Rossi spagnoli da vitigni rari e poco conosciuti

Racconti dalle delegazioni
08 novembre 2021

Rossi spagnoli da vitigni rari e poco conosciuti

Nonostante la sua storia plurisecolare, la fama della Spagna vitivinicola rimane ancorata a pochissime cultivar quali l’airén e il tempranillo. Dalla Galizia alla Catalogna, dall’Andalusia alla Rioja, Nicola Bonera ci introduce il vigneto ispanico più nascosto, quello dei vitigni rari e poco conosciuti, con tutta l’attenzione che esso merita.

Florence Reydellet

Anche se già risulta evidente ai più, è bene ribadirlo: nell’area iberica tutta, il comparto vitivinicolo spagnolo occupa un ruolo di notevole importanza e, se si tengono in considerazione le statistiche produttive, esse pongono il paese in testa a ogni possibile graduatoria. Parlando infatti di numeri, si tratta del primo paese al mondo per estensione del vigneto (pari a 949.565 ettari), il terzo per produzione di vino (con 40 milioni di ettolitri l’anno), mentre sul piano dei consumi occupa il quinto posto (10 milioni di ettolitri).

Nicola BoneraDal punto di vista enografico, il territorio si suddivide in cinque denominazioni: 2 Denominación de Origen Calificada (DOCa), finora concesse solo a Priorat e Rioja, che includono i migliori vini del paese; 68 Denominación de Origen (DO) che corrispondono oggi alle DOP dell’Unione Europea; 20 Denominación de Origen Pago (DO Pago), esclusivamente riservate ad alcune aziende la cui produzione è di particolare pregio; 7 Vino de Calidad con Indicación Geográfica (VC); e, infine, 41 Indicación Geográfica Protegida (IGP) che, a poco a poco, stanno sostituendo la tradizionale indicazione Vino de la Tierra.

Vi è poi da notare che il paese è per tradizione legato a una classificazione piramidale dei vini che aggiunge, all’insieme delle denominazioni sopracitate, indicazioni sulla maturazione del vino. Alla base, si rinviene l’Año de cosecha, l’annata di vendemmia, che non prevede invecchiamento prima dell’immissione sul mercato. Sopra l’annata si posiziona la Crianza: fanno parte di questa categoria i vini rossi invecchiati per almeno due anni - di cui almeno sei mesi in legno - e i vini bianchi e rosati affinati per un periodo minimo di diciotto mesi. Risalendo ulteriormente la piramide si trova la Reserva: vini rossi invecchiati per almeno tre anni, dei quali almeno uno in legno e il resto in bottiglia; quanto ai bianchi e ai rosati, è previsto un minimo di diciotto mesi di invecchiamento, di cui almeno sei in legno. A chiudere la panoramica, la Gran Reserva: i rossi invecchiano per almeno cinque anni, di cui diciotto mesi in legno e il resto in bottiglia, mentre i vini bianchi e i rosati per un minimo di quattro anni, di cui almeno sei mesi in legno.

I vitigni

Nel panorama ampelografico dissimili sono i vitigni, così come l’impostazione produttiva e l’espressione dei vini. Fra le numerose cultivar presenti, spiccano l’airén (23,5%) - varietà a buccia chiara di La Mancha impiegata per il brandy - nonché le bacche rosse tempranillo (20,9%) e bobal (7,5%). Eppure, la Spagna vanta un’impressionante schiera di autoctoni, fra i quali si rinvengono uve note ai cultori del vino - come il monastrell - e uve semisconosciute, quali la maturana tinta, il trepat e la tintilla.

Venendo ai vitigni che Nicola Bonera ha selezionato per la degustazione, troviamo:

Baboso negro/bastardo negro: possiede grappoli piccoli, chicchi piccoli e compatti. I vini che ne derivano offrono in genere un alto livello zuccherino, per quanto non procurino una particolare complessità aromatica e non siano sempre sostenuti da un’acidità adeguata. Anche conosciuto come bastardo (Canarie e Portogallo), bartadinho (Portogallo Setubal), gros cabernet (Francia), maría ordoña, merenzao (Galizia), trousseau (Francia), il vitigno occupa circa 2.500 ettari nel mondo, prevalentemente in Portogallo.

Graciano: varietà talentuosissima coltivata con rese molto basse. Dotata di ricca struttura tannica, trae giovamento da lunghissimi affinamenti e regala rossi di razza che possono evolversi con profitto (non a caso appartenenti soprattutto alla tipologia Gran Reserva). Gli ettari vitati sono all’incirca 1.350 nella Rioja.

Listán negro: uva diffusa nella parte nord di Tenerife e in altre isole delle Canarie. Propizia vini rossi giovani, di medio corpo ma non a rischio di mollezze. Ai giorni nostri, copre poco più di 5.000 ettari nell’intero arcipelago canario.

Maturana tinta: cultivar dai grappoli compatti e dalle bacche assai piccole. Dà vini di medio contenuto alcolico che presentano veste cromatica molto intensa - per via della buona dotazione di antociani - e si distinguono per il cospicuo aroma vegetale. È stata ufficialmente ammessa nel disciplinare DOCa Rioja solamente in tempi molto recenti, ossia nel 2007. Gli impianti sono pari a 230 ettari tra Rioja e Navarra.

Mencía: uva indigena, sovente raccolta in discreto anticipo e vinificata con brevi macerazioni, che produce vini chiari e piuttosto leggeri, da bere in gioventù. Secondo alcuni studi, sarebbe una forma locale di cabernet franc, mentre a detta di alcuni vignaioli deriverebbe dal jane, vitigno del Dão portoghese. Prevalentemente coltivata nelle province di León (68%), Zamora, Lugo e Orense, se ne contano 11.000 ettari in Spagna.

Monastrell: parla di produttività, colori profondi e gradazioni generose. È nota in Francia come mourvèdre ed è varietà di riferimento nelle DO Alicante, Almansa, Costers del Segre, Jumilla, Penedés, Valencia e Yecla. I censimenti ne rivelano 60.000 ettari nel mondo, di cui 40.000 in Spagna.

Tintilla: reperibile soltanto nell’isola di Tenerife, dona vini che godono di sorprendente personalità e piglio aromatico.

Trepat: cultivar allevata nelle zone di Costers del Segre e Conca de Barberà DO. Utilizzata per molti anni per la produzione di spumanti rosati, si dimostrò capace di eccelse vinificazioni in rosso. L’intuizione si deve all’enologo Joan Rabadà che, dopo aver prodotto il primo Trepat rosso nel 1987 usando la macerazione carbonica, darà vita nel 2004 a una versione pienamente convincente, lavorando per la cantina Carles Andreu.

Vijariego negro: coltivato solamente sull’isola di Tenerife, possiede grappoli di media dimensione e acini croccanti. Dal punto di vista organolettico, ciò che più lo distingue sono i sentori vegetali.

Le denominazioni

Venendo alle denominazioni relative a questi vitigni, troviamo:

Conca de Barberà DO: pur essendo in un territorio non molto esteso (2.875 ettari), tante sono le sfumature che il clima mediterraneo di transizione, la piovosità contenuta e la variabilità delle quote (tra 350 e 900 metri s.l.m.) conferiscono ai vini della Conca de Barberà, assurta allo status di denominazione nel 1985.

Valle de La Orotava DO: denominazione della parte nord-occidentale di Tenerife che rimane alquanto piccola sotto il profilo dei numeri (annovera solamente 16 aziende che si suddividono circa 350 ettari), ma in costante crescita qualitativa. Le vigne sono a piede franco e vengono vendemmiate tra il primo di settembre e il cinque dicembre, in ragione di una forte eterogeneità di quote altimetriche (si parte dai 100 fino a toccare i 900 metri s.l.m.).

Bierzo DO: appannaggio della cultivar mencía (74,5%), il territorio comprende 2.349 ettari per circa 9 milioni di bottiglie commercializzate. L’altitudine oscilla qui tra i 450 e gli 800 metri s.l.m., mentre il clima è continentale con interferenze oceaniche.

Yecla DO: Yecla è la denominazione del monastrell per antonomasia. Istituita come DO nel 1975, vide consolidare la sua fama negli anni Ottanta con l’avvento delle fermentazioni controllate. Caratterizzata da quote altimetriche elevate (tra i 530 e gli 800 metri s.l.m.), ha il suo nucleo vitato in una fascia di transizione tra la Meseta (l’altopiano più antico, per età di formazione, della penisola iberica) e il Mediterraneo. Copre oggi 8.000 ettari per una produzione di 10 milioni di bottiglie.

Da ultimo, si distinguono in particolar modo tre province rivierasche affacciate sul corso del fiume Ebro (delimitate a sud dalla Sierra de la Demanda e a nord dalla Sierra de Cantabria) di lunghissima tradizione vitivinicola nonché poli attorno ai quali è andata sviluppandosi la fama dei vini spagnoli: Rioja (43.885 ettari), Álava (12.934 ettari) e Navarra (6.774 ettari), le cui quote arrivano a sfiorare i 700 metri s.l.m..

I vini in degustazione

Attraverso l’articolata e appassionata degustazione condotta da Nicola Bonera, ci è parso che la Spagna si tenga stretta la veste di eccellenza. Difatti, anche con vitigni sovente citati in subordine, essa cesella bottiglie di ottima fattura che reclamano la loro individualità e anzi, diciamocelo, meravigliano.

I viniConca de Barberà DO Trepat 2017 – Carles Andreu
Prodotto con uve provenienti dai vigneti denominati Alzinetes, Les Parades e La Butxaca, il Trepat di Carles Andreu matura sei mesi in botti di rovere francese di secondo passaggio. Ecco un rosso che richiama il colore della schiava. Il paesaggio aromatico offre profumi giovanili aulenti di marca fruttata (ribes, mirtillo) con sfumature affumicate; bocca schietta, un po’ carente di freschezza e tannicità; epperò, conserva un sorso scorrevole e senza peso.  

Valle de La Orotava DO El Lance 2017 – Suertes del Marqués
El Lance è ottenuto dalla vinificazione di ben cinque qualità diverse di uva (vijariego negro, tintilla, listán negro, baboso negro e malvasia rosada) e viene invecchiato per nove mesi in rovere francese neutro da 500 litri. Ha colore più opalescente ed è aromaticamente più riservato rispetto al vino precedente. L’aria porta in emersione sbuffi selvatici e vegetali che spostano un poco l’asse dell’equilibrio olfattivo. Nondimeno, il sorso del palato rimane garbato: denso ma ritmato.

Bierzo DO 2017 Ultreia Mencía 2017 – Raúl Peréz
È prodotto con uve mencía vinificate con acini interi e macerazioni lunghe. Il tessuto olfattivo emerge chiaro e pulito, più avvolgente che complesso: rilascia sentori vegetali (finocchietto di mare), una frazione di dolcezza e un qualcosa di petroso che richiama Greve in Chianti. Nient’affatto piatto nella trama del sapore: il descrittore palatale che più lo caratterizza è il piccante. La facilità di beva è oggi mirabile, e si intravedono per di più potenzialità ancora non del tutto espresse.  

Rioja DO Balcón de Pilatos 2016 – Bodegas Valdemar
Ottenuto dalla maturazione della cultivar maturana tinta in legno di primo passaggio per undici mesi, è il più profumato della serie. Cocco, vaniglia, caffè e amaretti tratteggiano un profilo aromatico complesso (un poco penalizzato da un pizzico di rovere in esubero), mentre il gusto rende un senso di ricchezza e calore, incanalati entro uno sviluppo senza graffi. Di schietta vocazione gastronomica.

Navarra DO Cuatro del Cuatro 2016 – Viña Zorzal
Ottenuto dalla varietà graciano, il Cuatro del Cuatro è invecchiato in barili da 300 litri. Ha impostazione classica e veste enologica senza sbavature: qui s’intersecano i piccoli frutti rossi e la grafite, impreziositi dal tocco aromatico del rosmarino. In bocca, la trama si avvantaggia di una presa tannica asciutta ma levigata e colpisce per i toni misurati e la propensione all’armonia. Il più leggiadro della batteria; e i suoi giorni migliori sembrano ancora dinanzi a lui.   

Yecla DO Destrás de la Casa Monastrell 2015 – Bodegas Castaño
Da uve monastrell fermentate in acciaio e affinate in barrique di rovere francese, è oltremodo vitale e, nella sua cifra stilistica, rammenta i vini del Sud della Francia (Gigondas, Châteauneuf-du-Pape, etc.). Appena segnato dal legno, odora di vegetale e cigar box, mentre note di spezie galvanizzano da par loro l’assetto olfattivo. Al gusto i tannini scalpitano un poco, e richiedono ancora tempo. Lascia però lampeggiare un avvenire glorioso.