Ribolla: una storia di contrasti, un vitigno che racconta la terra a cui appartiene
Una serata per conoscere e capire non solo un vitigno, la ribolla, ma la gente che lo trasforma in vino.
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Sofia Landoni e Altai Garin, relatori alla loro prima apparizione in coppia, sono con-fusi nelle storie di Silvan Primosic, Katia Princic e Sasha Radikon, produttori che da Oslavia hanno fortemente voluto essere presenti, per dare un volto alla ribolla stessa.
La ribolla è un vitigno che sfugge alle regole, alle imposizioni: una bacca bianca che regala sensazioni piene da bacca rossa, un vitigno che ha assorbito l’identità della sua terra e la racconta a modo suo. Nel suo percorso la ribolla assorbe tutto: è un diario, un manoscritto. Da qui il suo immenso fascino.
Oslavia è la parte più a est del Collio, al confine tra Italia e Slovenia, poco più di un quartiere di Gorizia: è il confine dove l’est e l’ovest del mondo si guardano in faccia. Un confine imposto, ma che nella realtà quotidiana non esiste: i due mondi, quello italiano e quello sloveno, si sono sempre sfiorati e fusi, con costanti commistioni linguistiche e culturali.
Un vitigno che nasce da una terra che ha sofferto la guerra, i lutti, la privazione: forse da qui il suo carattere rude, ma autentico. E nelle parole di Silvan Primosic, il primo tra i produttori a prendere la parola, c’è tutta l’intensità nel raccontare una storia fatta di contrasti, di mescolanze, di ossimori. «Se vogliamo fare grandi vini non possiamo fare grandi quantità»: una certezza che si fonda sulla consapevolezza del limite, ma non della ricerca dell’eccellenza, nella costante affermazione del carattere e dello stile enologico.
La ribolla è un vitigno difficile, una varietà irrequieta che va domata: di grande vigoria in gioventù, trova l’equilibrio nella maturità. Una ribolla umanizzata, con il ciclo vitale sovrapponibile a quello dell’essere umano. Il grappolo, di dimensioni medio-grandi, si caratterizza per compattezza, ma l’acino è il suo vero scrigno: la buccia è spessa e coriacea, piena di cellulosa, con un corredo polifenolico importante. Naturalmente forte alla peronospora, teme il marciume: le piogge, piuttosto insistenti nella zona, rappresentano una minaccia.
Dal punto di vista climatico la zona di Oslavia beneficia di influenze adriatiche mitiganti le correnti più fresche delle Alpi Giulie. Il vento è il vero jolly: le raffiche della bora spazzano le muffe e arginano i fenomeni di ristagno d’acqua. Tra Floriano al Collio e Oslavia vi sono i terreni d’elezione per l’allevamento della ribolla: è lei che ha scelto i produttori, è lei che ha tracciato il perimetro di Oslavia. Il sottosuolo è quello della ponca, marne arenarie con superficie frammentata: una realtà geologica che ha fatto del Collio e di Oslavia uno degli areali più interessanti per la produzione di vini bianchi, in cui domina il Flysch, sassi affioranti su terreni “scassati”, ancora una volta piena testimonianza di una storia di contrasti.
La ribolla gialla oggi si declina in vino fermo, vino spumante charmat, vino spumante metodo classico, bianco macerato, vino passito o muffato. La macerazione, che interessa solo uve perfettamente sane, è la vinificazione del mosto a contatto con le vinacce, che avviene in ambiente riduttivo o microriduttivo, in recipienti d’acciaio o terracotta. La macerazione dona struttura e profumi a uve neutre, apportando complessità aromatica senza ricorso alla tecnologia e consentendo di valorizzare al meglio il corredo polifenolico che risiede nella buccia. Come chiamare questi vini? Orange wine, amber wine o vini bianchi macerati? Questa terza soluzione, benché meno poetica o glamour, è la più indicata per trasversalità: l’arancione ha una sfumatura cromatica definita, cosi come l’amber: ma la macerazione include anche il pinot grigio, il cui vino non potrà mai essere arancione, ma al massimo rosa. Così il termine “macerati” esclude qualunque equivoco di fronte a un tema che non è solo lessicale.
Oggi il nostro Paese ha la possibilità di essere avanguardista nei confronti di una tipologia di vinificazione che risale al 5500 a.C., in uso nel Caucaso: i vini macerati si producono in Australia, California, Sudafrica, e l’Italia può diventare punto di riferimento. L’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia vede oggi le sei cantine di Oslavia in prima linea per l’assegnazione della DOCG, alla ricerca di un riconoscimento anche nel disciplinare.
La degustazione fatta a più voci - con i contributi di Sofia, Altai e dei produttori presenti - è arricchita da una componente volutamente emozionale, di grande autenticità. La sequenza vede tre vini per ciascun produttore.
Ribolla Gialla 2015 – Primosic: il colore è totalmente diverso da quello che viene definito “orange”. Giallo dorato intenso, compatto e omogeneo, è indice di macerazione. Naso molto solare che ricorda le note di fiori di campo e di erbe aromatiche, la caramella d’orzo e il profumo del grano. L’attacco è morbido, con tannini docili e vellutati, e la freschezza emerge invitando a un nuovo sorso. Grande eleganza nel finale.
Ribolla Gialla 2014 – Primosic: naso più contratto rispetto alla 2015, composto e per certi versi austero, un po’ sabaudo, arricchito da piacevoli note agrumate. Saporito al palato, con evidenze di umami.
Ribolla Gialla 2013 – Primosic: annata calda, al naso un attacco importante tra balsamico e floreale, con sentori di agrumi più canditi. Al palato il gusto è pieno, avvolgente, vivo e mutevole.
Ribolla Gialla 2016 – Dario Princic: vino muscoloso, quasi istintivo, pungente al naso con una componente di frutta esotica importante. Un fondo di terra e di spezie, in particolare pepe, alternato a ricordi di propoli. Al palato acidità da vendere, con tannini perfettamente integrati. Eleganza immensa nel finale.
Ribolla Gialla 2015 – Dario Princic: nota salmastra che ricorda umami e glutammato. Malto, orzo, cereali con lievi sbuffi di zafferano. In bocca ritorna la morbidezza dell’annata, che lascia spazio a un tannino delicatissimo. Parti agrumate e sentori di torrefazione ben bilanciati e un finale dalla lunga acidità.
Ribolla Gialla 2014 – Dario Princic: naso più erbaceo, con evidenze di mela verde e di succo di zenzero fresco. Tannino e acidità lo rendono freschissimo.
Ribolla Gialla 2012 – Radikon: passaggio in legno per oltre 18 mesi per addomesticare una ribolla muscolosa. Prevale un aroma di albicocca sciroppata, per un finale al palato dove la componente fruttata addolcisce l’amaricante della carica polifenolica.
Ribolla Gialla 2008 – Radikon: il vino qui esprime il legame con la terra: sentori di foglie secche, muschio e fungo. Piena corrispondenza gusto-olfattiva.
Ribolla Gialla 2004 – Radikon: l’annata perfetta si declina in una versione straordinariamente ricca di aromi: 15 anni dalla vendemmia arricchiscono il bouquet di profumi terziari, dall’incenso alla grafite, dalla frutta candita a speziature dolci finali, per una chiusura elegantissima.
Vini da amare e da abbracciare: questo è il racconto di Sofia e Altai. Non ci resta che andare là: siamo tutti a Milano, ma questa sera Oslavia non è mai stata così vicina.