Una passeggiata tra costa e colline in compagnia di dieci Donne del Vino
Una serata d’eccezione, un coro polifonico di territori, stili produttivi e ottimi vini. AIS Monza ha ospitato dieci aziende toscane, dieci diverse sfaccettature presentate da altrettante produttrici. Alla regia Paola Rastelli, vicepresidente dell’Associazione Le Donne del Vino, e il sommelier Nicola Provinciali
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La sala è gremita, vociante e di buon umore, davanti a ognuno una moltitudine di calici e un libretto con l’elenco delle Donne del vino. Sul “palco” dieci produttrici toscane (una rappresentata da un uomo), a condurre e dirigere il coro Paola Rastelli, vicepresidente dell’Associazione Le Donne del Vino e Nicola Provinciali, al suo debutto nelle serate di AIS Monza, che ospita - a due anni dalla sua progettazione, ma rimandata causa pandemia - questa serata speciale, questo confronto e scambio nel segno del buon vino.
Le Donne del Vino
L'Associazione "Le Donne del Vino" è un'organizzazione nazionale che riunisce donne impegnate nel settore enologico, dalla produzione alla sommellerie, dalla comunicazione alla promozione. È stata fondata nel 1988 in Toscana con lo scopo di promuovere la cultura del vino e il ruolo della donna nella filiera vitivinicola e contribuire alla crescita della cultura del vino italiano e alla sua diffusione all'estero. Le Donne del Vino organizzano eventi, degustazioni e incontri per diffondere la conoscenza del vino e incentivare la consapevolezza delle donne impegnate nel settore vitivinicolo.
Paola Rastelli racconta con orgoglio di alcuni progetti dell’Associazione prima di lasciare la parola alle ospiti e ai loro vini. Ci parla di D-Vino, progetto su scala nazionale in cui, in ogni regione, su base volontaria, alcune professioniste del settore contribuiscono a portare la propria conoscenza negli istituti turistici e alberghieri; poi accenna ad ETICO, un progetto di raccolta tappi in collaborazione con Amorim Cork.
Si entra nel vivo della serata e l’idea è quella di assaggiare un po’ tutta la Toscana, dall’entroterra alla costa, dal nord al sud.
Dieci voci, dieci storie, dieci vini.
La degustazione
Azienda Cesani
Letizia Cesani ha piglio deciso, scarpe in tinta con la camicia, di un bel verde bosco, esordisce raccontando l’inizio dell’avventura, un’azienda di famiglia nata negli anni Cinquanta con l’acquisto da parte dei nonni di un fazzoletto di terra, ora diventati 27 ettari di vigneto, in prevalenza vernaccia, oltre al vino l’azienda produce olio e zafferano. È a conduzione biologica dal 2007 e grazie a vinificazioni parcellizzate e invecchiamenti spinti punta sulla produzione e sulla promozione di questo vitigno e di questo vino: la Vernaccia di San Giminiano, un vino che “va ascoltato e aspettato”.
Siamo nel centro della Toscana, tra Siena e Firenze, i suoli sono sabbiosi e ricchi di conchiglie fossili, la DOCG è comunale e vede una cinquantina di produttori.
Vernaccia di San Gimignano DOCG Riserva 2019
Oro dai riflessi lucenti, una vernaccia brillantissima, un vino di terra che sa di mare, un pomo d’ottone che rivela una struttura e un’intensità generosissime.
Dapprima chiusa, terrosa e marina, con rimandi di torba e funghi accompagnati da sensazioni mentolate, ricordi di cedro, tracce di pietra focaia e intarsi cerealicoli. Profondità che mano a mano si traducono in frutto maturo, in spunti di piena estate, in caramelle alla camomilla.
La sapidità è pazzesca, il sale rimane in bocca, asseta. Il vino chiude rotondo inebriando di una tattilità quasi oleosa.
Tenuta Il Corno
Maria Giulia Frova ci apre le porte della Tenuta il Corno, ci mostra i terreni di argilla fossile e la splendida struttura ricettiva, un tempo residenza estiva del Granduca. L’azienda conta 200 ettari, di cui 37 di vigneto nel Chianti Colli Fiorentini, sulla collina tra i fiumi Pesca e Virginio. Molti dei vigneti sono antichi, sono state selezionate alcune varietà autoctone come il colorino del Corno, alcuni cloni di sangiovese, la malvasia nera Santa Lucia e altri minori. Sono ancora presenti “piante madri”, a piede franco. Oltre all’uva c’è l’ulivo che ha portato nel tempo a importanti riconoscimenti.
Toscana IGT San Camillo 2020
Il San Camillo è un omaggio al nonno e al podere che da quello stesso nonno ha preso il nome, è a base sangiovese, fa fermentazione in acciaio e malolattica in cemento, affina in botti grandi di rovere per un anno.
Si presenta giovane, un color porpora vivace e meno trasparente di quello che ci si aspetta da un sangiovese, riflessi rubini fanno sognare un futuro seducente. Il naso è contraddistinto da una fragranza scura e fruttata, poi pepe nero, corteccia piccante, un mazzolino di viole appena colte. Al palato si percepisce un tannino che graffia un po’, controbilanciato da una dolcezza appena suggerita, ma inaspettata, bella freschezza. Finale speziato, al bastoncino di liquirizia.
Fattoria La Maliosa
La Fattoria La Maliosa si trova nella Maremma Toscana, a poca distanza dalle terme di Saturnia. L'azienda pratica un'agricoltura biodinamica, e considera la proprietà agricola come un ecosistema vivente, integrando tutte le componenti biologiche del terreno e della coltura, senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi. Antonella Manuli purtroppo non si dilunga nel raccontarci il metodo da lei brevettato con Lorenzo Corino, un insieme di innovazioni agronomiche basate sulla salute della terra e della pianta, su un approccio in cantina il più naturale possibile con lo scopo di fare un prodotto che sia l’espressione più diretta del luogo – ma insiste sul concetto di suolo come organismo vivo. Le produzioni sono coerenti col territorio: vigna, olivo, miele. L’azienda conta 160 ettari, di vigna 8,5 ettari, nei quali sono prevalentemente coltivati i vitigni rossi: ciliegiolo, sangiovese e cannonau grigio; i vitigni bianchi: procanico e ansonica. La zona di Saturnia, con i suoi suoli argillosi, è dedicata alla produzione di vini rossi, mentre la zona di Pitigliano, vicino al monte Amiata, è dedicata alla produzione di procanico.
Saturnalia Rosso 2019
Il vino in degustazione è un blend di sangiovese, cannonau grigio e ciliegiolo – età vigneto da 12 a 60 anni. Una veste rubino con rughe granato nonostante la giovinezza. L’esordio odoroso è di cuoio, ben presto fa spazio a suggerimenti vegetali e a un frutto rosso macerato. Non manca un fiore in appassimento e nel suo complesso è un’esperienza olfattiva intensa e ricca. Man mano che passano i minuti il vino pare spogliarsi di ogni sentore fino a un cuore di arancia sanguinella e stille di grafite. Al palato è piacevolissimo, di ottimo equilibrio, fresco, sapido, saporito. Lascia la bocca detersa, soddisfatta, il setale è lungo e fruttato con suggestioni fumé.
Cantina Dei
Caterina Dei cede la propria voce a Gloria Lilia, collega sommelier della delegazione meneghina. Siamo a Montepulciano, azienda di 60 ettari vitati, nella tenuta ci sono sculture di travertino (roccia sedimentaria calcarea) realizzate sia da artisti locali che internazionali, quasi un fil rouge che lega l’amore per l’arte e per la musica di Caterina e quello per “la creazione di un vino eccellente” da parte della storia di famiglia. Gloria ci fa quasi toccare con mano i terreni argillosi e tufacei che conferiscono al vino struttura ed eleganza, ci fa vedere i fossili.
Vino Nobile di Montepulciano DOCG 2019
Il Vino Nobile di Montepulciano nel luglio del 1980 ha ottenuto per primo, in Italia, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Nel calice troviamo un blend di sangiovese 95% e canaiolo 5%, affinato per almeno 18 mesi in botti grandi di Slavonia e poi un anno in bottiglia, con un potenziale d’invecchiamento che non teme i quindici anni.
Sfoggia un rosso cremisi vivace e impreziosito da qualche segno del tempo, debutta con toni agrumati di scorza d'arancia e fiori in quantità. Un naso pungente e intenso, la foglia del bergamotto, la prugna macerata, la ciliegia matura, spiragli di ginepro a condurci al sorso. Tannini serici, bocca armonica, sottile, lunghissima e sapida, incredibilmente sapida.
Castello Vicchiomaggio
Paola Matta Furini ha grandi occhiali e un foulard con stampe marine, il suo fare discreto introduce la storia della cantina, intrecciata a quella del castello. L'azienda vitivinicola si trova a Greve in Chianti e gestisce una trentina di ettari di vigneto, per lo più orientati alla produzione di sangiovese, con l’aggiunta di merlot e cabernet sauvignon, il suolo è caratterizzato dalla presenza di alberese e argilla e a partire dal 2021 l'azienda è a conduzione biologica.
Chianti Classico DOCG Gran Selezione Vigna La Prima 2019
Blend di sangiovese 90%, merlot 10% - 18 mesi in barrique nuove.
Dal colore deciso e intenso, un rubino fitto e splendente dalla filigrana appena granato. Timido al naso nella sua fase iniziale, una violetta che s’affaccia, frutti di bosco sotto spirito; mano a mano che s’apre però ecco una potente vena balsamica, una tenue tostatura, frutti e fiori che s’intrecciano beati. Al palato è generoso, accomodante, splendida acidità e tannino rigoroso. Lungo nel suo tono di erbe amare e strascichi balsamici.
Azienda Scopone
A parlarci dell’azienda ilcinese Francesco Bufalini, kefiah attorno al collo e voce decisa. L’azienda prende il nome dagli “scopi”, arbusti usati per fare le scope. Siamo sulle splendide colline di Montalcino, dove si trova l’antica cascina risalente al XIX secolo; nel 1997 ha luogo la prima vendemmia, figlia dei vecchi vigneti risistemati. Negli anni 2000, anche su consiglio del grande enologo Giacomo Tachis, amico della famiglia Genazzani, vengono piantate nuove vigne. Oggi gli ettari vitati sono 12, troviamo sangiovese, merlot, cabernet sauvignon, syrah e petit verdot (che verrà presto spiantato). I terreni sono argillosi, di un’argilla scura e ricca di azoto, di magnesio, manganesio e ferro. L’altitudine raggiunge i cinquecento metri sul livello del mare.
Brunello di Montalcino DOCG 2018
Il 2018 è un’annata fresca e regala un rubino dalla trasparenza elegante e di forte impatto. All’olfatto è austero e profondo come solo i Brunelli, note erbacee, sensazioni ematiche, mormorii d’incenso, un frutto scuro e lavorato, ancora erbe amare, pietra. Al palato si dona, morbidezza, polpa, sapidità e freschezza, lunghezze di kumquat macerato.
Tenuta Artimino
Annabella Pascale con luminosa grazia ci racconta la storia del nonno, un ragazzo, Giuseppe Olmo, con il talento e la tenacia per la bicicletta, che sfonda inaspettatamente nel mondo del ciclismo, mondo che lascerà nel ‘42 a causa della guerra; e che si reinventa imprenditore prima nel mondo del caucciù, poi dei materiali sintetici, il gruppo cresce e s’allarga e si affaccia sul mondo del turismo, fra ville e vigneti. Negli anni Ottanta arriva l’acquisto della Tenuta Artimino e i lavori per riportare gli edifici e la vigna agli antichi splendori. Siamo in provincia di Prato e il vino che assaggiamo è il Carmignano, un vino dalla storia antica e aristocratica.
Carmignano Riserva Docg Grumarello 2017
Un rosso rubino dalle scure tonalità, appena granato sull’unghia a suggerire qualche anno trascorso e molti a venire. Naso intenso e ricchissimo, denso nei sapori e di estremo nitore. Comincia col frutto ben maturo, marasca e ciliegia, prugna cotta. Poi spezie amare e intarsi di cuoio e cacao; ricordi di assenzio e china. Palato aromaticamente dovizioso e gustoso, vigoroso asse fresco-sapido, tannino domato, lunghezza erbacea.
Podere Conca
Silvia Cirri è vestita di nero, ha una spilla a gioiello e scarpe laccate arancioni, è una medica e una grande appassionata di vini, nel 2015 pianta 0,8 ettari di cabernet franc tra ulivi antichi, il podere è al centro di un terreno a conca (terreni ferrosi e argillosi) di 4,9 ettari con 800 ulivi, di cui alcuni secolari, delle varietà tipicamente toscane Leccino, Frantoio e Moraiolo; filare dopo filare arriva a cinque ettari di vigna e comincia a fare il vino acquistando nel frattempo le uve da contadini di fiducia. L’azienda è vicina al mare, le estati sono siccitose ma rinfrescate dalle brezze.
Bolgheri Rosso DOC Agapanto 2020
Agapanto è il fiore dell’amore. È l’unico vino di Bolgheri che vede anche il ciliegiolo abbracciato ai cabernet, questi ultimi affinano un anno in barrique di secondo passaggio, il ciliegiolo in tonneaux di 2 passaggio.
Una trama fitta di un prezioso color rubino, s’affaccia con profumi erbacei, balsamici, e mentolati che rinfrescano il ventaglio prima di far spazio al frutto poderoso, maturo e appena colto. Al gusto si fa morbido e ammiccante, tannino equilibrato, giusta lunghezza. Seduce con la sua giovinezza.
Azienda Fortulla
Laura Marzari ci porta a Castiglioncello, sul mare; e ci inebria di bellezza con le fotografie che mostra: un’isola di macchia mediterranea, riconosciuta “sito di interesse Nazionale, per la sua preziosa biodiversità”. La tenuta è di 110 ettari, cinque dedicati a vigneti a bacca rossa, due a bacca bianca e 5 ettari di ulivi. In quest’oasi vivono 35 diverse specie di uccelli e si coltiva in biologico dal 2010, nonostante i problemi di siccità e di vendemmia precoce. Un po’ scherzando un po’ seria, Marzari ci confessa di essere un po’ stufa dell’associazione Castiglioncello-Sorpasso, l’azienda però al capolavoro ha dedicato un vino, le riprese del film avvennero proprio sull’Aurelia che fronteggia il vigneto.
Rosso di Toscana IGT Fortulla 2018
Assemblaggio di cabernet franc e sauvignon, affinamento in barrique usate per 8-10 mesi, fermentazione in cemento e acciaio. Rosso cremisi di ottima fittezza e pienezza rigogliosa. Al naso la frutta rossa matura viene seguita da ricordi varietali e da rimandi di spezie, emozioni fumé e malie di cioccolato fondente. Il sorso è avvolgente e materico, saporito, speziato nella lunga e prestigiosa chiosa.
Azienda Terradonnà
La passeggiata toscana si conclude a Suvereto, zona dal microclima mite e ventilato, contraddistinto da piogge scarse e da una produzione vitivinicola che vede grappoli concentrati e ricchi di antociani e di conseguenza vini di corpo e alcolicità. L’azienda Terradonnà ha un nome che già racconta una storia, quella di un progetto donato da una donna a una donna, da una madre alla figlia.
Annalisa Rossi ha una lunga gonna plissettata a motivi bianchi e neri, concentra in pochi minuti il racconto di un territorio (Terreni di marmo e rocce metamorfiche che sono uscite dal mare, zone argillose, territori difficili che se non sono lavorati impediscono la penetrazione dell’acqua), di una cantina, di una vita e ci regala il brindisi conclusivo.
Val di Cornia DOC Okenio 2018
Un sipario dalle sfumature carminio, scuro, con una matericità importante. Intrigante l’ouverture odorosa di erbe aromatiche, ma il protagonista è il frutto: maturo ma ancora sulla pianta, un frutto che pende sotto il peso della polpa e assorbe il sole, ciliegie, marasche, poi spezie dolci. Il palato si rivela di grande corrispondenza, morbido e orizzontale, succoso, pieno. Minerale come il nome che porta. Si tratta di un cabernet sauvignon in purezza imbottigliato in un vetro leggero.
A questo punto l’ora è tarda, i dieci vini che ci hanno accompagnati fin qui hanno anche – se possibile – scaldato ancor di più l’atmosfera e la convivialità; ci guardiamo intorno e sentiamo di essere stati parte di qualcosa di molto umano, vivo, e ci rendiamo conto che ogni produttrice ha condiviso un modo d’essere e ci ha donato una piccola parte della propria storia, e di questo non possiamo che essere grati.