Sicilia. Nel nome del sole
In AIS Milano parte il viaggio enoico più atteso dell’anno: Vinovagando 2024. La prima tappa è la Sicilia, terra del sole, con il suo microcosmo unico di climi, terreni e vitigni. Guidati dal sommelier Bruno Ferrari andremo alla scoperta dell’isola delle meraviglie.
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Il vino è essenzialmente la sintesi di tre elementi: terreno, clima e viticoltore. Quest’ultimo, con il proprio lavoro, unisce i primi due nell’interpretazione dei vitigni che coltiva. Il fascino nel fare vino sta proprio nel fatto che due dei tre elementi non sono controllabili dall’uomo.
Il clima tiene conto dei costanti mutamenti metereologici, spesso numerosi e radicalmente diversi a distanza di pochi mesi, che conferiscono alle uve le caratteristiche uniche e peculiari che ciascuna nuova annata porta con sé. Il terreno è, d’altro canto, frutto di stratificazioni millenarie e sono necessari grandissimi sforzi per poterlo modificare e rendere coltivabile.
La Sicilia è una regione che negli ultimi decenni ha profondamente creduto nel proprio territorio e nella rivalutazione della viticoltura regionale. Lo ha fatto con generosi investimenti mirati a elevare qualitativamente i vigneti; difatti, sino agli anni ’80 del secolo scorso, i vini siciliani erano considerati sostanzialmente come vini da taglio, usati per “saldare" produzioni di altre regioni italiane o estere. Un processo virtuoso, però, si è instaurato grazie anche allo studio e alla valorizzazione dei climi unici e variegati che compongono l’isola, con zonazioni mirate a esaltare le caratteristiche qualitative dei suoi vitigni autoctoni, riscoperti e portati a nuovo splendore.
Le principali macrozone enografiche della Trinacria sono: Trapani (che comprende anche i territori limitrofi a Palermo e Agrigento) in cui, grazie alla generosa influenza del mare, si trovano vitigni autoctoni prevalentemente a bacca bianca (tra cui grillo, inzolia e catarratto); la zona dell’Etna (con terreni vulcanici e in cui prevalgono il nerello mascalese e il carricante); Siracusa (vocata per i vitigni a bacca rossa come il nero d’avola); Ragusa (con l’unica DOCG della regione: il Cerasulo di Vittoria, ottenuto da nero d’Avola e frappato) ed infine gli arcipelaghi di Lipari, Egadi e l’isola di Pantelleria (che producono i famosissimi passiti ottenuti dai vitigni aromatici malvasia e zibibbo).
Nel corso della serata sono state approfondite le zone di Etna, Trapani e Siracusa.
Etna
Alle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa si trovano quattro versanti vitati (da nord a sud), che si dispongono a mezzaluna verso oriente. Il versante a nord è l’area con il numero più alto di produttori e anche quella caratterizzata dalle pendici più dolci. Qui il clima è freddo, seppur mitigato dalle catene montuose circostanti dei Monti Peloritani e dei Monti Nebrodi e la varietà più coltivata è il nerello mascalese. Il versante a est si affaccia sul Mar Ionio ed è il più esposto a piogge e venti. Le viti a piede franco si collocano su piccoli terrazzamenti, che raggiungono quasi i 900 metri di altitudine. Su questo lato della montagna prevale la coltivazione di carricante. Il versante a sud-est ospita numerosissimi coni eruttivi, ormai spenti. I vigneti, coltivati spesso ad alberello, sono baciati dal sole e dalle brezze marine. Il versante a sud-ovest è il più distante dal mare e caratterizzato da una forte escursione termica. Quest’area è meno piovosa, battuta da venti caldi e con una grande intensità solare.
I vini prodotti in questa cornice unica hanno marcate caratteristiche di sapidità e freschezza, che esaltano gli aromi dei vitigni qui coltivati, facendone, a ragion veduta, dei veri e propri “figli del vulcano”.
Trapani
In questa zona, naturalmente vocata ai vini bianchi e fortificati, si esprime in maniera spiccata il grillo, riddu in siciliano, che deriva ampelograficamente da un incrocio tra zibibbo e catarratto. Le caratteristiche del vitigno sono lo spessore della buccia, l’alto tenore zuccherino e una naturale predisposizione all’ossidazione tanto è vero che il grillo (insieme all’inzolia e al catarratto) concorre all’uvaggio del pregiato Marsala DOC - denominazione che si estende dal sud-ovest della provincia di Palermo fino a Sciacca - annoverato tra i più famosi vini fortificati al mondo.
Un altro vitigno autoctono di questa zona è il perricone, detto anche tuccarino o pignatello, il cui nome viene ricondotto alle “terre pignatidare” (terre rosse alluminose del Trapanese) che venivano chiamate così perché impiegate nella fabbricazione delle pignatte di terracotta che servivano da pentole. Riscoperto di recente e salvato dalla fillossera, ha ritrovato nuovo spazio nelle produzioni di questa zona, anche grazie alle proprie peculiari caratteristiche che apportano vivacità di colore, struttura e speziatura nel calice.
Siracusa
La parte del leone qui la fa il nero d’Avola - chiamato anche calabrese da “Calaravrisi”: “cala”, ossia uva e “avrisi” o “avulisi” con il significato di/da Avola -, il vitigno più famoso di Sicilia contraddistinto da potenza e complessità di profumi. I solatii terreni collinari del siracusano, composti da argilla e calcare, hanno le caratteristiche ideali per esaltare il nobile vitigno. Dal profondo colore rubino, i profumi principali ricordano amarena, viola e spezie; la struttura imponente lo consacra a lunghi periodi di elevage, giustificandone la più che meritata presenza tra i grandi rossi italiani.
La degustazione
Cristallino, paglierino fitto con riflessi d’oro puro, naso dai richiami fruttati orientati su mela golden, mandorla fresca, vaniglia, note floreali di gelsomino e tarassaco, sensazioni empireumatiche e balsamiche con chiusura di miele di acacia. In bocca è saporito e raffinato, con richiami salmastri e ammandorlati. Abbinamenti: crudo di scampi e gamberi rossi; fritto di cernia in crosta di mandorle.
Lucente dorato, consistente. Il naso si apre su fiori gialli (ginestra essiccata), pesca noce, ananas sciroppato, sentori di miele di castagno, eucalipto, baccelli di vaniglia. Al sorso è vibrante, ritmico, con rimandi agrumati di cedro e una tensione acida scattante. Abbinamenti: sarde a beccafico; frittura di calamari.
Calice rubino con riflessi granato, naso intenso e scuro con note di ribes, mora di gelso, cassis, fiori freschi (gelso e rosa canina); chiude con note di pepe nero e tostatura di cacao amaro. Al palato è caldo e morbido, la struttura è sostenuta da un tannino ben presente e il sorso chiude su rimandi di spezie e tostatura. Abbinamenti: risotto e salsiccia; piccione tartufato.
Granato impenetrabile, naso intenso e stratificato: prugne sotto spirito, liquirizia, chiodi di garofano, sottobosco, nota fumé, tabacco da pipa, capperi in salamoia. Sapido e tannico; la bocca viene integrata da una freschezza quasi minerale con ritorni pepati e di tostatura dolce. Abbinamenti: pluma di maialino con cipolle caramellate.
Granato luminoso e vivace, naso intenso ed elegante che si apre con note di viola essiccata, ciliegia in confettura, chinotto, caffè tostato. Il sorso è pieno e avvolgente, il tannino saporito sostiene un corpo robusto e una lunga persistenza aromatica che riporta sentori di frutta nera e spezie. Abbinamenti: involtini di carne al sugo; quaglia con foie gras.
Rubino con riflessi granati, naso sfaccettato e intrigante: ciliegia sotto spirito, boero, chiodi di garofano, noce moscata, cuoio, tabacco da sigaro, legno di sandalo, cioccolato fondente e sbuffi balsamici nel finale. La bocca richiama il tabacco e il cioccolato mentre la freschezza e il tannino sostengono l’imponente struttura che chiude con una scia sapida dai ritorni di frutta nera. Abbinamenti: brasato con prugne; fagiano in tegame.
Si conclude così il viaggio nell’isola delle meraviglie, uno scrigno da scoprire e degustare territorio dopo vitigno, con tutti i suoi tesori nascosti, perché come disse Leonardo Sciascia: «il vino è come l’inchiostro di un poeta, ogni goccia una sillaba che racconta la Sicilia».