Quaestio de Strigibus

Nella notte magica e oscura di Halloween, quando le streghe danzano tra ombre e luci soffuse, in AIS Monza e Brianza siamo pronti a vivere una serata particolare. Giuseppe Vallone e Alessandra Marras ci guidano in un viaggio misterioso, storico-sensoriale... per scoprire che le streghe forse non sono mai esistite, ma se così non fosse avrebbero saputo che il vero segreto si nasconde nel vino!

Monica Berno

Quaestio de Strigibus (letteralmente “La questione delle streghe”) è il titolo della serata e rimanda a un’opera storica di Bartolomeo Spina, teologo e inquisitore italiano del XVI secolo. L’opera, scritta nel 1523, è uno dei testi fondamentali per comprendere il contesto culturale e religioso dell’epoca in cui la caccia alle streghe era centrale.

Giuseppe Vallone, relatore “storico” della serata, ha scelto di narrare le vicissitudini di un periodo che va dal 1486 al 1630, un intervallo non casuale: si apre con la pubblicazione del Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe, un testo che divenne il manuale di riferimento per i processi alle streghe) e si chiude con il Cautio Criminalis, una delle più incisive critiche ai processi alle streghe del gesuita tedesco Friedrich Spee von Langenfeld. Con la cura e la meticolosità che lo contraddistingue, Vallone ha scandito il racconto in 6 capitoli, ognuno dedicato a una regione e a un personaggio o a una storia connessa alla stregoneria. Alessandra Marras, dal canto suo, ha scelto i vini e ha incantato con abbinamenti sensoriali unici strettamente connessi alle narrazioni.

Capitolo 1 – Friuli-Venezia Giulia – I benandanti

Nel 1575, in un piccolo villaggio vicino a Cormòns, precisamente a Brazzano, ha inizio un processo inquisitoriale che porterà alla scoperta della figura misteriosa e affascinante del benandante. Il racconto inizia il 21 marzo di quell’anno, nella canonica della chiesa locale: don Bartolomeo Sgabarizza affronta Paolo Gasparutto, un uomo del luogo accusato di essere uno “stregone benandante” che, senza indugi, conferma e racconta di riunirsi con altri suoi simili, quattro volte all’anno, per combattere contro i “malandanti”, stregoni malvagi che minacciano i raccolti, armati di fasci di finocchio. Se con l’occhio dell’oggi potremmo definirli come riti propiziatori di stampo agricolo, Giuseppe narra, carte alla mano, della convinzione che muoveva questi benandanti, convinti di abbandonare nottetempo i propri corpi per andare a combattere gli avversari. Anche per questo motivo, furono oggetto di processo da parte delle giustizie religiosa e civile, e le loro credenze vennero progressivamente associate all’eresia e alla stregoneria.

Friuli Colli Orientali DOC - Sacrisassi Bianco 2022 - Le Due Terre

70% friulano, 30% ribolla. Vigneto: 1,20 ha con viti di 30 anni. Suolo: “Flysch di Cormòns”, alternanza di strati di marne (argille calcaree) e arenarie (sabbie calcificate), ponca. Vinificazione: fermentazione spontanea: Macerazione: 10 giorni in acciaio. Affinamento: 22 mesi di affinamento in tonneaux di rovere francese.

Il nome del vino, Sacri Sassi, nasce da una scoperta avvenuta durante uno scavo per il vigneto: i resti di una chiesetta del XVII secolo e alcune pietre antiche. Questi ritrovamenti, uniti alla fatica di lavorare un terreno ricco di sassi, hanno ispirato il nome. Una piccola leggenda familiare vuole che il nome sia nato anche da qualche imprecazione sfuggita durante il dissodamento!

Il colore è bellissimo. Al naso si percepiscono note delicate di camomilla, scorza d’arancia, tisane e accenni di distillati come il cognac. Questi aromi agrumati e floreali si intrecciano con una sottile presenza di frutta secca, come la nocciola, creando un bouquet complesso e raffinato. In bocca colpisce per il contrasto tra la delicatezza del naso e la potenza dell’assaggio. La sapidità è marcata, tipica di questo territorio, e l’acidità sorprende per vivacità e freschezza. Nonostante l’affinamento in legno, il rovere non domina il vino, ma lo avvolge. Un vino giovane ma dalle grandi promesse.

Capitolo 2 – Toscana – Gostanza, Polletto e la magnifica città

Il nostro viaggio prosegue per toccare un’altra tappa dell’affascinante storia dell’Inquisizione e delle sue vittime: siamo a San Miniato, nel 1594. Un territorio povero, diviso tra Firenze e Lucca, segnato da carestie e pestilenze. Qui si consuma il processo contro una levatrice, Monna Gostanza, un caso che offre uno spaccato della cultura popolare e delle dinamiche inquisitoriali dell’epoca. Arrestata il 3 novembre 1594, fu torturata da un giovane inquisitore francescano al suo primo incarico e confessò di aver invocato il diavolo “Polletto”, che l’avrebbe accompagnata a un sabba sotto forma di capretto. Quindici giorni più tardi, dopo innumerevoli torture e altrettante confessioni sconnesse e fantasiose, un inquisitore più esperto prese il posto del giovane collega, intuendo le incongruenze del processo, e così scarcerando Gostanza, che fu bandita dal suo villaggio.

Toscana IGT – Le Trame 2021 – Le Boncie

Sangiovese con colorino, mammolo e foglia tonda. Vigneto: alberello a 300-350 m s.l.m., 7500 piante per ha. Suolo: alberese e galestro. Vinificazione: fermentazione spontanea in botti aperte di rovere di Allier. Macerazione: 20 giorni sulle bucce. Maturazione: almeno 13 mesi in botti di rovere di diversa capacità. Affinamento: minimo 6 mesi in bottiglia.

Questo vino è opera di Giovanna Morganti, una produttrice del Chianti Classico, figlia di Enzo, l’enologo che, nel 1968, diede i natali al Vigorello di San Felice, il super tuscan ante litteram (perché il termine venne coniato una ventina d’anni dopo. Il vino, all’epoca, oggi non più, era un 100% sangiovese, un atto di dissidenza rispetto al disciplinare dell’epoca). Le Trame è un vino che sorprende, un «vino ricamato» per le sue contraddizioni armoniche.

Al naso si percepiscono note di frutta fragrante, fiori freschi (una rosa dal color fucsia) e una delicata speziatura di chiodo di garofano. Man mano che si scalda nel calice emergono sentori agrumati di arancia sanguinella e una dolcezza sottile che ricorda la liquirizia alla violetta. In bocca è molto potente, ma al tempo stesso è «quasi aereo», con una nota salina e vellutata, tipica del territorio di Castelnuovo Berardenga. I tannini sono presenti, ma perfettamente levigati, raffinati.

Capitolo 3 – Lombardia – Le cerighe e l’incontro tra una strega e i demoni

Bormio, Valtellina, settembre 1630. Questa storia si svolge durante l’epidemia di peste manzoniana, quella stessa descritta ne I Promessi Sposi. Domenico Gaglia viola il divieto di uscire dai confini per cercare un dottore in Engadina per la moglie Barbara, gravemente malata. Il medico attribuisce il malessere a un maleficio. Tornato a Bormio, il racconto di Domenico attira l'attenzione dell'inquisitore locale, che avvia un’indagine concentrandosi su Domenica Trameri, una donna sessantenne, e la sua omonima figlia ventenne. Nonostante torture brutali, le due – chiamate in paese “chierighe” o “cerighe” non confessano fino a quando la nuova testimonianza di una donna, Felicia, accusa la giovane Domenica di stregoneria. Il processo assume toni surreali, coinvolgendo anche Barbara, sospettata di possessione, e culminando in un confronto tra questa e la giovane Trameri, che si trova dunque a doversi difendere dai demoni che la stessa è accusata di aver indotto nell’altra. Sfinita dalle torture inflitte alla figlia, la vecchia ceriga accetta un accordo con l’inquisitore, confessando per salvare la propria vita e quella della giovane. L’accordo è un inganno, la sentenza di morte.

Valtellina Superiore DOCG 2010 - Le Strie 

95% chiavennasca, 5% rossola, pignola e brugnola. Vigneto: guyot tra i 400 e i 600 m s.l.m. nelle sottozone di Sassella e Valgella. Suolo: pietroso e sabbioso. Vinificazione: uve sottozona Sassella 70%, Valgella 30% a 550 m s.l.m. Fermentazione: acciaio inox, permanenza bucce per 15 gg per Sassella. Raccolta in cassette da 4 kg con parziale appassimento di 30 giorni per Valgella.

Fermentazione e macerazione: 15 giorni. Maturazione: 24 mesi botti di rovere media capacità; 6 mesi acciaio. Affinamento: lungo. 

Stefano Vincentini, proprietario di Le Strie e presente in sala assieme alla moglie, racconta un vino il cui nome si sposa perfettamente con il tema della serata. L’azienda, nata 22 anni fa, ha come obiettivo l’esaltazione delle caratteristiche uniche del nebbiolo del territorio valtellinese, che qui acquisisce un’identità del tutto particolare. Le scelte di non filtrare e chiarificare sono fatte per preservare la struttura naturale del vino, così che possa evolversi e maturare nel tempo, valorizzando al massimo la longevità che è una caratteristica distintiva del nebbiolo valtellinese. Questo Valtellina Superiore del 2010 è il frutto di un lungo percorso: fermentazioni lente, affinamenti prolungati in botte grande per tre anni e un riposo in bottiglia di oltre un decennio. 

Dopo 14 anni, offre al naso un bouquet complesso che unisce la freschezza fruttata iniziale - che si è evoluta in frutta disidratata - a profumi terziari, come tabacco, caffè e note di fiori leggermente appassiti. In bocca, la vivacità e la freschezza sono ancora evidenti, sostenute da una struttura elegante e da un retrogusto persistente.

Capitolo 4 – Liguria – Triora «e diranno che rido»

Nella tarda estate del 1587, Triora, un borgo ligure stremato da due anni di carestia, decise di tassarsi di 500 scudi per istruire un processo che individuasse le responsabili, con l’implicita convinzione che non potesse che trattarsi di streghe. Su richiesta del borgo, Girolamo Dal Pozzo, vicario del vescovo di Albenga, arrivò dunque da Genova, presentandosi con un’omelia accorata dal pulpito parrocchiale, che ebbe l’effetto di dar vita a un fiume, sempre più intenso e travolgente, di delazioni. Conseguenza fu l’arresto di 13 donne, un ragazzino e due uomini, ai quali seguirono numerosi altri arresti e quasi duecento denunce, tanto che il Consiglio degli Anziani del paese provò, invano, a far cessare l’inarrestabile macchina che ormai aveva preso il via. Il processo, segnato da orribili torture, causò la morte, tra le altre, di Isotta Stella e di un’altra donna, che si suicidò per sfuggire ai supplizi. L’apice venne raggiunto con Franchetta Borelli, accusata di essere la strega più potente di Triora. Ricca e influente, non confessò mai. Il processo si concluse nel maggio 1588 con circa trenta donne condannate al rogo, vittime della paura e dell’ignoranza dell’epoca.

Riviera Ligure di Ponente DOC - Moscatello di Taggia Passito Lucraetio 2022 - Eros Mammoliti

100% moscato bianco (selezione Moscatello di Taggia). Vigneto di 15 anni, su terrazzamenti a 350-450 m s.l.m. esposti a est / sudest. Vinificazione: vendemmia manuale in cassette da 15 kg, pressatura soffice. Fermentazione in acciaio a temperatura controllata. Maturazione: in acciaio per almeno 12 mesi.

Questo vino, sconosciuto ai più, ha una storia speciale che parla di territorio, comunità, radici e bellezza. Tutto ha inizio nel 2004 con Eros Mammoliti e poi con l’Associazione Produttori del Moscatello di Taggia (della quale Mammoliti è uno dei fondatori), che con passione hanno portato questo vino a livelli riconosciuti e riconoscibili di vera eccellenza.

Al naso emerge subito un profumo di mandarino cinese freschissimo, di tè e di erbe aromatiche mediterranee, di elicriso, poi nocciola verde e albedo. L’assaggio è decisamente fresco, nient’affatto stucchevole, complesso, con una struttura sottile che, ci guida Alessandra, riflette nitidamente «tutta la delicatezza del moscato bianco e, insieme, la fragilità del territorio ligure, che è bellezza di cristallo». Quest vino non ci stupisce con l’irruenza o con la potenza, ma con la soavità, con questa sua armoniosità, con questa piacevolezza di sorso che invoglia a continuare a berlo.

Capitolo 5 – Sardegna – La femina agabbadòra

Siamo in Sardegna, isola in cui ci sono state le streghe, ma dove la figura dell’accabadora attrae su di sé tutto il mistero. Giuseppe Vallone ci presenta la donna che dava la morte (dallo spagnolo acabar = ammazzare e acabadora = finitrice), che praticava l’eutanasia, colei che veniva chiamata per uccidere i moribondi o coloro che volevano morire. A Luras, si trova un museo dedicato a questa figura, il Museo etnografico Galluras “La casa della femina agabbadòra” che vive grazie alle instancabili ricerche di Pier Giacomo Pala, che Giuseppe ci tiene a ringraziare per il prezioso aiuto fornito per le ricerche. Il nostro relatore, però, ha deciso questa volta di accompagnare il viaggio mentale con un brano, intimo e toccante, tratto dal libro forse più famoso di Michela Murgia (Accabadora, Einaudi, 2009).

Vernaccia di Oristano DOC Riserva 2014 – Fratelli Serra

100%Vernaccia di Oristano. Vigneto: alberello tra Campidano di Simaxis e Penisola del Sinis. Viti dai 60 ai 72 anni. Terreni: sabbioso-argillosi di natura alluvionale. Vinificazione diraspa pigiatura, contatto con le bucce per 12 ore,  pressatura soffice, fermentazione alcolica tramite inoculo di lieviti indigeni selezionati in acciaio inox, temperatura controllata di 18 °C. Fermentazione ancora in atto, vasche cemento vetrificato e qui contaminazione lievito flor. Maturazione: settembre, botti di castagno per almeno dieci anni. Botti mai colmate, un quinto vuoto. Conclusa maturazione, produzione cuvée
un anno di bottiglia. Affinamento: un anno in bottiglia.

La prima DOC della Sardegna è proprio la vernaccia dei Fratelli Serra, nel 1971. Questa del 2014, prodotta in sole 1000 bottiglie, è frutto di un blend unico di 6 diverse botti completamente florizzate. Il colore è brillante, segno di ricchezza di materia colorante. Al naso i sentori spaziano dalla frutta secca alla crème brûlée, dalla coccoina alla scorza di cedro candito, e poi tante erbe aromatiche. Il sorso è vibrante, ricco, caldo, di potente intensità, con una persistenza di aromi impreziosita dalla saporosità salina.

Capitolo 6 – Sicilia – Garronfola fattucchiera, storia di un processo in pubblica piazza

Il racconto della serata termina in Sicilia, quando nel 1572 ebbe luogo un “auto da fé”, la proclamazione solenne di una sentenza dell’Inquisizione spagnola. Questo evento pubblico era una forma di punizione e spettacolo, a cui partecipavano autorità locali, religiose e politiche. Quel giorno tra i condannati c’erano anche due donne, una era la settantenne Garronfola Calabresa, accusata di pratiche magiche. Durante il suo processo, raccontò di aver praticato vecchie arti, apprese in gioventù, tra cui era annoverato l’uso di oggetti magici e rituali, che alla fine la portarono alla condanna. Nell’aprile del 1572 fu dichiarata colpevole e costretta a partecipare all’auto da fé: legata a una corda, con una candela in testa e una mitra - con iscritte le parole della sua colpa – doveva umiliarsi pubblicamente e rinnegare ogni legame con le forze oscure, a colpi di 200 frustrate. Ciò le consentì di non finire flagellata, ma “solo” esiliata e condannata al silenzio assoluto.

Vecchio Samperi Perpetuo - Marco De Bartoli 

100% grillo. Vigneto: 12 ha. Viti: tra i 20 e i 42 anni ad alberello e controspalliera guyot; ceppi per ettaro 3.500. Terreni: calcareo-sabbiosi di medio impasto. Vinificazione: selezione manuale delle uve, spremitura soffice, sedimentazione naturale, fermentazione tradizionale in fusti di rovere e castagno a temperatura ambiente. Maturazione: in fusti di rovere e castagno con un’aggiunta del 5% di vino più giovane ogni anno, utilizzando il tradizionale metodo perpetuo.

Quando si ha a che fare con l’immortalità, con ciò che riesce a superare il tempo non si può non far riferimento a Marco De Bartoli. Abbiamo lasciato Messina per spostarci a 12 km dall’assolata Marsala, dove nel 1980 De Bartoli decise di recuperare il vero Marsala, quello “pre-British” che prevedeva l’uso di botti antiche con l’aggiunta, ogni anno, di un 5% di nuovo vino per rinnovarlo e mantenerlo perpetuo. «Il Vecchio Samperi è una vera e propria macchina del tempo che ci permette di tornare indietro e vivere fisicamente le tradizioni del passato. È incredibile come un vino possa restituirci una connessione così profonda con la storia».

Incredibilmente luminoso. Al naso sa di miele, con un profumo di castagno che emerge prepotentemente. In bocca il vino è secco, note di noce, nocciola e pistacchio. «Un assaggio che ti trasporta, un’esperienza infinita che ti fa entrare in un buco spazio-temporale senza mai uscirne».

Con le parole conclusive del trattato di Friedrich Von Spee, si chiude anche questa particolare serata di intrecci tra storia, crudeltà, magia nera ed enoica: «Non c'è nessuno, oggi, uomo o donna, ricco o povero, nobile o meno, che possa considerarsi al sicuro da un nemico o da un calunniatore che lo trascini nel sospetto e nella fama di estraneità». 

Grazie.