Tastuma

Suona quasi giapponese, ma è puro dialetto piemontese: significa “assaggiamo”, ed è quello che abbiamo fatto in AIS Monza e Brianza, guidati da Gabriele Merlo in un viaggio tra vini e formaggi del Piemonte. Un incontro di sapori, tradizione e cultura autentica.


Monica Berno

Piemonte: terra di montagne, colline e tradizione casearia

Il Piemonte è una regione dalle mille sfaccettature, caratterizzata da un paesaggio che si articola tra pianure, colline e montagne. Circa il 43% del territorio è montano, con vette imponenti come il Monte Rosa e il Monviso, vero simbolo della regione. La varietà geografica si riflette in un ricco patrimonio agricolo e caseario. Le Alpi piemontesi divise in vari gruppi (dalle Alpi Marittime alle Cozie, dalle Graie alle Pennine, con una parte di Appennino ligure) regalano una produzione casearia diversificata. Nelle zone di montagna prevale il latte vaccino, mentre nell’Appennino piemontese si trovano formaggi anche a base di latte ovino e caprino, riflettendo la varietà dell’allevamento locale.

Nel corso della serata i vini che hanno accompagnato i formaggi ci hanno portato nelle principali zone vitivinicole del Piemonte. Dalle Langhe al Monferrato, dall’Alto Piemonte alle colline eroiche della Val di Susa. Gabriele Merlo traccia le linee essenziali dell’antica storia della viticoltura piemontese, risalente ai liguri, agli etruschi e ai greci. Con il nebbiolo, vero “portabandiera” dell’enologia piemontese, citato per la prima volta nel 1292 in un contratto di affitto ad Alba, firmato da Filanius de Victimus Neblori. Da allora, questo vitigno ha segnato la storia e l’identità vitivinicola piemontese, diventando sinonimo di grandi vini rossi di qualità. Una rapida panoramica perché il Piemonte offre un universo di sapori e storie da scoprire, dai grandi rossi ai vini eroici delle alte montagne, passando per le denominazioni meno conosciute ma altrettanto affascinanti. Ricordiamo qualche numero: 19 DOCG e 41 DOC. 

Il settore vitivinicolo rappresenta la spina dorsale dell’economia regionale, con una filiera che copre il 79% del fatturato totale (dati 2023). Il comparto caseario, con il 17% del fatturato regionale, testimonia l’importanza dei formaggi. Il Piemonte vanta 9 formaggi DOP, di cui sei esclusivi: Bra, Castelmagno, Murazzano, Raschera, Toma Piemontese e Robiola di Roccaverano (dal 2023 esclusivamente DOP piemontese). A questi si aggiungono formaggi interregionali come Grana Padano, Gorgonzola e Taleggio; il Piemonte contribuisce in modo significativo alla produzione del Gorgonzola, con Novara principale polo produttivo italiano. Numerosi prodotti sono riconosciuti PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) e molti tutelati da presidi Slow Food, un movimento nato in Piemonte che ha contribuito alla riscoperta e alla valorizzazione dei formaggi locali. La manifestazione biennale Cheese, attiva dal 1997, è diventata un evento internazionale, luogo d’incontro tra produttori, appassionati e cultori della tradizione casearia.

La montagna piemontese è centrale nella produzione casearia: oltre 1000 alpeggi attivi ospitano circa 165.000 capi di bestiame ogni anno, soprattutto nelle valli cuneesi. Nel 2024 erano presenti 1956 allevamenti di bovini da latte, con la Frisona italiana predominante nelle pianure. La produzione totale di latte è di circa 1.200.000 tonnellate (9% del totale nazionale), a cui si aggiungono 4140 tonnellate di latte ovino (10% nazionale). La regione conta oltre 800.000 bovini da latte, tra cui la razza Piemontese (principalmente da carne), Frisona italiana e Bruna alpina, particolarmente presente nelle zone alpine del nord. Tra gli ovini (112.000 capi) spiccano razze autoctone come la Biellese, la Fabrosana, la Sambucana e la Pecora delle Langhe; tra i caprini (62.000 capi) la Capra Alpina con la sotto-razza Capociotta.

Un viaggio tra le valli alla scoperta dei formaggi 

Dal punto di vista caseario, il Piemonte si divide in diverse aree produttive. Il territorio cuneese, con grandi valli alpine come Val Varaita, Valle Maira, Val Grana, Val Stura e Valle Gesso, è famoso per i formaggi di montagna di alta qualità, con il Castelmagno in prima linea. Verso Asti e Alessandria si arriva al Monregalese, Val Bormida e zone di Ovada e Tortona, dove predominano formaggi caprini e ovini o a latte misto, tipici dell’Appennino.

Nell’Ossolano, la produzione principale è la toma, a latte vaccino di razze Bruna Alpina, Pezzata Rossa e Frisona; sopra i 1400 metri può avere la menzione “d’Alpe”. Il formaggio più noto è il Bettelmatt, prodotto tra 1800 e 2400 metri in alpeggio nelle valli Antigorio e Formazza, vicino al confine svizzero. Altre tome locali sono la Toma dell’Ossola, la Toma del Campertonio, la Toma della Valsesia e il Macagno/Macagna, a pasta pressata di pianura e di alpeggio.

Nel Novarese domina il Gorgonzola, con circa 3,8 milioni di forme prodotte nel 2024, di cui due terzi proprio in questa zona. La varietà dolce è più diffusa, ma quella piccante offre profumi più complessi. Nel 2025 Novara è stata riconosciuta come città del formaggio.

Le valli torinesi, a nord della città, producono formaggi unici: il Plaisentif della Val Chisone e alta Val di Susa, noto come “formaggio delle viole” per gli aromi delle erbe pascolive; la Toma del Lait Brusc, friabile e gessosa; la Toma di Condove e il Murianeng (Blu del Moncenisio), rarissimo. Altri esempi: formaggio di Costa Rossa (equivalente piemontese del Reblochon) e Serras d’Alfeine, ricotta aromatica avvolta nel “fio”.

Nella Val Sangone si produce il Cevrin di Coazze, tra tomino e robiola, a latte crudo di capra e vacca, stagionato in grotte naturali; in Val Varaita, il Toumin del Mel, a pasta morbida, protagonista della festa di Melle. Nel Cuneese e in Val Grana, altri formaggi estivi d’alpeggio includono Toma di Elva, Nostrale d’Alpe, Bra (tenero e duro) e Raschera. La Sola, tipica del Cuneese, ha forma parallelepipeda e crosta grigiastra; il Brus è un formaggio fermentato, talvolta aromatizzato con acquavite.

Il Castelmagno, simbolo del Piemonte, è un grande formaggio d’alpeggio della Val Grana, prodotto tra giugno e settembre a 1500 metri. Nell’Alto Monferrato e nell’Alessandrino si producono Murazzano (pecora) e Roccaverano (DOP 2023, solo caprino). Testun e Ormea, a latte misto, completano l’offerta regionale, con pascoli che spesso sostituiscono le vigne nelle zone montane.

Nota sugli abbinamenti

Che cosa troveremo in questi formaggi?
Grassezza: pastosità e patinosità particolarmente marcate nel Roccaverano, meno evidenti nel Montebore e che possono tornare anche nel Gorgonzola. Questa consistenza morbida è percepita chiaramente.
Tendenza dolce: presente in tutti i formaggi, una dolcezza delicata è particolarmente evidente nel Roccaverano.
Succulenza: avvertibile nel Raschera, nel Castelmagno e nella toma.
Sapidità e umami: riconoscibile nel Castelmagno, nel Gorgonzola e nella toma.
Tendenza acida, tipica della coagulazione lattica, soprattutto nel Roccaverano, ma anche nel Castelmagno a seconda della stagionatura.
Tendenza amarognola (una leggera nota amara e pungente): nel Gorgonzola e nel Castelmagno, leggermente nel Montebore e nel Roccaverano se ha muffe esterne.
Piccantezza: nel Gorgonzola, con intensità variabile a seconda del formaggio.

La degustazione

Nel piatto

Roccaverano:
formaggio a pasta molle di latte crudo di capra è
prodotto dall’azienda biologica Amaltea, situata a Roccaverano. Fondata da Daniela Sagnetti e Giovanni Solerio, ha una storia particolare perché i suoi titolari, dopo un periodo lavorativo a Torino, hanno deciso di cambiare vita e trasferirsi in campagna. Hanno iniziato ad allevare 28 capre e si sono specializzati nella produzione casearia in Francia. Oggi hanno circa 200 capre di razza Camosciata e Roccaverano e lavorano con un’attenzione particolare alla qualità e alla tradizione.

Montebore:
questo formaggio si produce principalmente nel Monferrato e nell’Alta Langa e ha una lunga tradizione casearia. Si presenta con tre strati sovrapposti con diametro decrescente; riconosciuto come PAT la sua produzione è limitata e legata a caseifici artigianali. Terre del Giarolo è l’artefice di questo formaggio. Il titolare, Matteo Grattone, classe 2000, ha rilevato il caseificio della Cooperativa Agricola Vallenostra nel 2021. Il formaggio è frutto di una tradizione recuperata nel 1997 da Vallenostra e Slowfood grazie alla collaborazione di Carolina Bracco, un’anziana signora della Val Grue. Il Montebore rappresenta quindi un patrimonio caseario riscoperto e da valorizzare.
 
Raschera: formaggio semigrasso di latte crudo misto
prevalentemente vaccino, con una piccola percentuale di caprino, semplice, con un profumo che richiama il burro fuso e la panna cotta, piacevole e adatto ad accompagnare molti piatti piemontesi. Ha una pasta semidura, con inoculazione di fermenti lattici e coagulazione presamica, cioè, usando caglio naturale di vitello a una temperatura tra 27 e 3 °C. La cagliata viene rotta in chicchi piccoli come granelli di mais, poi messa negli stampi quadrati tipici del Raschera. Dopo la salatura a secco e la pressatura per far uscire il siero, il formaggio resta almeno 30 giorni in appositi locali in provincia di Cuneo, per poi essere trasferito nelle cantine di Carlo Guffanti Fiori e i figli Giovanni e Davide, dove completa la maturazione.

Toma di alpeggio Forcoletta: formaggio semiduro di latte crudo vaccino, prodotto artigianalmente nell’alpeggio di Punta della Forcoletta in Val Vigezzo a 1785 m s.l.m.. Il latte viene coagulato con caglio di vitello riscaldato a 45-55 °C e poi la cagliata viene messa in fuscelle, pressata e salata a secco. Il formaggio stagiona almeno 30 giorni in alpeggio, per poi proseguire la maturazione nelle cantine Guffanti. La differenza rispetto al formaggio precedente è proprio l’effetto dell’alpeggio, che regala a questo formaggio un’espressione aromatica ancora più ricca e complessa.
La storia di Guffanti risale al 1876, quando Luigi iniziò a stagionare il Gorgonzola e acquistò una miniera d’argento in Valganna per conservare il formaggio. Oggi, Carlo Guffanti Fiori e i figli Giovanni e Davide, sono uno dei nomi più importanti del settore; l’azienda continua a selezionare e affinare formaggi di qualità, collaborando con piccoli produttori come quelli della Val Vigezzo, da cui proviene la toma di alpeggio Forcoletta. La loro cantina di Arona è visitabile ed è un vero e proprio museo del formaggio, con produzioni italiane, francesi e inglesi, tutte selezionate e stagionate da loro.

Castelmagno di alpeggio: l’alpeggio dona al formaggio una complessità aromatica unica, fatta di profumi di erbe, fieno, note balsamiche e di campo, con sentori di fiori e un accenno leggero di profumo di latte vaccino. In bocca emergono sfumature di fieno, umami e un po’ di fondo di carne. Un formaggio straordinario che esprime al meglio il territorio e l’alpeggio; prodotto con latte vaccino della Val Grana, seguendo una lavorazione tradizionale che include due mungiture, coagulazione a 38 °C con caglio di vitello, riposo della cagliata per 18 ore, rottura della cagliata in piccoli pezzi (simile alla lavorazione del cheddar inglese), salatura manuale e stagionatura in grotte naturali per circa 100 giorni. Il Caseificio des Martin, con sede a Valliera, nasce da un progetto di recupero storico per opera di un gruppo di amici che hanno trasformato un borgo abbandonato in agriturismo e caseificio, mantenendo viva una tradizione preziosa. Dal 2021 hanno anche una sede a Bombonina, vicino a Cuneo, per facilitare la distribuzione.

Gorgonzola piccante DOP: formaggio a pasta molle di latte vaccino intero pastorizzato, proviene dalla provincia di Novara, con produzione tradizionale che include salatura a mano e affinamento per 4-5 mesi. Se ne producono ben 5.277.959 forme (dati 2023), anche se il piccante ne fa molte meno. La Latteria di Cameri, fondata nel 1914, è nota per la qualità costante dei suoi formaggi. Negli anni ’40-’50 raggiunse il maggior numero di soci superando le 400 aziende. Nel 1965 la sede produttiva venne spostata dal centro storico alle porte di Cameri con affiancamento della stagionatura al caseificio.

Nel bicchiere 

Alta Langa DOCG Brut Millesimato 2021 - Deltetto
55% pinot nero, 45% chardonnay. Diraspatura, fermentazione a 18° C in acciaio; minimo 30 mesi di affinamento sui lieviti. Vigneti posti tra i 450 e i 500 metri s.l.m. nel comune di Roddino. Suoli calcareo-argillosi.
Questa è una famiglia di viticoltori dal 1800. Negli anni Settanta del Novecento Antonio, diplomato alla scuola enologica ad Alba, segue le orme del padre e inizia le prime spumantizzazioni. Oggi siamo alla terza generazione con Carlo, Cristina e Claudia.

Un metodo classico che riflette perfettamente l’eccellenza della zona delle Langhe. Fresco e minerale, al naso è un mix di miele e fiori bianchi, mela, pera e pasta lievitata. Al palato ritornano i profumi percepiti al naso. È perfetto per accompagnare formaggi freschi e cremosi.

  • Con il Roccaverano: la parte citrina del vino bilancia la dolcezza del formaggio, mentre l’effervescenza “pulisce” il palato. Si percepiscono anche note floreali, con fiori bianchi che esaltano il formaggio. È un abbinamento tipico, territoriale, quasi “chilometro zero”. Perfetto.
  • Con il Montebore: il formaggio perde un po’ di intensità; il vino è meno strutturato e il formaggio “vince” l’incontro.
  • Con il Castelmagno di alpeggio: abbinamento perfetto perché l’effervescenza “pulisce” la bocca.

Colli Ossolani Tortonesi DOC Timorasso Il Montino 2023 - La Colombera
100% timorasso. Vigneto cru Il Montino a 250 m s.l.m. esposto a sud su terreni argillosi-calcareo-marnosi. Vendemmia manuale, diraspatura, circa 3 ore di macerazione, fermentazione in acciaio con lieviti indigeni; 9-10 mesi in acciaio sulle fecce e 18 mesi in bottiglia.
Elisa Semino è la “queen del timorasso” e la sua azienda nasce nel 1938 con i bisnonni che prendono in affitto una cascina a Vho di Tortona (Alessandria). Nel dopoguerra nasce il nipote Piercarlo che negli anni Settanta del Novecento vinifica in proprio. Negli anni Novanta Piercarlo ed Elisa sono tra le prime 5 aziende a credere nel timorasso e selezionano il cru Il Montino.
La luminosità è sorprendente. Al naso note agrumate e floreali (cedro, fiori bianchi, acacia), poi si sviluppano cenni di pesca gialla, mandorla fresca e erbe officinali. Un naso che alterna maturità e tensione, precisione e complessità. In bocca è vibrante, salino, sorretto da una vena sapida e agrumata che allunga il sorso fino a una chiusura minerale e leggermente balsamica.

  • Con il Roccaverano: l’abbinamento parte bene, ma sul finale emerge una leggera nota amarognola che tende a rovinare un po’ la delicatezza del Roccaverano.
  • Con il Montebore: un matrimonio perfetto: il vino sostiene la struttura e valorizza le note di nocciola e fieno del formaggio. Abbinamento molto riuscito, equilibrato e di grande eleganza.
  • Con il Raschera: il vino è ideale per contrastare la sapidità del formaggio, grazie alla sua complessità aromatica.


Dogliani DOCG Cursalet 2019 - Gillardi
100% dolcetto. Il vigneto di 1,9 ettari nel comune di Farigliano (nel cuore delle Langhe) ha 85 anni; terreno argilloso calcareo. Vendemmia manuale, fermentazione in acciaio per 6 mesi; maturazione in acciaio o cemento per 12 mesi.
La famiglia Gillardi è una delle realtà più significative e coerenti di Dogliani, con una storia legata profondamente al Dolcetto e al territorio di Farigliano. L’azienda nasce nei primi decenni del Novecento come piccola realtà contadina. Negli anni ’80 Giovan Battista, enologo e sperimentatore, affina uno stile personale: vini di collina alta, eleganti, capaci di esprimere il carattere più autentico del vitigno. Oggi continua la figlia Elena.
Il colore è di un rosso rubino intenso; il naso è pulito, profondo, territoriale. Si apre su note di amarena, prugna matura e mora di rovo, seguite da sentori floreali di violetta e iris, tipici del dolcetto. Col tempo emergono spezie dolci (pepe nero, liquirizia), toni di sottobosco e un accenno minerale ferroso, quasi ematico, che richiama il suolo calcareo. Al palato è equilibrato con una nota amaricante e un retrogusto leggermente tostato e speziato, che si unisce bene alla frutta dando lunghezza e complessità.

  • Con il Raschera: il vino, con la sua dolcezza e la leggera nota amarognola balsamica, esalta le note del formaggio, creando un abbinamento piacevole e pulito. In bocca resta la sensazione di uno yogurt ai frutti di bosco, un connubio lattico e fruttato molto armonioso.
  • Con la toma di alpeggio Forcoletta: esprime al meglio il carattere fruttato e la freschezza tipica del Dolcetto, perfetto per accompagnare la toma, grazie al suo equilibrio tra dolcezza e tannini morbidi.

Valli Ossolane DOC Nebbiolo Superiore Prünent 2019 – Cantine Garrone
100% nebbiolo (prünent). Vigneto disposto su 2 ettari divisi in parcelle, alcuni con più di 100 anni a piede franco; suolo ghiaioso-argilloso e gneiss. Vendemmia manuale, pigiatura e fermentazione in vasche di acciaio, macerazione di 10 giorni a massimo 28 °C; 12 mesi in botti di rovere da 20 ettolitri e 6 mesi in bottiglia.
Cantine Garrone nascono come piccola realtà familiare dedita al commercio del vino locale. Negli anni ’80 la famiglia decide di investire nella valorizzazione del vitigno storico prünent, antica varietà di nebbiolo autoctono dell’Ossola, quasi scomparsa. Con passione e lavoro capillare sui terrazzamenti in pietra, i Garrone recuperano vecchi vigneti abbandonati e convincono altri viticoltori della valle a fare lo stesso. Sono stati i primi a ottenere la DOC Valli Ossolane nel 2009 e a riportare il nome prünent
all’attenzione degli appassionati.
Granato con lievi riflessi aranciati, luminoso. Al naso emerge con prepotenza la parte balsamica, corteccia, rabarbaro, spezie, radice di genziana, liquirizia, sfumature anche ferrose, tipiche dei suoli ossolani e del clima alpino. Al palato è un nebbiolo sapido, aereo e pulito più vicino per spirito ai vini della Valtellina che alle espressioni langarole.

  • Con la toma di alpeggio Forcoletta: un abbinamento a km zero, qui il terroir fa la differenza perché l’acidità e la sapidità del vino bilanciano perfettamente la dolcezza e la grassezza del formaggio. I tannini vellutati del vino si integrano con la succulenza della toma, mentre le note minerali e di frutta secca si armonizzano con le erbe e il fieno del formaggio. Paradossalmente, questo abbinamento valorizza ancora di più il vino, smorzando le note balsamiche scure e portandolo verso una dimensione più dolce e fruttata.
  • Con il Castelmagno d’alpeggio: un abbinamento interessante, ma il formaggio tende a prevalere.

Barolo DOCG Bussia 2019 – Giacomo Fenocchio
100% nebbiolo. 5 ettari di vigneto di 35 anni a 300 m s.l.m. nella MGA Bussia, terreno elveziano argilloso-calcareo, ricco di ferro. Fermentazione naturale con lieviti indigeni per 40 giorni in vasche di acciaio; 6 mesi in acciaio e 30 mesi in botti di rovere di Slavonia da 35-50 ettolitri.
L’azienda fu fondata nel 1864 e nel 1947 Giacomo Fenocchio commercializza per la prima volta il proprio vino; negli anni ‘50 e ‘70 acquistò vigneti a Castellero e Cannubi. Nel 1989 il figlio Claudio prende in mano l’azienda e nel 2021 nasce la nuova cantina. Oggi con la moglie e le figlie lavorano i 18 ettari di proprietà.
Il colore è granato intenso, con riflessi rubino; vivace e luminoso. Al naso il bouquet mostra equilibrio tra eleganza e potenza: le note sono inizialmente quelle di frutti rossi in gelatina e poi tante spezie (macis, cannella, cardamomo, galanga), grafite e cuoio. In bocca è un “trattore elegante”, il sorso è lungo, verticale, elegante, con ritorni di frutta rossa matura, spezie e un finale minerale e leggermente balsamico.

  • Con il Castelmagno di alpeggio: l’abbinamento con il Barolo Bussia è perfetto, la nota balsamica del vino equilibra la granulosa adesività del formaggio senza far scomparire il gusto del vino, cosa che spesso accade con formaggi così intensi.
  • Con il Gorgonzola piccante: con il suo bouquet complesso di frutta matura, spezie e fiori, il Barolo è un partner ideale per questo Gorgonzola, la cui piccantezza si stempera grazie alla potenza e alla struttura del vino.

Caluso Passito DOCG 2010 - Bruno Giacometto
100% erbaluce. I vigneti, a pergola canavesana, sono situati nelle zone più vocate di Caluso (4 ettari). Il suolo è morenico ciottoloso-sabbioso. Raccolta manuale in ceste, appassimento sui graticci in solaio fino a febbraio con formazione di muffa nobile; pigiatura all’inizio dell’anno successivo, fermentazione naturale con lieviti indigeni in acciaio.  Maturazione per 4-5 anni in acciaio inox e legno.
L’azienda fu fondata da Bruno Giacometto nel 1920 e ampliata dal figlio Giuseppe, uno dei primi sette produttori canavesani a cui fu assegnata la DOC nel 1967. Nel 2001, scomparso il padre, il figlio Bruno si dedica a tempo pieno all’azienda. Oggi la Bruno Giacometto conta circa 9 ettari di vigne coltivate con metodo biologico e si distingue per la qualità costante dei suoi prodotti.

Luminoso, dorato ma con riflessi ambrati. Al naso le prime note sono di miele di acacia, albicocca, scorza d’arancia candita, uva sultanina e castagna, ma poi si affacciano la nocciola tostata, la mandorla, il caramello e una leggera speziatura vegetale. In bocca il vino è ricco e vellutato, con una dolcezza piena ma ben bilanciata dall’acidità viva dell’erbaluce, che mantiene il sorso fresco e verticale. Persistenza lunga, con ritorni di frutta secca, miele e scorza d’agrumi. Chiusura elegante, sapida e con note di nocciola e spezie dolci che invitano a un secondo assaggio.

  • Con il Gorgonzola piccante: con il suo bouquet complesso di frutta matura, secca e spezie questo vino è il partner ideale per il Gorgonzola, la cui piccantezza si stempera grazie alla struttura del vino.

La serata si conclude quindi in gran dolcezza, con il Caluso Passito a suggellare l’esperienza sensoriale, e da una nota di Italo Calvino che in Palomar scrive:

«Dietro ogni formaggio c’è un pascolo diverso d’un diverso verde sotto un diverso cielo; (…) ci sono diversi armenti con le loro stabulazioni e transumanze; ci sono segreti di lavorazione tramandati per secoli. »

In questo intreccio di sapori, aromi e storie, Gabriele Merlo è stato il filo che ci ha guidato, capace come sempre di trasformare ogni serata in un viaggio sensoriale e culturale, dove il sapere si condivide con leggerezza e passione, e dove ogni sorso, ogni assaggio, racconta i segreti di un territorio vivo, pulsante e autentico.