Riesling, e non solo, del lago di Como

Con la simpatia di Therése Lönnqvist incontriamo Giuseppe Sala, vignaiolo brianzolo, e l’enologo Marco Verona. Parliamo di varietà nascoste tra il lago e i boschi, degustiamo una verticale di riesling e ci confrontiamo con un vitigno mai provato sino ad ora.

Sara Passerini

La viticoltura sul lago di Como non è storia recente, ma è una storia con uno sviluppo a singhiozzo. C’è un passato lontano - vedi Strabone -, dal quale pare che il vino venisse prodotto addirittura 2000 anni fa, c’è un passato meno lontano - vedi Soldati -, dal quale si evince che sul Lago di Como veniva prodotto un vino bianco pregiato quanto lo Chablis e che venivano coltivati almeno 26 vitigni autoctoni. 

Nel mezzo troviamo viti maritate ai gelsi, un notevole sviluppo grazie all'opera di monasteri e nobili famiglie che favorirono la produzione e il commercio del vino, la diffusione di diverse varietà di vitigni, tra cui il verdese, un vitigno autoctono ancora oggi coltivato in alcune zone. Vediamo una produzione che nel suo picco arrivava a 4,8 milioni di litri da 46 varietà nel 1870 e poi assistiamo al consueto declino, causato da una serie di fattori, tra cui l'arrivo di malattie come la fillossera e la peronospora, due guerre mondiali, l'urbanizzazione e l'industrializzazione del territorio, e la concorrenza dei vini provenienti da altre zone d'Italia.

Tutti questi fattori fanno sì che nell’area del Lago di Como la viticoltura venga pian piano abbandonata, fino a tempi prossimi a noi, nei quali c’è un rinnovato interesse verso le zone vocate e la loro storia. Emblema di questa lenta rinascita è il riconoscimento, nel 2008, della IGT Terre Lariane sulle province di Lecco e Como; nel 2009 nasce anche il Consorzio di gestione dell’IGT con due aziende in provincia di Como e cinque in provincia di Lecco, oggi composto da 24 aziende. 

Agricola Sala

A Montano Lucino non c’è solo una zona commerciale, c’è una bella storia da raccontare: quella dell’azienda agricola parte con il signor Mario Sala, proprietario di un ristorante ad Arosio (ancora attivo, gestito dal fratello Marco) che, all’inizio degli anni ‘90, decide di investire nell'agricoltura a chilometro zero, coltivando sette ettari di orto e piccoli frutti, e piantando una vigna di cabernet sauvignon e una di chardonnay con il sogno di fare il suo vino. 

Venuto a mancare nel 2013, il suo sogno è portato avanti dai due figli Giuseppe e Marco, che hanno investito sia nel ristorante che nella viticoltura. 

Con l’aiuto di Marco Verona, enologo dell’azienda fin dai suoi inizi - iI rapporto tra enologo e vignaiolo è “odi et amo”, un rapporto stretto, longevo e pieno di confronti, contrasti, tentativi e scelte -, si capisce quali sono i vitigni migliori da piantare nella zona e le potenzialità di un luogo che grazie al bosco è soggetto a una preziosa escursione termica di notte e a un buon irraggiamento solare giornaliero. Così viene spiantato il cabernet sauvignon e comincia la sperimentazione, sia in vigna che in cantina. Tra le colline di Como, nei pressi del parco regionale Spina Verde, a un passo dal lago e dalla città vengono piantati merlot, traminer aromatico, petit manseng, fleurtai e il re dei vitigni, il riesling.

La degustazione

«Lasciamo parlare i vini» suggerisce Therése, e la degustazione comincia con un nuovissimo metodo ancestrale seguito da una carrellata di bianchi fermi tra vitigni noti e meno noti e una verticale interessantissima di riesling renano.

Terre Lariane IGT Ul bagaj 2023

Metodo ancestrale a base chardonnay, new entry aziendale, un vino pensato per la gastronomia, con uve colte a maturazione appena avvenuta con lo scopo di preservare una spinta acida importante.

Caratterizzato da una leggera opacità, come la tipologia anticipa, paglierino intenso. Esordisce sui toni del lievito di birra, sensazioni citrine irrompono copiose, così come il sentore di mela e frutta a polpa bianca mediamente matura. Al palato ha una curiosa cremosità e un’ottima freschezza. Rimangono il sale e un sapore d’agrume.

Terre Lariane IGT La Sciura 2021

100% chardonnay, solo acciaio, un riposo di sei mesi sulle fecce fini, titolo alcolometrico 12,5%

Un paglierino luminoso e piuttosto fitto, un naso cremoso e fruttato, che s’apre sui toni della nocciola in granella e vede poi protagonisti mele e pere su una traccia agrumata. La bocca è in linea con il naso, il retrogusto agrumato è molto piacevole, la sapidità e l’acidità sono ben intrecciate e sostengono la beva. Corpo snello, agile per un vino dalla piacevolezza delicata, volutamente semplice ma dalla linea armonica.

Terre Lariane IGT Fiori del lago 2023

Traminer aromatico in purezza, solo acciaio, malolattica non svolta, titolo alcolometrico 14%

Un elegante pallore, sfumature tenui, giallo chiaro. Una consistenza già visibile. Un bouquet di fiori, frutta matura a polpa gialla, erbe aromatiche - sono queste le famiglie che riempiono l’olfatto con innumerevoli sfumature, dal litchi alla pesca, dal limone alla banana, dal timo alla mentuccia, al biancospino, alla camomilla; è un naso che ha una sua tipicità. Al palato risalta la freschezza imbrigliata nel sale, è un palato pieno, con una percezione abbastanza equilibrata dello pseudocalore, è lungo anche dal punto di vista tattile, non manca di una sensazione di piccantezza.

Terre Lariane IGT Erba matta 2022

Fleurtai 100%, un vitigno Piwi, figlio del friulano, piantato nel 2016, questa che assaggiamo è la prima annata prodotta, subisce una macerazione di 10 giorni. L’annata 2022 è stata caldissima e priva di precipitazioni, al momento della vendemmia l’acido era già concentrato.

Colore oro pieno, una leggera foschia non mina un colore vivo e invitante, non è aranciato, è oro. Naso intenso ma alla prima olfazione un po’ chiuso, ci chiede di aspettarlo. Piano piano racconta di frutta secca e di frutta essiccata, il dattero e l’albicocca, cenni di tè nero, fiori secchi, nocciola, menta, una balsamicità che non ci aspettavamo. Bocca oleosa, fresca, densa, lascia note di caramella all’orzo e una leggerissima sensazione astringente. Ci piace molto, lo immaginiamo abbinato a dei formaggi, a pesci di lago. Al momento si sente che è giovane, siamo curiosi di pensarlo in evoluzione. Lo annusiamo a fine serata e ci coglie di sorpresa una dolcezza di marmellata d’arance che prima non c’era.

Terre Lariane IGT “29 febbraio” Riesling Renano 

Assaggiamo e confrontiamo tra loro diverse annate dello stesso vino e dello stesso vigneto in cui sono stati piantati sia cloni tedeschi che della Valle dell’Isarco. Le annate protagoniste sono 2022, 2021 e 2019, ci sarà un vino bonus che si rivelerà essere l’annata 2020 - servito alla cieca e dopo gli altri perché le uve, quell’anno, sono state attaccate dalla preziosa botrytis cinerea.

2022

Giallo tenue con intarsi verdolini, naso da giovane riesling: agrume ed erbe aromatiche, ma scendiamo nel dettaglio. Il limone è il primo a frasi avanti, seguito dalla scorza del cedro, dalla mela verde, dal timo e dalla valeriana. Un naso gentile, che arriva piano piano e a ogni olfazione ce lo ripete: “sono un riesling, un riesling ben fatto”, cenni di zafferano alla massima apertura e ricordi di pera decana. Bocca corrispondente, secca, asciutta, lungheggia sulle erbe aromatiche e sulla delicatezza del timo, la sua gioventù si sente.

2021

Stesso colore tenue con tracce verdoline in controluce, il naso qui è floreale e agrumato, è interessante e molto nitido nella progressione aromatica, ma meno comunicativo. Si sa, i riesling parlano quando vogliono, un anno prima spifferano tutto, qualche anno dopo muti come pesci, questo che abbiamo tra le mani fa il timido, ma ci lascia intravedere il sambuco, l’anice, e una nota iodata che ci fa salivare. Passiamo al palato e la verticalità è da vertigine: sale e acidità, la bocca ringrazia e ne vuole ancora.

2019

Una tonalità piena, quasi dorata, un naso tondeggiante e ricco, esordisce con le canoniche erbe aromatiche, un orto botanico in fioritura e s’arricchisce di un frutto maturo, pesca e mela scaldate dal sole, poi note di idrocarburo, appena accennate ma inconfondibili, anche qui una punta di zafferano. Il gusto è incantevole, lungo e cremoso, bello bello bello, un vino decisamente in forma, salato ma ben equilibrato, una lunghezza fresca, quasi di sedano sminuzzato.

2020

Il vino alla cieca, servito per ultimo e, dopo qualche tentativo, indovinato dai più - indovinato il vino, non l’annata! 

Un bel giallo paglierino, fitto e pieno, luminoso e di buona consistenza. Debutta con un’ondata di zafferano all’interno della quale, piano piano, si fanno largo pesca, ananas, liquirizia in bastoncino, alloro e aneto. Al palato è piccante la tattilità, decisa la verve acida, tenue la cremosità, certamente diverso da tutti i precedenti, ricordi di erbe amari nel finale.

Il temporale spaventoso che ci aveva accolti se n’è andato, a proposito di pioggia, Giuseppe Sala racconta le preoccupazioni per la stagione in corso, molto piovosa e a rischio peronospora. Sperando in una buona annata ci congediamo, il sapore del sale ancora sulle labbra, il ricordo dei Riesling riempie il cuore.