Slovenia e Croazia. Bianchi stranieri che parlano italiano
Con la regia di Nicola Bonera sperimentiamo una serata di grandi bianchi dell’ex Jugoslavia.
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A pochi chilometri da Trieste ci sono vini che guardano a Est, in particolare alla Georgia, prodotti con stili antichi e tecniche moderne, ricchi anche di quella cultura monastica ed ecclesiale dell’occidente; terre di confine e di guerre violente, divise tra produzione orientata al consumo interno e tentativi di affermazione sul mercato mondiale.
La Croazia, con i suoi 32.000 ettari vitati, produce bianchi per il 67%, rossi per il 32% e rosati, vini da dessert e spumanti metodo classico per l’1%. È una storia antica quella dell'enologia croata se pensiamo che la vigna risulta già presente nell'età del Bronzo; una storia che diventa complessa con la dittatura di Tito, dove il principio guida era rappresentato dalla produzione su larga scala, per arrivare alle guerre di indipendenza degli anni ‘90, con le vigne come teatro di battaglie e l'uva calpestata dai carri armati.
Il clima è continentale a est e mediterraneo sulle coste di Istria e Dalmazia, i terreni si differenziano per la presenza di calcare e roccia: qui il riesling italico è padrone incontrastato, seguito dal plavac mali, figlio dello zinfandel o primitivo, dalla malvasia istriana, dal debit (il nostro bombino bianco), graševina e marastina.
Anche la Slovenia è ricca di storia: la vigna arriva con i Celti tra il V il IV secolo a.C.; nel Medioevo la maggioranza della produzione è in capo alla Chiesa, con i monaci impegnati a conservare e tramandare le competenze enologiche. La Slovenia dal 1991 è il primo Stato indipendente dell'ex Jugoslavia. In Slovenia si produce per il 75% vino bianco e per il 25% vino rosso, la classificazione è sovrapponibile a quella europea e la gran parte del vino prodotto è tutelato da una normativa specifica. Sono presenti ben 52 vitigni, 37 bianchi e 15 rossi: malvasia istriana, ribolla gialla, chardonnay, sauvignon, traminer, pikolit, pinot grigio, pinot bianco, vitovska, glera; l'offerta nella vinificazione è ampia ed eterogenea, possiamo spaziare dalle vendemmie tardive ai vini frizzanti naturali fino ai liquorosi. La macerazione, che avviene spesso in vasi di terracotta a contatto con le bucce fino alla fermentazione, conferisce ai prodotti una spalla più massiccia; l’imbottigliamento avviene in genere senza filtratura, nel pieno rispetto dell’autenticità della materia prima, del varietale del vino e dell'azione dei lieviti naturali. Tutto questo dà vita a vini dagli aromi floreali e fruttati, dai gusti pieni, con note ossidative e colori molto intensi che virano all'arancio; sono vini tecnici, gradevoli al naso e impegnativi in bocca, soprattutto quando si è in presenza del legno, non sempre facile da gestire.
La degustazione inizia con vini serviti a temperature piuttosto basse, didattiche, per permettere di cogliere meglio la tannicità di alcuni prodotti che altrimenti sarebbero stati un po' penalizzati.
Questi i vini in degustazione, sette sloveni ed uno croato
Movia Brda Gredic Tokaj 2012
versante sloveno del Collio, terra di Flysch con strati di marna e arenaria. Tokaj friulano lavorato in biologico, vendemmia tardiva con raccolta manuale al 100%, fermentazione spontanea in acciaio. Il colore è carico, denso; al naso sentori di cereali e pera cotta, con una piacevole sensazione di spezia vivace. In bocca è ricco più di note saline che di acidità, opulento e grasso al tempo stesso.
Movia Sauvignon 2012
vendemmia tardiva con raccolta manuale, con macerazione sulle bucce ed affinamento in barrique per 18 mesi. Sia al naso che in bocca non ha le caratteristiche che ci aspetteremmo da un sauvignon: eucalipto, mentolo, lievi sentori di idrocarburi, di naftalina e di canfora. I profumi risultano tuttavia compressi da un legno a tratti invasivo, che solo con l’innalzamento della temperatura sembra farsi da parte lasciando spazio a profumi meno omologati.
Movia Brda Veliko Belo 2007
ribolla gialla 70%, sauvignon blanc 20%, pinot grigio 10%. Qui è la ribolla a fare la parte del leone, con note tipicamente vegetali e resinose; i quaranta mesi in barrique assimilano questo vino ad una sorta di cherry brandy, con note importanti di ciliegia al maraschino. In bocca è inizialmente quasi burro, oleoso e denso, per poi sorprendere con l’acidità. E’ carnoso, forse eccessivamente pieno, con una densità che si fa sempre più intensa.
Giorgio Clai Ottocento bianco 2011
unico vino croato in degustazione, definito "estremo" da Nicola: brucia con l’alcol, taglia con i tannini, alla cieca potrebbe sembrare un rosso. E’ un blend di malvasia istriana, sauvignon blanc e pinot grigio lavorati in biologico e biodinamico, con macerazione sulle bucce in tini aperti, pressatura manuale, fermentazione alcolica con lieviti naturali e affinamento in legno per un anno tra botte grande e barrique. E’ un vino forte, esagerato e forse disequilibrato nell’alcol; eppure sorprende, in particolare con l’innalzamento della temperatura che regala un’evoluzione affascinante nei profumi.
Cotar Kras Malvasia 2008
siamo nel Carso, malvasia istriana in purezza. E’ un vino che ha un potenziale altissimo. Piace perché è delizioso ed elegante, al naso incanta con profumi di foglie di tè, di castagno, della vite. Dolce e fruttato, è gustoso, con un finale di bocca gagliardo.
Cotar Kras Vitovska 2009
ottima bevibilità, con una persistenza piacevole e pulita, un bel volume ed una persistenza lunga, meno dolce rispetto alla malvasia precedente e forse più equilibrato.
Slavcek Ribolla 2009
vino perfettamente coerente con le note vegetali proprie della ribolla, è il prodotto di punta di questa cantina, in attività dal 1700, e che la famiglia Vodopivec conduce seguendo i canoni dell'agricoltura naturale; i vini Slav?ek sono classificati Triple A.
Slavcek Pinot Grigio 2009
nessuna chiarificazione né filtrazione per questo vino che, alla cieca, è del tutto assimilabile ad un rosso: asciutto, tecnicamente ineccepibile; è ancora molto giovane, con forti sensazioni di astringenza al palato.
Questa serata ci ha regalato la curiosità di aver conosciuto territori non pienamente valorizzati, alla scoperta di vigne che non vengono trattate con prodotti chimici e di cantine per le quali le tecniche biodinamiche e biologiche rappresentano non solo uno stile enologico ma vere e proprie scelte di vita, ancora lontane dalle più comuni logiche del mercato
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