Una serata a due voci a Magenta: Ricchi, eccellenza mantovana

Lungi dall’essere identificabile solo con il proprio Lambrusco, la provincia di Mantova può vantare la presenza sul suo territorio di aziende che si distinguono concorrendo alla produzione delle eccellenze lombarde. Con Alessandra Marras e Chiara Tuliozi, scopriamo nel dettaglio Cantina Ricchi.

Tiziana Girasella

È stata una serata emozionante quella che si è svolta a Magenta: Alessandra Marras, relatrice AIS e Chiara Tuliozi, proprietaria di Cantina Ricchi, ci hanno raccontato di un territorio vasto ed eterogeneo, quello mantovano, che ancora fatica ad affrancarsi sia dalla nomea che lo lega alla produzione dell’omonimo Lambrusco, sia da quella, conseguente alla prima, che lo vede come territorio di serie B, in cui non si possono produrre vini longevi. Per farlo, ci hanno portato all’interno della cantina Ricchi, un’azienda che ha dovuto affrontare tante sfide per crearsi una credibilità con i fornitori e gli utenti finali, e che lo ha fatto puntando sul proprio marchio con l’obiettivo, più ampio e generoso, di valorizzare l’intero territorio vitivinicolo mantovano.

Cenni sul territorio

La storia della viticoltura mantovana è antica, ma non dissimile da quella di altre regioni italiane: ne parlava Virgilio nelle Bucoliche e nelle Georgiche. Gli Etruschi - per primi - ne hanno dato l’impulso introducendo la vite maritata mentre, in epoca romana, le province situate lungo il Lago di Garda erano al centro di una fitta rete di commerci che ricomprendevano anche quelli legati al vino. Durante il Medioevo e con le invasioni barbariche è solo grazie agli ordini monastici se la cultura vitivinicola sopravvive. Importanti, poi, sono stati gli interventi dei Gonzaga e di Matilde di Canossa che hanno regolamentato le tecniche di produzione dando indicazioni anche per la vendemmia. Infine, l’arrivo della fillossera e le due Guerre Mondiali hanno determinato un periodo di decadenza che si è protratto a lungo, ragion per cui la ripresa è stata molto lenta e difficoltosa.

Dal punto di vista geografico, il territorio della provincia di Mantova occupa una superficie di 2.341 km2 di cui 2.000 ha sono vitati ed è suddiviso in due macroaree: una collinare a nord (in cui è situata l’azienda Ricchi) e l’altra pianeggiante in cui si trovano l’Oltrepò Mantovano e il Viadanese Sabbionetano, vitate solo dopo il recupero avvenuto a seguito delle bonifiche.

Varie sono le denominazioni che insistono su questo territorio: Alto Mincio IGT, nata nel 1995 anche per contenere le tipologie che non rientravano nelle altre denominazioni; Garda Colli Mantovani DOC, la prima del territorio, del 1976, che ricomprende tre vini: bianco, rosso e chiaretto, tutti e tre con uvaggi e rispecchia la coltivazione tradizionale che prevedeva la coltivazione promiscua nei vigneti; Garda DOC, la denominazione interregionale del 1996; infine, Lambrusco Mantovano DOC con le sue due sottozone e Provincia di Mantova IGT.

L’azienda

L’azienda agricola Ricchi è situata a Monzambano, a 5 km da Sirmione e dal Lago di Garda con i quali condivide l’origine morenica dei suoli. Qui, infatti, anticamente, era presente un ghiacciaio il quale, muovendosi nel corso delle glaciazioni, ha trascinato con sé delle morene, ossia degli accumuli di sedimenti, che hanno disegnato man mano un vero e proprio anfiteatro. Oggi, i suoli sono sciolti e permeabili, con alto drenaggio e una buona rete idrografica sotterranea. Il clima è intermedio tra il mediterraneo, nella zona più prossima al lago, e il continentale in quella più interna. La vicinanza al lago di Garda fa sì che le viti possano beneficiare della continua ventilazione dell’Ora, garantendo sanità alle uve.

Ricchi è il nome del piccolo borgo in cui è situata l’azienda: proprio qui, nel 1930, Enrico Stefanoni, fondatore dell’azienda, ebbe la lungimiranza di immaginare che quel terreno, così povero e quindi non adatto alla coltivazione, potesse invece essere impiantato a vigna. Da ciò ha origine il nome dell’azienda, Ricchi, dal latino richinus: i richi o zerbi identificavano campi molto aridi e difficili da coltivare.

Inizialmente la parte vitata in azienda era minoritaria, essendo destinata perlopiù all’allevamento e in piccola parte alla coltivazione di cereali. Con la seconda generazione, il figlio Vittorio decise di abbandonare l’allevamento e, ascoltando la propensione del terreno, si dedicò alla sola coltivazione della vigna, dando luogo alla vera e propria creazione dell’azienda vinicola, con un grande investimento non solo a livello strutturale, ma anche qualitativo. Acquistò, inoltre, tutti gli appezzamenti di terreno posti intorno all’azienda per consentire di effettuare velocemente tutte le operazioni legate alla vendemmia.

Oggi è presente la terza generazione, che ha da subito deciso di puntare su una produzione di qualità e al tempo stesso etica, in ottemperanza ai principi di sostenibilità ambientale. Varie sono le modalità attraverso cui questo viene attuato: non vengono usati diserbanti, ma sostanze a base acetica che rimangono in superficie senza intaccare le radici. Ancora, per contrastare lo stress idrico, comune in questi ultimi anni, l’azienda ricorre all’irrigazione di soccorso, a goccia, bagnando solo le radici, evitando possibili marciumi e spreco d’acqua. Dalla potatura invernale si ricava del cippato che, dal 2012, alimenta una caldaia riducendo l’emissione di CO2 nell’ambiente. L’azienda è quasi autonoma dal punto di vista energetico grazie dell’installazione di un impianto fotovoltaico attivo già dal 2010 e che consente di produrre annualmente 33.000 bottiglie CO2 free. Dulcis in fundo, le rese sono molto basse, attestandosi su una produzione di 350.000 bottiglie su 45 ha totali. Tutto questo si combina, infine, con una grande attenzione all’innovazione: ogni fase della lavorazione è tracciata e ottimizzata grazie a un sofisticato sistema computerizzato.

Il sistema di allevamento utilizzato è in prevalenza il cordone speronato, ma, sui vecchi impianti, è stato mantenuto quello tradizionale ad archetto.

Tante sono le etichette prodotte, su due linee diverse, così come le tipologie, dal Metodo Classico al passito: la maggior parte delle uve coltivate sono chardonnay, cabernet sauvignon e merlot, ma anche molte di quelle previste dalle DOC della zona. I vini prodotti dall’azienda sono ricompresi per la maggior parte nella DOC Garda e Alto Mincio IGT.

La Degustazione

Metodo Classico Pas Dosé Essenza 0 2015
85% chardonnay, 15% pinot nero; oltre 72 mesi sui lieviti; sboccatura novembre 2022; servito in magnum

Ricchi produce spumante già da quasi 50 anni, ma non essendo un vino consueto per il territorio, ha deciso di creare un’etichetta unica e identitaria, che raffigura in numeri il dosaggio del vino.

Il perlage è molto fine; ciò che colpisce subito all’olfatto è l’assoluta eleganza, la non prevaricazione del lievito: mantiene una parte floreale delicata e sottile, di fiori bianchi d’acacia, cui seguono cedro, erbe aromatiche e una parte un po’ iodata; sullo sfondo lievi sentori di pasticceria. Al palato è perfettamente corrispondente, con un’effervescenza cremosa e una parte salina che accompagna le note agrumate, incluso l’albedo, e sensazioni fresche, mentolate. Scaldandosi emergono i toni più dolci: melone bianco e miele d’acacia. Riesce a coniugare eleganza e delicatezza a una bella struttura, in un equilibrio molto interessante. «Un vino dalla doppia anima» lo definisce Alessandra. Pur essendo un pas dosé, non presenta alcuna spigolosità né aggressività, ma è declinato tutto in finezza.

Lugana DOC 2022
100% turbiana

Siamo alla sesta vendemmia da vigne di circa 25 anni, in affitto. Criomacerazione per 7-8 ore e solo acciaio, si presenta con toni ancora chiari, quasi verdolini ma rivela da subito una bella struttura. Il naso è esuberante, con sentori di nocciola fresca, fiori bianchi e pesca bianca, e una parte gessosa, quasi di cipria. L’assaggio è coerente, con un sorso avvolgente e rotondo sostenuto da un’acidità che, data la gioventù, è ancora debordante, ma conferisce leggerezza ed equilibrio. Presenta già una bella personalità lasciando presagire una buona evoluzione. Nonostante l’annata calda, il vino non ha sentori di surmaturazione. Scaldandosi, acquista anche evidenze di salvia al limone che riescono a lasciare una magnifica pulizia di bocca. Chiara lo definisce «un respiro profumato di sole e di vento».

Garda DOC Meridiano 2021
100% chardonnay

Prende il nome dalla meridiana presente in azienda, su cui è scritta la frase: «fa’ tesoro di ogni istante». Così, il nome del vino vuol essere un segno distintivo della famiglia dato che la meridiana li accompagna da sempre. Le rese sono molto basse e la raccolta viene effettuata alla giusta maturazione; rimane per una ventina di giorni in fruttaia, solo per dare un’asciugatura all’uva che risulta in tal modo più concentrata e profumata. Fa criomacerazione per 7-8 ore, quindi pressatura soffice per utilizzare solo il mosto fiore e infine un passaggio in tonneaux non di primo passaggio per 6 mesi.

La nota pseudocalorica risulta molto ben integrata e bilanciata da una bella struttura; al naso si avvertono suggestioni di grano arso e miele, quindi un frutto più maturo rispetto al vino precedente, sui toni dell’ananas. Così anche il fiore ricorda la ginestra, la macchia mediterranea e l’elicriso. Torna netta anche la parte iodata, di salsedine, quasi fosse un vino di mare. Scaldandosi, emerge una nota più dolce, che ricorda la crema al limone. Al palato il calore si percepisce, ma è ben sostenuto da una bella struttura. Lo chardonnay si fa riconoscere in modo elegante, con una persistenza su toni maturi e agrumati, presentando grande coerenza. È avvolgente, rotondo, ma con una bella salinità che alleggerisce il sorso e ne costituisce la spina dorsale.

Garda DOC Ribò 2020
75% cabernet franc (da vigne vecchie), 25% cabernet sauvignon

Il nome è legato al famoso cavallo da corsa: al momento dell’immissione sul mercato, infatti, voleva essere il cavallo vincente dell’azienda, quello più identificativo. Il 50% del cabernet franc rimane in fruttaia per circa 30 giorni; le uve sono vinificate separatamente e successivamente assemblate; infine, trascorre un anno in botte grande.

Già dal colore evidenzia una bella vivacità, con ancora qualche nota porpora. Al naso emerge un frutto maturo, di ciliegia e un bouquet di peonia e rosa carminio, e una lieve nota di arancia sanguinella. Si avverte una leggera speziatura, di pepe nero e una vena balsamica, quasi mentolata e allo stesso tempo ferrosa. L’assaggio restituisce una bella rotondità, un frutto integro, unitamente a una piacevole freschezza e sapidità, così come il tannino, che risulta perfettamente levigato.

Garda DOC Carpino 2017
100% merlot

Appassimento delle uve per circa 30 giorni, fermentazione lunga, un anno di botte grande.

Il colore è un granato vivace e luminoso. Al naso si percepisce un frutto scuro evoluto, di prugna disidratata, cui seguono pot-pourri, carcadè, carruba, tamarindo e caramella al rabarbaro, chiodi di garofano, una leggera piccantezza al naso che fa pensare al peperone crusco e una nota balsamica quasi mentolata. Scaldandosi emergono tostature di caffè e ricordi di cioccolato e ciliegia sotto spirito. Al sorso è avvolgente e morbido. Emergono la caramella mou e la liquirizia. L’alcol si avverte, ma è perfettamente integrato. Piacevolmente fresco e con una gradevole persistenza fruttata.

Garda DOC Carpino 2000
100% merlot - Prima annata di produzione

Il colore è ancora integro, con buona vivacità e trasparenza. Al naso emerge una nota agrumata di chinotto e della foglia di pomodoro. Si ritrova il peperone crusco cui si aggiungono olive nere disidratate, cenere, alloro e cacao, e dei ricordi profumati di foglia d’arancio. Il palato è perfettamente corrispondente: olive nere salate, cacao e caffè. Conserva freschezza e avvolgenza, una buona struttura, grande persistenza e perfetta pulizia del palato.

Passito Alto Mincio IGT Le Cime 2018
50% garganega, 50% moscato giallo

Ulteriore sfida per l’azienda e il territorio, poco noto per la produzione di questa tipologia di vini. 90 giorni di appassimento in fruttaia, fermentazione lenta, maturazione in legno inizialmente con una parte di fecce. 130 g/L di residuo zuccherino.

Il colore è un oro di grande luminosità. All’olfatto, nonostante la dolcezza, emerge subito la nota fresca di salvia e rosmarino che evidenzia freschezza, poi zafferano, albicocca disidratata, miele millefiori, cera d’api, un pizzico di pepe bianco, cedro candito. Anche al palato il residuo zuccherino lascia spazio a sentori freschi, quasi mentolati, cedro candito accompagnato dal sale, che fa pensare al gelato al caramello salato.

I lunghi applausi finali e i calici vuoti decretano non solo il successo della serata, ma soprattutto l’apprezzamento per l’attento lavoro di questa bella realtà.