Sicilia fuori dal comune – Prima parte

Tre serate dedicate ai vini siciliani, di quella Sicilia più lontana dai riflettori e dagli stereotipi, decisamente più rurale e autentica. Giorgio Fogliani ha strutturato i tre incontri per “colore”. Si parte con i vini rossi e rosati.

Daniela Recalcati

La Sicilia è la più grande isola italiana e comprende, nel suo territorio amministrativo, le isole Eolie, Ustica, le isole Egadi e Pantelleria. Le catene montuose più importanti occupano il versante nord e sono i Monti Peloritani, i Nebrodi, le Madonie e l’Etna, immediatamente a sud dei Nebrodi. I Monti Sicani a nord-ovest di Agrigento, i Monti Erei nella zona di Caltagirone e i Monti Iblei nella zona di Vittoria e di Ragusa rivestono minore importanza. Le pianure sono prevalentemente concentrate lungo le coste. La Sicilia è la seconda regione d’Italia per superficie vitata, dopo il Veneto, con 98.755 ettari, pari al 14,7% della superficie nazionale; è la quarta regione per produzione di vino e di mosto, con 4.577.000 hl ed è la decima per valore dell’export vinicolo (2% del paese). È anche la prima regione per superficie vitata gestita in regime biologico, con 30.480 ha, che rappresentano il 26% della superficie biologica italiana e il 31% della superficie vitata regionale; detiene il primato per la quantità di vino biologico prodotto (556.000 hl) ed è la quarta per numero di aziende.

Cenni storici

Si suppone che l’Uomo sia arrivato in Sicilia nel 20.000 a.C. e che nel 1000 a.C. l’isola fosse occupata dai Siculi a est e dai Sicani a ovest. Queste popolazioni furono soppiantate dalla civiltà fenicia e poi dalla colonizzazione greca. Nel III secolo a.C. la Sicilia fu conquistata dai Romani che incentivarono la produzione di vino e lo esportarono in Gallia. Nell’VIII secolo d.C. gli arabi occuparono la Sicilia e la descrissero come “un giardino di vigne”. Sotto il dominio aragonese (1302-1410) venne incentivata la produzione di uve da vino e furono fondate le Maestranze dei Bottai a Palermo e dei Vigneri a Catania. Tra il 1500 e il 1600, la viticoltura si sviluppò anche nelle zone interne dell’isola, promossa dai nobili del tempo. Dalla fine del ‘700 in poi assistiamo all’epopea del marsala “inglese” e alla diffusione della vite nel trapanese, nell’agrigentino e in una parte del palermitano.


Il 1800 è il secolo d’oro della viticoltura sicilianasia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Nel 1824, per iniziativa del Duca di Salaparuta, il vino siciliano cominciò a essere prodotto anche come vino “da pasto” e non solo “da taglio”. Tra il 1870 e il 1885 l’arrivo della fillossera in Francia determinò un enorme incremento produttivo in Sicilia, dove si raggiunsero i 321.700 ha vitati, concentrati soprattutto nelle province di Messina, Catania e Siracusa. In seguito, però, l’afide arrivò anche in Sicilia e solo nel 1900 la viticoltura siciliana iniziò una lenta e faticosa ripresa dal disastro fillosserico e dagli effetti devastanti del terremoto e maremoto che, nel 1908, rase al suolo la città di Messina. Solo nel secondo dopoguerra la viticoltura potè contare su un incremento costante, anche grazie alla meccanizzazione, fino ad arrivare, tra il 1960 e il 1980, a un aumento vertiginoso delle rese e a una decisa sovrapproduzione. Negli anni ’60 iniziò anche l’istituzionalizzazione della viticoltura, con la creazione delle prime DOC. Nel 1970 la politica viticola diventò comunitaria e mise un freno alla sovrapproduzione, incentivando gli espianti. Nel 1980 si diffusero le uve francesi e Marco De Bartoli rivoluzionò il marsala. Negli anni ’90 si assistette al trionfo del nero d’Avola e delle uve francesi, soprattutto la syrah, e all’ascesa delle “grandi firme” del vino siciliano; vennero create nuove DOC e la produzione si concentrò, seguendo il gusto americano, su vini molto potenti e quasi caricaturali. Dal 2000 al 2010iniziò il calo del nero d’Avola e la rinascita dell’Etna e dei suoi piccoli produttori. Oggi i rossi siciliani interpretano, sempre di più, un’idea di leggerezza e di eleganza.

Vitigni rossi

Le uve rosse rappresentano il 33% della produzione e il nero d’Avola è l’uva rossa più allevata. È originaria della Val di Noto, è vigorosa e produttiva e dà vini colorati e di struttura. Il pignatello o perricone, ancora poco coltivato anche se in crescita, è il protagonista della Sicilia occidentale ed è un vitigno piuttosto colorato, strutturato e rustico. Il frappato, diffuso nel sud-est dell’isola, è un’uva ancora poco coltivata, ma con una tendenza al rialzo e dà vini fragranti, con un profilo delicato, fruttato e floreale. Ilcorinto, vitigno raro e antico è diffuso soprattutto nelle Lipari. Il nerello mascalese, protagonista dell’Etna, è un’uva che ha poco colore, grande acidità e un’alta dotazione tannica.

Vini rosati

Rappresentano solo il 3% della produzione, con 46.351 hl prodotti nel 2021, pari a 6.180.100 bottiglie. Li si trovano prevalentemente nella IGT Terre Siciliane (69%), nella DOC Sicilia (23%) e nella DOC Etna (7%). I vitigni utilizzati sono il nerello mascalese, il nero d’Avola, il frappato e il perricone.

Vini rossi

I più importanti provengono dalla Sicilia orientale e sono presenti in 22 DOP su 24 (escluse Lipari e Pantelleria) e in tutte le IGT. Il nero d’Avola rappresenta circa la metà delle uve rosse utilizzate (48%); a seguire la syrah (16%), il nerello mascalese (10%), il merlot (9%), il sangiovese (3%), il frappato (3%), il perricone (2%) e un 9% di altre uve.

I grandi terroir “classici” sono quattro:

  • Faro nel messinese;
  • Etna (versante nord);
  • Vittoria e Monti Iblei;
  • Noto e Pachino nel siracusano.

Li vediamo a uno a uno, più dettagliatamente.

Messina è la grande nobile decaduta del vino siciliano. Fino a 50-60 anni fa, l’uva nocera, oggi residuale, rappresentava il 60% del vigneto; attualmente l’uva principale è il nerello mascalese. I terreni sono alluvionali, più sciolti o più argillosi, con inserti calcarei tufacei. La zona si estende dalla pianura di Milazzo alle colline sopra Faro, a 300-400 m s.l.m.. Comprende la Faro DOC, nata nel 1976, che utilizza nerello mascalese (45-60%), nerello cappuccio (15-30%), nocera (5-10%), eventualmente nero d’Avola, gaglioppo e sangiovese, e la Mamertino (di Milazzo) DOC, nata nel 2004, che utilizza un uvaggio di grillo, inzolia e catarratto per i vini bianchi e un uvaggio di nero d’Avola e nocera per i vini rossi.

L’Etna è una zona vitata fin dall’antichità. La viticoltura si estende fra i 400-600 m e i 1300 m s.l.m.. I suoli sono vulcanici, di composizione variabile in base alle colate laviche. È una zona che gode di condizioni climatiche particolari ed è più fresca e piovosa del resto della Sicilia. Il versante nord è vocato per i rossi e il versante est per i bianchi. L’Etna DOC, (1968), si estende su 20 comuni in provincia di Catania. Si producono vini bianchi (32%), rossi (55%), rosati (9%) e spumanti (4%); le uve utilizzate sono il carricante, il nerello mascalese e il nerello cappuccio. Interessante notare che esistono 133 contrade rivendicabili in etichetta dal 2011.

I Monti Iblei sono un basso massiccio, con un’altezza inferiore a 1000 m, sito nel sud-est della Sicilia. I vigneti sono ubicati a circa 300-500 m s.l.m. su suoli costituiti da sabbie calcaree marine o appenniniche di epoca miocenica e pleistocenica, con inserti argillosi. È una zona piuttosto ampia, di grande vocazione agricola e viticola, tradizionalmente legata ai rossi da nero d’Avola e frappato, il cui cuore storico è la Valle dell’Acàte. Comprende la Cerasuolo di Vittoria DOCG, nata nel 1973 come DOC e diventata DOCG nel 2005, in cui viene prodotto esclusivamente il vino Cerasuolo di Vittoria che impiega nero d’Avola (50-70%) e frappato (30-50%), e la Vittoria DOC nata nel 2005.

La Val di Noto è situata nell’angolo sud-est della Sicilia, nella zona di Noto, Pachino e Siracusa. Ampiamente vitata almeno dal Cinquecento e patria del Nero d’Avola che rappresenta l’84% del vigneto. I suoli sono calcarei bruni o argilloso-calcarei mentre l’altitudine del vigneto va da 0 a 300 m s.l.m.. Comprende la Eloro DOC, (1994), che utilizza uve nero d’Avola, frappato e pignatello, la Siracusa DOC, (1973), che utilizza il nero d’Avola e il moscato bianco e la Noto DOC, (1974), che produce il Moscato di Noto (anche secco e passito) e vini rossi da nero d’Avola.

La degustazione

Terre Siciliane IGT Rosato 2021 – Azienda Agricola Bonavita
nerello mascalese, nerello cappuccio, nocera
Azienda di 10 ha di cui 3 a vigneto, sita a Faro Superiore e Curcuraci. Terreno di medio impasto con strati argillosi e inserti tufacei. Viticoltura biologica. Macerazione di 12-18 ore in acciaio. Affinamento in cemento e bottiglia.
Colore rosa ciliegia carico e luminoso. Il naso è molto giovanile, con note fruttate di fragolina e lampone, floreali, di pomodoro fresco e di origano; è piuttosto sugoso ed esuberante, ma decisamente elegante. La bocca è succosa, abbastanza calda e morbida e ben sostenuta dalla freschezza. Tannino polveroso. Chiusura finemente minerale e notevole lunghezza.

Vino II Rosso 2019 – Azienda Agricola Ancestrale di Caravaglio-Mascoli
corinto nero 50%, nerello mascalese, perricone
Azienda di 20 ha sull’isola di Salina. Suoli vulcanici. Viticoltura biologica. Macerazione di 24 ore e affinamento di un anno in anfora interrata.
Al naso si presenta selvatico e ritroso, leggermente ridotto, con note boschive, di bacche, olive e pomodoro secco, e sentori rocciosi lievemente affumicati. Dopo rotazione nel calice scompaiono le note ridotte e si aggiunge una nota sanguigna di carne cruda. In bocca l’acidità è protagonista, seguita dalla sapidità; è un vino schietto e verticale. Ha una chiusura molto secca e una buona persistenza.

I viniTerre Siciliane IGT Il Frappato 2019 – Arianna Occhipinti
frappato 100%
Azienda di circa 28 ha sita nella zona di Vittoria. Suoli di sabbie calcaree rosse, talora con calcare affiorante. Viticoltura biologica. Macerazione di 30 giorni in cemento. Affinamento in botte grande per 14 mesi.
Il naso è intenso e ci svela note fruttate di fragola matura, pompelmo rosa e arancia, speziate dolci di cannella, leggeri sentori chinati e di pomodoro fresco. La bocca è gustosa e succosa, dotata di grande freschezza e di un tannino elegante. È persistente, con una nota ferrosa sul finale.

Cerasuolo di Vittoria Classico DOCG Delle Fontane 2018 – COS
nero d’Avola 60%, frappato 40%
Azienda di circa 28 ha sita in località Fontane (Vittoria). Suoli di sabbie calcaree rosse, talora con argilla. Viticoltura biologica. Affinamento in rovere di Slavonia.
Il naso è signorile e classico con note evolute di cioccolato e di tabacco accompagnate da sentori erbacei. La bocca è decisamente più concentrata rispetto a quella del vino precedente ed esprime una forza tattile decisa, tannica, ma soprattutto minerale. Lunga persistenza.

Vino Rosso P 2018 – Francesco Guccione
perricone 100%
Azienda di 10 ha di cui 6 a vigneto, sita in contrada Cerasa, a Monreale. Suoli bruni, argillosi, di medio impasto. Agricoltura biodinamica. Macerazione di 10-15 giorni con follature a mano. Vinificazione in acciaio.
Al naso si apprezza un vino rustico, piuttosto intenso nella veemenza dei suoi profumi, con una nota leggermente animale di pelliccia e carne cruda, sentori di capperi, salamoia, inchiostro e cuoio. La bocca presenta una bella maturità, con un’acidità non preponderante, un tannino leggermente granuloso e poco “talcato”. Dotato di grande energia, con qualche nota legata alla cenere.

Etna Rosso I Vigneri 2020 – Salvo Foti
nerello mascalese 90%, nerello cappuccio 10%
Azienda collocata sul versante Nord dell’Etna. Vinificato in antico palmento senza controllo della temperatura. Macerazione di 8-10 giorni. Affinamento in anfora. Non chiarificato né filtrato.
Il naso è un po’ lento ad aprirsi, ma promettente. Si apprezzano note fruttate di amarena e floreali, una sensazione leggermente lattica da yogurt alla frutta, ma anche note speziate e lievemente chinate. La bocca è completa, armonica ed esprime grande equilibrio tra freschezza, morbidezza e un tannino fine e per nulla aggressivo. Persistenza lunga leggermente fumé.

Eloro Pachino DOC Turi 2021 – Salvatore Marino
nero d’Avola 90%, pignatello 9%, altre 1%
Azienda di 2 ha in contrata Buonivini, a Noto. Suoli di medio impasto calcareo-argillosi. Viticoltura biologica. Macerazione di 5 giorni in acciaio.
Al naso si apprezzano note di confettura di frutta, floreali e un lieve tocco smaltato. In bocca prevalgono decisamente le parti dure, con un’acidità notevole, assolutamente protagonista, e un tannino ragguardevole. Media persistenza.

Faro DOC 2015 – Palari
nerello mascalese, nerello cappuccio, nocera, altre
Azienda di 7 ha sita in contrada Santo Stefano Briga (Messina). Terreni sciolti e sabbiosi. Vinificazione in acciaio e barrique. Affinamento in barrique e in bottiglia per 4 anni.
Il naso si spinge sulle note evolutive e sui terziari: lievi sentori di brodo di carne, frutta secca torrefatta e cocco. La bocca, sicuramente legata all’affinamento in legno, ha ancora una bella freschezza e un tannino ben presente.