Verticale di Silex: quanto può essere profonda l’essenza gustativa di un vino

Racconti dalle delegazioni
07 novembre 2024

Verticale di Silex: quanto può essere profonda l’essenza gustativa di un vino

La rassegna Wine Top, questa volta, proietta la saletta eventi di AIS Monza e Brianza al centro esatto della Francia, tra i circa cinquecento abitanti di Saint-Andelain, nel cantone di Pouilly-sur-Loire, per indagare l’immane profondità gustativa di un’icona del vino mondiale.

Giuseppe Vallone

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Didier Dagueneau. Sì, lui, quel vignaiolo diventato un simbolo della viticoltura d’Oltralpe per via di quel vino, dal nome e dall’etichetta riconoscibilissimi. Certo, Didier non iniziava e non finiva nel suo Silex, era molto di più. Ma proprio il Silex è stato, per lui, la quintessenza di una personale ricerca del bello.

Nato a Sant-Andelain nel 1956, Dagueneau è cresciuto tra i vigneti dell’azienda di famiglia. La salubrità dell’aria di campagna lo ha portato a sviluppare una viscerale passione per i motori, che l’ha distratto – si fa per dire – da una formazione enologica canonica. Sia come sia, il destino fa sempre il suo giro per poi ripresentarsi dove deve stare, così Didier – abbandonata la carriera di pilota semi professionista di sidecar – è tornato alla cara, vecchia terra, deciso però a metterci del suo, a mo’ di riscatto verso una famiglia con la quale non tutto era sempre andato nel verso giusto.

La scelta era fatta, Didier era determinato a recuperare il tempo perduto: in giro per il mondo, assorbì nozioni, teoria ma anche tanta pratica, al solo fine di potere – un giorno - «fare il miglior sauvignon blanc del mondo, niente di pretenzioso per un ragazzo con due anni di esperienza».

Intervistato sul perché scelse proprio questo vitigno, Didier rispose con disarmante schiettezza: «non hai scelta. Non ti poni nemmeno la domanda. Se vuoi fare vino qui, è sauvignon».

A farla breve, beh, Didier ci riuscì. A fare il miglior sauvignon blanc del mondo, si intende. 

Non fu facile, specie per scelte che, quarant’anni fa, non erano né di moda né condivise come può sembrare siano oggi. La biodinamica, i suoi principi, la sua filosofia di vita: scelte estreme, coraggiose, inusitate per l’epoca (e forse anche per l’oggi), alle quali si aggiungeva un’aspra critica ai rigidi canoni imposti dalle certificazioni. 

Didier, l’abbiamo detto, voleva fare il vino a modo suo, anche per provare alla sua genìa che, insomma, i Dagueneau il vino potevano farlo molto più buono di com’era sempre stato fatto.

E così si arriva al Silex, cento per cento di quel sauvignon blanc che qui, al centro esatto della Francia, è conosciuto come blanc fumé, che già dice tutto. Macerazione pre-fermentativa, fermentazione spontanea in piccole botti di legno nuovo e in acciaio, affinamento in legno. C'est tout, l’immortalità è servita.

Didier Dagueneau se n’è improvvisamente andato il 17 settembre 2008, in un incidente con un aereo ultraleggero nella Cognac. Oggi il suo lascito è nelle mani dei figli Benjamin e Charlotte. Dei vini in degustazione, i primi cinque sono nati dal lavoro di quest’ultimi; il sesto, annata 2006, è frutto della genialità del suo creatore.

La degustazione

Silex 2020

Giovane giovane giovane già dall’aspetto. Naso intenso e croccante, di frutta tropicale, pesca gialla e bosso, di menta e accenni vegetali. Espansivo ed espressivo.

L’assaggio è pieno, tutta gioventù appunto, potente nella sapidità, ancora un po’ verde nella parte aromatica ma già discretamente a fuoco in quella gustativa.

Scaldandosi, durante la degustazione dei suoi fratelli maggiori, mette in mostra una pronunciata nota boisé che, insomma, reclama tempo.

Silex 2017

La 2017 è stata un’annata “media”, teniamolo a mente. E con in testa quest’informazione approcciamo un calice che, dal colore, si mostra appena più intenso e vivace della 2020. Quadro olfattivo composto e integrato, ancora su tinte balsamiche ma con un minor pronunciamento vegetale rispetto al primo vino, la frutta è più matura e fanno capolino i primi timidi cenni pirazinici. Il palato ha una sapidità profonda, ancorata agli aromi, di pienezza e lunghezza gustative impressionanti. Il peso specifico di questo assaggio è completamente differente rispetto alla 2020, è francamente masticabile. E meno male che l’annata è stata solo “media”.

Silex 2014

Paglierino brillante, da manuale. E da manuale è pure la nota varietale, l’unica in questa degustazione a potersi definire davvero tale: il primo naso, ma anche il secondo e il terzo, portano le note del bosso e della selce, seguite da erbe aromatiche e in infusione, da accenni di bastoncini di liquirizia e di camomilla. Portandolo all’assaggio, l’attacco è meno di impatto rispetto alla 2017, c’è meno sale e più aromaticità verde. Di primo acchito, i tre anni in più sulle spalle paiono di più; pensandoci meglio, a valle dell’intera degustazione, la 2014è proprio un unicum degustativo, tanto al naso quanto in bocca.

Silex 2010

Ecco, se cercate oggi “il” Silex, è alla 2010 che dovete guardare. Che poi, come si dice: con l’andare indietro negli anni, non ci sono più grandi vini ma soltanto grandi bottiglie. È innegabile che quella di stasera sia una grande bottiglia. E infatti: colore impressionante, integro, brillante, senza alcuna concessione al marrone, di un paglierino puro. Il naso è ampio a dir poco: pietra focaia, acciarino, pompelmo, erbe aromatiche, verdure crude e ancora tutta la frutta bianca e gialla che può venirvi in mente. Ipnotico, estremo, elegantissimo. L’assaggio è ammaliante, salino all’ennesima potenza, di un’acidità sorprendentemente sferzante, panciuto nella parte glicerica e con una scia calda perfettamente fusa nella materia liquida. Persistenza letteralmente fuori scala.

Silex 2009

L’anno in più rispetto al totem che lo precede, fa sì che il Silex 2009 qualche concessione al tempo la faccia. A partire dal colore, che qualche ammiccamento al marrone lo cede, per passare al naso caldo, di frutta tropicale matura, con una nota limonosa e vagamente grassa, di burro, che in parte oscura la matrice pietrosa. La bocca è in armonica consequenzialità, piena e larga, di un’orizzontalità sapida e fresca, un ossimoro gustativo.

Silex 2006

Chiudiamo con la penultima annata prodotta da Didier, diciotto anni fa. Il vino è maggiorenne, e guardandolo non lo diresti. Sì, l’oro ormai si intravede nel calice, ma ancora una volta la vitalità del vino è lì da ammirare. Profumi di evoluzione che virano sulla frutta disidratata, sul miele e la cera d’api. Il palato è nobile, mobile, saporito, pieno, intenso e masticabile. A metà bocca la sapidità martellante cessa ed è un’esplosione di aromi di frutta e fiori, da lasciare senza fiato. Ah, da sottolineare: la 2006 è stata un’annata “piccolina”.