Piemonte, lo spirito della terra

Si conclude l’edizione 2019 della rassegna Vinovagando con una serata dedicata al meraviglioso Piemonte raccontato da uno dei Relatori della “nuova generazione” AIS, Francesco Ferrari.

Marco Agnelli

«Il Piemonte, come la Borgogna, è la terra dei vitigni autoctoni vinificati in purezza», esordisce Ferrari. E vinificare un monovitigno è molto più difficile che vinificare quello che sarà un assemblaggio di più vitigni poiché giocando con le percentuali si possono mitigare gli effetti di annate meno favorevoli.

In questa regione il concetto di Menzione Geografica Aggiuntiva (MGA) o cru che dir si voglia, è esaltato. «I vini che hanno fatto la storia di un territorio portano il nome di un paese, perlopiù piccolo (Barolo, Barbaresco, Gattinara, Ghemme, Gavi)» prosegue Ferrari. La viticoltura in Piemonte era presente fin dall’epoca preromana. Il vigneto si espanse nel Medioevo, grazie soprattutto al grande lavoro dei monaci. Attualmente il 93% dei filari sono dislocati in collina e il restante 7% in montagna, composti da circa due terzi di uve a bacca rossa e un terzo a bacca bianca. Il Piemonte può essere diviso in sei zone viticole. Le Langhe, il Roero, Il Monferrato Astigiano, l’Alto Monferrato, l’Alto Piemonte e il Torinese.

Attraverso i vini in degustazione faremo la conoscenza di alcune di queste aree. Langhe e Roero sono due areali posti uno di fronte all’altro, separati dal fiume Tanaro. I vini sono estremamente differenti tra loro, essendo diverse le matrici geologiche. I terreni di Roero sono più giovani, di origine tufacea e sabbiosa e, inoltre, la zona è caratterizzata da una piovosità decisamente più contenuta. I vitigni più rappresentativi del Roero sono nebbiolo e arneis. Quest’ultimo è stato oggetto di un notevole ritorno di interesse negli ultimi decenni. Varietà precoce, caratterizzata da buccia sottile, l’etimologia di arneis presumibilmente deriva da “Ad Renesium”, una vigna menzionata nel XV secolo in località Canale d’Alba.


Il relatoreRoero Arneis DOCG Gianat 2009 - Negro Angelo e Figli

A dispetto della concezione comune che fa dell’Arneis un vino che deve essere consumato giovane, ci troviamo nel calice un prodotto che ha retto benissimo la sfida del tempo. L’uva pressata intera, senza diraspatura, conferisce una densità cromatica importante che rimanda alle tonalità dell’oro antico. Al naso l’evoluzione è ben percepibile, declinata su note di frutta gialla surmatura, erbe aromatiche tipo salvia e finocchietto selvatico e, a seguire, agrume candito. All’assaggio si percepisce ancora una bella acidità insieme alla sapidità e a un ricordo di torrefazione.

«Mi raccomando, si dice “la Barbera”, femminile. Ogni volta che qualcuno dice “il Barbera” a Calamandrana qualcuno muore»

(Francesco Ferrari)

Insieme al grignolino, la barbera è il vitigno più importante del Monferrato e in assoluto il più coltivato in Piemonte. Varietà medio-tardiva, è vendemmiata tipicamente nella prima decade di ottobre. Caratteristiche fondamentali sono l’acidità, l’apporto tannico complessivamente contenuto e l’intensa carica cromatica. Dopo avere attraversato un periodo di crisi qualitativa, la barbera è di fatto rinata negli anni ’80, grazie anche al lavoro di aziende che hanno salvato e rilanciato questo vitigno.

Barbera del Monferrato DOC La Monella 2017 – Braida

La storica barbera frizzante della tradizione proveniente da vigneti diversi, prevalentemente giovani, nei comuni di Rocchetta Tanaro e Costigliole d’Asti. Colore rosso rubino carico, impatto olfattivo vinoso e di frutta rosata fresca, giocato sulla semplicità e sull’immediatezza. In bocca fresco, vivace e di irresistibile beva.

Nizza DOC Pomorosso 2017 – Coppo

Dai vigneti posti nel comune di Nizza Monferrato arriva questa barbera in purezza, dal colore carico, cupo. L’apertura olfattiva verte su cassis, mora e uno sbuffo di rabarbaro ed erbe officinali. Chiude un ricordo di spezia dolce, presumibilmente conferita dal passaggio in legno piccolo. L’assaggio regala un sorso pieno, potente e una bella morbidezza, in parte inaspettata per un vitigno dall’importante acidità. Rimane un po’ di tostatura sul finale di bocca che sta a indicare che il vino non si è ancora assestato e ha bisogno di tempo per affrancarsi dalla marcatura del legno.

Il nebbiolo è senz’altro il re dei vitigni piemontesi. «Esprime e non domina il territorio», sottolinea Ferrari. Coltivato in soli 6200 ettari in tutto il mondo - dei quali oltre 5000 in Piemonte - è considerato un vero e proprio traduttore del terroir. Il nebbiolo non vuole imporre la propria personalità, bensì raccontare quella del terreno su cui cresce, e se quest’ultimo non è nobile i risultati non potranno essere buoni. I tre vini a seguire, tutti e tre figli dell’annata 2011, sono stati serviti alla cieca per cercare di giocare con l’identificazione delle caratteristiche salienti delle due grandissime denominazioni da cui provengono, Barolo e Barbaresco.


I viniBarolo DOCG Ravera 2011 – Cogno

Uve provenienti dai vari appezzamenti di proprietà dell’azienda nella MGA Ravera, comune di Novello. Note floreali di violetta, rosa canina, erbe alpine. Il versante fruttato si gioca sul lampone e sulla fragolina più che sul frutto scuro. Segue in bocca una sensazione agrumata che ricorda l’arancia sanguinella. Prorompente all’assaggio, con un tannino di spessore ma molto ben integrato.

Barbaresco DOCG Riserva Vigna Boito 2011 – Rizzi

Dalla vigna Boito, nella MGA Rizzi all’interno del comune di Treiso. In questo caso l’apertura olfattiva ci fa incontrare prima il fruttato e poi il floreale. La frutta è più scura e più dolce, mirtillo e more. I fiori sono essiccati, un pot-pourri. Segue poi un netto sentore di erbe aromatiche. L’assaggio, coerentemente da quanto ci si può aspettare da un Barbaresco, è meno potente rispetto al vino precedente e molto fine, con una persistenza notevole nella quale ritroviamo, nel finale di bocca, le erbe aromatiche. Il tannino è meno poderoso, ma molto vibrante e dà la sensazione di essere ancora in evoluzione nonostante gli otto anni passati dalla vendemmia.

Barolo DOCG Ornato 2011 – Palladino

Da un ettaro di proprietà dell’azienda all’interno della MGA Ornato, comune di Serralunga d’Alba. Al naso ribes, lampone e una netta sensazione di fiore appassito in cui, oltre alla classica viola si riconosce anche l’iris. Fa quindi capolino una componente speziata di chiodi di garofano e liquerizia, e a chiudere un tocco di sottobosco di foglie e humus. All’esame gusto-olfattivo l’impatto è di notevole intensità, con una grande sensazione materica.

E per chiudere la serata, una dolcissima sorpresa fuori programma.

Piemonte DOC Moscato d’Autunno 2016 – Saracco

Timo, salvia, fiori d’arancia e pesca. Versante aromatico giocato su una semplicità irresistibile. All’assaggio, oltre alla dolcezza carezzevole, percepiamo freschezza e sapidità sferzanti che rendono questo vino perfettamente bilanciato e rendono la beva estremamente appagante.