Viaggio nel vino di Grecia, Creta e Cipro
Racconti dalle delegazioni
17 dicembre 2025
La serata organizzata da AIS Monza e Brianza con Guido Invernizzi è diventata un vero itinerario nel tempo: dai miti antichi alle mappe moderne, tra aneddoti, arte e storia, abbiamo scoperto come senza la Grecia – e senza Creta e Cipro – il mondo del vino sarebbe stato un luogo completamente diverso.
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Alle radici del vino e della civiltà
Guido Invernizzi apre la serata richiamando un concetto spesso sottolineato dal professor Attilio Scienza: per comprendere davvero un vino non basta analizzarne la composizione, bisogna conoscere ciò che gli sta intorno – la storia, la cultura e il paesaggio che lo hanno generato. Nessun territorio esprime questa verità meglio di Grecia, Creta e Cipro, terre di luce e di pietra dove la vite accompagna da millenni la storia dell’uomo. È in questo angolo di Mediterraneo, tra le coste dell’Egeo e le sponde dell’Anatolia, che nasce la prima viticoltura della storia. Le testimonianze archeologiche – anfore, torchi, vinaccioli fossilizzati – risalgono a circa otto millenni fa e sono state ritrovate in un’area che si estende dall’attuale Turchia orientale fino al Libano.
Da quei luoghi, lungo le rotte tracciate dai fenici, la vite approdò sulle isole greche e poi nella penisola ellenica, disegnando la prima mappa del vino europeo.
Già nelle coppe minoiche, nei mosaici e nei vasi attici, il vino compare come simbolo di civiltà e di cultura: bevanda sacra e sociale insieme, compagna della musica, della parola e del pensiero.
Dal mito alla storia: la vite che civilizzò il Mediterraneo
Nel cuore del mondo greco, il vino non è mai stato solo una bevanda: è un simbolo di vita e conoscenza, dono divino e legame tra uomini e dei. Secondo il mito, Dioniso, figlio di Zeus e della mortale Semele, nacque due volte: prima nel grembo della madre, poi dal corpo stesso di Zeus, che lo cucì nella propria coscia per salvarlo dall’ira di Era. Da questa duplice nascita il dio eredita la sua natura contraddittoria – umana e divina – e la capacità di generare estasi, gioia, ma anche riflessione. Nelle celebrazioni dionisiache e nei simposi, il vino diventa un linguaggio comune. Ma i greci sapevano che il piacere doveva essere governato dalla misura: nel simposio, il vino veniva sempre diluito con acqua, e servito secondo un ordine preciso, accompagnato da poesia, musica e filosofia. A Eubulo di Atene (IV sec. a.C.) si attribuisce la codifica della regola dell’equilibrio, anche se in realtà si tratterebbe di un’antica storia leggendaria che vede un filosofo sostenere che “Tre sono le coppe per l’uomo saggio: la prima per la salute, la seconda per l’amore e il piacere, la terza per il sonno. Dopo la terza, le altre appartengono ai dissoluti”. Una lezione di sobrietà e cultura del bere che attraversa i secoli e che, ancora oggi, racconta quanto la civiltà del vino sia nata insieme alla civiltà del pensiero.
Nel V secolo a.C., Tucidide sosteneva che i popoli del Mediterraneo uscirono dalla barbarie quando impararono a coltivare l’olivo e la vite. E infatti dalla Grecia la viticoltura approdò a Siracusa, poi a Pithecusa (l’attuale Ischia) e da lì all’Italia intera.
Esiodo, ne Le opere e i giorni, descrisse un vino passito ottenuto da uve essiccate al sole; Archestrato di Gela, nel IV secolo a.C., anticipò l’arte dell’abbinamento cibo-vino; Teofrasto, allievo di Aristotele, osservò per primo quella patina bianca che chiamò “fiore del vino” – la flor – precorrendo le conoscenze microbiologiche di oggi.
Con i romani, il vino greco divenne modello e fonte d’ispirazione; con i bizantini, una merce pregiata; con i veneziani, tra XV e XVII secolo, un vero tesoro commerciale. Fu allora che la Malvasia di Candia e il dolce Commandaria di Cipro si diffusero in tutta Europa.
L’avvento del dominio ottomano, dal XV secolo al 1821, portò un lungo declino, aggravato da pesanti tasse e restrizioni religiose. Ma la vite non smise mai di crescere: sopravvisse sulle colline e nei monasteri, attendendo il suo risveglio.

La rinascita moderna e le denominazioni di qualità
La moderna Grecia del vino nasce negli anni Settanta, dopo la fine del regime dei Colonnelli, quando viene istituita una classificazione ufficiale delle denominazioni, prevedente:
- OPE (Oenoi Onomasias Proelefseos Elenhomeni) – l’equivalente delle nostre DOCG, riservate a otto aree storiche famose per vini dolci da muscat e mavrodaphne;
- OPAP (Oenoi Onomasias Proelefseos Anoteras Poiotitas) – simili alle DOC, 27 denominazioni che comprendono vini secchi bianchi, rossi e rosati;
- Topikos Oinos (TO) – corrispondenti alle IGT, più libere per area e vitigni;
- Epitrapezios Oinos (EO) – i vini da tavola;
- OKP (Oenoi Katà Paràdosi) – categoria creata per i vini tradizionali come il Retsina e il Verdea dell’isola di Zante.
Nel 1981, con l’ingresso della Grecia nella Comunità Europea, inizia la vera rinascita. Si riscoprono i vitigni autoctoni – assyrtiko, xinomavro, agiorgitiko, vidiano, liatiko, moschofilero, mavro dafni – e si investe in qualità, tecnologia e terroir. Oggi la Grecia vanta oltre 105.000 ettari vitati, in un paesaggio per l’80% montuoso, con climi che variano dal mediterraneo costiero al continentale della Macedonia, fino alle zone alpine dell’Epiro e della Tessaglia.
Creta, cuore arcaico del vino
L’isola più grande della Grecia, ponte tra Oriente e Occidente, ha una storia viticola antichissima, la vite cresce da oltre 4000 anni: i minoici furono tra i primi popoli al mondo a praticare la vinificazione, come dimostrano i resti di torchi, anfore e magazzini per il vino scoperti nei palazzi di Cnosso e Vathypetro. Ma la sua moderna identità enologica nasce solo negli anni Duemila, grazie alla riscoperta dei vitigni autoctoni e alla nuova generazione di produttori che ha saputo coniugare tradizione e tecnica. Oggi è la seconda regione vitivinicola della Grecia per estensione, con circa 50.000 ettari vitati. Le altitudini – che raggiungono anche i 1000 m – e i suoli calcarei o sabbiosi contribuiscono a dare ai vini freschezza, profumi e struttura.
Tre sono le aree vinicole principali con altitudini importanti:
- Sitia, a est, dove si producono vini rossi da liatiko e mantilari, e bianchi da thrapsathiri;
- Chania, a ovest, più fresca e piovosa, con vini eleganti e minerali;
- Heraklion, al centro, suddivisa nelle sottozone di Peza e Archanes, con suoli ricchi di calcio e altitudini tra 250 e 1000 m, ideali per vilana, kotsifali e mantilari e Dafnes con un terreno più calcareo adatto al liatiko.
Cipro, l’isola del sole e del Commandaria
Cipro è tra le isole più antiche d’Europa nella tradizione vinicola, con tracce di vinificazione che risalgono a oltre 5000 anni fa. L’isola ha visto il passaggio di fenici, greci, bizantini e veneziani, ciascuno dei quali ha lasciato un segno nel saper fare vino locale. La viticoltura si concentra principalmente nelle zone montuose dei monti Troodos, a nord di Limassol, e nelle colline interne di Pitsilia, Krasohoria Lemesou e Laona-Akama. Qui il terreno vulcanico o calcareo, spesso povero e ben drenato, insieme alle forti escursioni termiche tra giorno e notte, conferisce ai vini struttura, freschezza e aromi complessi. I vitigni autoctoni principali sono lo xynisteri, il bianco più diffuso, fresco e minerale, con note di agrumi e fiori bianchi; il mavro, vitigno rosso storico, usato sia per vini secchi sia per il celebre dolce Commandaria (considerato uno dei primi vini passiti della storia) e il maratheftiko, un rosso aromatico, ancora poco conosciuto, con potenziale di affinamento e complessità. Dopo la divisione politica dell’isola, la viticoltura si è concentrata nella parte greca, dove il vino continua a essere parte della cultura e della fede, mentre la parte turca – per motivi religiosi – ne ha quasi abbandonato la produzione.
La degustazione
DOP Mantinia Amalia Vintage 2018 – Tenuta Tselepos
100% moschofilero, proveniente da Perpatiarà, Peloponneso. Le uve sono raccolte a metà settembre prima della completa maturazione per preservare acidità e freschezza. Vinificazione in bianco a temperatura controllata 15–17 °C, con seconda fermentazione in bottiglia e affinamento sui lieviti per 24 mesi (versione brut 9 mesi). Solo le annate migliori sono selezionate, con produzione limitata a 5.000 bottiglie. Il moschofilero, aromatico e raffinato, trova in Mantinia una delle sue espressioni più eleganti. Le uve, raccolte a metà settembre prima della piena maturazione, mantengono acidità e freschezza ideali per la spumantizzazione.
Al naso è un intreccio di rosa, agrumi, crosta di pane e mandorla fresca. In bocca conferma i profumi con acidità viva e tagliente, chiusura sapida e persistente. Al palato è armonico e verticale, con acidità spiccata che bilancia il corpo pieno; persistenza lunga con ritorni floreali e agrumati e retrogusto fine di mandorla e lievito. Uno spumante di grande pulizia e tensione, che coniuga profumo e verticalità.
OKP Retsina “Kechribari” – Kechris Winery, Salonicco
100% roditis della Macedonia centrale. Fermentazione in bianco a temperatura controllata, con resina di pino di Aleppo aggiunta in fermentazione e poi separata, secondo il metodo tradizionale. Produzione 1.500.000 bottiglie.
La Retsina è il simbolo della tradizione ellenica. In questa versione di Kechris, la resina – un tempo impiegata per sigillare le anfore – diventa elemento aromatico e identitario.
Al naso, il vino offre una combinazione interessante di note di resina di pino che caratterizzano la tradizione della retsina, ma in modo equilibrato e raffinato. A questo si aggiungono sentori freschi di agrumi, lavanda, pino, rosmarino e limone che si alternano con eleganza. In bocca è fresca, balsamica, salina, di buon corpo e lunga persistenza. I sapori di agrumi ed erbe fresche si ripropongono, arricchiti da un retrogusto che richiama la resina senza risultare troppo dominante. Il finale è fresco e persistente, con una piacevole nota minerale e un lieve retrogusto di pino che rimane a lungo. Un vino “antico” e attuale, che riassume l’anima del Mediterraneo.
IGP Limassol “Xynisteri” 2023 – Cantina Tsiakkas, Pelendri (Cipro)
100% xynisteri, da vigneti a Pitsilia, Monti Troodos, Cipro (800–1400 metri s.l.m.). Le uve sono raccolte a mano, macerate sulle bucce per due giorni e fermentate con lieviti selezionati a temperatura controllata. Bottiglie prodotte: 60.000.
Le viti a piede franco dei Troodos, su suoli sabbiosi di origine vulcanica, donano vini di sorprendente purezza. Il microclima montano, con forti escursioni termiche e brezze costanti, preserva profumi e acidità.
Si presenta con un colore giallo paglierino brillante, con riflessi verdolini, che ne esaltano la freschezza. Al naso, offre un profilo aromatico elegante e fresco, con note di agrumi, come limone e pompelmo, mandarino che si intrecciano con sentori di frutta tropicale, in particolare ananas e mango. In secondo piano, emergono delicate sfumature floreali di fiori bianchi, come gelsomino e acacia, e una leggera nota erbacea che richiama il timo, tipica del terroir cipriota. In bocca è teso, verticale, netto, con acidità vibrante e finale minerale. Un bianco che unisce l’austerità della montagna alla solarità cipriota, incarnando l’identità del suo terroir.
DOP Santorini “Assyrtiko” 2022 – Sigalas
100% assyrtiko da vigneti antichissimi su terreno vulcanico a Santorini, non colpito da fillossera. Fermentazione in acciaio a temperatura controllata. Bottiglie prodotte: 80.000.

Le vigne ad alberello “a cesto” di Santorini, alcune delle più antiche al mondo, affondano le radici in un terreno di pomice e ceneri vulcaniche, immune alla fillossera.
Giallo paglierino luminoso con riflessi verdolini che evidenziano la sua freschezza. Al naso, il vino è intensamente aromatico, con note fresche di agrumi, in particolare limone e pompelmo, che si intrecciano con sentori di frutta bianca come pera e pesca. La caratteristica salina dell’isola di Santorini emerge con delicate sfumature minerali, che richiamano la tipica pietra focaia e un accenno di salinità marina. In bocca è fresco e vibrante, con una acidità tagliente che definisce il sorso. Il corpo è ben strutturato, ma allo stesso tempo elegante e snodato, con una piacevole sapidità che arricchisce il palato. Un vino marino e profondo, che riassume il carattere estremo dell’isola.
IGP Creta “Aspros Lagos” 2023 – Douloufakis Winery, Dafnes (Creta)
100% vidiano da Dafnes, Creta. Vinificazione in bianco con fermentazione in botti, affinamento 5 mesi: 60% in rovere (primo e secondo passaggio) e 40% in acacia. Produzione 8.000 bottiglie.
Il colore è giallo paglierino brillante, con riflessi verdolini che ne sottolineano la freschezza e la giovinezza. La limpidezza è perfetta, mostrando un vino giovane ma ben strutturato. Al naso apre su frutta esotica, albicocca, tiglio, miele e note burrose, mentre la bocca è avvolgente, sapida, strutturata, con bella tensione finale e lunga persistenza. Un vino mediterraneo e moderno, che racconta la nuova identità di Creta, sospesa tra tradizione e innovazione.
Vamvakada 2021 – Tsiakkas Winery, regione di Paphos Cipro
100% maratheftiko (o vamvakada). Macerazione a freddo con bucce per 15 giorni, lieviti selezionati, rimontaggi e follature regolari; affinamento 12–14 mesi in botti di rovere francese e americano. Produzione 3.000 bottiglie.
Il colore è un rosso rubino intenso con riflessi violacei che denotano la giovinezza del vino. Il bouquet olfattivo è complesso e rappresenta il carattere distintivo del maratheftiko, varietà autoctona cipriota. Inizialmente emergono note di ciliegia e lampone, che si evolvono in sfumature di prugna e mora, con tocchi di pepe nero ed erbe mediterranee come rosmarino e salvia. Il sottofondo minerale e terroso riflette il suolo calcareo della regione. In bocca, il vino è solido e vellutato. I tannini sono setosi e ben integrati, con una freschezza acida che dona vivacità e supporta la fruttuosità. Il profilo gustativo richiama la ciliegia e il lampone, arricchito da un leggero tocco di spezie e vaniglia. L’allungo finale è elegante, con una persistenza che richiama la mora e il pepe nero. Potenziale evolutivo: 7–10 anni.
DOP Nemea Ktima Driopi Reserve Tselepos – 2021
100% agiorgitiko da Nemea, Peloponneso. Fermentazione in acciaio a temperatura controllata, macerazione 25 giorni, maturazione 12 mesi in barrique da 225 l; vigneto di 35 anni a 380 metri.
Rosso rubino; al naso offre un profilo complesso con note iniziali di frutta rossa matura, come ciliegia, prugna e mora, seguite da sfumature di spezie dolci, quali vaniglia e cannella, dovute all’affinamento in legno. Con l’ossigenazione emergono toni balsamici, tra cui menta ed eucalipto, oltre a un leggero sottofondo terroso e minerale tipico del terroir di Nemea. In bocca è strutturato e armonico, con tannini setosi e ben integrati. La freschezza acida dona equilibrio e slancio alla componente fruttata. Il gusto riprende le note di ciliegia e prugna, accompagnate da accenti speziati e un lieve richiamo alla liquirizia. Il finale è lungo e persistente, con rimandi di mora, pepe nero e un tocco di tabacco.
DOP Commandaria Family Karseras
70% xynisteri, 30% mavro, Commandaria, Cipro. Uve appassite a terra 10–15 giorni, pigiatura dolce, fermentazione spontanea con lieviti indigeni, affinamento 3 anni in grandi botti di rovere; produzione 2.000 bottiglie.

Colore ambrato intenso con riflessi dorati. Al naso esprime un profilo ricco e avvolgente: note di prugna, cacao, tabacco, uvetta, accompagnate da sentori di miele, caramello e note balsamiche e speziate. Con il tempo nel calice emergono sfumature di frutta secca tostata, spezie dolci e un accenno di erbe mediterranee. In bocca è denso e vellutato, con una dolcezza piena ma ben equilibrata da una freschezza che sostiene la struttura. Ritornano i richiami di frutta disidratata, miele, caramello e spezie, con un tocco finale di cacao leggero e frutta secca. Lungo, persistente e armonico, con una chiusura elegante che lascia una piacevole sensazione calda e avvolgente.
Al termine della degustazione possiamo dire che ogni calice – dal bianco vulcanico di Santorini al rosso di Nemea, fino ai passiti ciprioti – ha raccontato non soltanto un gusto, ma una civiltà intera, fatta di mito, misura e memoria. E se davvero, come scriveva Tucidide, la vite segnò la fine della barbarie, allora è nel calice ellenico che possiamo ancora leggere l’origine della nostra cultura del vino.