Tasca d'Almerita, la Sicilia nel bicchiere

Entro nella luminosa sala Verdi del Westin Palace, degna sede dell'AIS Milano, e mi sorprende subito la slide che ci accoglie sullo schermo. Vi leggo: "Tasca, conti d'Almerita" e uno stemma coronato in cima; l'istinto mi porta, per non so quali corrispondenze, alle pagine del Gattopardo...

Laura Zaninelli

Giuseppe Tasca...Vi leggo: "Tasca, conti d'Almerita" e uno stemma coronato in cima; l'istinto mi porta, per non so quali corrispondenze, alle pagine del Gattopardo; rivedo quegli antichi e immensi palazzi bruciati dal sole di Sicilia, abitati da uomini che vestivano eleganti anche solo per la passeggiata in città; poi mi sposto sulle sensazioni sonore e nella testa risuona una canzone di Franco Battiato, Secondo imbrunire, nella quale si parla di muri bassi di pietra lavica che arrivano al mare, del tempo passato ad osservar tramonti...

 

Mi aspetto di sentire, nei vini che berremo, i sapori che mi sono immaginata, di ginestra, fiori di zagara e pietra arenaria, e sulla scia di queste suggestioni iniziamo la serata.


Davanti a noi Giuseppe Tasca, in stile casual, con una sciarpa girata attorno al collo a conferma che siamo al nord, a Milano, in febbraio e Sebastiano Baldinu in blu AIS.


Giuseppe racconta la storia della sua famiglia di agricoltori che dal 1830, otto generazioni prima della sua, possiede la tenuta Regaleali, nel cuore della Sicilia; sulla mappa appare come un puntino tra Palermo e Caltanissetta. L'azienda vive inizialmente della produzione di frumento ed olive, di allevamento e tiene a coltura qualche vigneto recintato da mura, come un clos francese; il vino allora si faceva solo per pagare i dipendenti. Nel 1953 la riforma agraria vede espropriati molti ettari di terreno; il bisnonno Tasca (che era del partito separatista siciliano; ecco che comincia ad affiorare il mio Gattopardo, "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi") decide, saggiamente, di tenersi il poco che era rimasto, senza parcellizzare ulteriormente. 
Nel 1956 il nonno di Giuseppe, vera radice dell'azienda per quello che è oggi, decide di imbottigliare il vino di Regaleali ma le bottiglie scoppiano quasi tutte; ecco allora intervenire il lato "forte" della coppia, la moglie, nonna di Giuseppe, che prende in mano le redini della situazione,  fa chiamare l'enologo e da qui comincia l'avventura, quella vera. 
Negli anni '90 l'azienda raggiunge la sua piena maturità; Giuseppe e il fratello, dal 1998, ne assumono il controllo facendo investimenti mirati a coltivare e imbottigliare vino in diverse zone di Sicilia; dal 2000 prendono poi in mano anche la parte commerciale, completando così la storia di famiglia.


L'azienda ha dunque terreni e cantine in diversi punti della Sicilia, e questa sera abbiamo assaggiato esemplari di ogni zona:


Ais Milano - Tasca d'AlmeritaRegaleali, primo e importante centro, non si fa solo vino ma anche molto orto e allevamento, come agli inizi della storia. Assaggiamo tre vini che hanno questa provenienza:


Nozze d'oro 2011 DOC

Nato per festeggiare i venticinque anni di matrimonio dei nonni di Giuseppe nel 1984; i vitigni coi quali è prodotto sono inzolia e sauvignon Tasca, una varietà molto particolare, si potrebbe dire un autoctono della famiglia, ricavato dopo un'attentissima selezione massale. Vino che sta 6 mesi in vasca d'acciaio con dei lieviti selezionati tra i migliori di quelli indigeni; l'idea era quella di fare un vino da invecchiamento. 
Componente olfattiva floreale: gelsomino, biancospino, leggere le parti erbacee, una punta di asparago, la frutta è pesca bianca, melone verde; in bocca si sente l'acidità, la sapidità è ben equilibrata, ammorbidito nelle parti spigolose, grazie all'invecchiamento in bottiglia, lunga la persistenza anche di frutta.


Chardonnay 2011

vitigno difficile da impiantare in azienda, perché il nonno Tasca non voleva assolutamente vitigni internazionali; il padre di Giuseppe però nascose alcune vigne e nel 1989 ci fu la prima produzione di chardonnay. Da scelte enologiche giuste nasce un prodotto con una sua personalità e anche tipico, nonostante il nome francese che porta. Fermenta in legno, da sei a dieci mesi, e si vendemmia tra la fine di agosto e l'inizio di ottobre. 
Profumi dolci ed eleganti di magnolia; si nota il legno della fermentazione che è leggero e ben dosato, frutta tropicale e pasticceria, con una piccola punta di ananas; in bocca è un vino di sostanza, pieno, acido, tornano le note sentite al naso, leggero chiusura amaricante che accompagna la persistenza finale. Per Giuseppe questo vino è ideale per accompagnare dei formaggi. Sebastiano cita il cous cous, fantastico abbinamento mediterraneo!


Rosso del conte 2010 DOC

vino a cui la famiglia è più affezionata, si produce dal 1970, quando si è cercato di fare un vino siciliano che potesse competere nel mondo, con una sua personalità. Questo era il vino fatto dal nonno di Giuseppe per sé, il preferito, quello che piaceva di più, non quindi per il mercato ma per la famiglia. Il terreno è il più sabbioso, i vitigni utilizzati sono perricone, nero d'Avola e altre uve a bacca rossa previste dal disciplinare della DOC; i tronchi delle vigne hanno una forma di sassofono; questo vino non si produce tutti gli anni. Affinato dapprima in castagno, oggi in rovere per 18 mesi. 
Al naso sentori floreali di rosa essiccata, in evidenza le parti fruttate come il mirtillo, more e una punta di prugna, poi spezie di pepe bianco e cannella ed infine erbe. In bocca il tannino è presente ma morbido, pieno ma elegante, torna bene la frutta completata dalle spezie, il finale è lungo, persistente e piacevole. Ci divertiamo ancora ad abbinare: agnello stufato, cacciagione e formaggi come un buon pecorino ragusano.


Tascante, siamo sull'Etna, a 750 mt s.l.m; la terra è leggera e ricca, drena la pioggia; questo terreno è stato un acquisto più recente, non c'è però la cantina, solo i 20 ettari terrazzati di vigneti. La prima produzione in questa zona è del 2008, tutta di nerello mascalese, uva molto difficile di maturazione tarda: bisogna lavorare tanto sul vigneto, incline al marciume, non si raccoglie mai prima di ottobre e bisogna stare attenti al tannino; il colore è leggero, ma austero ed elegante; invecchia bene.


Tascante 2008

dal colore si potrebbe confondere con un pinot nero, al naso nota di rosa e viola, ribes e melograno, pepe nero e anice stellato, legno presente ma sottile; astringente in bocca ma che si smorza subito, in retrolfattivo torna una nota di sangue, ferrosa.


Sallier de la Tour, Monreale: all'inizio il prodotto di punta di questa zona era un taglio bordolese con syrah e nero d'Avola; Giuseppe e suo fratello, una volta ottenuto il terreno da un cugino, cercano di creare un’enclave di solo syrah, per produrre dei vini più puliti.


Syrah la monaca 2009

il colore è molto brillante, suggerisce una bella struttura; naso con note di frutta fresca: cassis, mora selvatica e gelso, poi spezie delicate ma presenti come pepe nero, cardamomo ed eucalipto, un filo di tabacco e polvere di caffè; in bocca tornano la frutta nera fresca e il caffè, il finale è amaricante.


Tenuta Whitaker a Mozia, spettacolare luogo di storia e tradizioni, dove l'uva si trasporta ancora in cassette su barche a fondo piatto colorate.


Grillo Mozia 2013

l'isola è calda, il grillo è un vigneto antico dove si è selezionata questa  particolare tipologia, un po' rivisitata negli anni '80 dall'Università di Milano. Vino che fa solo acciaio; quello che assaggiamo è un campione di vasca, un'anteprima solo per noi; il Grillo di solito ha bisogno di sostare in bottiglia ma questo si presenta già limpido al naso. L'impatto è floreale con una nota erbacea, fiori come ginestra e glicine, la presenza della frutta ci ricorda la susina ma certamente primeggiano le note agrumate: scorza di limone o bergamotto, citronella. In bocca sono evidenti l'acidità e la nota salmastra. Sebastiano cerca di sedurci con l'abbinamento alle sarde fritte...


Tenuta Capofaro, a Salina, in mezzo al mare


Malvasia di Salina IGT 2011

malvasia delle Lipari, qui si parla d'estate! Il disciplinare prevede l'appassimento al sole sui graticci ma la malvasia non è forte come il moscato d'Alessandria, è delicata, non si può far bruciare al sole, quindi Tasca lavora con un appassimento all'ombra; il colore scarico denuncia questa metodologia che salvaguarda anche una buona acidità. 
L'olfatto è sempre leggero: fiori di zagara, nota di camomilla, erbe aromatiche come il rosmarino, poi fichi secchi e mandorle, miele dolce, scorza candita d'arancia; in bocca è pieno, c'è il residuo zuccherino ma anche l'acidità, torna continuamente la frutta, con una nota sapida e iodata, finale lungo e non stucchevole. Vino da meditazione o da cannolo? Provare per scegliere!


Solo a fine serata Hosam ci rivela che l'azienda lavora con il metodo biodinamico; interessante scoperta. E dopo tutto questo inverno di pioggia, abbiamo assaporato il sogno dell'estate, del mare che lambisce le coste di un’isola di luce, di colori e di profumi tanto amati anche qui al nord.

 

Credit foto: Ais Milano | www.gillespudlowski.com |

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