South Africa. Nuovo Mondo antico
Racconti dalle delegazioni
30 giugno 2025

Un affascinante viaggio vitivinicolo nell’estremo sud del continente africano: terra di tradizioni, conferme e indiscussa potenzialità qualitativa. Alla guida, il carismatico Guido Invernizzi.
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Il Sudafrica è l’unico Stato del continente che può vantare una secolare tradizione enologica, la cui nascita e sviluppo s’intrecciarono straordinariamente con la storia dei coloni olandesi che per primi vi si insediarono stabilmente nel XVII secolo creando, presso il finis terrae di Capo di Buona Speranza, un’ideale base strategica per le flotte in rotta verso le Indie Orientali e Occidentali.
I primi tentativi di coltivazione della vite risalgono al 1652, per volontà del primo governatore della nuova provincia coloniale del Capo, Jan Van Riebeeck, spinto dalla convinzione che il vino avrebbe potuto alleviare i marinai frequentemente affetti da scorbuto. Ma è grazie alla sagacia del suo successore Simon Van Der Stel, nome legato non a caso al noto distretto di Stellenbosch, e al contributo degli ugonotti francesi, in fuga dalle persecuzioni religiose e ben più esperti in materia, che la vinificazione migliorò sensibilmente, al punto che dalle viti impiantate nella vallata di Costantia, si riuscì a produrre nel tempo un omonimo vino da dessert che divenne molto famoso e richiesto presso le corti europee: il leggendario Vin de Costance.
Ne seguì un lungo periodo in cui la viticoltura sudafricana godette di grande prosperità, soprattutto grazie alle esportazioni che, sfortunatamente, si arrestarono drasticamente alla fine del XIX secolo a causa di avvenimenti quasi consecutivi: la propagazione della fillossera, la guerra anglo-boera e il crollo del commercio con la Gran Bretagna, principale mercato di riferimento.
Per fronteggiare il conseguente disastro, nel 1918 nacque la KWV (Koöperatieve Wijnbouwers Vereniging), una cooperativa al tempo statale e oggi privatizzata, che nel corso del secolo pianificò la produzione e regolamentò tutto il comparto vitivinicolo, attività che culminò nel 1973 con l’istituzione del disciplinare Wine of Origin (WO) che ripartiva i vigneti in diverse regioni ufficiali (region), che a loro volta comprendevano distretti, suddivisi per zone (ward) e proprietà (estate). Ma è con l’abolizione dell’apartheid che, di fatto, il settore vitivinicolo conobbe una rapida ascesa, raddoppiando l’esportazione e la coltivazione di qualità in pochi anni, fino ad assestarsi a oggi, come settimo paese produttore di vino al mondo.
La degustazione
Iniziamo il nostro viaggio nella vasta Coastal Region WO, dall’angolo nord-occidentale del distretto di Tulbagh, zona dalle singolari caratteristiche geologiche e climatiche che la rendono particolarmente vocata per la produzione di spumanti Metodo Classico. I vigneti crescono nell’alveo di un preistorico lago, una vallata circondata da catene montuose dalla particolare conformazione a ferro di cavallo, in cui si genera un fenomeno denominato “trappola del freddo”, in quanto la rigida aria notturna ne rimane intrappolata all’interno anche durante il giorno, favorendo una straordinaria concentrazione di aromi e acidità.
Il Cap Classique di Krone testimonia fedelmente tali peculiarità. Nel calice si presenta color paglierino intenso dai riflessi dorati, con un’effervescenza fine e persistente. Nell’intensità del naso primeggiano le note fruttate del pinot nero, dall’arancia sanguinella al ribes, mora e mirtillo, e in seconda battuta note di pesca, mela gialla, frutti tropicali, tra i quali svettano ananas e lime. Gli aromi di fiori di arancio e acacia non tardano a schiudersi, accompagnati dalla crosta di pane e un lieve sentore di zabaione che ne rivela lo stato evolutivo. Nell’entrata in bocca è invece lo chardonnay a farla da padrone, con un nitido sentore agrumato, vibrante e sapido. Il sorso si chiude in una persistente nota di delicata boulangerie. Sorprendente per equilibrio e piacevolezza.
Ci spostiamo in direzione della costa atlantica, nel distretto di Durbanville, alle porte settentrionali di Cape Town, dove rilevanti escursioni termiche fortemente condizionate dalla brezza marina favoriscono un’ottimale maturazione delle uve, che qui crescono fino un’altitudine di circa 400 metri s.l.m. Ciò l’ha resa una zona particolarmente adatta alla coltivazione del sauvignon blanc, come testimonia l’accademica fattura del ventaglio olfattivo che offre la Reserve Diemersdal.
Brillante color paglierino. Intenso e ampio al naso; l’emisfero meridionale si svela per l’incisiva nota di litchi e maracuja, pompelmo e scorze agrumate che si mescolano alle note erbacee della macchia mediterranea del luogo, il fynbos, e a quelle vegetali di asparago, sedano, peperone e foglia di pomodoro, con lievi accenni floreali, aromi che ritroviamo in bocca in perfetta corrispondenza. Il sorso, seppur impetuoso e immediato, avvolge la bocca con una carezzevole morbidezza, suadente in freschezza e sapidità, dalla lunga e appagante persistenza che chiude un’ottimale qualità complessiva.
Seppur originario della Loira, è in Sudafrica che lo chenin blanc viene maggiormente coltivato, qui conosciuto col nome steen, è il vitigno a bacca bianca più diffuso nel paese. Siamo nel celebre distretto di Stellenbosch, a est di Cape Town, la zona vitivinicola più estesa del paese. Le condizioni pedoclimatiche sono variabili, calde nelle valli e temperate in altura (600 metri s.l.m.), con terreni variegati che spaziano da quello leggero e sabbioso del fondovalle occidentale, tradizionalmente più adatto allo chenin blanc, a quello granitico delle pendici montuose, più vocato per i vitigni a bacca rossa.
Nel calice il color paglierino è nitido. Nell’ampiezza del naso, alterna note di frutta gialla matura a quelle floreali di sambuco, biancospino e caprifoglio, per poi virare su sentori vegetali di sottobosco e funghi, un accenno di foglia di tabacco ed echi di zenzero in chiusura. L’entrata in bocca è vibrante e sapida, con una punta di piccantezza speziata. In piena corrispondenza gusto-olfattiva, si rivela equilibrato e armonico, dall’incisiva persistenza.
Proseguiamo la degustazione cambiando regione vitivinicola e spostandoci nella Breede River Valley WO, nel distretto di Worcester. Attraversata dal fiume omonimo e dai suoi affluenti, con un clima generalmente secco e caldo, è la zona più produttiva del paese in termini di volumi.
Color paglierino limpido e vivace, tendente al dorato. Intenso all’olfatto, con note fruttate di banana e melone, accenni di agrumi, noce e frutta secca, accompagnano quelli di vaniglia e burro, con una lieve nota speziata e dal delicato sentore di tabacco nel finale. In bocca è la morbidezza a farla da padrona supportata, in modo calibrato, da sapidità e freschezza. Persistente il finale tendente all’empireumatico, maturo per stato evolutivo e dall’ottima qualità complessiva.
Ci spostiamo sulle coste atlantiche della Cape South Coast Region WO, più precisamente nel distretto di Elgin, la zona vitivinicola più fresca del paese, dalle condizioni pedoclimatiche ideali per la vite, favorita dal terreno scistoso, ricco di argilla e calcare e dalla fredda corrente antartica del Benguela che aiuta a preservare la sanità delle uve, favorendone la concentrazione aromatica e lo sviluppo dell’acidità.
Fortemente evocativo nel nome, il Pinot Noir di Oak Valley si presenta in una veste color rubino, limpido e vivace. Al naso richiama in modo alterno la Borgogna e l’Alto Adige, con un’esplosività fruttata immediata, ciliegia matura, mora, ribes, mirtillo, avvolta da un eco balsamico e floreale di viola e petali di rosa, con un ritorno speziato di pepe e accenni di tabacco. Ottimo per qualità gusto-olfattiva, in bocca l’uso del legno si fa vassallo del vino, arricchendolo in struttura e corredo aromatico, regalando un sorso rotondo, dal tannino perfettamente integrato nonostante la gioventù, delicato e setoso, dalla freschezza sostenuta e dal lungo finale lievemente speziato. Pronto e armonico.

Risaliamo lungo la Coastal Region WO, nel distretto di Wellington, ai piedi delle montagne di Hawequa, territorio anch’esso dalle notevoli escursioni termiche. Figlio di una florida intuizione del prof. dell’Università di Stellenbosh Abraham Perold (1925), il pinotage divenne presto il vitigno identitario del paese, seppur attualmente occupi solo il 20% del vigneto sudafricano.
Ricco e vivido color rubino dai riflessi violacei. Ampio e scuro al naso, si manifesta con immediati sentori empireumatici di torrefazione e con note di frutta sottospirito, amarena matura, prugne secche, note mentolate e spezie affumicate. Corrispondenza gusto-olfattiva, robusto e morbido, dal tannino già discretamente levigato, con una sostenuta componente acida che pulisce il palato e reinvita alla beva. Armonico, equilibrato e dall’ottima qualità complessiva.
Restiamo nella medesima regione, ma torniamo nel distretto di Stellenbosch, sulle colline granitiche di Simonsberg, zona dominata dalla produzione di vini rossi. Il limpido e concentrato color rubino anticipa l’ampio ventaglio olfattivo, che sembra echeggiare la Côtes du Rhône, dai rossi e maturi sentori fruttati di ciliegia, mora di gelso, cassis, a intense note vegetali di timo, maggiorana, rosmarino, origano, avvolte da echi balsamici e mentolati. Non tardano sfumature speziate di pepe nero e cioccolato. Il robusto sorso è pulito e scorrevole, dal denso tannino ben modulato con la piacevole freschezza che accompagna la mentolata chiusura. Molto persistente.
Siamo nella sottozona di Slanghoek Valley, nel distretto di Breedekloof, dove l’altitudine dei vigneti raggiunge i 600 metri s.l.m. Le uve provengono da un appezzamento di vigneto di quasi 30 anni, coltivato a traliccio su terreni rocciosi e profondi. Vino da dessert. Color corallo, luminoso e vivace. Al naso è aromatico e floreale con sentori di rosa, geranio e ciclamino, accompagnati da frutti di bosco maturi e litchi, a seguire note agrumate di scorza di arancia amara e mandarino, con echi vegetali di rabarbaro e genziana nel finale. Al palato è delicatamente dolce, caldo e vellutato, sostenuto da una buona spalla acida che ne bilancia il sorso. Intenso e molto persistente nel finale, dall’ottima qualità complessiva.