Rossi di montagna, eleganza e sottigliezza

Racconti dalle delegazioni
18 dicembre 2023

Rossi di montagna, eleganza e sottigliezza

Valle d’Aosta, Valtellina, Etna. Vini d’altura e di montagna, identitari e di carattere, nei colori così come nelle trame gustative.

Sara Missaglia

Dall’ultima opera dello scrittore, degustatore e regista dal titolo “La Montagna. I quattro elementi del vino italiano”, ecco una masterclass per delineare le caratteristiche dei vini rossi di montagna. Dieci vini serviti alla cieca, selezionati tra quei territori che Massimo, dal basso verso l’alto e viceversa (perché di montagna si tratta), ha percorso senza sosta per ultimare il suo libro: una conoscenza sul campo, fatta di sentieri, di scatti, di angolazioni diverse, di occhi perennemente alla ricerca di qualcosa da raccontare e anche di non ancora visto.

La degustazione alla cieca non risponde alla volontà di generare stupore, stilare classifiche o simulare quiz, ma è utile, spiega Massimo, per interrogarci sull’identità dei vini. L’assaggio ha infatti tutto il sapore di un’indagine, alla ricerca di caratteri nei vini che possano tracciare un identikit della produzione di montagna. Prima di tutto il fattore quota: vigneti alti ma non troppo verrebbe da dire, perché non è solo l’altimetria a definire un vino di montagna. È indubbiamente un elemento importante ma non portante. Se i vecchi sussidiari di quelle che una volta si chiamavano “scuole elementari” parlano di montagna quando ci troviamo oltre i 500 metri s.l.m., e anche il CERVIM - Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana - si attesta su questa altitudine, per Massimo l’ambiente “montagna” è fatto soprattutto di pendenze e di terrazzamenti. Elementi come la vertigine e quel senso di vuoto dato da precipizi e verticalità sono determinanti, così come la disposizione dei vigneti che, soprattutto se a rittochino, sembrano lentamente scivolare verso il fondovalle, abbarbicati alle pareti con le radici. Tenuti insieme non si sa bene da cosa, in un mondo apparentemente statico, ma emotivamente dinamico.

Pareti di sassi, pietre e terra hanno nei secoli ridisegnato il profilo della montagna per sfruttare il raro spazio disponibile, trasformando il negativo, l’irraggiungibile, in positivo, ovvero un paesaggio idoneo all’allevamento della vite. Roccia che è diventata montagna, imponente, forte, massiccia e, al tempo stesso, fragile, precaria, delicata. Nel perenne ossimoro dell’attimo infinito i calici trovano una chiave di lettura unica ed esclusiva: vini sottili, fini, eleganti, longilinei, mai spettacolari, roboanti o aggressivi. Si assomigliano, con una partitura musicale comune, ma che differisce per la melodia. Ognuno è “rosso” a modo suo, a cominciare dal colore, prima cartina al tornasole per tentare un possibile riconoscimento dei territori, nella degustazione alla cieca. Sono colori di montagna, rarefatti come l’ossigeno che si dirada a mano a mano che si sale in quota: sfumature di rosso con trasparenze cromatiche, mai sature nel colore, mai fitte. Filigrane nel gusto, vini sfumati anche dal punto di vista tannico. Tannini delicati e impalpabili, a tratti più decisi e tattili: mai invadenti.

I vini hanno un carattere succoso e acido: la freschezza è a tratti sferzante, dall’apparenza delicata ma, sorprendentemente, intensi e persistenti: la leggiadria cromatica non ha compromesso profondità e memoria. La montagna sembra prevaricare la nostra capacità di misurare l’infinito. Soggiogante nella sua imponenza, sottolinea l’umano limite dell’imperfezione nella finitezza: i corrugamenti, i dettagli radenti, l’orizzonte netto sul cielo blu nelle giornate di luce. Qualcosa che ha a che fare con un mistero originario, inviolabile, impenetrabile e inquietante. Vini difficili da comprendere se sradicati da quelle pareti, con cui hanno suggellato un patto di sangue. In loro troviamo la combustione della montagna: è la roccia che si accende. Accade solo nei rossi di montagna. Sensazioni al palato aggraziate ed eleganti, fini e persistenti, con un effetto “domino” che ci porta lungo quei francobolli di terra strappati alle pendenze, dove un’architettura empirica, ancestrale e arcaica sembra averli cristallizzati in costa. Vini che appaiono in degustazione come un concentrato inestricabile di spontaneità e lavoro, di naturalezza e razionalità, di equilibrio e di fascino soggiogante.

La degustazione

Etna Rosso DOC San Lorenzo 2020 - Girolamo Russo

Nerello mascalese in purezza allevato in biologico. Rubino acceso, dal carattere acido e succoso, connotati dei vini di montagna: il tannino in filigrana circuisce il palato, ma il gusto è importante, fermo, fiero. Siamo sull’Etna, sul versante nord del vulcano, quello meno piovoso e più adatto alle uve a bacca rossa. Un’esplosione di frutti quasi energetica, vitale, tra ricordi di mora, prugna e ribes, uniti a note di erbe aromatiche ed evidenze di pellame. Sentori mentolati che tornano al palato, con eleganza e avvolgenza. Energetico.

Valtellina Superiore DOCG Maroggia 2019 - Assoviuno

Il colore sembrerebbe avvicinarlo al vino precedente, ma al gusto sono diversi. Ha maggiore asprezza: acidità che è montagna, roccia, terreno sabbioso. Un vino bianco mascherato da rosso, con una freschezza che è vivezza, contrasto, brillantezza: in bocca è salivazione. Siamo in Valtellina sottozona Maroggia, nebbiolo delle Alpi, qui chiamato chiavennasca. Non siamo a quote siderali, ma a 550 metri s.l.m., su terreni franco-sabbiosi: eppure è montagna piena, con un “sopra” e un “sotto” definiti. Qui le vigne sembrano strappate a un contesto ostile. Un vino agile e snello, ma al palato è potenza, tra sensazioni di mirtillo e mora di rovo, noce moscata, ginepro, alloro. Una sottile nota speziata e tostata sul finale: il tannino è setoso, vellutato, piacevolmente integrato. Ammaliante.

Valle D'Aosta DOC Nebbiolo Donnas Georgos 2019 - Piantagrossa

Siamo a Donnas, in bassa Valle d’Aosta, la prosecuzione della zona di Carema. Qui il clima è decisamente più caldo: ci sono pergole valdostane e pilastri in pietra che danno allo sguardo una metrica di apparente regolarità. Il vino “sa” di montagna, di roccia bagnata, di suffumigi, con sbuffi balsamici da eucalipto e liquirizia, tabacco e vaniglia. La sua acidità non teme il tempo. Territoriale.

Valtellina Superiore DOCG Grumello Sassorosso 2019 - Nino Negri

Qui l’accento della montagna sembra essere più evidente. Il tannino è marcato, espressione pura di un territorio molto radicale. Pendenze, terrazzamenti, smottamenti: siamo nella sottozona del Grumello. L’aspetto severo del paesaggio e l’emergenza rocciosa trasmettono un senso di verticalità e di vertigine. Il nebbiolo qui sta bene. Gradoni, gradinate, muretti a secco, scale e terrazzamenti dal frazionamento tipico della viticoltura in quota: l’architettura dei tanti tentativi per “calpestare” la vigna e allevare il nebbiolo. Intenso e persistente, profuma di piccoli frutti, eucalipto e liquirizia. Il gusto è morbido e sapido con gradevoli sensazioni fruttate e sfumature di spezie e liquirizia. Indomito.

Valtellina Superiore DOCG Valgella Cà Morei 2019 - Sandro Fay

È da questo cru che Sandro Fay, nel 1983, ha imbottigliato la sua prima bottiglia. Nella sottozona valtellinese della Valgella i filari sono più larghi e, dunque è possibile una parziale meccanizzazione, tra girapoggio e rittochino. Le immagini di Massimo mostrano una montagna fatta più di sassi che di pali, e la sensazione è di essere a picco su uno sperone di montagna. Guardare giù, come nel calice. Le sensazioni al palato sono profonde e saline: è la terra che comanda. Il frutto leviga, il tannino firma la beva, nebbiolo delle Alpi in purezza. Schiena dritta e fierezza di chi non teme nulla. Audace.

Valle d’Aosta DOC Torrette Supérieur Ostro 2017 - Di Barrò

Il petit rouge sembra regalare una componente ematica alla beva: sangue di montagna, commenta Massimo, che si confonde in una componente mediterranea. Un Mediterraneo d’altura, dove cactacee e piante abituate al sole trasferiscono al vino una nota succosa, tesa, sanguigna. Vigoroso.

Valtellina Superiore DOCG Essenza 2017 - Tenuta Scerscé

La violetta si fa sentire, accompagnata da note di rosa canina di rara eleganza. Ricordi di radice e di canfora che si accendono sul finale. Siamo nel tiranese, tra quelle vigne di cui Cristina Scarpellini si è innamorata. Grazia con grinta: al palato il vino ha succosità, generosità e un tannino setoso, vellutato, sferico. Balsamico, leggiadro, aggraziato, dalla spalla più larga e dal frutto più profondo. Inebriante.

Etna Rosso DOC Contrada Marchesa 2019 - Donnafugata

È un assaggio di rottura, con una evidente nota vulcanica. Selvaggio tra note fruttate di lampone e ciliegia, con sentori balsamici tra timo e rosmarino. Un finale di cannella e cacao. Al palato ha equilibrio e profondità, con una trama tannica di rara eleganza. Aristocratico.

Valtellina Superiore DOCG Inferno Riserva 2002 - Nera Vini

Un vino di complessità, con un terziario che si allarga e si apre a sensazioni più mature. La nota balsamica e terrosa è un timbro identitario che si esprime con il tempo, con una piccantezza al gusto di rara bellezza. Un vino di quota e di terra, quasi un paradosso: saporito, generoso, caratteriale. Una grande Riserva che ha saputo tenere il tempo con sorprendente agilità. Autorevole.

Valtellina Superiore Sassella DOC Riserva Rocce Rosse 1996 - Ar.Pe.pe.

Un’annata da sensazioni quasi marine, canforate, con ricordi di sagrestia. Una naturale affumicatura, con note di salamoia e di salicornia. La bocca è espansiva, con una freschezza che tradisce la vera età. Struttura ed eleganza, finezza e dinamismo: 27 anni e non sentirli, con una grinta di chi si spezza ma mai si piega. Esemplare.

La presenza in sala di Matteo Tarotelli della cantina Assoviuno, di Danilo Drocco per Nino Negri, di Simone Nera per Nera Vini e di Guido Pelizzatti Perego di Ar.Pe.pe. ha aggiunto valore al valore: perché i vini, si sa, finiscono sempre per assomigliare a chi li ha fatti. Massimo sorride, soddisfatto: le immagini dei diversi territori scorrono, sottofondo a questo viaggio senza tempo e senza età. Non una ruga, vini dotati di un naturale anti-age. Gioventù mai bruciata.