso accade, nasce da un fraintendimento. La bollicina, in realtà, non è nata in Francia: già nell’antichità esistevano vini naturalmente effervescenti, e il piacere del perlage accompagnava i banchetti di Cleopatra.
L’oro liquido del Mediterraneo veniva da Cipro: un’isola che per secoli rifornì le corti d’Europa di un nettare dolce, ambrato, destinato ai ricchi e ai potenti. Da lì proviene anche un vitigno che oggi associamo alla Champagne: lo chardonnay. La sua culla, dicono gli ampelografi, si perde tra le rotte cipriote e quelle borgognone, segno che il vino è sempre frutto di scambi, di porti e di contaminazioni.
E nella Champagne medievale che cosa si trovava? Non c’erano ancora vigne, ma pecore: intere pianure destinate all’allevamento per la lana, motore dell’economia medievale. Solo con le fiere dell’Aube nacque una prima forma di vitalità mercantile, e da lì, lentamente, l’idea che quelle terre potessero dare non solo fibre ma anche grappoli. Dopo la Guerra dei Trent’anni (1618–1648) la regione appariva esausta, le campagne spopolate. Fu proprio l’Aube – più riparata e fertile – a rinascere per prima. In quel contesto si affacciano i nomi di Sir Kenelm Digby (1630), inventore della bottiglia di vetro resistente alla pressione, e Sir Thomas Otway che nella sua Friendship in Fashion del 1678, descrive un personaggio che beve champagne. Non dimentichiamo che prima ancora di Dom Pérignon (1639-1715), un fiorentino, Antonio Neri (1576-1614), studiava il vetro come arte e scienza, gettando le basi per custodire quella forza invisibile che trasforma il mosto in festa.
E per concludere un’altra curiosità: nel XX secolo, Bill Lembeck, scienziato e divulgatore americano, ha voluto contare le bollicine in una bottiglia di champagne, arrivando al sorprendente numero di circa 49 milioni per bottiglia! Un quinto delle stelle della Via Lattea.
Récoltants-Manipulants: l’anima indipendente della Champagne
Oggi i veri custodi dello spirito originario della Champagne sono i Récoltants-Manipulants (RM): vignaioli che coltivano le proprie uve e producono in autonomia il loro champagne, senza passare dalle grandi Maison. Con tirature tra le 20.000 e le 70.000 bottiglie l’anno, la loro produzione combinata è appena una frazione dei 320 milioni di bottiglie prodotte annualmente in Champagne, ma rappresenta una varietà straordinaria di terroir, stili e annate, lontana dalle cuvée prestige delle grandi Maison.
Artigiani quindi, prima che industriali, vivono e lavorano in vigne spesso minuscole, legati profondamente alla terra e al microclima di ciascun cru. Scovarli è un’esperienza a sé: bisogna recarsi nei villaggi, visitare le cantine di famiglia, percorrere le colline dell’Aube o della Montagne de Reims. È necessario parlare, assaggiare, osservare le differenze tra un terreno di craie e una parcella di sabbia, tra una fermentazione in legno e una in acciaio, proprio come ha fatto per noi Luca Bacchiega, socio AIS e titolare di Enoselection, che ha fornito i vini della serata.
La degustazione
Champagne Premier Cru Brut Rosé – Feneuil-Coppée
50% pinot meunier, 40% pinot noir, 10% chardonnay. Maturazione sui lieviti: 48 mesi. Brut 10 g/l. Premier cru a Chamery, Montagne de Reims.
Il colore è salmone con note di oro antico, bella luminosità e buona fittezza. L’impatto olfattivo è ottimo, denota struttura: lampone, melograno, cenni di rosa, una vena agrumata che dà slancio e un biscotto con marmellata di frutti rossi. Al sorso è cremoso ma lineare. Acidità e sapidità sono in equilibrio. I 10 gr/l di zucchero non si sentono. Elegante e fresco si abbina anche a piatti strutturati come l’anatra all’arancia.
Champagne Intuition Futée 2018 – Michel Hoerter
100% pinot meunier. Fermentazione e maturazione: 50% in acciaio e 50% in botti di rovere; maturazione sui lieviti: 60 mesi. Dosaggio: brut. Siamo nella Vallée de la Marne a Essômes-sur-Marne, le vigne hanno un’età di 40 anni.
Un blanc de noir che si percepisce dal colore oro leggermente rosato; al naso pesca gialla matura, note di frutta secca e una sfumatura di miele che si intreccia a un finale salino. Un naso evoluto, pulito che ricorda vagamente i vini ossidativi. La barrique si sente in una nota boisée leggermente tostata. Al palato ha una bella acidità e una struttura importante che mostra come il pinot meunier possa essere il vero interprete della Champagne.
Champagne “Macrets” Blanc de Blancs Parcellaire – M. Marcoult
100% chardonnay. Selezione mosto: solo “cuore della cuvée” (mosto fiore) da pressatura soffice. Fermentazione spontanea con lieviti indigeni, in botti di rovere; malolattica 80%; maturazione sui lieviti: 60 mesi. Dosaggio: extra brut (4,5 g/l).
Il naso è ricco, pieno, maturo, didattico, tipico dello chardonnay. Fiori bianchi, limone, mandorla fresca e una nota leggermente boisée. Morbido, burroso. In bocca la grande acidità sta in equilibrio con la salinità. Grande coerenza gusto-olfattiva. «Ricorda un gran cru della Côte de Blancs», chiosa Invernizzi.
Champagne Cuvée Symbiose 2015 – Fluteau
50% pinot noir, 50% chardonnay. Fermentazione in vasche di acciaio inox; malolattica completa. Stabilizzazione a freddo tramite filtrazione; maturazione sui lieviti: 9 anni. Dosaggio: brut (8 g/l).
Il giallo paglierino rimanda a una incredibile gioventù visiva. Al naso si sentono entrambi i vitigni con note di sottobosco. Fermentazione in legno e affinamento sui lieviti per quasi otto anni. Aromi di pane caldo rincorrono quelli di burro nocciola, di pesca mirabelle in marmellata, spezia dolce e gelatina di lamponi. In bocca è freschissimo con una notevole sapidità; il finale è amaricante.
Champagne Grande Réserve – Bernard Bijotat
1/3 pinot meunier, 1/3 pinot noir, 1/3 chardonnay. Fermentazione in vasche di acciaio inox; maturazione sui lieviti: 72 mesi. Dosaggio: brut (7 g/l).
Giallo dorato brillante con riflessi paglierini. Naso elegante con note leggermente sulfuree, il primo impatto è di frutta a polpa gialla e agrumi. Con l’ossigenazione perde la nota sulfurea ed emergono sfumature di fiori secchi, burro e leggeri accenni speziati, che completano il profilo aromatico con grande finezza. In bocca è perfetto, morbido e «saporito». Molto equilibrato.
Champagne Blanc de Blancs Grand Cru Nature 2012 – Christophe Pitois
100% chardonnay. Fermentazione in vasche di acciaio inox; malolattica bloccata; maturazione sui lieviti: 13 anni. Dosaggio: brut nature (0 g/l). I vigneti sono a Le Mesnil-sur-Oger (Côte des Blancs), dove il suolo è gesso e selce.
Il tempo si fa materia, il colore è dorato con dei riflessi verdolini, che sembrano gli ultimi colpi di coda di gioventù. Al naso il profilo evolve verso note tropicali, fiori bianchi e mandorla fresca, ma anche burro, tartufo, fungo, crosta di pane, frutta secca, noci. Il sorso è freschissimo, asciutto, slanciato. Si avverte il carattere del terroir di Le Mesnil-sur-Oger: gesso, sale e agrume maturo, con un ritorno tostato di lieviti nobili. La chiusura è lunga e sapida.

Champagne Blanc de Noirs – Philippe Déchelle
100% pinot noir. Vinificazione tradizionale; malolattica svolta; maturazione in acciaio inox a temperatura controllata per 8 mesi; maturazione sui lieviti: 9 anni. Dosaggio: extrabrut (4 g/l). I vigneti si trovano nei Coteaux della Vallée de la Marne occidentale e sono allevati dalla famiglia dal 1902.
Il colore giallo oro luminoso è arricchito da riflessi paglierini che suggeriscono una buona maturazione del pinot noir. Al naso si apre con un profilo aromatico intenso, con note ossidative molto forti. L’attacco in bocca è morbido ma immediato, con una sensazione di umami; subito si percepisce il pane tostato quasi bruciacchiato. Bella l’acidità e la persistenza.
Champagne Pas Dosé 2014 – Philippe Déchelle
100% pinot noir. Maturazione sui lieviti: 9 anni. Le viti si trovano a Brasles, nella Vallée de la Marne.
Nel calice brilla un oro pieno e caldo. Al naso il primo impatto è profondo e maturo, con una complessità che si svela lentamente: «prima si presenta il vino e poi lo champagne». Poi note di frutti rossi disidratati, scorza d’arancia candita, note di miele d’acacia e brioche tostata e infine emergono i toni della terziarietà. L’attacco è pieno, deciso e salino. Il sorso è cremoso ma affilato, con acidità viva; si alternano sensazioni di frutta rossa, agrumi canditi, nocciola tostata, zafferano e gesso bagnato. Il finale è lunghissimo, teso e minerale, con un ritorno di mandorla amara e spezia dolce che lascia il palato pulito e vibrante.
In questa serata abbiamo visto come i Récoltants-Manipulants possono riportare la Champagne alla sua essenza: il tempo, la terra, la mano dell’uomo. Ogni bottiglia è stata una biografia liquida, un racconto di famiglia, di fatica e di precisione.