Tre giorni di Chianti. Un viaggio lungo storie e sapori

Il viaggio-studio di AIS Milano è stato un forziere pieno di preziosi: tante esperienze, vini, storie, racconti fusi assieme hanno arricchito profondamente il nostro bagaglio esperienziale.

Giuseppe Vallone

Se vogliamo descrivere la tre giorni di vera e propria full immersion in terra chiantigiana, la prima immagine che ci si riaffaccia alla mente, dopo qualche dì dal ritorno alle nostre vite urbane, è il bosco, quella teoria interminabile di muschi, alberi e arbusti che sì, sapevamo occupare l’80% circa dell’intera superficie del Chianti Classico ma che no, non ci immaginavamo davvero così tanto ubiquitari.

E, dunque, minuscole strade provinciali che si infossano tra la natura fitta - in questa stagione ancora sulle nuance un po’ grevi del marrone e del grigio - per poi uscirne in poggi che regalano panorami d’apertura all’infinito. Traverse che bisogna essere bravi a imboccare - e quel sant’uomo di Marco, l’autista, non è ha persa una - e che si svolgono per chilometri su strade bianche tanto striminzite che le fronde degli alberi paiono pettinare l’autobus.

Ma poi, dopo tutto, o meglio prima di tutto, ci sono loro, le sette realtà che Ilaria Ranucci e Vittorio Fontana hanno selezionato per noi e che spesso ci hanno aperto la porta in quello che, per loro, è l’ultimo scampolo di ferie prima dell’attacco della nuova stagione turistica. Raccontare di ogni azienda renderebbe queste brevi note in flusso di coscienza tanto lungo e ininterrotto quanto noioso, per chi non è stato dei nostri. Come tradurre sulla carta la disponibilità che ci hanno riservato? Come rendervi partecipi del senso di accoglienza e di calore che ci ha pervaso mentre eravamo in ognuno di quei posti? Difficile, ma ci proviamo. Intanto l’abbiamo scritto, e ci si fidi quando diciamo che questo spirito ci ha davvero accompagnato dal primo all’ultimo istante che abbiamo passato in Chianti (pure di notte, non scherziamo).

Primo giorno

Siamo partiti alle 7 di venerdì 1° marzo dal parcheggio degli autobus di Famagosta. Dopo poco più di tre ore la grande metropoli era già un ricordo sbiadito, e il tempo inclemente non ha intaccato la forza bucolica di Fattoria Selvapiana, il nostro primo approdo in quel di Rufina, una quindicina di chilometri a est di Firenze, una tenuta di proprietà della famiglia Giuntini da quasi due secoli che, in tre ore di sosta, abbiamo visitato assieme a Niccolò. All’interno del palazzo storico abbiamo pranzato e degustato l’intera gamma di vini e oli prodotti dall’azienda (in calce all’articolo troverete l’elenco dei vini assaggiati tappa per tappa).

Di questa prima visita, oltre alla modestia di Niccolò rispetto ai vini propostici, ci rimarrà senz’altro impresso nella memoria il Chianti Rufina DOCG Riserva Vigneto Bucerchiale (100% sangiovese dall’omonimo vigneto di 12,5 ha risalente al periodo 1968-1992, fermentazione alcolica e successiva malolattica completa in acciaio, affinamento in legno grande per l’80% e in barrique di quercia francese di 1° e 2° passaggio per il restante 20%), vino bandiera dell’azienda, di cui abbiamo degustato le annate 2020, 2019 e 2009. La 2019 si è mostrata distesa al naso ma soprattutto aperta ed elegante al palato, con un allungo saporito che ha reso la beva appagante. Al confronto con le altre due annate, la 2019 ha mostrato maggiore coerenza naso-bocca e una componente tannica più a fuoco rispetto alla 2020, anche se non ancora completamente fusa nell’assaggio come nella 2009.

Salutata la Rufina in circa 90 minuti, abbiamo percorso i 60 km che ci dividevano da Castellina in Chianti dove, a un certo punto, abbandonata la SP76, abbiamo percorso con non troppo agio i 4 km di strada bianca che ci separavano dalla nostra seconda meta, Nittardi. “Wine, Art and Ospitality”, così recita il claim aziendale e, che dire, son davvero parole centrate: la strada di cui sopra ci ha infatti catapultato in una realtà “altra”, un complesso medievale già di proprietà dei Buonarroti restaurato, rimesso a nuovo e valorizzato, a partire dal 1981, dalla famiglia Femfert che ne ha fatto il polo attrattivo di una moltitudine di opere d’arte disseminate in tutta la proprietà. Ad accoglierci Leon, che dal 2013 si occupa dell’azienda, e che ci ha guidati in una degustazione articolata lungo 8 vini prodotti da Nittardi sia in Chianti Classico che in Maremma, dove pure la famiglia possiede vigneti.

Se l’arte ci ha impressionato – specie l’intima sala dove sono esposte tutte le opere degli artisti di anno in anno chiamati a creare etichetta e velina che impreziosiscono il loro vino più iconico, il Chianti Classico Casanuova di Nittardi Vigna Doghessa -, è stato il Chianti Classico DOCG Belcanto 2021 (90% sangiovese, 10% di canaiolo, colorino, malvasia nera, ciliegiolo, mammolo, foglia tonda e pugnitello, fermentazione in acciaio seguita da 12 mesi in tonneaux da 500 L e in botti da 3,5 hl e 4 mesi in cemento) a conquistarci: si è avvicinato a noi in modo schietto ed energico, proponendoci un profluvio di frutta nera e note balsamiche e un sorso completo, fresco, dal tannino avvolgente e declinato su aromi scuri.

Con il sole ormai oltre la linea dell’orizzonte, Marco l’autista ci ha portati coraggiosamente – perché ci vuole coraggio a guidare un autobus tra i boschi, di notte – a San Gimignano, dove nella centralissima Piazza Della Cisterna abbiamo fatto base per due notti all’Hotel Leon Bianco. E qui, permetteteci, due note si devono spendere: se il plauso a Ilaria e a Vittorio per la scelta della sistemazione è doveroso, è proprio di questa che non può tacersi: struttura moderna nei servizi quanto secolare nell’architettura, stanze grandi, placide, silenziose, quasi monastiche. Insomma, quelle poche ore che ci è stato consentito fermarci, sono passate in un ristoro davvero pieno.

Il primo giorno si è così concluso con una cena dai profumi tipicamente toscani al Ristorante Il Pino, nel cuore del paese.

Secondo giorno

Sabato 2 marzo la sveglia è suonata presto: alle 7.30 abbiamo lasciato l’hotel per dirigerci muso a muso con la Storia, perché di questo si tratta se vuol parlarsi di Barone Ricasoli. Possiamo pure far finta di non ricordare di Bettino Ricasoli e della sua “formula” del Chianti Classico messa nero su bianco nel 1872, ma certo non appena arrivati nelle terre della famiglia - dove in Località La Madonna sorge la cantina all’ombra dello svettante e imponente Castello di Brolio – è proprio con la Storia che dobbiamo scendere a patti. I Baroni Ricasoli abitano questi paesaggi da più o meno un millennio, e sono circa 1200 gli ettari dei loro possedimenti, tra vigne, pascoli, oliveti e boschi. La preziosità di un viaggio-studio come questo emerge nitidamente qui, al Castello di Brolio: chiuso per ferie in questo periodo dell’anno, è stato aperto appositamente per noi da Francesco Ricasoli che, scusandosi per la sua assenza (!) ha però voluto assicurarsi che potessimo visitare anche la casa padronale in cui è nato e nella quale si ritrova tutt’oggi la famiglia. Una premura che ci ha consentito di sentire lo scorrere dei secoli nella pietra, negli stucchi, negli affreschi e negli arredi che rendono unico il Castello, con la sua dimora e la sua Cappella (che oggi ospita le spoglie mortali degli avi del Barone).

La visita ha messo nella giusta prospettiva il successivo tour nella cantina ipogea dei Ricasoli, un’interminabile distesa di botti che dalla penombra andavano a perdersi nel buio della terra. Soprattutto, ci ha permesso di comprendere appieno la preziosa degustazione, anch’essa curata dal padrone di casa, della quale ci rimarrà indelebilmente impressa a futura memoria la materica leggerezza del Chianti Classico DOCG Gran Selezione CeniPrimo 2020 (100% sangiovese raccolto il 27.09.2020 da un unico vigneto di 6 ha posto a 300 m s.l.m. su suoli di natura fluviale, con macerazione di 16 giorni seguita da affinamento di circa 20-22 mesi in tonneaux per il 40% nuovi): ricco, espressivo, di una mineralità da pietra spaccata che ammalia, ha conquistato tutti con una bocca perfettamente centrata e dall’animo dicotomico, di peso e leggerezza, immediatezza e profondità, sfericità e spigolosità. Il perfetto compendio delle altre due Gran Selezione da singola vigna che Ricasoli propone, il Colledilà (da suoli di alberese, disteso e comunicativo) e il Roncicone (su sabbie e carbonato di calcio, scuro e ritroso, dalla potenza compressa).

Chi ha tempo non aspetti tempo, così recita l’adagio, e dunque via, ancora ebbri di tanta bellezza, verso una nuova meta. Lasciata Gaiole in Chianti, è la volta di Castelnuovo Berardenga per visitare Dievole. Tenuta e terre plurisecolari, di proprietà della famiglia italo-argentina Bulgheroni da una decina d’anni, oggi è l’insieme di tante realtà in un unico contesto: la produzione di vino, l’oliveto e il frantoio, il ristorante e lo splendido resort che danno lavoro a un centinaio di persone. Nella conca in cui si trova, circondata com’è da vigne e ulivi, ciò che ci colpisce è nascosto alla vista: è sottoterra, infatti, che si trova la cantina, modernissima e impressionante nella maestosità dei tulipe da 75 hl di cemento grezzo, dalla quale nascono con luce propria vini come il Chianti Classico DOCG Casanova 2020 (sangiovese da singola vigna, il Vigneto Casanova, di 2,5 ha su macigno, fermentazione di due settimane in cemento  e poi 13 mesi in botti di rovere francese non tostate da 41 hl), che in Dievole definiscono come un vino «come si faceva una volta»: dalla gioiosa immediatezza fruttata e con un corpo snello e fine, si è mostrato inaspettatamente versatile durante tutto il pasto e ha trovato il suo vertice gustativo in abbinamento alla buonissima Suprema di faraona di Laura Peri con patate mascè, crema di verdure arrostite e cavolfiore piastrato servitaci come portata principale del nostro light lunch.

Dall’inflessibile planning di Ilaria e Vittorio, l’ultima visita del sabato è stata riservata al Castello Vicchiomaggio il cui wine shop si trova a margine della SR222 (la “Chiantigiana”), in località Greti, poco a nord di Greve in Chianti. Che dire? Potremmo dilungarci, ancora una volta, sul paesaggio superbo, sul palazzotto risalente all’anno Mille che oggi ospita cantina e resort, e ne avremmo ben donde. Però, una sola cosa è stata impagabile: la presenza, con noi, di John Matta, colui che, con la moglie Paola, vide in questa tenuta lasciata al declino e all’abbandono, la stretta via da imboccare per dar vita a una produzione vitivinicola di alta qualità. Mezzo secolo dopo, Castello Vicchiomaggio conta 140 ha di terre, di cui 34 a vigneto e 10 a olivo.

Sentire parlare John, uomo d’aplomb d’altri tempi, ascoltare la sua storia, le pieghe che la vita gli ha messo davanti e la capacità, tutta umana, di distenderle e passare oltre, ci ha emozionato. Certo, non possiamo tacere di una degustazione spettacolare che il nostro ospite ha voluto spiegare lungo le principali espressioni aziendali – compreso il supertuscan Toscana IGT FSM 2018 – e della quale abbiamo portato a indelebile memoria il Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Prima 2020 (90% sangiovese, 10% merlot, da singola omonima vigna su argille pesanti e galestro, affinato per 24 mesi in botti da 10-15 hl, messo in bottiglia a luglio 2022): un abbraccio odoroso, profumatissimo e amichevole, giovane e allungato, più solare e morbido – e perciò immediatamente più confidente – del pure eccellente Chianti Classico DOCG Riserva Agostino Petri 2021.

Tanta bellezza, durata più di 10 ininterrotte ore, deve cedere però il posto davanti alla lungimirante organizzazione di Ilaria Ranucci: mesi fa, infatti, ha avuto la brillante idea di prenotare un tavolo, per l’agognata cena sabatina, nel totem della ristorazione carnivora chiantigiana. Dario Cecchini, a Panzano in Chianti, non necessita di presentazioni, vuol soltanto applausi a scena aperta. Le foto a corredo di questo articolo parlano da sé, ogni commento è superfluo, oltre all’unico consiglio che ci sentiamo di darvi: andateci.

Terzo giorno

Qualche ora di sonno ci ha catapultati all’ultimo giorno del bel tour. Lasciato l’hotel, ci siamo da subito diretti nella più piccola delle aziende visitate (soltanto 12,5 ha di vigneti), Vecchie Terre di Montefili, in quel di Greve in Chianti. Siamo in alto, l’aria frizzante testimonia i 500 m di altitudine di questi crinali a cavallo tra le UGA Greve e Montefioralle. Tre soci americani e una squadra on site principalmente al femminile guidata dall’enologa e agronoma Serena Gusmeri, l’azienda ci accoglie con i volti sorridenti di Isobel, Camilla e Francesca con le quali camminiamo nel giardino fiorito che circonda la proprietà e che ci guidano in una degustazione che pare essere un ritrovo di vecchi amici.

La convivialità del contesto favorisce il bell’assaggio, dal quale ci affranchiamo convinti, dal sontuoso Toscana IGT Cabernet Sauvignon Bruno di Rocca 2018 – specie se valutato in prospettiva accanto alla 2004 – ma, soprattutto, dal Chianti Classico DOCG 2019 (sangiovese affinato per 15 mesi in botti da 30 hl e fatto sostare per 8-9 mesi in vetro), giocoso, croccante nei profumi agrumati, di spezie ed erbe aromatiche, dall’irruenza imberbe al palato, che si bea di slancio e gaia bevibilità.

A una certa, ci aspettano per pranzo. Non è un modo di dire, no: ci aspettano davvero per pranzo. Dunque, via: direzione est/nord-est, 13 km a dividerci dall’ultima tappa del nostro viaggio-studio. Ad aspettarci è Alessandro François, fondatore e forza propulsiva di Castello di Querceto a Greve in Chianti, vista sull’abitato di Dudda. Con lui, suo figlio Simone e sua nuora ci siamo seduti attorno a una tavola imbandita a festa, in una sala da pranzo dal sapore antico e nobile. Dopo il pasto, accompagnato dalla degustazione del Chianti Classico d’annata e della Riserva, oltre che del Vin Santo in abbinamento agli eccellenti dolci, è stata la volta della visita alla cantina interna alla tenuta, in parte poggiata sulla costruzione cinquecentesca e in parte aggiunta dai François negli anni ’70 e all’inizio del nuovo millennio. La vista, da qui, è impagabile: 64,5 ha di vigne circondano la proprietà e, alle spalle, si erge a 892 m s.l.m. il Monte San Michele, apice dei Monti del Chianti e confine dell’area di produzione del Chianti Classico.

Per finire, in una sala di degustazione dove affaccia una scenografica vinsantaia con i suoi tipici caratelli, ci è stata proposta una doppia degustazione in verticale di tre annate (2020, 2019 e 2018) delle due Gran Selezione che Castello di Querceto fa da due vigne poggiate su matrici diverse. Se in generale La Corte si è dimostrata più aperta e comunicativa rispetto all’austerità regale de Il Picchio, a convincerci maggiormente tra tutti è stato il Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Corte 2019 (100% sangiovese da vigna di 3,4 ha a 440-470 m s.l.m., 15 giorni di fermentazione e affinamento di 30 mesi in botti grandi e bottiglia), carezzevole in profumi e aromi fruttati e al contempo vibrante al palato, arricchito da un tannino amalgamato con l’essenza del vino. Il tempo della degustazione gli giova, consentendogli di aprire a trecentosessanta gradi un ventaglio gustativo e aromatico ricco e al contempo di rilassare definitivamente una bocca saporita e persistente.

Al brunire abbiamo ripreso la via di casa, con l’autobus un po’ più pesante dell’andata.

Di questo viaggio portiamo a casa tante esperienze: vini eccellenti, e in parte lo sapevamo, ma soprattutto un’ospitalità che ci ha davvero sorpreso per la cura e l’attenzione che ciascuna azienda ha riservato a noi e, in definitiva, alla nostra Associazione.

Doveroso, dunque, ringraziare tutti coloro che abbiamo incontrato, per la gentilezza, i sorrisi e per il lavoro che portano avanti giorno per giorno; grazie a Marco l’autista, che ci ha scarrozzato a destra e a manca sempre sicuro nella sua guida. E poi, ancora una volta, un immenso ringraziamento va alla precisione cronometrica dell’organizzazione di Ilaria Ranucci e Vittorio Fontana, senza i quali probabilmente staremmo ancora vagando in giro per il Chianti Classico alla ricerca di qualcosa di aperto.

I vini degustati:

Fattoria Selvapiana

  1. Pomino DOC 2022
  2. Toscana IGT Petit Manseng 2022
  3. Toscana IGT Pinot Nero 2021
  4. Chianti Rufina DOCG 2022
  5. Pomino DOC Villa Petrognano 2020
  6. Chianti Rufina DOCG Riserva Vigneto Bucerchiale 2020
  7. Chianti Rufina DOCG Riserva Vigneto Bucerchiale 2019
  8. Chianti Rufina DOCG Riserva Vigneto Bucerchiale 2009
  9. Chianti Rufina DOCG Terre Electae Vigneto Erchi 2019
  10. Chianti Rufina DOCG Terre Electae Vigneto Erchi 2018
  11. Vin Santo del Chianti Rufina DOC 2013

Nittardi

  1. Chianti Classico DOCG 2023 – campione da botte
  2. Chianti Classico DOCG 2023 – campione da barrique
  3. Maremma Toscana DOC Ben 2023 – campione appena imbottigliato
  4. Chianti Classico DOCG Belcanto 2021
  5. Chianti Classico DOCG Casanuova di Nittardi Vigna Doghessa 2021
  6. Chianti Classico DOCG Riserva 2019
  7. Maremma Toscana DOC Ad Astra 2021
  8. Maremma Toscana DOC Nectar Dei 2020

Barone Ricasoli

  1. Toscana IGT Sanbarnaba 2020
  2. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Colledilà 2020
  3. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Roncicone 2020
  4. Chianti Classico DOCG Gran Selezione CeniPrimo 2020
  5. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Castello di Brolio 2020
  6. Toscana IGT Casalferro 2019

Dievole

  1. Toscana IGT Campinuovi 2022
  2. Chianti Classico DOCG Casanova 2020
  3. Chianti Classico DOCG Petrignano 2020
  4. Chianti Classico DOCG Riserva Novecento 2019

Castello Vicchiomaggio

  1. Chianti Classico DOCG Guado Alto 2022
  2. Chianti Classico DOCG Riserva Agostino Petri 2021
  3. Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Prima 2020
  4. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Le Bolle 2020
  5. Toscana Rosso IGT Amphiarao 2021
  6. Toscana IGT Ripa delle More 2021
  7. Vino Rosso FSM 2018

Vecchie Terre di Montefili

  1. Chianti Classico DOCG 2019
  2. Chianti Classico DOCG Gran Selezione 2018
  3. Toscana IGT Cabernet Sauvignon Bruno di Rocca 2018
  4. Toscana IGT Cabernet Sauvignon Bruno di Rocca 2004

Castello di Querceto

  1. Chianti Classico DOCG 2022
  2. Chianti Classico DOCG Riserva 2020
  3. Vin Santo del Chianti Classico DOC 2018
  4. Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Corte 2020
  5. Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Corte 2019
  6. Chianti Classico DOCG Gran Selezione La Corte 2018
  7. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Il Picchio 2020
  8. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Il Picchio 2019
  9. Chianti Classico DOCG Gran Selezione Il Picchio 2018