Viaggio nella Spagna celtica: le Rías Baixas, il regno dell’albariño
Cosa può aver spinto un brianzolo doc a recarsi in Galizia, terra agricola sferzata da venti oceanici e piogge torrenziali?
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Forse la risposta è da cercare nei sorrisi generosi dei suoi abitanti, nella ricca e gustosa cucina tradizionale, in vini bianchi particolari che non hanno eguali o, più semplicemente, perché questa non è la Spagna che tutti conoscono, qui non ci sono corride, non si cammina nelle Ramblas, non si mangia la Paella e difficilmente la temperatura massima supera i 25°C d’estate.
Il viaggio di Antonio Erba nasce dalla volontà di scoprire un territorio spesso sconosciuto anche agli spagnoli partendo dal suo amore per il suo vitigno e vino simbolo: l’Albariño delle Rías Baixas.
Quest’uva autoctona a bacca bianca è ubiquitaria nella regione, lasciando poco spazio agli altri vitigni galiziani, la loureira, la treixadura il caiño e il godello che, tutti assieme, occupano meno del 4% del territorio vitato.
L’albariño è un’uva dalla buccia spessa, capace di resistere a marciumi e infezioni fungine; regala vini dal colore tenue e dalla spiccata acidità.
Il nome sembrerebbe derivare dalle parole Alba-Rhein che suggeriscono una possibile parentela col riesling renano.
Rías Baixas, regione che si estende nella parte sud-occidentale della Galizia, significa, in lingua galiziana, “Estuari Bassi”. Geologicamente, corrispondono alle foci di quattro fiumi, in cui, in era glaciale, il mare riuscì a penetrare per un tratto.
La Denominación de Origen è divisa a sua volta in cinque sottozone: Ribeira do Ulla, Val do Salnés, Soutomaior, O Rosal e Condado do Tea.
La particolarità di questo territorio è il clima, decisamente atlantico, gli inverni sono miti e le estati moderatamente calde; le precipitazioni sono abbondanti, soprattutto in primavera e in autunno.
I vigneti sono coltivati su suoli prevalentemente granitici, roccia onnipresente in questa regione. Le vigne sono coltivate con sistemi tradizionali a Espaldera, un cordone a spalliera, ed Emparrado, il più caratteristico, una particolare pergola che ricopre spesso l’orto casalingo. La viticoltura regionale è estremamente frazionata, si contano quasi 7000 viticoltori sparsi in 4000 ettari di superficie, in molti casi si tratta di “vigne domestiche” coltivate nei giardini di casa.
Il viaggio attraverso questa terra inizia in maniera spumeggiante con l’assaggio di un Metodo Classico rifermentato in bottiglia, 100% uva albariño, il Brut Nature di Mar de Frades una delle poche grandi Bodegas. Un metodo classico che sosta quindici mesi sui lieviti e viene prodotto da soli due anni e che regala leggere nuances di lieviti, fiori bianchi e frutta fresca, all’assaggio punge con acidità citrina e sapidità marina.
Si continua con il Santiago Ruiz 2014, vino bianco che porta il nome di colui che è unanimemente definito il padre dell’albariño. In realtà il Santiago Ruiz è un uvaggio di tutti i vitigni a bacca bianca presenti nelle Rías Baixas nella sottozona di O Rosal.
Al calice esprime sentori delicati di frutta, la mela, il cedro e la pesca bianca, che virano discretamente verso tonalità erbacee e polverose di granito. Assaggiandolo si percepiscono note verdi e fresche che indicano la gioventù del vino. Perfetto con un plato de mariscos.
Sempre dalla sottozona O Rosal, Il Terras Gauda 2014, prodotto dall’omonima Bodega, è anch’esso un blend di albariño, loureiro e caiño blanco vinificati separatamente in acciaio.
I profumi sono espressi con maggior complessità, sensazioni dolci di frutta matura e polposa, frutto della passione e melone bianco, che si trasformano in pasta frolla e burro salato. Regala al palato freschezza e struttura, è complesso e dotato di buona lunghezza.
Rosa Pedrosa, giovane enologa galiziana, ha realizzato il sogno di suo nonno che avrebbe voluto vinificare e imbottigliare il vino prodotto con le proprie uve. Dopo essersi laureata in enologia a Madrid, a Cambados, ha fondato la sua piccola cantina, la Narupa vinos. L’Albariño Alalá 2013, sole 3000 bottiglie, colpisce per la sua delicata eleganza, non è un vino esplosivo, ma è ben fatto.
All’olfatto sprigiona sentori di fiori freschi leggeri, frutti bianchi; in bocca è composto, elegante la struttura è semplice ma la lunghezza interessante.
La cantina Pazo Baión, fondata nel XV secolo, ha vissuto alterne vicissitudini nel corso dei secoli, culminate con il suo acquisto da parte del narcotrafficante Laureano Oubiña Piñeiro e la successiva confisca statale. Oggi è gestita dalla cooperativa Condes de Albarei che si propone di reinserire nel mondo del lavoro ex-tossicodipendenti. L’Albariño Pazo Baión 2014 è il vino portabandiera della bodega, l’uva è coltivata su 22 ettari di puro granito che esprime nel vino una caratteristica nota minerale.
Nel calice emergono, in successione, profumi fini di mughetto, gelsomino, pesca e melone bianco. Al palato unisce morbidezza e freschezza ben equilibrate, è fine, delicato ed elegante; forse troppo morbido e costruito.
Marisol Bueno Berrio-Ategortua è la titolare di Pazo de Señorans, proprietà familiare che possiede 20 ettari di vigneti e acquista uva da 150 piccoli viticoltori. Produce solamente due vini; in degustazione il Pazo Señorans Selección de Añada 2007. Sosta in acciaio sui lieviti più di 30 mesi per poi affinare un anno in bottiglia.
Sorprende con intense note di frutta tropicale, mandorla, crema pasticcera e cipolla caramellata, termina con una punta vegetale. All’assaggio mostra grande equilibrio e struttura, la giusta morbidezza capace di permanere a lungo.
La Bodega del Palacio de Fefiñanes produce il 1583 Albariño de Fefiñanes Barrica 2014. Il numero 1583 ricorda l’anno di nascita del fondatore Gonzalo de Vallardes. Il vino sosta per 4 mesi in barriques francesi dal primo al quarto passaggio.
Le note derivate dal legno sono ben evidenti all’olfatto: vaniglia, burro, fiori gialli recisi, ma anche in bocca dove l’equilibrio è maggiormente spostato verso le morbidezze. Ora i sentori legnosi appaiono scollati dalla caratteristica freschezza e sapidità del vitigno; col passare del tempo potranno solo amalgamarsi e migliorare.
La Bodega Martín Codax, nome di un trovatore galiziano del XII secolo, è una cooperativa di 280 soci, 500 ettari e 2000 parcelle vitate. Con l’80% di uve botritizzate, viene prodotto, solo nelle annate favorevoli, il Martín Codax Gallæcía 2011.
Un vino particolare che regala profumi dolci di frutta tropicale matura, pesca gialla, melone candito, frutta secca e zafferano. L’assaggio è fresco e sapido che velocemente si trasforma in una nota di mandorla amara.