Un viaggio oltre Manica per degustare lo spumante che sfida Italia e Francia
Racconti dalle delegazioni
22 maggio 2024

AIS Varese dedica una serata alle stupefacenti bollicine inglesi. A condurci alla scoperta di questi vini, un sommelier di grande esperienza e capacità oratoria come Guido Invernizzi.
RUBRICHE
«Ormai lo avete capito, no? Se ci sono io, c‘è sempre qualcosa di strano». Questo l’esordio di Guido Invernizzi alla serata dedicatala alle bollicine inglesi, il suo benvenuto a una degustazione che ha veramente lasciato tutti senza parole. Se infatti si pensa all’Inghilterra, la mente non corre certo ai vini frizzanti. «Tanti credono che gli inglesi siano dei bevitori e non dei produttori- spiega Invernizzi -. Gli Sparkling wine sono invece degli ottimi vini che però hanno spesso prezzi leggermente elevanti, quasi da champagne».
Ma per chi ama sperimentare, questa tipologia di vini sarà decisamente una scoperta.
Alle origini della viticoltura inglese
«Gli inglesi ovviamente sono andati a studiare come fare il vino a Reims, in Champagne. Non a caso il clima e soprattuto i suoli sono molto simili: gesso, argilla e calcare sono infatti predominanti – continua Invernizzi – se dobbiamo percorrere però la storia, tutto parte dai Romani, dall’Imperatore Claudio che decise di impiantare vitigni in Britannia. Pensate che si facevano vini fino al Vallo di Adriano (all’altezza di Liverpool e Manchester ndr.). Oggi non più, anche se sarebbe possibile, visto che si produce anche in Danimarca e Svezia».
Dalla grande Roma, fino a un altro dei periodi di massimo splendore del vino, anche in Inghilterra: quello del cristianesimo quando, dopo l’arrivo dei barbari, ci fu una vera e propria rinascita vitivinicola. «Per i monaci produrre vino buono era un modo per arrivare a Dio, per ingraziarsi l’Altissimo e l’Aldilà».
Con l’arrivo del Medioevo, l’Inghilterra divenne poi famosa per l’importazione, perché la produzione non era nulla di particolare. «C’è però una scoperta che dobbiamo a questo popolo – dice il relatore – se beviamo bolle nel mondo moderno è per merito degli inglesi. Sono infatti loro tra i primi ad aver inventato la bottiglia rinforzata e a rendersi conto che è tutta una questione di atmosfere».
È infatti nel 1681 che venne coniato il termine to “sparkle”, ossia lavorare a maglia in un bicchiere e inviare piccole bolle. «All’inizio del 1600 i vini frizzanti in Francia non erano per nulla apprezzati, prima di Pasteur, le bollicine erano il vino del Diavolo». Superstizioni e credenze a parte, l’area di produzione di questi vini è di 3500 ettari, ossia un decimo della champagne e più o meno l’estensione della Valle del Rodano settentrionale.
Cresce l’interesse per le bollicine inglesi
Nonostante la pandemia, l’Inghilterra ha aumentato del 51% le esportazioni e si pensa che nel 2032 l’attuale superficie vitata sarà più che raddoppiata.
Vengono prodotte principalmente bollicine e bianchi. I vitigni più importanti sono lo chardonnay, il pinot noir e il meunier; poi il pinot grigio, il seyval e il bacchus che è un incrocio tra riesling e silvaner (viene chiamato l’english sauvignon blanc), con note di peperone e pompelmo.
«Un dato interessante da evidenziare è che la percentuale di donne e uomini impiegati nel mondo del vino è più o meno uguale in Inghilterra - spiega Invernizzi e continua- inoltre il primo importatore di vini inglesi è Hong Kong, seguito poi da Usa, Singapore, Francia e Irlanda». Ma non solo inviano i loro vini nel mondo, sono anche i primi a importarne di qualsiasi tipologia. «A Londra si trova veramente di tutto, è il secondo maggiore importatore di vino dopo gli Stati Uniti - e continua- gli inglesi si sono appassionati a vini italiani, francesi e svizzeri».
La degustazione
Classic Cuvée - Nyetimber
L’Azienda è stata fondata nel 1988 da Eric Heerema, ha 170 ettari e produce 350mila bottiglie l’anno. Lo chardonnay è il vitigno principale, a seguire pinot nero e meunier. Le terre sono ricche di gesso e la raccolta e selezione delle uve viene fatta a mano. L’affinamento è minimo di 3 anni in bottiglia.
Dall’esame visivo, secondo Invernizzi, comprendiamo immediatamente che non potrebbe mai essere un Blanc de Blancs perché avvertiamo una nota di rosellina. Le bolle hanno una grana fine e sono molto incisive al naso, mentre la velocità di ascesa è lenta.
Il naso è intrigante, pulito e il blend sembrerebbe avere pinot nero in maggioranza. Si sentono note di ribes, mora, lampone e anche una nota salina, gessosa. Anche al palato ha carattere, con una nota di agrume e scorza di pompelmo tipica dello chardonnay. Ottima la salivazione, ha note saline e un’ottima corrispondenza gusto-olfattiva.
Blanc de Blancs - Coates and Seeley
È un vino creato da due finanzieri della city di Londra: Nicholas Coates e Christian Seely. Ha tra i 4 e i 6 g/l di zucchero ed è realizzato con il 100% di chardonnay. Riposa 40 mesi sui lieviti e non è millesimato. Viene messo in commercio dopo 6/12 mesi con tappo di sughero.
Ha bollicine di grana piccola, non sono tantissime ma la velocità di ascesa è buona. Secondo Invernizzi rivela una finezza olfattiva straordinaria e si avverte con forza la presenza del pinot noir, con le sue note di ribes e mora. Seguono quelle di scorza di arancia rossa e torta al limone e poi ancora una nota di panificazione e pasticceria.
In bocca le bollicine sono vive e non mancano acidità e una sapidità quasi salata. Note di cedro, scorza di agrume donano un quadro gusto-olfattivo di grande dinamicità.
Reserve Brut - Gousbourne
All’ingresso della cantina di Gousbourne c’è una scritta: “Produrre un vino eccezionale richiede maestria, rispetto della natura, ma soprattutto un’attenzione senza compromessi ai minimi dettagli”. Ed è da qui parte tutto. La cantina è del 2004, coltivano chardonnay, pinot noir e meunier. I cloni sono della Borgogna. La vinificazione è condotta esclusivamente in acciaio, mentre il 10-20% fermenta in barrique di secondo passaggio.
Questo vino è un brut con 9 g di zucchero residuo. Già all’esame visivo si comprende che ha una netta prevalenza di chardonnay. Le bollicine sono di grana piccola e ha una bella presa di spuma. Il naso sembra quello di uno champagne di alto livello. Si percepiscono note di noce, mandorla, nocciola, e frutti tropicali come la banana: si uniscono anche note di spezie, come la noce moscata. Al palato rispecchia con forza le caratteristiche dell’uva di partenza: si avvertono note di limone e ha una salivazione agrumata, con una bella sapidità e non manca una fragranza da boulangerie.
Brut Rosé - Nyetimber
Si tratta di un blend di 25-55% pinot noir, 45-75% chardonnay, meno del 5% meunier. La raccolta e la selezione delle uve avviene manualmente. È un rosé da macerazione. Ha un colore bellissimo che ricorda il fiore di pesco, la peonia, il rosa salmonato. È splendente e lucente. Ha bollicine di grana molto piccole. Al naso ha grande mineralità, note floreali di viola e rosa, quelle fruttate di ciliegia e fragoliine di bosco. All’esame olfattivo sembrerebbe decisamente un pinot noir. Si percepiscono anche note agrumate che ricordano l’arancia sanguinella. È un rosé eseguito con grande accuratezza, che al palato rivela note di rabarbaro e genziana, con un'ottima corrispondenza gusto-olfattiva.
Blanc de Noirs - Roebuck Estates
Le uve provengono dalla vigna “roman Villa”, dove hanno trovato un’antica villa patrizia. Riposa 60 mesi sui lieviti con un residuo zuccherino di 5 g/l. Il colore è quello tipico dei Blanc de Noirs, un misto tra l'arancione e il rosso. Le bollicine sono persistenti, hanno media velocità di ascesa e una bella presa di spuma. Al naso si sentono note di lampone, frutti rossi, quelle che ricordano il croissant alla marmellata di ciliegia e quelle agrumate.
È un vino che Invernizzi definisce “strepitoso”: al palato è intensa la nota di molograno, nonché quella speziata, con sensazioni ancora di rosmarino ed erbe aromatiche essiccate. Ha potenza, persistenza e muscolarità, con una corrispondenza gusto-olfattiva straordinaria. Pieno, mentolato, balsamico.
Blanc de Blancs vintage 2018 - Langham
È la quintessenza di un vino ben fatto. “This vineyars is a barbaershop”, perché qui potano le vigne come dal parrucchiere, ricorda Invernizzi. Le uve vengono raccolte e pressate delicatamente. Ha un naso meraviglioso, sembra un grande champagne della Côte de Blanc. Ha un colore carico, pieno, giallo paglierino dorato. Ha una vivacità di colore straordinaria. Al naso rivela la purezza dello chardonnay, si percepiscono note di banana, quasi di yogurt alla banana, e ancora note di tostatura e di scorza di agrume candito. Dopo la deglutizione emergono sensazioni che ricordano la frutta secca, il burro di arachidi, il mango, il guava e in generale i frutti tropicali. Perfetto in abbinamento con piatti della cucina orientale.