TASTE CAMP 1. Autoctoni, che passione!

Racconti dalle delegazioni
12 settembre 2019

TASTE CAMP 1. Autoctoni, che passione!

Anche quest’anno AIS Milano ripropone il consueto appuntamento estivo in terrazza, partendo con una serata dedicata ai vini da vitigni autoctoni italiani, fiore all’occhiello e ricchezza del patrimonio vitivinicolo del nostro paese, accompagnati da Luisito Perazzo.

Daniela Recalcati

Ogni vitigno ha una propria tipicità varietale che può essere influenzata dalla zona di produzione, dal macro e micro clima, dalle tecniche usate in vigna piuttosto che da quelle di vinificazione.

In Italia il vino si produce da millenni e la prima classificazione dei vitigni risale a circa duemila anni fa, ad opera di Plinio Il Vecchio e di Columella, che avevano cercato di individuare le caratteristiche sensoriali dei vini in base ai vitigni di provenienza.

L’Italia, da un punto di vista geografico e storico, ha subito diverse contaminazioni nel corso dei secoli. Soprattutto nel Sud ci sono vitigni ascrivibili alla cultura etrusca, fenicia e greca; nel Nord-Ovest, in Liguria e in Sardegna, esistono influenze spagnole; nel Nord-Est influenze caucasiche seguite da quelle austro-ungariche.

Già duemila anni fa si diceva che la viticoltura non è stabile, cioè che il vitigno non dà mai gli stessi risultati, perché influenzato dal luogo dove viene allevato. Nell’XI e XII secolo, Pietro de’ Crescenzi prima e Andrea Paci dopo, classificarono le caratteristiche dei vitigni in base alla loro morfologia. Nel XVI-XVII secolo, con il progredire delle tecniche scientifiche, venne stilata a Vienna la prima classificazione dei vitigni. E in Italia? Nel 1961 nasce il primo catasto viticolo, con la registrazione dei vitigni nel registro nazionale delle varietà e già nel 1966 si contavano 243 vitigni autoctoni, ma, in epoca pre–fillosserica, erano almeno quattro volte tanto.

Andiamo a scoprirne alcuni, lasciandoci guidare da Luisito Perazzo, sommelier pluripremiato, in grado di creare un intrigante momento di confronto con i partecipanti. E a metà degustazione un piacevole intervallo con un piatto espressamente studiato dallo Chef Executive Augusto Tombolato.

Gli otto vini proposti, da monovitigno, sono serviti alla cieca affinché da ogni vino, che sarà svelato solo dopo averlo analizzato, si possa risalire alle caratteristiche del vitigno e alla zona di produzione mettendosi in gioco con la propria sensibilità ed esperienza di degustatore.

Il primo vino è cristallino, dal colore, giallo-paglierino intenso, tendente al dorato. Il colore può indicare un’evoluzione, l’uso del legno o entrambi. È consistente, con archetti che fanno pensare a una gradazione alcolica di 13-13,5% in volume. Al naso l’intensità non è prorompente e non sembra essere un vitigno aromatico; c’è una nota fruttata, floreale, rocciosa e salmastra; alla rotazione nel calice emergono sfumature dolci di miele di acacia. In bocca è secco, con un apporto del legno non particolarmente evidente, una freschezza un po’ contratta, ma una grande sapidità. Il vino ha struttura e lunghezza medie e una nota agrumata molto più evidente in bocca che al naso. È un vino gastronomico, presumibilmente giovane, sicuramente influenzato dall’escursione termica.

Abruzzo DOC Pecorino 2016 - Terzini (13,5% vol)

Il secondo vino ha un colore giallo-paglierino meno luminoso del precedente. Consistente. Al naso è più intenso del primo, con aromaticità più spiccata, ma non così esuberante come quella di un Gewürztraminer. Si percepisce una nota muschiata, da Moscato, ma non molto definita; potrebbe essere una Malvasia per la spiccata nota floreale e fruttata: sentori di pesca bianca, mela, pera, ananas e ancora tiglio, acacia, erbe aromatiche. È evidente la presenza di note mielate e speziate che potrebbero dipendere dall’evoluzione, dall’uso del legno o di uve in leggero appassimento. In bocca non si avverte la verticalità del primo vino: è secco ma più rotondo, avvolgente e morbido. È di medio corpo e manca il finale amarognolo di un vitigno aromatico poiché l’aromaticità è più evidente al naso, ma meno distinguibile in bocca.

Alto Adige DOC Müller Thurgau Athesis 2016 - Kettmeir (13,5% vol)

Il terzo vino ha un colore giallo-paglierino carico e luminoso, forse un po’ meno consistente dei primi due. Il naso è meno intenso, con le tipiche sensazioni agrumate, fruttate, floreali, di erbe aromatiche di un vino bianco. Si percepisce un tocco di cipria (e questo è indice del fatto che potrebbe avere sostato in cemento oppure essere stato a contatto con i lieviti più tempo) e una nota di sabbia bagnata. La bocca è più acida che sapida, verticale, fluida e meno contratta e grintosa di quella del primo vino; buone l’intensità e la persistenza. Rispetto al primo vino non necessita di un abbinamento gastronomico, ma può essere bevuto da solo per la sua piacevolezza intrinseca. Potrebbe essere un Roero Arneis, un vino del Collio o un Vermentino ligure. Cosa sarà mai?

Friuli Colli Orientali DOC Ribolla Gialla Turian 2015 - Collavini (12,5% vol)

Il colore del quarto vino è giallo paglierino tenue. Il naso ha una buona intensità; minerale, con note sulfuree e pietra focaia; fruttato, con note di ribes e uva spina; note di cipria e mandorla. La bocca è ricca e fa presumere una versione superiore, una riserva o una selezione. Grande sapidità che copre l’acidità. Potrebbe essere un Fiano, anche se solitamente è più gentile; un Friulano per le note ammandorlate ed eteree che fanno pensare a un’evoluzione. L’alcol è gestito bene, ma presente. Vino ottimo in abbinamento con una piccatina di vitello in agrodolce.

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore DOC Vittoria 2015 - Lucchetti (13,5% vol)

Il quinto vino è luminoso dal colore giallo-paglierino carico e consistente. Al naso si percepisce una buona intensità, con note di fiori bianchi, eteree e smaltate, di zolfo, mandorla amara e erbe aromatiche. La bocca è decisamente saporita, dotata di una grande sapidità, una struttura per nulla banale e dotato di lunga persistenza.

Vernaccia di San Gimignano DOCG 2012 - Panizzi (13% vol)


I vini

Il sesto calice ha un colore rosso rubino di media compattezza; consistente. Il naso ha una buona intensità, con iniziali e marcate note fruttate (more, ciliegie, ribes e lampone) e tostate di legno non invadenti e speziate di pepe nero e chiodo di garofano. In bocca si percepisce il legno, che non è ancora completamente integrato, e l’acidità. Il tannino è fine e delicato, non è aggressivo. Potrebbe essere un vino ottenuto da un vitigno che viene usato di solito in uvaggio e dunque vinificato più raramente in purezza. E infatti, è proprio così.

Maremma Toscana DOC Ciliegiolo San Lorenzo 2013 - Sassotondo (14% vol)

Il colore del settimo vino è un rubino scarico. Naso di buona intensità e grande complessità: all’inizio si percepiscono note animali, di pelle e cuoio; poi note floreali, speziate, terrose, salmastre, minerali, di iodio e una nota fumé indicativa dell’evoluzione. La bocca è verticale e sapida, con tannino presente ma essenziale. Lunga persistenza.

Etna Rosso DOC Nerello Mascalese 2010 - Terre dell’Etna (14% vol)

L’ultimo vino ha un colore rosso rubino carico ed è consistente. Buona intensità al naso con sentori di frutti rossi macerati, confettura d’arancia e speziato di pepe, liquirizia e zenzero. In bocca si percepisce un tannino saporito e vigoroso, ma maturo, piacevole e che si lega bene al frutto e all’acidità.

Irpinia Campi Taurasini DOC 2013 - Villa Raiano (13,5% vol)

Questa piacevole serata ci ha insegnato che non è affatto semplice riconoscere un vitigno o la sua zona di origine. Per farlo bisogna avere tanta esperienza, molta conoscenza e una vivida memoria di ciò che si è appreso e sperimentato nel tempo. Resta comunque un approccio degustativo stimolante, intrigante e di grande arricchimento.