San Leonardo. L'artistocrazia nel bicchiere
La serata dedicata alla tenuta San Leonardo di Avio (TN) organizzata da Ais Montova con una verticale del vino portabanbiera dell'azienda dal 1999 al 2003
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24 ottobre 2008: un giorno che nel calendario segneremo in rosso (e che rosso…), visto che abbiamo avuto la splendida opportunità di apprezzare un vero ambasciatore dell’enologia italiana nel mondo, il San Leonardo!
Luigi Bortolotti presenta la serata, organizzata presso il ristorante “Edelweiss”, ammettendo che di fronte a certi miti non servono grandi introduzioni, per cui lascia subito la parola al titolare dell’Azienda, il Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga.
Egli racconta la storia ultra millenaria della Tenuta San Leonardo di Avio (TN): all’origine era un piccolo monastero sorto sulla Via Claudio Augustea che collegava Roma con la Germania e venne acquisito dalla sua famiglia nel 1600 che da quel momento ha sempre prodotto vino e ancora oggi conserva etichette risalenti al 1700… Fu suo padre che, reduce da studi in Svizzera e Francia, negli anni ’50 cominciò a dedicarsi alla produzione dopo un’importante esperienza in Toscana dove con Mario Incisa cominciò a lavorare sui primi Sassicaia (!!) importando alcune novità tecniche transalpine come le barrique. Poi, una volta ritornato a casa, volle riproporre la matrice francese in terra trentina. Oggi in azienda vengono prodotti solo due vini di “taglio bordolese” nei 21 ha. di vigneto di proprietà allevati per lo più a guyot e cordone speronato pur mantenendo anche la pergola trentina che, specie nelle annate particolarmente calde, garantisce ottimi risultati sotto forma di vini più piacevoli e “diluiti”.
I terreni variano da quelli ricchi di argilla (ideali per il Merlot) a quelli più poveri ma eleganti (Carmenére e il Cabernet) e, insieme all’ottima escursione termica tipica della Vallagarina, contribuiscono a dare vita a vini particolarmente freschi ed eleganti.
Il Marchese ammette che la cantina sia rimasta quasi come 70 anni fa,e le pratiche utilizzate sono quelle tradizionali: la vinificazione avviene, senza particolari controlli di temperatura e fermentazione, in piccoli tini di cemento di 70-100 hl con continui rimontaggi (anche 4-5 al giorno ma molto brevi) per estrarre il più possibile dalla buccia (parte più importante del chicco). Dopo 13-14 giorni (termine oltre il quale si estrarrebbero sentori poco eleganti) viene realizzata la svinatura,naturalmente poi si attiva la malolattica ,e l'affinamento puo' variare dai 12 ai 24 mesi in barrique di varie essenze e tostature senza che l’effetto del legno sovrasti e sminuisca il grande lavoro fatto in campagna, per arrivare alla delicata fase dell’assemblaggio fonte di innumerevoli discussioni.
Per 20 anni c'è stata collaborazione con l'enologo Tachis (creatore del Sassicaia), uomo talentuoso e molto esigente per poi affidarsi a Carlo Ferrini (suo il “Villa Gresti”), grande enologo di fama internazionale e molto apprezzato per la cura maniacale che dedica alla campagna.
La passione di quest’ultimo e del padre del Marchese Carlo per il merlot li ha spinti a dedicarsi con molte energie a questo vitigno nonostante le difficoltà dovute dalla scarsa insolazione trentina, miscelandolo con il carmenère, uva di Bordeaux simile al cabernet franc ma con rese basse che ne hanno frenato la diffusione. Questo vitigno, portato dal padre in Vallagarina negli anni ’80 e diffusosi in Nord Italia dopo la fillossera, viene ritenuto fondamentale per arricchire la personalità dei vini nonostante la bassa percentuale utilizzata.
Incuriositi dall’interessante racconto, non vediamo l’ora di poter apprezzare direttamente questi autentici fuoriclasse. Cominciamo dal Villa Gresti (30% carmenère, 70% merlot) proposto in una verticale di tre annate.
Il 2005 (che abbiamo l’onore di valutare in esclusiva non essendo ancora commercializzato) ha un colore rubino scarico e sembra leggermente chiuso al naso dove esprime comunque note vegetali di foglia di pomodoro e ribes; in bocca si conferma molto giovane con un tannino ruspante e potenti note di vignola e sottobosco che coprono le sfumature terziarie di cuoio e cacao appena accennate.
Il 2004 (annata ottimale per l’andamento climatico) vanta una perfetta fusione olfattiva tra il frutto rosso e le gradevoli note speziate di cacao, tabacco e goudron. Bocca equilibrata ed armonica, nota di alcool delicata, tannino morbido e piacevole. Già di grande livello.
Il 2003 ha un colore molto intenso, vanta un olfatto ancora più aristocratico e sontuoso rispetto ai precedenti con una fusione perfetta di frutto nero (mirtillo) e spezie (emerge la china). Nel palato esprime grande personalità con perfetta corrispondenza tra olfatto-gusto-retrogusto che lo rende piacevole anche senza abbinamento.
Secondo Bortolotti sono vini da apprezzare più per l’eleganza e la longevità che per la potenza.
Dai commensali arrivano apprezzamenti relativi al 2003 che, nonostante l’annata “bollente”, non sembra per niente “cotto” come molti vini degustati in passato (secondo il Marchese grande merito viene dalla zona di produzione e dalla maniacale attenzione in vigna per fare in modo che i grappoli non si scottino).
Vengono serviti deliziosi “ravioli di patate e cipolla rossa di tropea con sugo di carne e timo” sulla carta un abbinamento forse non perfetto ma voluto per fare in modo che la grande delicatezza del piatto permettesse di concentrarsi sui vini.E comunque, complimenti allo chef Matteo!
Finalmente l’attesa per il MITO è terminata e ci viene servito il San Leonardo (Cabernet Sauvignon 60%, Franc 30%, Merlot 10%) nelle annate 2003-2001-2000-1999.
E’ il prodotto di punta dell'Azienda (imbottigliato solo negli anni migliori) nato dal volere del padre che piantò negli anni 70‘ i primi cordoni speronati puntando sui bordolesi. Nell’82 la prima vendemmia ma successivamente vennero saltati i millesimi 84, 89, 92, 98, 2002 per qualità ritenuta non all’altezza.
Il Marchese paragona il San Leonardo ai muscoli di un nuotatore, non molto vistosi ma efficacissimi; metafora che descrive perfettamente un vino che ti conquista con l’eleganza e l’equilibrio più che con la forza.
2003: potente al naso e in bocca ma ancora giovane. Colore rubino intenso, al naso spezie (tabacco) e delicate note di mora. In bocca è ancora leggermente chiuso ma si intravedono già le grandissime potenzialità di un sicuro campione…
2001: ottime condizioni in vigna ma anch’esso ci sembra all’esame olfattivo leggermente chiuso. In Azienda scommettono che tra molti anni sarà ancora perfetto (ne hanno tenute 7000 bottiglie da parte…) e sta cominciando solo ora ad esprimersi. Frutto nero, eucalipto, liquirizia, pepe e cacao amaro, con sentori vegetali di peperoni che donano personalità senza sovrastare il resto. Perfettamente armonico in bocca con tannini vellutati e pai lunghissima in cui ritornano il mirtillo e il balsamico del sottobosco.
2000: annata calda che al momento della vendemmia non prometteva nulla di buono (mancava freschezza), ma oggi il Marchese si è ricreduto in quanto lo trova molto migliorato. In bocca è maggiormente espressivo ma confrontandolo con gli altri campioni risulta penalizzato (è” un po’ meno San Leonardo “secondo Bortolotti)
1999: grandissimo prodotto di un’eleganza eccezionale con forti note di macchia mediterranea (mirto). Un vino da meditazione in cui ognuno ritrova sensazioni bellissime che custodisce gelosamente.
Le annate sono ancora tutte a disposizione per scelta aziendale e, nonostante la moda imperante voglia vini estremamente morbidi e immediati (e piatti secondo noi…), finalmente il mercato internazionale sembra apprezzare e ricercare vini con forte personalità e RICONOSCIBILITA',pur nell'utilizzo di vitigni internazionali,come il San Leonardo.
Un perfetto ambasciatore italiano che in un clima di pessimismo generalizzato dovuto alla crisi economica in corso, ci rende orgogliosi di essere italiani.
Luigi Bortolotti presenta la serata, organizzata presso il ristorante “Edelweiss”, ammettendo che di fronte a certi miti non servono grandi introduzioni, per cui lascia subito la parola al titolare dell’Azienda, il Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga.
Egli racconta la storia ultra millenaria della Tenuta San Leonardo di Avio (TN): all’origine era un piccolo monastero sorto sulla Via Claudio Augustea che collegava Roma con la Germania e venne acquisito dalla sua famiglia nel 1600 che da quel momento ha sempre prodotto vino e ancora oggi conserva etichette risalenti al 1700… Fu suo padre che, reduce da studi in Svizzera e Francia, negli anni ’50 cominciò a dedicarsi alla produzione dopo un’importante esperienza in Toscana dove con Mario Incisa cominciò a lavorare sui primi Sassicaia (!!) importando alcune novità tecniche transalpine come le barrique. Poi, una volta ritornato a casa, volle riproporre la matrice francese in terra trentina. Oggi in azienda vengono prodotti solo due vini di “taglio bordolese” nei 21 ha. di vigneto di proprietà allevati per lo più a guyot e cordone speronato pur mantenendo anche la pergola trentina che, specie nelle annate particolarmente calde, garantisce ottimi risultati sotto forma di vini più piacevoli e “diluiti”.
I terreni variano da quelli ricchi di argilla (ideali per il Merlot) a quelli più poveri ma eleganti (Carmenére e il Cabernet) e, insieme all’ottima escursione termica tipica della Vallagarina, contribuiscono a dare vita a vini particolarmente freschi ed eleganti.
Il Marchese ammette che la cantina sia rimasta quasi come 70 anni fa,e le pratiche utilizzate sono quelle tradizionali: la vinificazione avviene, senza particolari controlli di temperatura e fermentazione, in piccoli tini di cemento di 70-100 hl con continui rimontaggi (anche 4-5 al giorno ma molto brevi) per estrarre il più possibile dalla buccia (parte più importante del chicco). Dopo 13-14 giorni (termine oltre il quale si estrarrebbero sentori poco eleganti) viene realizzata la svinatura,naturalmente poi si attiva la malolattica ,e l'affinamento puo' variare dai 12 ai 24 mesi in barrique di varie essenze e tostature senza che l’effetto del legno sovrasti e sminuisca il grande lavoro fatto in campagna, per arrivare alla delicata fase dell’assemblaggio fonte di innumerevoli discussioni.
Per 20 anni c'è stata collaborazione con l'enologo Tachis (creatore del Sassicaia), uomo talentuoso e molto esigente per poi affidarsi a Carlo Ferrini (suo il “Villa Gresti”), grande enologo di fama internazionale e molto apprezzato per la cura maniacale che dedica alla campagna.
La passione di quest’ultimo e del padre del Marchese Carlo per il merlot li ha spinti a dedicarsi con molte energie a questo vitigno nonostante le difficoltà dovute dalla scarsa insolazione trentina, miscelandolo con il carmenère, uva di Bordeaux simile al cabernet franc ma con rese basse che ne hanno frenato la diffusione. Questo vitigno, portato dal padre in Vallagarina negli anni ’80 e diffusosi in Nord Italia dopo la fillossera, viene ritenuto fondamentale per arricchire la personalità dei vini nonostante la bassa percentuale utilizzata.
Incuriositi dall’interessante racconto, non vediamo l’ora di poter apprezzare direttamente questi autentici fuoriclasse. Cominciamo dal Villa Gresti (30% carmenère, 70% merlot) proposto in una verticale di tre annate.
Il 2005 (che abbiamo l’onore di valutare in esclusiva non essendo ancora commercializzato) ha un colore rubino scarico e sembra leggermente chiuso al naso dove esprime comunque note vegetali di foglia di pomodoro e ribes; in bocca si conferma molto giovane con un tannino ruspante e potenti note di vignola e sottobosco che coprono le sfumature terziarie di cuoio e cacao appena accennate.
Il 2004 (annata ottimale per l’andamento climatico) vanta una perfetta fusione olfattiva tra il frutto rosso e le gradevoli note speziate di cacao, tabacco e goudron. Bocca equilibrata ed armonica, nota di alcool delicata, tannino morbido e piacevole. Già di grande livello.
Il 2003 ha un colore molto intenso, vanta un olfatto ancora più aristocratico e sontuoso rispetto ai precedenti con una fusione perfetta di frutto nero (mirtillo) e spezie (emerge la china). Nel palato esprime grande personalità con perfetta corrispondenza tra olfatto-gusto-retrogusto che lo rende piacevole anche senza abbinamento.
Secondo Bortolotti sono vini da apprezzare più per l’eleganza e la longevità che per la potenza.
Dai commensali arrivano apprezzamenti relativi al 2003 che, nonostante l’annata “bollente”, non sembra per niente “cotto” come molti vini degustati in passato (secondo il Marchese grande merito viene dalla zona di produzione e dalla maniacale attenzione in vigna per fare in modo che i grappoli non si scottino).
Vengono serviti deliziosi “ravioli di patate e cipolla rossa di tropea con sugo di carne e timo” sulla carta un abbinamento forse non perfetto ma voluto per fare in modo che la grande delicatezza del piatto permettesse di concentrarsi sui vini.E comunque, complimenti allo chef Matteo!
Finalmente l’attesa per il MITO è terminata e ci viene servito il San Leonardo (Cabernet Sauvignon 60%, Franc 30%, Merlot 10%) nelle annate 2003-2001-2000-1999.
E’ il prodotto di punta dell'Azienda (imbottigliato solo negli anni migliori) nato dal volere del padre che piantò negli anni 70‘ i primi cordoni speronati puntando sui bordolesi. Nell’82 la prima vendemmia ma successivamente vennero saltati i millesimi 84, 89, 92, 98, 2002 per qualità ritenuta non all’altezza.
Il Marchese paragona il San Leonardo ai muscoli di un nuotatore, non molto vistosi ma efficacissimi; metafora che descrive perfettamente un vino che ti conquista con l’eleganza e l’equilibrio più che con la forza.
2003: potente al naso e in bocca ma ancora giovane. Colore rubino intenso, al naso spezie (tabacco) e delicate note di mora. In bocca è ancora leggermente chiuso ma si intravedono già le grandissime potenzialità di un sicuro campione…
2001: ottime condizioni in vigna ma anch’esso ci sembra all’esame olfattivo leggermente chiuso. In Azienda scommettono che tra molti anni sarà ancora perfetto (ne hanno tenute 7000 bottiglie da parte…) e sta cominciando solo ora ad esprimersi. Frutto nero, eucalipto, liquirizia, pepe e cacao amaro, con sentori vegetali di peperoni che donano personalità senza sovrastare il resto. Perfettamente armonico in bocca con tannini vellutati e pai lunghissima in cui ritornano il mirtillo e il balsamico del sottobosco.
2000: annata calda che al momento della vendemmia non prometteva nulla di buono (mancava freschezza), ma oggi il Marchese si è ricreduto in quanto lo trova molto migliorato. In bocca è maggiormente espressivo ma confrontandolo con gli altri campioni risulta penalizzato (è” un po’ meno San Leonardo “secondo Bortolotti)
1999: grandissimo prodotto di un’eleganza eccezionale con forti note di macchia mediterranea (mirto). Un vino da meditazione in cui ognuno ritrova sensazioni bellissime che custodisce gelosamente.
Le annate sono ancora tutte a disposizione per scelta aziendale e, nonostante la moda imperante voglia vini estremamente morbidi e immediati (e piatti secondo noi…), finalmente il mercato internazionale sembra apprezzare e ricercare vini con forte personalità e RICONOSCIBILITA',pur nell'utilizzo di vitigni internazionali,come il San Leonardo.
Un perfetto ambasciatore italiano che in un clima di pessimismo generalizzato dovuto alla crisi economica in corso, ci rende orgogliosi di essere italiani.
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