Pinot grigio: figlio di un dio minore

Per il ciclo di incontri di “Allenamento”, AIS Pavia ha sfidato le temperature torride di luglio proponendo a un gruppo di appassionati la degustazione alla cieca di una selezione di sei campioni di pinot grigio.

Margherita Bruciamonti

Un vitigno molto importante, ma probabilmente non meritatamente valorizzato in Italia. È stata Carolina Bertoli, neo degustatore, a condurre una serata di AIS Pavia per il ciclo “Allenamento” per scoprire e capire meglio il pinot grigio, le cui origini si fanno risalire a una mutazione gemmaria del più famoso pinot nero. E per verificare dal vivo le similitudini morfologiche della pianta, Carolina, che nella vita conduce un'azienda vinicola in Oltrepò Pavese, ci ha portato due foglie di vite, una di pinot nero e una di pinot grigio: si presentano pressoché identiche a conferma di questa stretta parentela con un antica varietà di pinot, che viene considerata da illustri studiosi quali il Professor Attilio Scienza, il capostipite di oltre 50 cloni diversi di pinot moderni.

Un po’ di storia

Dopo la fine dell’Impero Romano, in tutta Europa i monaci, coltivando i vigneti presso i conventi hanno dato grande impulso alla piantagione della vite, favorendo una diffusione trasversale di diverse tipologie e con essa anche la sperimentazione di incroci casuali o ricercati. La coltivazione del pinot grigio, sviluppatasi in Francia principalmente in Borgogna, si espanse lentamente anche nelle regioni della Champagne e in Alsazia. In quest’ultima, in particolare, ancora oggi il Pinot Grigio è considerato il vino di riferimento della tradizione, caratterizzato da aromi e speziature che lo accomunano al gewürztraminer, ma con un’impronta decisamente più acida: è infatti una delle quattro uve che insieme a moscato, riesling e gewürztraminer concorrono all’assemblaggio delle “sélection de grains nobles”.

Fino a qualche anno fa il pinot grigio era comunemente conosciuto con il nome di Tokay pinot gris, in quanto la leggenda narra che sul finire del 1500 il barone Lazare de Schwendi, che serviva la Casa d’Austria nella lotta contro i Turchi, riportò con sé in Alsazia alcune piante di vite dalla città di Tokaj, in Ungheria: la sua idea era ricreare in terra francese la qualità e il prestigio di quei vini, già molto conosciuti in tutta Europa. Pare, però, che il vitigno portato dal barone non fosse il famoso furmint ungherese, ma il pinot grigio arrivato dalla Borgogna, ma che conservò la dicitura Tokaj nel nome.

Le principali caratteristiche

In Italia il pinot grigio è stato importato alla fine dell’800 dal generale Bertone, figlio di una nobile famiglia piemontese, che ne ha impiantato nei vigneti in provincia di Como i primi ceppi. Da qui si è diffuso nel nord Italia, dove lo troviamo coltivato con ottimi risultati in Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. È un vitigno, infatti, che predilige i climi freddi e cerca terreni compatibili; la buccia si presenta di colore grigio e il colore naturale del mosto, se la fermentazione viene lasciata a contatto con le bucce, assume sfumature aranciate, come lo troviamo spesso vinificato nella zona del Collio, al contrario di altre zone, tra cui l’Oltrepò Pavese e la provincia di Mantova, nelle quali si predilige la vinificazione in bianco.

Viene coltivato con eccellenti risultati in Germania con il nome di Rulander, e lo troviamo coltivato in Ungheria  con il nome di szürkebarát. A partire da dall’inizio degli anni ’70 viene coltivato anche nel Nuovo Mondo, in Oregon ad esempio, dove ottiene ottimi risultati e dà origine a vini aromatici e di buona struttura.

Carolina, prima dell’inizio della degustazione, consegna a tutti i partecipanti una breve brochure  per comprendere al meglio il prodotto finale, invitandoci a valutare l’importanza dei terreni di coltivazione e, in particolare, l’altitudine, che con l’escursione termica, caratterizza l’acidità e la freschezza del vino.

La degustazione

IGT Provincia di Pavia Il Prugnolo 2020 - Bosco Longhino, 12% vol.

Ci troviamo nella prima fascia collinare dell’Oltrepò Pavese orientale, a un altitudine di circa  80-100 m. s.l.m.
Vino frizzante, vinificato in bianco, anche se alla vista tradisce una lieve sfumatura rosa. Di media consistenza, al naso si apre su sentori floreali biancospino e rosa e note agrumate.
In bocca è fresco e sapido, di media persistenza e chiude con un finale morbido, note di talco e caramella. Molto piacevole, ci fa apprezzare anche la versione frizzante.

Oltrepò Pavese DOC Pinot Grigio Della Ginestra 2020 - CASTEL DEL LUPO, 12.5% vol. 

Vino biologico i cui i vigneti si trovano in zona collinare a un altitudine di circa  200 -250 m. s.l.m.
Vinificato in bianco, fermo e di media consistenza, si rivela subito al naso con una nota gessosa e di frutta esotica matura. Ananas e mango lasciano spazio a leggeri sentori erbacei. Al sorso è secco e caldo; la sapidità passa in secondo piano, attenuata da un residuo zuccherino ben presente. Mediamente persistente.

Garda DOC Pinot Grigio 2020 - Azienda Agricola Prendina, 12.5% vol.

La coltivazione è sulle colline di origine morenica, fondo ghiaioso e sabbioso tra i 90 e 100 m. s.l.m. s.l.m.
Vinificato in bianco, fermo, sorprende all’esame olfattivo per la importante nota di idrocarburo, seguito poi da sentori citrini freschi di lime e pompelmo. Si manifesta in seconda olfazione la nota floreale dolce di zagara e sentori erbacei di erbe aromatiche.
In bocca è fresco e sapido, si intuisce che possa maturare ancora in bottiglia e migliorare, poiché  si presenta in modo “slegato”: in un primo tempo la nota alcolica asciuga la bocca, poi si avverte un leggero residuo zuccherino.

IGP Provincia di Pavia Dama D’Oro 2020 - Tenuta Marchese Adorno, 13% vol.

Ci troviamo nella parte occidentale dell’Oltrepò Pavese, a un altitudine di circa 300 m. s.l.m., dove prevale la presenza di argilla.
Vinificato in bianco, fermo, si intravedono nette sfumature rosate. Al naso si presentano dapprima nuances di fiori bianchi e poi segue una nota di erbe aromatiche con una leggera speziatura.
In bocca la struttura è mitigata dalla freschezza, da una sapidità e una saporosità importante, molto persistente, conferite dalla permanenza a contatto con le fecce fini per sei mesi.
Chiude con una nota leggermente amaricante e, anche se nei vini bianchi non si valuta, si può dire che in fondo alla lingua si avverte anche una leggerissima nota tannica.

 Oltrepò Pavese DOC Schiavighetto - Azienda Agricola il Feudo Nico, 13% Vol.

Siamo sempre in Oltrepò Pavese, su terreni calcareo-marnosi a un altitudine di circa 300 m- s.l.m.
Vinificato in bianco, si presenta di colore paglierino di grande trasparenza, con riflessi verdolini, fermo. Note agrumate, di fiori di sambuco e di mela verde è ciò che avvertiamo come primi  profumi, seguiti da una nota di talco molto particolare.
Alla degustazione è secco, caldo, di buon corpo; di buona  persistenza, è supportato da una buona freschezza e sapidità. 

Oltrepò Pavese DOC Elivià 2019 - Le Fiole, 13.5% vol.

La coltivazione è in Oltrepò Pavese su terreni calcareo argillosi a un altitudine di 400 m. s.l.m.
Vinificato in bianco, si presenta giallo paglierino intenso con qualche sfumatura ramata, fermo. Intenso e complesso, presenta note di frutta esotica e matura e una certa aromaticità. In bocca è  pieno e strutturato, lo troviamo più fresco che sapido e decisamente secco. Abbastanza equilibrato e persistente.

Terminano così le due ore di spazio dedicate alla serata, con il coinvolgimento dei partecipanti  che proseguono in commenti e disquisizioni sulle varie versioni provate. Carolina si è dimostrata molto attenta nell’assaggio e sulla panoramica dei vini proposti in degustazione, molto diversi per zone prese in considerazione, anche all’interno dello stesso Oltrepò Pavese, confermando così come il pinot grigio sia un vitigno da approfondire, avendo un sicuro potenziale per essere declinato in tante interessantissime espressioni.