Val Brembana nel piatto e Valle Camonica nel bicchiere
Racconti dalle delegazioni
05 marzo 2025

Prendi il Miglior Sommelier di Lombardia del 2022, Pietro Sangiorgio, e mettilo insieme a un casaro della Val Brembana sui generis, Nicolò Quarteroni. Portali in AIS Monza e Brianza e otterrai una serata esplosiva, nuova, ricca di energia, passione, sapori straordinari e scoperte sorprendenti.
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«Non si può separare l’arte dal mestiere. Un vero artista è anche un vero artigiano».
Con questa citazione dal Faust di Goethe, il vulcanico Pietro Sangiorgio – appassionato interprete dei vini camuni – apre la serata, mettendo in luce il legame indissolubile tra creatività e maestria. La maggior parte dei produttori presentati questa sera non fanno vino per mestiere, ma per passione e per scelta, spesso affiancando questa attività ad altre. Ogni sorso, dunque, non racconterà solo il lavoro dell’artigiano, ma anche l’estro dell’artista. E sarà proprio questa la nostra mission: riconoscerli entrambi in ogni assaggio.
La rinascita del vino camuno
Prima della degustazione, Pietro fa un breve excursus nella storia della Valle Camonica, un territorio plasmato da milioni di anni di trasformazioni geologiche. Circa 225 milioni di anni fa, un mare poco profondo copriva l’area, lasciando in eredità il massiccio della Concarena, una delle due montagne chiave per il territorio. Solo con la fine dell’ultima glaciazione, tra 10.000 e 15.000 anni fa, il ritiro del ghiacciaio dell’Adamello scolpì la valle e portò i primi insediamenti umani, testimoniati dalle celebri incisioni rupestri.
La viticoltura arrivò con i romani, ma le prime attestazioni scritte risalgono al 1050, quando la vite era coltivata per la mensa vescovile di Brescia. Nei secoli, guerre, pestilenze e cambiamenti climatici misero a dura prova la produzione. Nel XVI secolo, sotto la Repubblica di Venezia, furono introdotti incentivi fiscali, ma nel 1567 una misteriosa moria delle viti causò un tracollo. La coltivazione si spostò sulla riva destra dell’Oglio, per poi trasferirsi su quella opposta nei secoli successivi. Tra il XVIII e XIX secolo, la piccola glaciazione e l’epidemia di fillossera ridussero drasticamente la produzione. Nel 1970, la valle contava ancora 2000 ettari vitati, ma nel 2000 ne restavano meno di 50. La svolta arrivò nel 2003 con la creazione dell’IGT Valcamonica e l’impegno di un piccolo gruppo di produttori. Nello stesso anno nacque “Sciör del Tórcol”, la manifestazione che celebra il vino locale a Losine. Oggi la Valle Camonica conta quasi 200 ettari vitati e 23 aziende, di cui 17 aderenti al Consorzio, segnando una rinascita della tradizione vitivinicola camuna.
La zonazione della Valle Camonica
Un primo studio di zonazione è stato effettuato dal professor Lucio Brancadoro dell’Università degli Studi di Milano nell’ambito del progetto Val.So.Vi.Ca. (Valorizzazione Sostenibile della Vitivinicoltura Camuna), iniziato nell’agosto del 2019 e conclusosi a gennaio del 2023. Sangiorgio, partendo da questa prima zonazione, ci presenta una sua sintesi che non si concentra esclusivamente sulle zone storiche e divide la valle in tre macro aree.
- Bassa Valle Camonica – Terrazzamenti del Lanzato
Questa zona, che si estende tra Darfo Boario Terme, Piamborno e Piancogno, presenta altitudini comprese tra i 270 e i 350 metri, con pendenze molto ripide che hanno reso necessari i terrazzamenti. I suoli, frutto di secoli di riporti, sono misti: calcarei, selciferi e argillosi. L’elevata luminosità e la maturazione precoce favoriscono la produzione di spumanti, oggi eccellenza del territorio. Influisce molto sul ciclo fenologico la presenza del lago di Iseo (maturazione anticipata).
- Media Valle Camonica – Conoide della Concarena
Zona d’elezione per i vini bianchi, si estende tra Ghezzo e la Concarena, con suoli marcatamente calcarei. Si suddivide in tre sottozone:
- fronte sud (Losine): terreni scheletrici con pochissimo suolo superficiale, esposizione sud-est e maturazione lenta, circa 10 giorni dopo la bassa Valle Camonica.
- fronte centrale (Cerveno): suoli più profondi e argillosi, con esposizioni a est che garantiscono un’irradiazione delicata e una maturazione più tardiva di 7 giorni rispetto al fronte sud.
- fronte nord (Capo di Ponte e Lozio): considerata la “Gran Cru” della valle, presenta suoli calcarei con depositi di gesso che conferiscono grande sapidità ai vini. La maturazione è ancora più tardiva.
Un dato interessante: negli ultimi 15 anni, l’ultimo weekend di settembre ha sempre portato pioggia. Questo impone ai produttori scelte precise sulla vendemmia, con chi raccoglie prima in netto vantaggio rispetto a chi deve attendere che l’uva si asciughi.
- Alta Valle Camonica – Il cambiamento radicale
Superati i 500 metri, intorno a Sellero, il panorama vitivinicolo cambia drasticamente. Qui l’influenza del lago si attenua, l’Adamello la fa da padrone con i suoi graniti metamorfici e il clima montano domina, rendendo le condizioni di maturazione ancora più complesse. Aumenta l’altitudine e la vendemmia si anticipa rispetto alla media Valle Camonica.
Due passioni in una serata: formaggio e vino
Non di solo vino è fatta la serata che si arricchisce di un viaggio nel mondo del formaggio, guidato da Nicolò Quarteroni, pronto a svelarci l’intreccio profondo tra questi due prodotti: entrambi frutto di fermentazione, maturazione e affinamento. «Il formaggio è cultura, patrimonio, identità» e Quarteroni racconta Ferdy Wild, la sua famiglia, da sempre legata agli alpeggi. Il bisnonno era casaro in val d’Inferno e il padre, 35 anni fa, è ripartito da zero legando la tradizione di famiglia all’ospitalità. «Un’ospitalità estrema, vissuta in simbiosi con la montagna – continua Nicolò – Ancora oggi, mio padre trascorre un mese all’anno in una grotta, a 2000 metri, non per necessità, ma per amore di questa terra e di questo mestiere».
Fare formaggio in montagna è un’arte antica e complessa, tramandata da generazioni. Tra le vette della Bergamasca ci sono oltre 50 caseificazioni storiche, ognuna con la propria tecnica segreta, eredità di una tradizione che non ha mai amato la condivisione. Dalla val d'Inferno alle malghe più remote, ogni formaggio racconta una storia di sacrificio e passione.
La degustazione
Il tasting scelto da Quarteroni propone un percorso sensoriale che parte dal latte fresco, passando per quello da pascolo, fino ad arrivare alla complessità della stagionatura sul latte d’alta montagna per seguire il filo della tradizione casearia alpina.
I vini proposti da Sangiorgio provengono tutti dalla zona della media Valle Camonica. Le scelte di abbinamento tra vini e formaggi si sono rivelate perfettamente armoniche.
Vino bianco Ramarro Beat 2023 – Fausto Ligabue
100% riesling renano. Vendemmia al 30 settembre; pigia/diraspatura, 8 giorni di macerazione, torchiatura, fermentazione in tonneau (500 litri). Messo in bottiglia prima di terminare la fermentazione con 20 g/l residuo. Sboccatura a mano: 3 febbraio 2025. Titolo alcolometrico: 12% vol.
L’azienda si trova a Capo di Ponte. Fondata nel 2003 si estende su 2,5 ettari, produzione 4000 bottiglie.
È un metodo ancestrale dalla bollicina estremamente fine, quasi impercettibile. Ci spiega Sangiorgio che qui «la CO₂ svolge un ruolo essenziale, non solo in termini sensoriali, ma anche pratici: saturando il liquido, impedisce all’ossigeno di dissolversi, diventando un conservante naturale. Questo consente al produttore di eliminare completamente l’uso di additivi o strumenti enologici, portando il vino a un’espressione pura e autentica». Al primo impatto olfattivo emergono nette note di zafferano, accompagnate da cera d’api e frutti quali la prugna bianca e la susina molto matura. In bocca si confermano le sue caratteristiche distintive: un’acidità vivissima e una sapidità di ritorno che richiamano, per espressività, la craie. Il vino evolve di continuo, mutando a ogni assaggio, rivelando sfumature sempre nuove e sorprendenti.
Formai del Ferdy Hay
Assaggiamo un primo formaggio a pasta semicotta, che abbiamo preventivamente scaldato tra le mani. È frutto di un processo di caseificazione artigianale: fatto a mano, su fuoco a legna. Annusandolo sprigiona un gran profumo e rivela sfumature sottili di dolcezza dovute al latte prodotto da Bruna Alpina che ha mangiato fieno invernale. In bocca è plastico, grasso, con una parte affumicata finale che deriva dall’uso del fuoco a legna. Buona sapidità. Con il riesling si ha una perfetta pulizia.
Formai del Ferdy Green
Il secondo formaggio in degustazione è più grasso del precedente, più elastico e annusandolo senza romperlo emana già un profumo più intenso, sembrerebbe anche più giovane. In realtà ha due mesi in più del primo. La caseificazione è la stessa, ma il latte proviene da vacche che hanno mangiato al pascolo e che selezionano ciò che mangiano. Al naso le sfumature sono diverse, rimandano al burro e i profumi sono più complessi. Come per il vino, anche per il formaggio più il tempo passa, più si sviluppano complessità e vitalità, per questo è necessario il tempo per farli esprimere e per farli durare.
Valcamonica IGT Rebelot 2023 – Brüsa Crus
100% incrocio Manzoni. Vigneto a Cerveno ai piedi della Concarena a 500 m s.l.m.; 2 mesi di macerazione in anfore di terracotta e gres. Prima annata prodotta. Titolo alcolometrico: 12% vol.
L’azienda di Alberto e Francesco si trova in località Glere, nei pressi di Cerveno e si estende su 2 ettari.
Una grande luminosità che fa pensare a un pH acido e preannuncia freschezza. Il naso è aromatico e ricco e si rivela subito con note di miele e un’esplosione di fiori, fa capolino anche una componente di salamoia che anticipa la sapidità che ritroviamo all’olfatto. Il profumo evolve con il tempo: leggermente compatto all’inizio, complice la lunga e intensa macerazione che amplifica le componenti fruttate, con sentori di agrumi e frutta gialla: pesca, nettarina e un intreccio di spezie esotiche (cardamomo e un leggero accenno di curry). È un bouquet in continua evoluzione. Al palato, il vino si esprime con precisione e pulizia.
Formai de Mut 2024
Questo è un formaggio DOP prodotto in alpeggio, tra i 1500 e i 2000 m di altitudine. Col tempo, la denominazione si è ampliata per includere anche la produzione invernale, distinguendo il rosso (stalla, inverno) e il blu (alpeggio, estate). Il naso è ancora giovane, in evoluzione: emergono note di fieno appena tagliato, camomilla, erbe di montagna. Grasso al tatto, ma sorprendentemente leggero e raffinato in bocca. L’ingresso in bocca è delicato, quasi impercettibile, poi il sapore si apre lentamente, rivelando un’armonia perfetta tra finezza, complessità e acidità.
Valcamonica IGT Botton d’Oro 2022 – I’Nadre
100% incrocio Manzoni, il 30% non diraspato; 12 mesi di macerazione sulle bucce in acciaio cui si è arrivati gradualmente, aumentando ogni anno di un mese in più di macerazione. L’azienda, fondata nel 2008, si trova a Muline nei pressi di Cerveno; i vigneti furono piantati nel 2001 e si estendono su 2,5 ettari; produzione 5-6000 bottiglie. Titolo alcolometrico: 12% vol.
Dorato, luminoso, ha un naso elegante, con sentori di fiori secchi, camomilla in infusione e una sottile aromaticità avvolgente che però muta di continuo lasciando il passo a miele di castagno e sentori agrumati. In bocca, il tannino leggero e ben integrato dona ritmo e profondità al sorso, senza appesantire. La chiusura è sapida e delicatamente acida. Nonostante la lunga macerazione, il vino mantiene intatta la sua identità. La produzione è limitatissima, sotto le 400 bottiglie.
Formai de Mut 2023
Degustiamo sempre il Formai de Mut ma più vecchio, più maturo. Con un anno in più la texture cambia radicalmente, diventa più solida, ma mettendolo in bocca, il formaggio è grasso e morbido. La maturazione porta una maggiore definizione dei profumi, con note di fieno tagliato, nocciola e tannini sottili. Il tempo lo arricchisce di complessità ed equilibrio e dopo un anno e mezzo di maturazione, regala una soddisfazione unica: la sua sapidità chiude l’appetito e lascia un gusto che rimane a lungo.
Quattro formaggi da tre latti diversi hanno dimostrato come un unico formaggio si evolve nel tempo e concludiamo il viaggio nei formaggi a pasta dura.
Valcamonica IGT Mat 2019 – Enrico Angeli Agricola Concarena
70% riesling renano, 30% sauvignon. 70/80% dell’uva complessiva attaccato da botrite; 3 passaggi vendemmiali dopo il primo. Titolo alcolometrico: 11,5% vol. L’azienda è operativa dal 2008 e nel 2012 realizza una nuova cantina ai piedi della Concarena; ettari vitati 2,5 ettari; produzione 6000 bottiglie.
“Mat” come matto, perché questo vino nasce da un’idea folle: è figlio della muffa nobile, in un territorio dove nessuno aveva mai osato. Richiama i riesling della Mosella e ha un’identità forte, con una carica varietale e territoriale davvero estrema. Al naso, si presenta con un’aggressione iniziale di idrocarburo, un profumo che resta un po’ contratto, ma che avrà davvero bisogno di decenni per evolversi, come i più grandi riesling del mondo. Sotto questa prima sensazione di idrocarburo, emergono note di frutta come la pera kaiser, accompagnata da un accenno di spezia che si bilancia con un richiamo alla gomma e alla roccia bagnata. In bocca, il vino è un equilibrio perfetto tra zucchero e freschezza, con una vivacità che sembra quasi frizzante. Sangiorgio chiosa: «Ogni parte della bocca è coinvolta: prima il palato, poi le guance, e infine il vino torna indietro e avanti. È pieno di energia, che esplode da ogni angolo, con una chiusura freschissima e un ritorno di sale che pulisce e prepara a un nuovo sorso». La freschezza della scorza di pompelmo e lime vivacizza il naso, rendendolo sempre più invitante. Un compagno perfetto per il Formai de Mut.
Strachì quadro e Mascherpa salata e stagionata
La degustazione dei formaggi si conclude con due paste molli: uno stracchino e la mascherpa accompagnata da uno sciroppo di gemme d’abete. Lo stracchino, fatto con latte caldo preso direttamente dalla stalla e riscaldato senza l'ausilio del fuoco, è un formaggio che matura in breve tempo. La mascherpa è un formaggio povero con una muffa naturale molto particolare. È delicato e versatile.
Valcamonica IGT Meta III 2021 – Alberto Nivelli
100% riesling renano. Acidità 8,9 g/l; pH 3,1; residuo 35 g/l. Titolo alcolometrico 10% vol. L’azienda fondata nel 2010 si estende ai piedi della Concarena su 0,7 ettari; la parte alta del vigneto, piantato nel 2011, era coperta da bosco e ha reso il suolo incredibilmente ricco e capace di donare grande complessità ai vini. La parte bassa, invece, era semplice prato, privo di impianti viticoli fino al 2011. Dal 2022 Nivelli realizza il proprio vino in collaborazione con Nicolò Quarteroni.
Al naso è «ruggente», ha una matrice comune al vino precedente, ma qui l’intensità si esprime in una maniera diversa, più profonda. «C’è un’energia che lo porta ad avvolgersi su sé stesso, a riproporsi continuamente in un vortice di sale, frutto, spezia dolce e frutta candita» continua Sangiorgio. L’idrocarburo, rispetto al primo vino, si sposta meno sulla roccia e più verso note di gomma, di plastica calda. La stessa sensazione si ripropone in bocca. Anche qui il residuo zuccherino è più marcato rispetto al vino precedente, ma perfettamente integrato in questa danza di contrasti e armonie.
Valcamonica IGT Il Sant 2022 – Rocche dei Vignali
100% incrocio Manzoni. Due mesi di appassimento in fruttaio; vinificato in barrique (30-40% nuove) e qui affinato un anno. Titolo alcolometrico 14% vol. L’azienda cooperativa nasce nel 2003 per iniziativa di una decina di piccoli coltivatori, tra cui Gigi Bontempi. Siamo a Losine, nella bassa Valle Camonica: ciò che rende unica questa realtà è la frammentazione dei suoi 12 ettari, distribuiti lungo tutta la valle. Pur essendo una cooperativa, produce poche bottiglie: un approccio che consente di ottenere un’espressione complessa del territorio, non solo legata alle caratteristiche della conca valliva, ma anche alle diverse zone che la compongono. Oggi la cantina conta una ventina di soci, con Gigi come direttore fin dal primo giorno.
Il colore, dorato, è straordinariamente luminoso; al naso spiccano le note floreali, in particolare la camomilla intensissima, seguita da una bella componente erbacea che richiama il fieno. Susina e pera dominano il profilo aromatico con una bella croccantezza. Si avverte anche un delicato tocco mielato, che dona una piacevole sfumatura golosa. In bocca, la dolcezza è più marcata, ma ben bilanciata. La persistenza lascia una sensazione che ricorda quasi una caramella di frutta mista, senza risultare stucchevole. Il sale è ancora ben presente, anche se meno rispetto ai vini precedenti, poiché non proviene interamente da suoli calcarei. Tuttavia, la sapidità dona un finale allungato e vibrante, rendendolo un vino perfetto per concludere questa esperienza di degustazione.
La serata giunge al termine, lasciando nei presenti non solo il ricordo di grandi assaggi, ma anche la consapevolezza di dover porre una profonda attenzione a mestieri che resistono, si trasformano e continuano a raccontare la loro storia attraverso un territorio da salvaguardare. Grazie Pietro, grazie Ferdy Wild!