Pinot nero: icona di affascinante e universale nobiltà
Un viaggio appassionante, in compagnia di Gabriele Merlo, sommelier, degustatore e relatore di AIS Lombardia, alla scoperta del pinot nero nel mondo.
RUBRICHE
Dalla Borgogna della storia e del mito al Nuovo Mondo neozelandese, dall’Oltrepò Pavese all’Alto Adige, passando per la Toscana, il pinot nero, vitigno più evocativo e blasonato del pianeta, si rivela in forme ed espressioni diverse.
Fascino, stile, prestigio, emozione, unicità sono solo alcune delle ispirazioni che sa donare a chi se ne accosta con animo curioso e disponibile a lasciarsi sedurre.
Gabriele Merlo introduce la serata di venerdì 11 febbraio all’Enoteca Regionale della Lombardia di Broni (Pavia), catturando subito l’attenzione dei partecipanti con un breve e divertente quiz.
Si entra così direttamente nel viaggio, con alcune informazioni di carattere generale sul vitigno protagonista dell’incontro.
Il vitigno
Diffuso in tutta Europa e in varie parti del mondo, è coltivato in più di quaranta Paesi, con in testa, per superficie coltivata, nell’ordine: Francia, Stati Uniti e Germania.
Al nono posto tra i vitigni più coltivati con 112.000 ettari, vede in Champagne, Borgogna e Oltrepò Pavese le prime tre zone per ettari coltivati.
Gabriele si addentra poi nel racconto, svelando alcune caratteristiche del grappolo e dell’acino; varietà a maturazione precoce e a rischio acinellatura, è particolarmente sensibile a gelate tardive, peronospora, oidio, botrite e malattie virali: il quadro che si delinea è quello di un vitigno delicato, sensibile, difficile, del quale è obbligo prendersi grande cura, ma che, se ben accudito, è in grado di regalare risultati eccellenti, sia nella vinificazione in rosso, sia nella spumantizzazione.
Il pinot nero predilige un clima relativamente fresco e terreni argillosi e calcarei, che costituiscono la base del concetto emblematico di terroir. Si presenta in più di cento cloni diversi, con cinquanta cloni ufficiali riconosciuti in Francia.
Biologicamente, la “famiglia” dei pinot comprende parecchi vitigni imparentati: da pinot grigio e pinot bianco, geneticamente identici al pinot nero, per arrivare a meunier, chardonnay, gamay, aligoté, in modi diversi legati geneticamente al vitigno principe della serata.
La storia
Antichissimo, il pinot nero esisterebbe da più di duemila anni in Europa e sarebbe con buona probabilità originario della zona tra il lago di Ginevra e la valle del Rodano.
Alcuni vitigni citati in epoca romana, nelle opere di Columella e di Plinio il Vecchio in particolare, pare abbiano caratteristiche riconducibili al pinot nero.
I monaci cistercensi dell’abbazia di Citeaux, in Borgogna, fin dal Medioevo hanno sviluppato e ampliato le conoscenze sulla sua coltivazione e sulla sua vinificazione e l’hanno diffuso nel Vecchio Continente, dove ha assunto diversi sinonimi – pinot vermeil, klebroth, cortaillod - per citarne alcuni.
Il nome pinot, che rimanda alla forma di pigna, date le dimensioni e la compattezza del grappolo, compare come “pynos”, per la prima volta, nel XIV secolo, ad opera di Eustache Deschamps, nella Ballade de la verdure des vins.
Momento determinante è l’anno 1395, quando il duca di Borgogna Filippo l’Ardito decise di espiantare il gamay, diffuso in tutto il Ducato, in favore del pinot nero: da qui la storia prende una piega favorevole per questo vitigno, elevandolo a ruolo di indiscusso protagonista.
Del 1830 è il primo impianto in Australia; nel 1838 è l’arrivo in Tirolo; a metà Ottocento lo troviamo nel Piacentino, in Oltrepò Pavese e in Toscana; del 1880 è il primo impianto negli Stati Uniti, a Inglenook.
I luoghi
Francia
Il Paese con più ettari di pinot nero al mondo (più di 32.000) vede in Champagne e Borgogna i due capisaldi. Questa nobile varietà si esprime con una presenza di qualità anche in Alsazia, regione nella quale è l’unico vitigno a bacca rossa coltivato, e più limitatamente è presente anche in Jura, Valle della Loira e Languedoc.
Addentrandoci nelle zone più conosciute e blasonate per il pinot nero, il viaggio ci porta dapprima in Champagne, dove è diffuso prevalentemente nella Montagne de Reims e nell’Aube.
In Champagne raggiunge i massimi livelli di eccellenza nella spumantizzazione, mentre in Borgogna rivela le sue doti di campione assoluto nella vinificazione in rosso.
La Borgogna, dai terreni di tipo prevalentemente marnoso calcareo fossile, emersi in epoca giurassica, dispone di circa 30.000 ettari vitati e circa il 40% è dedicato al pinot nero. In Borgogna le denominazioni prevedono le appellations: regionale, Village, Premier Cru e Grand Cru. Sicuramente degne di menzione sono le aree dell’Auxerrois e del Grand Auxerrois, la Côte Chalonnaise e Couchois e il Mâconnais.
Ma è la Côte d’Or il paradiso del pinot nero, il luogo emblematico dell’eccellenza per antonomasia, la zona più blasonata del mondo per questo vitigno. Scendendo verso sud da Dijon, all’interno della Côte d’Or, ci imbattiamo dapprima nella Côte de Nuits, con capoluogo Nuits-Saint-Georges. La Côte de Nuits, che può vantare 9 AOC Villages e 24 Grand Cru, si snoda su 20 km, dall’AOC Marsannay a Chenôve fino all’AOC Côte de Nuits-Village a Corgoloin.
I terreni sono esposti a est_sud-est e situati ad altitudini comprese tra 220 e 400 m slm.
Siamo nel sancta sanctorum del pinot nero, dove nomi come Gevrey-Chambertin, Morey-Saint-Denis, Chambolle-Musigny, Vosne-Romanée, Romanée-Conti, La Tâche, Clos de Vougeot, anche solo sussurrati, nella mente dell’appassionato suscitano devozione, rispetto e, allo stesso tempo, sanno colpire dritto al cuore, inondandolo di emozioni. Muovendo ancora verso sud, è la scenografica collina di Corton che cattura lo sguardo del viaggiatore che entra nella parte meridionale della Côte d’Or: la Côte de Beaune, che si dipana su 30 km e dispone di 19 AOC Villages e 8 Grand Cru.
Il capoluogo è la cittadina di Beaune e si va dall’AOC Ladoix fino all’AOC Maranges, nel dipartimento della Sâone-et-Loire.
Proprio a Corton si trova l’unico Grand Cru rosso di tutta la Côte de Beaune. I terreni sono esposti a sud-est e situati ad altitudini comprese tra 220 e 450 m slm. Qui, oltre a Beaune, sono Volnay e Pommard a cristallizzare l’eccellenza del pinot nero.
Italia
Gli scambi con la Borgogna hanno permesso l’arrivo in Italia di qualche barbatella di pinot nero tra Settecento e Ottocento, ma impianti veri e propri vedono la luce attorno alla metà del XIX secolo.
I territori dove oggi lo troviamo sono l’Oltrepò Pavese, l’Alto Adige e il Trentino, ma anche la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia Giulia, la Franciacorta, l’Alta Langa, fino a scendere, più a sud, ai Colli Pesaresi e alla Toscana, dal Pomino alle zone fresche dell’Appennino.
L’Oltrepò Pavese, a cavallo del 45° parallelo, su terreni calcarei marnosi, su marne argillose e arenarie, vanta oggi circa 3500 ettari vitati a pinot nero e ha visto i primi impianti a Rocca de’ Giorgi nel 1865, ad opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino e di Carlo Gancia.
Questi, insieme con Domenico Mazza da Codevilla e Luigi Riccadonna, possono a buon diritto essere considerati i padri del pinot nero spumantizzato nel nostro Paese.
Valle Versa e Valle Scuropasso rappresentano le zone più vocate per il pinot nero in Oltrepò Pavese.
L’Alto Adige vede in Bassa Atesina e Oltradige le zone più interessate dalla coltivazione del pinot nero e Gabriele ci conduce per mano nell’unicità di Mazzon.
Ludwig Barth Von Barthenau, Edmund Mach e Josef Mader sono le figure più importanti per il pinot nero nella zona.
Europa
Oltre a Francia e Italia, il pinot nero è presente in numerosi altri Paesi europei, tra i quali, da ricordare, Germania – 12.000 ettari vitati ne fanno il terzo produttore mondiale, con le zone di Ahr, Mittelrhein, Rheingau, Rheinhessen, Nahe, Pfalz, Baden - Svizzera, con le zone del Vallese, dei Tre Laghi, del Vaud e della Svizzera Tedesca e Austria con Burgenland e Stiria.
Stati Uniti
Rappresentano il secondo Paese al mondo per ettari vitati con circa 25.000. California, Oregon e Stato di Washington, tutti nella West Coast, sono i territori principali della vitivinicoltura del pinot nero negli Stati Uniti. La California meridionale soffre di un clima troppo caldo per questo vitigno, mentre sono degne di nota la Central Coast e la Northern Coast.
La zone più vocate della Central Coast sono San Francisco Bay, Monterey, San Luis Obispo e Santa Barbara: più in dettaglio qui, a Santa Rita Hills, negli ultimi anni, pinot nero e chardonnay stanno raggiungendo risultati particolarmente ragguardevoli. I territori più vocati per il pinot nero della Northern Coast sono Sonoma County - dove Sonoma Coast, Russian River Valley e Los Carneros rappresentano le tre zone più significative, in cui si ottengono tra i più grandi pinot nero californiani - e Mendocino, con Anderson Valley.
Gabriele ci guida qui in un’emozionante escursione cinematografica, citando Sideways, pluripremiato film del 2004 di Alexander Payne, in cui il personaggio interpretato da Paul Giamatti rivela i suoi sentimenti, profondi, nei confronti del pinot nero, visto come vitigno sensibile, privo della forza del cabernet e al quale “servono cure e attenzioni”; vitigno che “cresce soltanto in certi piccolissimi angoli nascosti del mondo”, solo se pazientemente e amorevolmente accudito dai coltivatori; il personaggio prosegue affermando che “solo chi prende realmente il tempo di comprendere il potenziale del pinot sa farlo rendere al massimo della sua espressione” e conclude definendo i suoi aromi come “i più ammalianti e brillanti e eccitanti e sottili e antichi del nostro pianeta”.
Questo film ha avuto un riscontro e un effetto clamoroso in California e nel resto degli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda: ha modificato trend di consumo, provocando un aumento delle vendite e un aumento degli impianti di pinot nero negli Stati Uniti e contemporaneamente una diminuzione delle vendite di merlot e un miglioramento della qualità del merlot e dei rossi americani in generale.
In Oregon si ottengono grandi pinot nero soprattutto nelle zone del Southern Oregon e in Willamette Valley. Stato di Washington, Stato di New York, Michigan, Idaho e Virginia completano il quadro del pinot nero statunitense.
Nuova Zelanda
Impiantato negli anni ’90, oggi il pinot nero rappresenta il secondo vitigno per ettari coltivati (dopo il sauvignon blanc) e il più importante vitigno a bacca rossa. Trova in Marlborough, Central Otago, Wairarapa, North Canterbury, Hawke’s Bay e Nelson gli areali di maggiore prestigio.
Australia
Pronta ad accogliere i primi impianti di pinot nero fin dal 1831, soffre iniziali difficoltà, causate dal clima troppo caldo dei territori scelti. Si diffonde dunque, successivamente, nelle regioni meridionali, dal clima più fresco e propizio. Da menzionare le aree di Riverland, Adelaide Hills, Riverina, Mornington Peninsula, Yarra Valley e l’isola della Tasmania.
Mondo
Cile, Argentina e Sudafrica guidano il drappello degli altri Paesi che coltivano e vinificano il pinot nero, seguiti da Cina, Canada, Brasile, India e Uruguay.
La degustazione
Alto Adige DOC Pinot Nero Filari di Mazzon 2017 – Ferruccio Carlotto
Macerazione e fermentazione in tini di legno e acciaio per 10 giorni con rimontaggi e follature giornaliere; malolattica in tini e 12 mesi in barrique non tostate e botte grande; assemblaggio in botti grandi e acciaio per 2-3 mesi; 5-6 mesi in bottiglia; età vigne 4-17 anni.
Inizialmente un po’ timido al naso, si esprime con un gradevole frutto rosso di fragolina, ciliegia, cassis, prosegue con una nota floreale di viola e si apre con un corredo di spezie, tra cui la cannella. Una nota di anice stellato, una punta leggermente eterea e lievi sentori vegetali ne completano il profilo olfattivo. Il sorso porta aromi di frutto e spezia, ricordi di vin brulé, rimandi di ciliegia croccante e cardamomo, cannella e petali di rosa. In punta di piedi, elegante e delicato, sussurrato. Di grande semplicità di beva, pur nella sua complessità.
La storia dell’azienda familiare nasce negli anni Quaranta del Novecento, con Umberto Carlotto, insieme con il fratello e col figlio Ferruccio, e dal 2000 si afferma con la figura della figlia di quest’ultimo, Michela. Mazzon si trova a 25 km a sud di Bolzano; il suolo è ricco in calcare e arenarie ed è la culla del vino in degustazione, dai vigneti Langfeld, Lochwiese, Paggen e Kreuzl.
Volnay Premier Cru Les Santenots 2016 – Yvon Clerget
Nel comune di Meursault; viti di età media 30 anni; raccolta in cassette, diraspatura totale, vinificazione per 17-22 giorni in acciaio con follature e rimontaggio; affinamento in fȗts per 12 mesi (20-30% legno nuovo); 4 mesi in acciaio e imbottigliamento.
Naso di spezie, tra cui spiccano chiodo di garofano e pepe rosa; fruttato di mirtillo, ribes, prugna; deciso rabarbaro, liquirizia. Si allarga poi su note mentolate e di eucalipto. Un olfatto caratterizzato da parti scure, terrose, di radici, svela una nota di catrame, un leggero sentore etereo, per poi tornare sui frutti rossi e successivamente su sfumature agrumate, di arancia sanguinella. Al gusto si rivela elegante, fine. Entra lieve e si allarga tridimensionale, diffuso. Non di particolare impatto o forza, esce in punta di piedi svelando aromi fruttati di ciliegia, agrume, spezie.
La famiglia Clerget, in Borgogna fin dal 1268, nel 1811 acquista alcuni ettari del celebre Clos de Vougeot e nel 1936 il Clos du Verseuil Monopole. Figure di spicco del passato recente e del presente sono Jean, Yvon e, dal 2015, Thibaud Clerget, forte di alcune esperienze professionali in Nuova Zelanda e in Oregon.
Sei ettari di vigneti tra Pommard, Volnay, Meursault e Vougeot e una cantina storica del XVII secolo a Pommard completano il profilo di eccellenza di un produttore storico.
Toscana IGT Pinot Nero 2017 – Podere della Civettaja
Vigna di 15 anni, raccolta manuale in cassette, macerazione, fermentazione spontanea con lieviti indigeni in piccoli tini di legno e cemento; maturazione per 12 mesi in barrique di 3°-6° passaggio; 11 mesi in cemento, poi imbottigliamento senza filtrazione.
Naso piacevolissimo ed elegante, giocato su floreale di viola, rosa, acqua di rose, ciclamino, note dolci di caramella alla violetta e zucchero filato. Apre poi a sentori speziati di noce moscata in particolare, per completare il quadro con frutti rossi, tra cui lampone e ribes.
Il sorso è di grande eleganza, con chiaro aroma di marmellata e sciroppo di amarene; un piacevole tocco erbaceo seguito da aromi tostati di frutta secca e da un finale di pompelmo rosa.
Lunghezza e progressione lo caratterizzano, con aromi di spezia e petali di fiori e ritorni di caramella alla violetta e all’amarena.
Nell’alto Casentino, a 500 metri slm, Vincenzo Tommasi fonda nel 2002 Podere della Civettaja. L’approccio è quello di una viticoltura biologica, fermentazioni spontanee, assenza di chiarifiche e di filtrazioni.
Pinot Noir Martinborough 2015 – Palliser Estate
4 vigneti: East Base, Clouston, Winery, Wharekauhau; età vigne: 5-18 anni; fermentazione con lieviti indigeni, 5% grappoli interi; affinamento per 10-12 mesi in barrique (25-30% legno nuovo).
All’olfatto note di canditi, di marshmallow, un sentore speziato dolce e profumi agrumati di arancia rossa, pompelmo e mandarino; prugna in evidenza, come frutto e in confettura e amarena. Si apre poi una nota affumicata di braciere. Erbe aromatiche, ginepro e timo, rabarbaro, radice di liquirizia, caramella alla liquirizia e una parte mentolata modellano un profilo complesso.
Il sorso è fresco, piacevole, leggiadro: una delicatissima carezza. Di estrema bevibilità e dalle grandi potenzialità di abbinamento col cibo.
Società pubblica non quotata in Borsa di azionisti neozelandesi ha visto la sua prima vendemmia nel 1989; oggi dispone di 72 ettari vitati in agricoltura biologica e in conversione biodinamica; l’azienda mostra particolare attenzione agli aspetti legati alla sostenibilità.
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC - Noir 2017 – Tenuta Mazzolino
Vigna Regina di 3 ettari; raccolta manuale in cassette, diraspatura, poi macerazione e fermentazione in acciaio con follature; malolattica e affinamento in pièce borgognotte per 12 mesi; 24 mesi in bottiglia.
Al naso si apre subito con note di ciliegia, ribes nero, cassis e mora ancora croccanti; viola, rosa e garofano definiscono il quadro floreale. Una nota di incenso ne impreziosisce il profilo, ampliato poi dall’agrume, che spazia dall’arancia scura al chinotto, per giungere a sentori di rabarbaro e di tamarindo e a un delicato soffio etereo.
Il sorso è d’impatto e piacevolissimo, cesellato da una freschezza elegante protratta su aromi agrumati e decisamente equilibrata con le sensazioni morbide.
Dimora storica del marchese Alfonso Corti sita in Corvino San Quirico: il Dottor Enrico Braggiotti la acquista nel 1980, la figlia Sandra la ricostruisce e reimpianta le viti. Attualmente dispone di 20 ettari vitati (39 parcelle) e di una cantina di 1000 mq. Si avvale della collaborazione dell’enologo, esperto di Borgogna, Kyriakos Kynigopoulos, affiancato da Diego Bertani e Stefano Malchiodi. Francesca Seralvo, alla terza generazione di proprietari della tenuta, è presente in sala.
Gevrey-Chambertin Vieilles Vignes 2018 – Domaine Philippe Charlopin
Ottenuto da 3 ettari di 9 differenti lieux-dits; età vigne 50-75 anni; lotta ragionata; macerazione di 3 settimane; 15-18 mesi di affinamento in fȗts (1/3 nuove).
Naso d’impatto ed elegantissimo, apre su sentori tostati di cenere e su sbuffi d’incenso, per giungere rapido a profumi di frutta secca, tra cui mandorle e nocciola tostata, aprendosi poi a un’evidente nota di cassis e proseguendo su un ricordo mentolato. I fiori rossi e la foglia verde ne arricchiscono il profilo, che si amplia su sentori officinali, di lavanda e su una nota di timo.
Eleganza e freschezza ne definiscono il sorso, in cui si avverte un tannino deciso e in equilibrio. Di struttura e una certa armonica muscolarità, svela raffinati aromi agrumati. Si prolunga e si distende in estrema piacevolezza.
Nel 1976 Philippe Charlopin eredita dal padre circa 1,5 ettari di vigna e continua a estendere la proprietà fino al 2006; oggi possiede, insieme con il figlio Yann, 25 ettari di vigneti, distribuiti tra Côte de Nuits, Côte de Beaune e Chablis, tra cui alcuni importanti Grand Cru.