Un viaggio nel tempo con il Montepulciano di Marina Cvetic
Racconti dalle delegazioni
08 luglio 2025

Una serata speciale dedicata al Montepulciano Riserva San Martino che, attraverso annate, storie di donne e uomini, cambiamenti climatici e analisi gusto olfattive notevoli, restituisce l’anima profonda di una terra straordinaria.
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L’Abruzzo: un patrimonio naturale e vitivinicolo unico
AIS Monza e Brianza ospita una verticale unica: dodici annate di Montepulciano d’Abruzzo DOC Marina Cvetic Riserva San Martino Rosso raccontate dalla produttrice Marina Cvetic, dall’enologo Attilio Alfino e dalla degustatrice e relatrice Alessandra Marras.
L’Abruzzo è una regione dove natura e paesaggio si fondono in un equilibrio raro: a partire dalla convivenza ravvicinata tra mare e montagna per arrivare a una biodiversità invidiabile: il 65% della superficie è montuosa, il 34% collinare, con una minima parte pianeggiante concentrata sulla costa. È la regione più verde d’Europa, con tre parchi nazionali e un parco regionale, a simboleggiarla e definirla due montagne: il Gran Sasso, la vetta più alta dell’Appennino (quasi 3000 metri), un tempo chiamato “l’ombelico” d’Italia; e la Majella, la “montagna madre”, simbolo spirituale e geografico.
L’Abruzzo ha anche una storia vinicola antichissima. Recenti ritrovamenti archeologici testimoniano un ruolo attivo delle donne nella gestione del vino, erano infatti considerate “regolatrici dell'ebbrezza", dosando il vino in base ai compiti degli uomini. Gli ettari vitati attualmente sono circa 34.000, di questi il 52% è montepulciano, il secondo vitigno più diffuso in Italia dopo il sangiovese, le DOCG sono 3, di cui una in divenire.
Montepulciano: un vitigno identitario
Il Montepulciano d’Abruzzo non è solo un vino, con i suoi 17.000 ettari coltivati, è una dichiarazione d’identità. L'uva montepulciano ha una buccia spessa, un’acidità naturale ben integrata, e una capacità di invecchiamento straordinaria. «Germoglia e matura tardi, soffre il freddo durante la fioritura e proprio per questo, negli ultimi anni, maggio è diventato un mese critico», racconta Attilio Alfino, «oggi è sempre più difficile ottenere una perfetta maturazione fenolica. La polpa matura arriva prima dei vinaccioli, e questo ha portato le cantine a differenziare: quando non si può fare un grande rosso, si fa un grande Cerasuolo».
Masciarelli, la visione di una famiglia
In Abruzzo, in un piccolo borgo e con una grande visione, nasce nel 1981 quella che oggi è diventata una delle realtà più riconosciute del panorama vinicolo italiano: le Tenute Agricole Masciarelli. Questa è una storia di amore per il territorio e per i vitigni autoctoni, quelli che negli anni ’80 venivano spesso considerati un limite più che una risorsa. In controtendenza rispetto al gusto dominante, Gianni Masciarelli ha creduto sin da subito nel potenziale del montepulciano e del trebbiano, scommettendo sull’identità abruzzese in tempi in cui il mercato guardava altrove. Negli anni ‘80 il nonno, un contadino dalla visione dura e onesta, vendette al nipote il suo pezzo di terreno perché “voleva dimostrargli che nella vita nulla è regalato”. Il tendone abruzzese, simbolo di tradizione e di rese altissime, viene ridiscusso con rigore e innovazione. Le vigne Masciarelli oggi sono allevate con densità medio-alta 6500 ceppi per ettaro, con attenzione maniacale alla selezione e al rispetto dei suoli. Il 90% del lavoro, dice Marina, è agricolo. E in vigna si decide tutto.
Fin dall’inizio l’azienda si mosse con una visione internazionale, registrando il marchio Masciarelli Tenute Agricole ovunque, perché, dice Marina: «ogni produttore ha un sogno: che il proprio vino venga apprezzato, riconosciuto, amato anche oltre i confini». Nel 1987 ha luogo l’incontro tra Gianni e Marina Cvetic, incontro fondamentale, dal quale prenderà vita, nel 1991 la linea Marina Cvetic. L’azienda però non è solo una questione di vino. È anche una questione di formazione, cultura e convivialità. La Tenuta ha aperto le sue porte alle scuole, alle università, alle associazioni, trasmettendo ai giovani il valore del lavoro agricolo, della sostenibilità, della qualità e del gusto. L’impresa diventa così anche luogo di dialogo, di apertura, di educazione. Come racconta Marina Cvetic: «è un’impresa che ha saputo cambiare pur restando fedele alla sua anima: più organizzata, più studiata, ma sempre con il cuore aperto. Non abbiamo rinunciato alla convivialità e alla diffusione, - spiega -, perché è proprio quella la linfa vitale dell’azienda: creare comunità, trasmettere cultura, rendere felici le persone».
Nel tempo, l’azienda è cresciuta fino ad avere oggi 60 appezzamenti e 300 ha, distribuiti tra mare e monti, tra teramano e aquilano, in un equilibrio difficile ma affascinante.
Il clima è cambiato, e con esso anche il lavoro agricolo: «Oggi, ogni anno ti confronti con una sorpresa, una disgrazia, una sfida climatica» racconta Marina. E proprio per affrontare queste sfide, l’azienda ha investito su competenze, esperimenti, nuovi vitigni e un gruppo tecnico composto da ben tre agronomi che lavorano in stretta sinergia. Sei orecchie, dice lei, per ascoltare meglio la voce della terra.
Ma tutto questo è stato possibile grazie a una figura speciale: donna Liberata, nonna e anima ispiratrice della famiglia. Una donna legata alla cultura contadina, al cibo autentico, alla curiosità per l’abbinamento tra vino e piatti, tra sapori e stagioni. Una donna che parlava di fagioli gialli, bianchi, e chiedeva con cosa si abbinano i carciofi. Una donna che custodiva bottiglie di vino cotto del 1924 chiuse con un fazzoletto. Il patrimonio che ha lasciato è un patrimonio di pensiero, oltre che di gusto.
L’azienda, con sede a San Martino sulla Marrucina, nel cuore della provincia di Chieti, ha saputo coniugare l’antico sapere agricolo a una visione culturale, espandendo la propria attività dal vino all’ospitalità, fino a progetti internazionali e iniziative artistiche. Fulcro della produzione restano i vigneti e gli uliveti di proprietà, distribuiti nelle quattro province abruzzesi. L’azienda propone un ventaglio di 22 etichette suddivise in sette linee principali: Villa Gemma, Iskra, Marina Cvetic, Castello di Semivicoli, Gianni Masciarelli, Linea Classica e La Botte di Gianni. Ma Masciarelli è più di una cantina: è un progetto culturale radicato nel territorio, basta pensare al Castello di Semivicoli, seicentesco palazzo riportato a nuova vita attraverso un accurato restauro conservativo. Oggi il Castello è un relais immerso tra i vigneti, dal suo recupero architettonico è nato un vero e proprio percorso di narrazione integrata, che lega vino, arte e paesaggio. In questa prospettiva si inserisce il Masciarelli Art Project, lanciato nel 2021 in occasione del quarantesimo anniversario dell’azienda. Curato da Miriam Lee Masciarelli con l’obiettivo di creare un dialogo fecondo tra il mondo del vino e l’arte contemporanea, invitando artisti internazionali a interpretare lo spirito del luogo attraverso installazioni e opere fruibili dal pubblico.
Masciarelli: quattro province, un’anima
Punto fondamentale per l’azienda è una profonda consapevolezza geologica e climatica che guida ogni scelta attraverso la lente di alcuni principi fondamentali: eccellenza, onestà e rispetto. Non si tratta solo di produzione, ma di custodia del territorio, e questo legame profondo con l’ambiente si traduce anche in inclusione sociale, formazione e cultura.
La provincia di Chieti
A San Martino sulla Marrucina, 420 metri sul livello del mare, nasce l’anima storica di Masciarelli. Suoli giovani (circa 4 milioni di anni), argilla silicea e marne, influenzati dall’imponente presenza della Majella. È da queste terre che nascono la Linea classica, rappresentazione corale di tutte le province, la linea Castello di Semivicoli, la linea Marina Cvetic, con montepulciano, chardonnay e trebbiano, e la linea Villa Gemma.
La provincia dell’Aquila
Se la narrazione vuole che questa sia la parte fresca dell’Abruzzo, i vigneti di Ofena raccontano un’altra verità: siamo su un altipiano esposto, tra ghiaia, calcare e dolomia, in un suolo sciolto che costringe le viti a una lotta costante per l’acqua e i nutrienti. Qui nascono i vini della linea Marina Cvetic Terre Aquilane: merlot e cabernet sauvignon che parlano la lingua dura e minerale della montagna.
La provincia di Pescara
Si tratta dei vigneti di Loreto Aprutino, a 200 m s.l.m. Il clima qui è mediterraneo e i vini hanno aromi profondi e tannini raffinati: da qui provengono le uve usate per produrre la linea Marina Cvetic (syrah e malvasia) e la linea Gianni Masciarelli (montepulciano, trebbiano e il Cerasuolo d’Abruzzo).
La provincia di Teramo
A nord, il teramano si distingue per la sua dolcezza paesaggistica e una storia antichissima. È una delle zone più antiche della viticoltura abruzzese. Qui nasce Iskra, uno dei cru storici dell’azienda prodotto a Controguerra, e il territorio si racconta attraverso colline segnate da temperature miti e terreni argillosi.
La verticale, definitiva, irripetibile, completa
Degustiamo dodici annate del Montepulciano d’Abruzzo DOC Marina Cvetic Riserva San Martino Rosso, un vino iconico prodotto da uve montepulciano coltivate nei cru di San Martino sulla Marrucina a 400 m s.l.m. (Colle di Paolo, Fonte Filippo, Schiavone, Colle Rosina). Le vigne, di 15-30 anni, nascono da suoli di medio impasto con argille, con resa di 80 q/ha e allevamento a guyot. La prima annata è del 1997. I diversi cru vengono vinificati separatamente, con fermentazioni e macerazioni dedicate, seguite da affinamento in barrique per 12-18 mesi. Dopo l’assemblaggio, il vino riposa in bottiglia per almeno 6 mesi prima della commercializzazione.
Prendere parte a una verticale significa non solo vedere l’evoluzione di un vino e ascoltare cosa racconta, ma anche andare indietro nel tempo, pensarsi in quel passato mentre lo si degusta. Alessandra agevola questo passaggio indicando, per ogni anno degustato, gli eventi notevoli accaduti in quell’annata, ne scegliamo uno per anno e lo riproponiamo a voi lettori.
2021
La Ever Given bloccata nel canale di Suez.
L'annata 2021 si è rivelata complessa e sfidante: dopo un inverno anonimo e una stagione segnata da stress idrico, la vendemmia è avvenuta in ritardo, grazie alle piogge di settembre che hanno ridato vigore alle piante. Nonostante le difficoltà, il risultato è sorprendente.
Il vino si presenta con un colore vivace e luminoso, molto concentrato ma brillante. Al naso è freschissimo, con note floreali di rosa rossa e fruttate di amarena fresca, ciliegia croccante, accompagnate da toni agrumati che ricordano arancia sanguinella e chinotto, e leggere sfumature di erbe officinali. In bocca conferma l’esuberanza giovanile del naso, con acidità viva, tannino presente ma già fine e maturo, e una marcata salinità finale, che contribuisce alla persistenza gustativa e alla salivazione intensa.
2019
Numerosissime e tenaci le proteste degli Hongkonghesi per la propria libertà.
«L’Inverno non è stato principesco, ma per il resto è stata una bella annata, calda, con piogge in primavera che hanno causato qualche problema di allegagione risoltosi naturalmente, la maturità è stata da manuale e la vendemmia è stata rilassante!» è con queste parole che l’enologo introduce l’analisi.
D’aspetto vivo e brioso, profilo molto diverso dal precedente, qui i toni sono più scuri: mirtillo selvatico, cenni di sottobosco, ricordi di cioccolato. Ancora non c’è suggerimento di evoluzione al palato, bensì uno splendido retrogusto di liquirizia, accompagnato da una certa potenza di bocca e persistenza di sorso, fresco e salato, con un tenore alcolico gestito alla perfezione. Lungheggia su sensazioni di chiodo di garofano.
2018
Crolla il ponte Morandi.
L’annata è stata piovosa, c’è stata la necessità di diradare molto per dare più concentrazione. Meno ricchezza rispetto alla 2019 e temperature più fresche.
Esordio olfattivo di eucalipto e fiori di campo, un naso interessante e profondo, con un gradevole frutto in sottofondo. Di nuovo il vino si rivela diverso dai precedenti. Palato contraddistinto da un’acidità sferzante che in quest’annata supera la salinità. Il tannino qui è più percettibile, quasi a sussurrare la frescura climatica. Nel complesso il vino ha una sua delicata finezza che incanta.
2017
Donald Trump diventa presidente.
«L’annata 2017 parte con un evento memorabile: una nevicata imponente all’Epifania, che ha colpito anche le zone di San Martino. Poi, da lì in poi… caldo, caldo, caldo. Non è stato tanto il picco – non si sono toccati troppi record come magari in altre annate – ma è stato il perpetuarsi del caldo, costante e insistente, a rendere quest'anno particolarmente difficile da gestire». Così esordisce Attilio che spiega che, nonostante a San Martino ci siano buone riserve idriche, con terreni che sanno trattenere l’acqua, questo non è bastato. Le piante non sono riuscite a idratarsi, ed è stato complicato portare avanti una maturazione regolare.
Aspetto sempre bello, Profumi meno floreali, dominano note più scure, mature, profonde. Emergono profumi di rabarbaro, carruba, tamarindo, insieme a una mora di rovo molto matura. È un frutto denso, evoluto, che racconta una stagione di caldo continuo. In chiusura, si avverte anche una liquirizia più presente, che però cambia forma: non è la spezia fine, ma quasi un bastoncino di liquirizia, più terroso, materico. L’assaggio conferma il quadro: meno equilibrata rispetto ad altre annate. Il tannino è ben presente, ma si percepisce che la maturazione è avvenuta in modo un po’ accelerato. C’è una certa irregolarità, con un finale che porta molta salinità, una sensazione che richiama la mineralità tipica dei suoli, ma che si esprime in modo più incisivo, quasi spigoloso.
2014
La Russia annette la Crimea.
Il 2014 è stato un anno complesso sin dall’inizio. Tutto è cominciato a fine novembre 2013, con una nevicata eccezionale: le foglie erano ancora presenti sui tralci, e la neve bagnata, pesante, si è accumulata fino a 1.500 m, creando una pressione enorme sulla pergola abruzzese. I tralci ancora tesi hanno formato una sorta di “rete” che ha trattenuto l’acqua e il peso, causando grossi problemi strutturali: danni agli ancoraggi, crolli, deformazioni delle strutture e conseguenze anche sullo sviluppo vegetativo dell’annata successiva.
È stata una nevicata fredda ma ricca d’acqua, una di quelle che lasciano il segno. Da qui in poi, l’annata si è presentata difficile, piovosa, con un ciclo vegetativo complicato. La produzione non è stata elevata, ma ciò ha permesso, paradossalmente, di salvare buona parte della qualità.
Si distingue per il suo carattere floreale evoluto, con un bouquet di fiori macerati e un fruttato di ciliegia scura impreziosito da una venatura balsamica, ricca e sfaccettata: erbe mediterranee, rosmarino. «È interessante notare come, anche dopo cinque assaggi consecutivi, ogni vino risulti profondamente diverso. Una dimostrazione del lavoro artigianale e della capacità di interpretare l’annata in modo sartoriale, nonostante i numeri di una grande realtà produttiva» fa notare Alessandra. Al palato è piacevolissimo, fresco, immediato. Ha una struttura più snella rispetto ad annate più potenti, ma riesce a essere gustoso e saporito. La sua facilità di beva non lo rende affatto banale, anzi: invita al secondo sorso con entusiasmo. La bocca è vivace, succosa, con una freschezza sorprendente.
2013
Papa Benedetto XVI rinuncia al pontificato e gli succede Papa Francesco.
Brutta annata, pioggia, neve. Tante grandinate e anche tanto caldo. Eppure, nel calice il vino è in stato di grazia!
Il profilo odoroso è raffinato, elegante, floreale: rosa canina, violetta e un’ariosità speziata sorprendente, con una nota di zenzero che porta verticalità e brio. Intorno, si avverte una cornice aromatica leggermente tostata, che richiama nocciola e tabacco. Assaggio di pregio, tannino dalla perfetta estrazione, saporito il sorso, fresco, lungo, equilibrato, chiude con curioso retrogusto di caramella al rabarbaro.
2011
Il principe William e Kate Middleton si sposano.
Annata molto bella, complicata, fresca, non particolarmente piovosa, ma con momenti di stress e di pressione meteorologica. Il naso è un po’ chiuso, quasi timido.
A dominare sono toni di sottobosco, radici, note umide, una chiusura che non indica stanchezza, ma piuttosto ritrosia espressiva. Al contrario del naso, la bocca esplode: il vino rivela una acidità sorprendente e ancora ben presente. Colpiscono la freschezza e il carattere salino, che si uniscono a un profilo fruttato inaspettato: emerge la melagrana rossa, intensa, come appena spremuta. C'è una bella energia interna, una tensione continua che dà ritmo alla beva. Il vino non rimane a terra, si alza, si allunga, è ancora in cammino.
2010
Le truppe statunitensi lasciano l’Iraq.
L’annata 2010 è una vetta assoluta per il Montepulciano Cvetic.
Un vino che non solo ha saputo interpretare perfettamente il suo tempo, ma che ha anche raggiunto vette internazionali, entrando nella Top 100 di Wine Spectator. Meteorologicamente è stata segnata da qualche grandinata che ha compromesso alcune piante, ma nel complesso è stata una buona annata.
Ampiezza, rigore, generosità all’olfatto: sussurri di cipria e talco, note di violetta, un fruttato di fragrante ribes nero e una balsamicità prorompente, una spezia che bussa ogni tanto. Vivo in bocca, pimpante, fresco, sapido, aromaticamente intrigantissimo con ritorni di rabarbaro e after eight, e poi di nuovo il frutto che si estende in lunghezza.
2009
Terremoto dell’Aquila, 309 vittime e oltre 1600 feriti.
Annata molto calda fino alla raccolta. Il naso parla di evoluzione: debutta su tonalità cotognate e s’arricchisce di alloro e bacca di ginepro, un frutto caldo e maturo, una speziatura delicata. Palato con ritorni di sigaro e liquirizia, è austero ma goloso, e per certi versi ci chiede tempo per raccontarsi. E così… al naso… tornandoci, arrivano il fieno e le erbe aromatiche.
2005 (in magnum)
Angela Merkel diventa Cancelliera della Germania.
Annata fredda, numerose nevicate a inizio anno, temperature medie inferiori al solito.
Wow. Bello il colore, bello il naso, bello al gusto, una goduria, ma andiamo con ordine: colore in linea, il tempo non ha ancora interferito e d’aspetto la vivacità ci stupisce. Naso ricco, si apre sulla lavanda alla quale si aggiungono arancia sanguinella, fiori in appassimento, frutta scura e boschiva, fiori blu, alloro ed erbe aromatiche essiccate. Palato incredibile, è un’esplosione di freschezza e sapore, aromi di bergamotto, china, erbe officinali e radice accompagnano a lungo.
2000 (in doppio magnum)
Vladimir Putin diventa presidente della Russia.
Annata piuttosto calda - per gli standard di 25 anni fa, in quegli anni si lavorava molto sulla concentrazione e sull’uso del legno, i vigneti erano meno.
Naso bordolese, memorie di agrume, di frutto, di spezia a balsamicità. Palato eccezionale, ancora vibrante di freschezza e arricchito dal tempo, che ha limato i tannini, che ha ammorbidito aromi di frutto, che ne ha incrementato l’equilibrio e la leggiadria. In sala il confronto e lo stupore esplodono, non ci aspettavamo tutta questa bellezza.
1999 (in doppio magnum)
Nasce l’Euro.
Annata disastrosa, (insieme a 1989 e 2023), ha piovuto ad agosto, settembre e ottobre. «Un’annata di sacrifici, coi trattori impantanati nel fango, e la fatica. Questo calice è il viaggio di una squadra» ricorda Marina.
Caffè appena tostato, sottobosco, note terziarie, balsamicità, scorza d’agrume, timo limonato e in successione altre erbe aromatiche. Poi il frutto di nuovo, il fiore, e ancora la balsamicità. Ha tanto da raccontare. Al palato una sensazione amaricante gioca con il segmento acido-sapido che ancora caratterizza il sorso. Tannino perfettamente integrato, vino lunghissimo in coerenza con l’olfatto, sorso pulito e avvolgente.
A degustazione finita proviamo a tirare le somme della lunghissima intensa serata, dodici vini all'interno di un arco temporale che supera i vent’anni, dodici vini diversi, che raccontano, inevitabilmente, l’invidiabile “personale” evoluzione di un vino dal grande potenziale, il Montepulciano d’Abruzzo Riserva San Martino, ma che ci parlano anche di ogni singola annata, del suo potenziale e dei suoi accadimenti. Ascoltiamo meglio le parole di Marina: «ogni anno è come ricominciare da capo, e dietro a ogni calice c’è lavoro, competenza, voglia di fare e dare il massimo. Ci sono abilità, scelte, c’è un’azienda che non ha paura, perché ci mette l’anima», e realizziamo di colpo, come un’illuminazione, quello che questa serata ci ha raccontato: l’onestà e il coraggio di presentare ogni anno il vino diverso.