Si fa presto a dire Prosecco

Una masterclass di grande approfondimento ha arricchito il banco di assaggio che AIS Monza ha dedicato al Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Insieme ad Alessandra Marras, uno splendido percorso tra le colline patrimonio mondiale dell’Unesco insieme a 9 protagonisti nel bicchiere.

Ilaria Menci

Quando si parla di Prosecco, il pregiudizio, soprattutto da parte dei grandi appassionati di bollicine, è sempre dietro l’angolo. Un po’ per una sorta di preconcetto nei confronti di tutto ciò che non è Metodo Classico, un po’ perché i numeri dell’universo Prosecco, in particolare quelli sviluppati sotto il cappello della DOC, sono in effetti imponenti e, come nell’ultimo anno, superano tranquillamente i 600 milioni di bottiglie. 

Per cercare di mostrare anche un’altra fotografia di questa importante produzione, ricca in realtà di tante sfaccettature e protagonisti che inseguono mercati più ristretti con approcci spesso anche artigianali, AIS Monza e Brianza ha organizzato un interessante banco di assaggio dedicato al Prosecco DOCG, in particolare quello prodotto sulle meravigliose colline che si trovano tra Conegliano e Valdobbiadene, patrimonio mondiale dell’Unesco. 

Una masterclass, condotta da Alessandra Marras, sommelier e relatrice AIS, ha donato un importante affresco di questo Prosecco, andando alla ricerca di aziende che si distinguono per la cura con la quale allevano e producono queste preziose bollicine , facendoci scoprire il mondo del “prosecco che non ti aspetti”, quello in grado di regalare grandi emozioni, anche a distanza di anni.

Un po’ di storia

Già nel XII secolo la zona di Conegliano e Valdobbiadene, è conosciuta come un territorio nel quale possono nascere vini preziosi, degni delle mense dei maggiori principi di Germania. Alla fine del 1200 si parla di Statuti Coneglianesi, raccolti in Codice manoscritto alla fine del 1400. Nel 1709, a seguito di una grande gelata, molte vigne muoiono e la ricostruzione si orienta su vitigni di scarsa qualità. Il 1868 vede la nascita della Scuola di Enologia Trevigiana; si iniziano a studiare modi per commercializzare il vino e già in quest’epoca appare chiara la presenza di aree in grado di offrire  uve con qualità differenti e quindi anche con prezzi di vendita diversi.

Nel 1876 nasce la Scuola di Enologia di Conegliano, che punta l’attenzione alla preparazione e alla conservazione dei vini. All’inizio del ‘900 prevale la coltivazione promiscua, che negli anni andrà sempre diminuendo a favore di una viticoltura maggiormente specializzata. Fino alla nascita della DOCG, prosecco era solo il nome del vitigno, selezionato nel biotipo tondo nella seconda metà dell’Ottocento. Con il riconoscimento della DOCG Conegliano Valdobbiadene, nel luglio 2009, l’esigenza legale di distinguere il nome della Denominazione da quello del vitigno è stata soddisfatta rinominando il vitigno con uno dei suoi sinonimi, glera.

Il territorio

La zona di produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG è una zona collinare, dove i rilievi, che hanno un’altitudine dai 100 ai 500 m s.l.m., sono nati dallo scontro della placca tettonica africana con le Alpi.

Morfologicamente sono rilievi a corde parallele, disposti da ovest a est; questo comporta che ci siano due versanti distinti e diversi: uno settentrionale più esposto all’ombra - coperto da oltre 6000 ha di bosco -, e uno meridionale maggiormente esposto al sole.

La catena alpina a nord, e Venezia, con la sua laguna, dalla parte opposta, apportano un effetto mitigatore sul clima prevalentemente temperato di quest’area. La piovosità è molto importante (circa 1250 mm annui), ma è calmierata dalla grande ventilazione. Anche l’escursione termica è rilevante, grazie perlopiù alla presenza delle Prealpi.

I suoli sono prevalentemente morenici, originati dal sollevamento dei fondali marini e lacustri; sono suoli profondi con roccia e sabbia, molta argilla e talvolta anche ferro. In alcune zone, però, dove il ghiacciaio non ha agito, troviamo terreni più marnosi ed arenarie, meno profondi e più filtranti.

Le zone di produzione

Parlando di zone di produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, emerge subito la cosiddetta piramide di qualità, che vede al vertice l’area entro cui è rivendicabile la menzione Superiore di Cartizze, seguita da quella relativa alla menzione Rive, per finire con la restante zona di produzione della DOCG Conegliano Valdobbiadene.

La zona di Cartizze, chiamata il “pentagono d’oro” della Denominazione, è esposta a Sud, dove il terreno è ricco di minerali, le escursioni termiche sono importanti e le acque superflue sono sempre ben drenate.

Le Rive, invece, sono 43 ed esprimono tutte le sfumature territoriali. Siamo in un’area di forti pendenze, che conserva i caratteri morfologici del passato; qui i costi produttivi sono alti ed il livello qualitativo elevato.

Nel 2019 le colline di Conegliano Valdobbiadene sono state proclamate Patrimonio mondiale dell’Unesco.

Il disciplinare

Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG può essere fermo, frizzante e spumante, quest’ultimo anche “sui lieviti”. Le zone di produzione sono delimitate a 15 comuni, in ognuno dei quali il prodotto esprime caratteristiche distintive di quel territorio.

Il Disciplinare prevede un utilizzo minimo dell’85% di glera e un 15% massimo di verdiso, bianchetta trevigiana, perera e glera lunga, da soli o congiuntamente.

La glera è un vitigno con germogliamento precoce, grande rischio per le gelate. La maturazione avviene la seconda-terza settimana di settembre per Conegliano, mentre Valdobbiadene vede le ultime vendemmie a fine mese. La zona nella quale cresce meglio è il versante sud, perché arriva a migliore maturazione; i vitigni esposti a nord hanno a volte un’acidità più squilibrata.

La degustazione

Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Brut 2022 – Silvano Follador

Silvano Follador segue da 25 anni il lavoro del nonno, in un’azienda a conduzione familiare con meno di 3 ha vitati, dove, con la sorella, si occupa di tutte le fasi produttive. «è vero» afferma Silvano «un produttore per diventare bravo ha bisogno di 30-40 anni; purtroppo, però, mentre i cuochi possono riprovare un piatto ogni giorno, noi la vendemmia la facciamo una volta all’anno. Ci sono delle realtà che hanno una grande fortuna: la tradizione». Inizialmente spumantizza la glera con il Metodo Classico ma poi, negli anni, capisce che in questo modo non si esprimono al meglio le caratteristiche del vitigno perché ne viene coperta la pulizia e la riconoscibilità. «Il vino è già fatto nell’uva», ci dice, e il suo obiettivo è quindi riuscire a ottenere il prodotto che più rappresenta quell’uva. Gli interventi in vigna sono dunque molto ridotti per garantire l’espressione delle caratteristiche del vitigno.  «Ho deciso di lavorare con metodi che adesso “vanno di moda” come il biologico e biodinamico già decine di anni fa». La sua produzione è infatti condotta secondo i dettami della biodinamca perché secondo Follador consentono di preservare la naturalità del vino e la pura espressione del terreno vivo.

Follador produce, per scelta, un solo vino che, pur proposto come extra brut, ha un dosaggio zuccherino pari a zero, così da esaltare il sapore originale rispettando l’equilibrio di acidità, sapidità e struttura. L’uva viene pigiata a grappolo intero e, già in fase di fermentazione viene eseguita una selezione, utilizzando il freddo e la solforosa. Dopo la fermentazione il vino affina per 6 mesi in vasche di cemento; nella primavera si ha la seconda fermentazione in autoclave e successivamente si eliminano i lieviti mediante filtrazione.

Al naso il vino si presenta delicato, con note di cipria, pepe bianco, erbe aromatiche e biancospino. Anche l’ingresso in bocca trova una bolla delicata ma ben integrata alla struttura, in un vino comunque di corpo pieno e dotato di grande salinità.

Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Rive di Col San Martino - Brut Millesimato “Cuvée del Fondatore 50 anni” 2020 – Graziano Merotto

Abbiamo l'opportunità di poter degustare una magnum prodotta in 1000 esemplari in occasione dell'anniversario dei 50 anni della cantina. Nasce da un’accurata selezione di diverse vigne in differenti zone. 4 g/l di residuo zuccherino, affina un anno sui lieviti e due anni in bottiglia.

I profumi sono di fiori di campo, ai quali si uniscono anche note speziate di pepe rosa e di pesca gialla matura. Bella freschezza e spiccata sapidità all’assaggio, interessante la parte agrumata di scorza di limone e la mandorla, che rimandano una piacevole sensazione amaricante. Nel complesso è un vino di buona struttura e lunghezza.

Valdobbiadene DOCG Sui Lieviti - Brut Nature 2021 e 2022 – Azienda Agricola Vedova Tarcisio

Azienda familiare, arrivata alla quinta generazione, il cui obiettivo primario è quello di esaltare la vigna molto vecchia, poggiata su suoli arenacei, qui arricchiti  di ossidi di ferro.

Siamo a Saccol, piccola località nel Comune di Valdobbiadene; qui si trova la Vigna Croset, piantata nel 1935 dalla famiglia. “Sui Lieviti” nasce dalle uve di questo singolo vigneto e la sua complessità è legata al terroir, oltre che alle viti centenarie e alla piccola percentuale di vitigni autoctoni minori come perera e bianchetta. È l’unico spumante a denominazione messo in commercio velato.

Dopo la vinificazione, il vino affina in vasche di cemento con le proprie fecce fini fino ad aprile/maggio; successivamente rifermenta in bottiglia fino a quando lo si ritiene pronto da essere messo in commercio, con un minimo di 6-8 mesi. 

In degustazione abbiamo 2 annate, la 2021 e la 2022: stesse vigne e stesse piante ma due vini completamente diversi. La 2022 è stata un’annata molto calda e siccitosa, motivo per il quale la pianta è stata lasciata con le foglie per non stressarla troppo. In questo spumante spicca l’esuberanza del frutto, la mela, oltre ad una decisa nota vegetale La 2021 è stata sicuramente un’annata meno calda, e quello che sentiamo nel bicchiere è una parte più agrumata, seguita da sentori di crema pasticcera. 

In entrambi è notevole la sapidità.

Vino frizzante sui lieviti - “Col Fondo” 2018 – Azienda Agricola Le Volpere

Il “colfondo agricolo” fa categoria a sé e per farne parte il vino deve sottostare al giudizio di un’apposita commissione che garantisce la qualità del prodotto prima dell’immissione sul mercato. Le principali caratteristiche che deve avere un vino per essere classificato “colfondo agricolo” sono essere un vino frizzante rifermentato in bottiglia, imbottigliato tra marzo e giugno successivi alla vendemmia, avere il tappo a corona ed evidenziare ogni annata con una fascetta di colore diverso.

Il vino affina in acciaio sulle fecce nobili per 4 mesi, con regolari batonnage. Dopo la rifermentazione spontanea in bottiglia, affina ancora 8 mesi prima del confezionamento. In degustazione, il vino di Le Volpere fa emergere subito note agrumate e sentori di erbe aromatiche al naso, mentre in bocca si esprime con aromi di lavanda, erbe di campo e menta. Un vino pieno, avvolgente, di buona struttura e persistenza.

Vino Bianco frizzante rifermentato in bottiglia – “Rustego De Clemente” 2016 - Roccat

Piccola storica azienda di famiglia, nata negli anni 70, in cui la cantina è stata creata letteralmente attorno ad un tavolo, con l’idea di «assaggiare del vino condividendolo con altre persone». Ancora uno spumante “colfondo agricolo” da vitigni boschera e glera. Le uve sono lasciate congelare in pianta e poi, dopo la raccolta, vengono macerate. La protezione che conferisce la ghiacciata consente di non dover aggiungere solfiti. Anche la malolattica avviene spontaneamente. Un vino quindi che ha poca lavorazione, ma massima espressione delle uve. Al naso sentiamo subito la freschezza del fiore e del frutto. Vibrante.

Riva dei Martin 2019

Un rosato da uve raboso veronese, che fanno una pressatura soffice e 6/8 ore di macerazione sulle bucce. Successivamente vinificazione e presa di spuma, 12 mesi in autoclave. Un vino vibrante, ancora molto vivo. Il naso è dolce, delicato, con sentori di frutti rossi, erbe officinali, rosa e la marasca tipica del raboso.

Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Rive di San Pietro di Barbozza – “Brunoro” 1991 e 2013 - Varaschin

Per l’ultima degustazione Alessandra Marras e Manuel Varaschin ci hanno fatto divertire e soprattutto ci hanno lasciati a bocca aperta, provando a farci indovinare le annate dei due vini proposti dall’azienda. La maggior parte di noi ha pensato che il primo fosse più giovane del secondo, ed invece le annate erano rispettivamente la 1991 e la 2013. E in effetti il vino del millesimo 1991 spicca per la presenza di un’incredibile freschezza, e la sua grande maturità. Bella la finezza delle bollicine, la complessità, con note di zafferano e mela cotogna.

Insomma, una conclusione di serata davvero entusiasmante, che ci ha lasciati a bocca aperta e ha contribuito a sfatare tanti pregiudizi immotivati su un’uva come la glera che, se lavorata con attenzione e rispetto per le sue caratteristiche e in un territorio particolarmente vocato come l’areale di Conegliano Valdobbiadene, può dare grandi risultati, anche nel tempo.