Supertuscan: la Toscana che sfida le regole e conquista il mondo
Racconti dalle delegazioni
23 luglio 2025

Una serata alla ri-scoperta dei vini che hanno radicalmente cambiato la percezione dell’Italia enoica nel mondo: i Supertuscan, grandi bottiglie che hanno fatto epoca e reso celebre il vino italiano e toscano. Insieme a un grandissimo esperto e appassionato della tipologia, Luisito Perazzo
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Ci sono vini che nascono per rispettare la tradizione, e altri che nascono per infrangerla con grazia. I Supertuscan appartengono a questa seconda categoria: figli di una terra antica e da sempre gradita a Bacco come la Toscana, spiriti liberi, cresciuti controcorrente e oggi giustamente osannati nel gotha del vino mondiale.
Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quando le denominazioni toscane prescrivevano ancora rigide formule sulla produzione vitivinicola (come l'obbligo di usare uve bianche nell’uvaggio del Chianti), alcuni produttori illuminati iniziarono a guardare oltre. Non bastava più attenersi alle stringenti regole dei disciplinari: serviva osare, sperimentare, interpretare un gusto nuovo e ancor più territoriale. Così, accanto al sangiovese, vitigno autoctono della regione, iniziarono a essere inserite in uvaggio varietà “straniere” come il cabernet sauvignon, il merlot, il cabernet franc.
In una regione dove già nel Cinquecento si parlava di vitigni “allobrogici” (per designare i ceppi originari della Francia), e dove Cosimo III aveva avviato le prime zonazioni viticole (cogliendo la potenzialità dei singoli terreni e dei vitigni) sin dal 1716, vide la luce una generazione di vini che non rientravano nelle denominazioni ufficiali, ma erano qualitativamente straordinari. Vini che erano inizialmente classificati come "vino da tavola", pur avendo intenzioni (e risultati) decisamente più ambiziosi.
I pionieri: Sassicaia, Tignanello, Vigorello
Il capostipite di questo leggendario filone di vini eccellenti, definito dalla critica SuperTuscan, fu il Sassicaia, creato dal marchese Mario Incisa della Rocchetta a Bolgheri. Uomo riservato e nobile piemontese con la passione per i cavalli e per le prestigiose bottiglie di Bordeaux, il marchese piantò cabernet sauvignon nella sua tenuta di Castagneto Carducci già nel 1944. Il vino, inizialmente destinato al consumo familiare, venne venduto al pubblico solo a partire dal 1968. Nel 1978, in una memorabile degustazione a Londra, il Sassicaia venne incoronato tra i migliori rossi del mondo e fu subito leggenda. Oggi è l’unico vino italiano a possedere una propria denominazione unica ed esclusiva: Bolgheri Sassicaia DOC.
Quasi in contemporanea, a Castello della Sala, la famiglia Antinori decise di rompere le stringenti regole che disciplinavano la produzione del Chianti Classico e, da un uvaggio di solo vitigni a bacca rossa, crearono il Tignanello: 80% sangiovese e 20% cabernet sauvignon. Senza l’uso di uve a bacca bianca (come inizialmente prescriveva la tradizione), con una vinificazione moderna e l’introduzione della fermentazione in acciaio e l’affinamento in barrique, vide la luce un vino elegante, profondo, che ridefinì il concetto stesso di Chianti moderno, che da lì in poi venne prodotto anche unicamente con vitigni a bacca rossa (come è uso fare al giorno d’oggi).
Completa la triade storica il Vigorello di San Felice, dapprima composto da sangiovese in purezza, poi, nel tempo, l’aggiunta di cabernet sauvignon e, successivamente, l’inserimento nel blend di merlot che sostituirà, in un secondo momento, interamente il sangiovese. Infine, la svolta, con l’inclusione del pugnitello, vitigno storico toscano felicemente riscoperto, a definire un blend sempre più identitario.
Sull’onda lunga di questi tre apripista molte aziende toscane producono oggi il proprio Supertuscan, che rappresenta spesso la punta di diamante della produzione e vuole proporsi come vino dalle eccellenti potenzialità e fuori dagli schemi, che interpreti in maniera originale l’eredità aziendale. Non esiste, infatti, un disciplinare per i Supertuscan… ed è proprio qui che sta il loro fascino: ogni etichetta è il frutto della libertà interpretativa del produttore, dell’unicità del terroir, e di scelte enologiche raffinate e vincenti. Le zone di produzione variano da Bolgheri, con il suo clima marittimo e le brezze costanti, ai colli del Chianti, con suoli calcareo-argillosi, complici le escursioni termiche e altitudini che garantiscono eleganza e verticalità.
Il sangiovese è spesso il cuore dell’uvaggio: vitigno autoctono che dà freschezza, acidità, finezza al sorso. Le uve internazionali - cabernet sauvignon, merlot, petit verdot, cabernet franc - conferiscono, d’altro canto, ciascuna una caratteristica necessaria all’espressività unica dei Supertuscan. Il cabernet sauvignon dona struttura, profondità, potenza, con le sue note balsamiche e speziate. Il merlot conferisce rotondità e avvolgenza con sensazioni fruttate e il suo tannino gentile. Il cabernet franc gioca su toni erbacei e speziati aggiungendo freschezza, mentre il petit verdot si caratterizza per l’apporto speziato/tostato. In cantina il legno piccolo, soprattutto di rovere francese, è quasi sempre presente nel periodo di maturazione di questi prodotti, ricercando eleganza e complessità, senza però coprire la voce del frutto.
Lungo il corso della serata sono state degustate 8 etichette alla cieca… più una graditissima sorpresa finale.
La degustazione
Limpido rubino, naso fresco e fruttato (lampone, mora, ciliegia) dai riconoscimenti floreali di viola, e speziati di vaniglia, con sbuffi balsamici e vegetali sullo sfondo. Bocca fresca e scattante, finale mediamente lungo di grande bevibilità.

Rubino fitto, sentori olfattivi intensi di prugna, macis, cioccolato, empireumatico, nuances vegetali e tostate sul finale. L’uso del legno appare più evidente in bocca, che si avverte più ricca rispetto all’olfatto, con sentori di caffè tostato; il tannino è perspicace e maturo, l’acidità è sorretta dalla sapidità e la persistenza aromatica è amaricante di agrume (chinotto).
Granato compatto, olfatto complesso e terroso con rimandi al sottobosco, tartufo, tabacco da sigaro, lavanda secca, pepe nero, foglia di tè e frutta secca. Vino di struttura con tannino leggero e segnali di lieve ossidazione con finale di liquirizia.
Carminio vivido, naso di grafite, goudron, inchiostro, cacao, mirto e macchia mediterranea. Bocca piena, avvolgente, tannino simmetrico e goloso con ritorni aromatici di cassis. Un’ottima persistenza aromatica porta equilibrio e lunghezza di sorso, dal finale piacevolmente agrumato.
Carminio vivace dai riflessi granato. Naso marcatamente vegetale con sentori di peperone crusco, alloro a cui seguono sensazioni empireumatiche e tostate con riconoscimenti di finali di grafite, cola, menta essiccata. Croccante al sorso, tannino presente di evidente maturità e asciuttezza con persistenza media dal finale mentolato e sapido.
Colore granato con riflessi aranciati, naso di terra bagnata, menta secca, marasca in confettura, vegetale, tostato di caffè, cuoio; tutte sensazioni che fanno pensare a un corredo olfattivo di evoluzione. Bocca piena, potente, succosa, con un tannino cesellato di grande ricchezza e che esalta le sensazioni aromatiche conferendo una struttura equilibrata e molto persistente, dai rimandi di agrume candito.
Rubino vivido, intriganti sentori olfattivi di speziatura (pepe nero), muschio, lavanda, mandarino, ciliegia. La bocca intensa di arancia sanguinella e agrume biondo dipana un sorso avvolgente, assai serbevole ed elegante dalla lunghezza piacevolmente saporita.

Rosso carminio, al naso un «prato fiorito» in cui emergono preponderanti viola e rosa, corredate da una speziatura dolce di cannella, macis, sandalo, lavanda, per poi passare al cedro mantenendo un bouquet morbido e suadente. Bocca estesa, calda, dalle evidenti note balsamiche (sostenute dal tannino gentile e saporoso), chiude in lunghezza floreale.
Carminio consistente, naso intenso e variegato con ricordi di mora di gelso, prugna, spezia, mirto, cioccolato, cassis, cedro. L’ingresso del sorso è imponente e agrumato, l’acidità progredisce in ampiezza e il liquido si aggrappa al palato con un tannino di razza che lascia permanere tutti gli aromi per lungo tempo anche dopo il sorso, che è saporito, di grande persistenza e con ritorni gustosi di more e spezie.
I Supertuscan sono ormai celeberrimi, ma restano fedeli alla loro indole originaria: quella di non dover rendere conto a nessuno se non alla loro inequivocabile qualità. Sono vini sartoriali, nati dall’intuizione dei loro creatori, che raccontano il coraggio di chi ha scelto di seguire l’istinto e la passione più che le regole e che, proprio per questo atto di fede, hanno cambiato in meglio il vino italiano. Sono il volto elegante della ribellione e ci ricordano che, in enologia come nella vita, la vera innovazione nasce sempre da un gesto - a volte rivoluzionario - di libertà.