Serralunga d’Alba, le tante anime di un Barolo

Ospite di AIS Monza e Brianza, Aldo Seminara ci racconta il suo paese attraverso la storia della Langa e soprattutto la degustazione di otto calici di Barolo serralunghiani, accomunati da un animo scuro e intimo ma al tempo stesso colorati di sfumature che li rendono, ciascuno, irrimediabilmente personale.

Giuseppe Vallone

Aldo Seminara, natali siciliani ma da tempo sposo della Langa, è l’artefice di “Serralunga Casa Mia”, un progetto creato a quattro mani con Luigi Vico, attraverso il quale hanno aperto, a Serralunga d’Alba, un’enoteca che accoglie e funge da vetrina per tutta la produzione vinicola del paese.

Centro abitato di circa 500 abitanti e altrettanti ettari vitati (366 dei quali a nebbiolo), dominato dallo scenografico castello che mai ebbe effettive funzioni difensive, Serralunga d’Alba è il Comune che, tra gli undici del Barolo DOCG, si trova schiacciato, a sud-est della Denominazione. 

Ascoltiamo Aldo raccontare in breve la storia del «più grande vino italiano», dagli albori ottocenteschi, passando per la nascita della DOC prima, e della DOCG poi, sino ai fasti internazionalmente riconosciuti di oggi: sì perché, rimarca Seminara, «il Barolo oggi nulla ha da invidiare ai più blasonati Borgogna, con i quali condivide un attento studio di zonazione e individuazione delle aree vocate».

Le MGA, appunto, le Menzioni Geografiche Aggiuntive introdotte a partire dalla vendemmia 2010: 170 “sotto comunali” a cui si aggiungono 11 Menzioni corrispondenti ai nomi dei rispettivi Comuni. Serralunga ne rivendica 39, alcune delle quali – oggi assurte a vere e proprie leggende enoiche – sono qui in degustazione.

Un vino, il Barolo di Serralunga, che di primo acchito non può che definirsi austero per statuto, e che generalmente ha bisogno di un lungo affinamento prima di potersi esprimere al pieno delle sue potenzialità. La ricchezza delle sfumature di Serralunga d’Alba, però così stretta e lunga da nord a sud, impone la degustazione, che Aldo ci propone articolata su 8 vini, 7 dei quali rivendicanti altrettante MGA.

La degustazione

Barolo DOCG 2019 – La Contrada di Sorano
Di proprietà di Paolo Baudana, che ne è anche enologo e agronomo, l’azienda possiede 2,5 ha di vigneti per una produzione annua di 10.000 bottiglie, di cui 1.600 del Barolo in degustazione. Le vigne cui provengono le uve di questo vino sono collocate nelle MGA Sorano e Gallaretto (Diano d’Alba), rispettivamente a 287-307 e 298-308 m s.l.m., con esposizione SE-NO.

Vinificazione separata con lunga macerazione (40-50 giorni), follature giornaliere, poi malolattica in acciaio. L’affinamento è in botti di legno da 500 litri per circa 26 mesi, a seguire si ha l’assemblaggio delle due masse in acciaio e la sosta in bottiglia prima della commercializzazione. 

«Primo naso di goudron», esordisce Aldo, «poi arriva il frutto e una nota di alloro»: è un naso comunicativo, che scaldandosi si caratterizzerà di ammalianti accenni di tabacco combusto, così come estroversa è la bocca, che è tesa e dal tannino mordace, robusto ma composto. Vino molto giovane da buona annata che al momento «viaggia con il freno a mano tirato».

Barolo DOCG Meriame 2019 – Paolo Manzone
MGA Meriame: 17,14 ha su marne di Sant’Agata Fossili tipiche e formazione di Lequio a 230-370 m. s.l.m., esposizione a O; vitigni coltivati: nebbiolo, dolcetto, moscato e barbera; epoca della vendemmia: intermedia, tardiva.

Dal 1999 Luisella Corno e Paolo Manzone conducono 20 ha vitati, dai quali producono 85.000 bottiglie annue. All’interno della MGA Meriame ne possiedono 4,5 ettari di vigne di età superiore ai 50 anni, dai quali producono tre etichette. Una di queste è il Barolo in degustazione, per circa 6.000 bottiglie all’anno. Selezione delle uve su tapis roulant, fermentazione in acciaio a temperatura controllata per 20-25 giorni, poi affinamento di 38 mesi di cui 24 in botti di rovere di Slavonia.

Naso molto dolce e floreale, con profumi di rosa in evidenza, elegante e di bella suadenza. All’assaggio notiamo il tannino, che è ben integrato, «friziona ma in sinergia con le altre componenti della bocca»; gli aromi sono di agrume dolce, che dona una piacevole freschezza in deglutizione.

Barolo DOCG Prapò 2016 – Luigi Vico
MGA Prapò: 8,33 ha su formazione di Lequio a 375-380 m. s.l.m., esposizione a S-SE; vitigni coltivati: nebbiolo (100%). Dei 2,5 ha complessivi della sua piccola azienda, Luigi Vico ne possiede 0,6 all’interno della MGA Prapò, da vigne di quasi un secolo esposte a E-SE a un’altezza di 348-371 m s.l.m..

Fermentazione alcolica di circa 28 giorni, con rimontaggi giornalieri e dèlestage di metà periodo in cemento, affinamento in botti grandi da 25 hl di rovere della foresta di Fontainebleau dai 18 ai 30 mesi, secondo l’annata.

Quadro olfattivo placido e composito, in primis di viola appassita e frutta in confettura, poi di note balsamiche e iodate. Al palato, ancora una volta, notiamo per prima la qualità finissima del tannino, che è «fitto ma interpretativo, bilanciatissimo e molto austero, di puro stile serralunghiano». La nota carnosa nel finale di bocca invoca piatti come il brasato o il castelmagno.

Barolo DOCG Margheria 2019 – Franco Boasso
MGA Margheria: 8,10 ha su formazione di Lequio a 240-335 m. s.l.m., esposizione a S-O; vitigni coltivati: nebbiolo (91%), barbera e chardonnay.

Sette ettari di vigne tutte nel Comune di Serralunga, parte delle quali all’interno della MGA Margheria, Franco Boasso, coadiuvato da Ezio Boasso alla conduzione enologica ed agronomica, produce 2.800 bottiglie del Barolo Margheria.

Fermentazione in acciaio per 20 giorni, con macerazioni a cappello sommerso della durata di due settimane, affinamento per 36 mesi in botti di rovere da 20 hl.

Il calice si approccia con sentori balsamici, di rosa appassita e oliva in salamoia. In bocca, invece, il primo contatto è sapido e, nel ricordare il Meriame di Paolo Manzone, se ne discosta per una maggiore compattezza di assaggio. Ancora una volta il vino presenta un tannino di personalità, integrato e gustoso.

Barolo DOCG Broglio 2019 – Schiavenza
MGA Broglio: 12,15 ha su formazione di Lequio a 315-385 m s.l.m., esposizione a E-SE, vitigni coltivati: nebbiolo (90%), barbera e dolcetto.

Luciano Pira è il proprietario di Schiavenza, azienda fondata nel 1956 oggi proprietaria di 11,5 ha condotto in regime di lotta integrata. Dalle vigne collocate all’interno della MGA Broglio, a un’altitudine di 340-361 m s.l.m. e con esposizione S-E, Luciano produce 6.000 bottiglie dell’omonimo Barolo.

Fermentazione in cemento per 15-20 giorni e affinamento di 36 mesi in botti di rovere da 25 hl.

Per Aldo il naso «pare il più duro e severo fin qui sentito, di legno e cemento», sulle sue, poco confidenziale. Anche la bocca si rivolge a noi nello stesso modo, austera e severa, calda e tannica, con profumi di frutta matura e fiori appassiti.

Barolo DOCG Vignarionda 2018 – Ettore Germano
MGA Vignarionda: 10,24 ha su formazione di Lequio a 260-360 m. s.l.m., esposizione a SO; vitigni coltivati: nebbiolo (94,5%), dolcetto, barbera e chardonnay.

Vignarionda è uno dei nomi iconici di Serralunga e, per Aldo, «è una vigna perfetta per la gradualità del suo digradare e per la particolarità del microclima che vi si trova». Tra i produttori che qui posseggono vigne c’è Ettore Germano, altro nome storico di Langa, 20 ha di proprietà aziendale per una produzione annua di 170.000 bottiglie. Di Vignarionda, Sergio Germano, oggi alla guida dell’azienda, ne produce 2.600 bottiglie.

L’uva viene pigiata ma non diraspata, fermentazione alcolica con macerazione sulle bucce per 30-40 giorni, affinamento di 24 mesi in botti da 23 hl.

Affresco olfattivo sublime, estroverso, ampio su note di fiori appassiti, frutta in confettura, note rinfrescanti quasi mentolate, profumi di erbe aromatiche, seguiti da caffè, nocciola tostata e «dalla lavanda, un tipico sentore di Vignarionda». La 2018 è stata un’annata più fresca delle precedenti degustate, estremamente elegante. Il palato è cesellato, teso, serrato e al contempo ritmato e profondo, dal tannino elegante e masticabile, per un assaggio che risulta così verticale e orizzontale al tempo stesso, di grande persistenza.

Barolo DOCG Briccolina 2018 - Rivetto
MGA Briccolina: 17,93 ha su formazione di Lequio a 280-385 m. s.l.m., esposizione a S-SE-O-SO; vitigni coltivati: nebbiolo (90,5%), barbera, dolcetto e moscato.

Enrico Rivetto è innamorato della Briccolina, tanto da voler trasformare le sue vigne di nebbiolo in un vigneto-giardino, interamente lavorato a mano, in cui tra i filari si trovano siepi, alberi, essenze e piante officinali. Su una produzione complessiva annua di 90.000 bottiglie, sono soltanto 2.000 quelle del cru più importante dell’azienda, condotta in regime biologico e biodinamico.

Fermentazione in acciaio di minimo 20 giorni, affinamento di 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 15 hl.

Naso caldo, maturo, con profumi di frutta croccante e di cassetto della nonna. In bocca, sebbene il tannino, al primo impatto, sia immediatamente austero, è diversa la fattura e minore il serraggio rispetto al Broglio di Schiavenza. Detto ciò, di questo vino appuntiamo una fittezza gustativa che rimanda al Prapò di Luigi Vico e una lunghissima persistenza di aromi agrumati.

Barolo DOCG Badarina 20220 – Bruna Grimaldi
MGA Badarina: 21,02 ha su formazione di Lequio a 365-440 m. s.l.m., esposizione a S-SE-NE; vitigni coltivati: nebbiolo (93%), dolcetto e barbera; epoca della vendemmia: intermedia.

Bruna Grimaldi conduce in biologico 14 ha di vigne, dalle quali produce 80.000 bottiglie, 7.500 delle quali rivendicanti la MGA Badarina, il punto più alto di Serralunga.

Fermentazione a temperatura controllata e lunghe macerazioni pellicolari di 25-35 giorni, talvolta a cappello sommerso; malolattica in acciaio e cemento e affinamento di 24 mesi in botti grandi di rovere francese.

Approccio introverso e sottile, sul fiore. Assaggio giovane, gioviale, fresco, dal «tannino lieve e dal tatto gentile».

Serata interessante e formativa, della quale non possiamo che ringraziare il nostro ospite. Ascoltare Serralunga d’Alba raccontata da chi la abita, ha portato in AIS Monza e Brianza l’esperienza del contatto di chi, quella terra, la vive giorno per giorno. L’assaggio di otto splendidi Barolo, poi, ci ha confermato l’essenza dei vini di Serralunga e, al tempo stesso, ci ha rappresentato in un grande affresco le tante nuances che possono esprimere i diversi terroir serralunghiani.