Vini, terroirs ed etichette. Viaggio tra storia e geografia in Francia, Italia ed Europa

Nell’ambito di un seminario unico organizzato da AIS Milano, ospite d’eccezione il Professor Jean-Pierre Williot, sono stati approfonditi il concetto di terroir e l’origine del moderno sistema delle denominazioni attraverso la degustazione di vini e altre delizie scelti e commentati da Samuel Cogliati Gorlier.

Stefano Diegoni

Tutto parte dal significato di terroir, un concetto articolato che - in sintesi - esprime la designazione di un territorio, di un luogo geografico circostanziato e preciso (di cui vengono evidenziate le caratteristiche geo-morfologiche e climatiche d’elezione) che caratterizza, dal punto di vista commerciale, il valore di una particolare regione e dei suoi prodotti.

Questa puntuale definizione viene fornita dall’insigne ospite della serata organizzata da AIS Milano: Jean-Pierre Williot, Professore di Storia Economica Contemporanea alla Sorbonne di Parigi, studioso e ricercatore di diversi ambiti quali le imprese, il consumo di prodotti enogastronomici e i processi di innovazione economica, rivolti in particolare alla Storia dell’Alimentazione, oggetto di alcune tra le sue più recenti pubblicazioni. Insieme a Samuel Cogliati Gorlier - nella doppia veste di traduttore/degustatore – verremo condotti in un viaggio secolare attraverso i mutamenti economico - sociali dell’enogastronomia europea evidenziando i passaggi fondamentali della tutela dei prodotti agroalimentari.

Già dal ‘700, nel territorio europeo, sorge il bisogno di risaltare l’origine e valorizzare i prodotti agricoli e, a tal proposito, fioccano pubblicità che riportano informazioni utili per l’acquisto e forniscono una descrizione particolareggiata di una realtà (come, ad es. l’immagine bucolica di una fattoria che produce un determinato tipo di latte e formaggio). Si affaccia la cosiddetta “meccanica del terroir” che implica la valorizzazione dell’origine di un determinato prodotto agroalimentare, i consigli per la sua degustazione e l’impiego dell’alimento esaltando così il “gusto” di quel preciso territorio. Inizia, dunque, una vera e propria creazione di un mercato che punta a valorizzare un prodotto rafforzando il legame con il luogo d’origine che poi ne giustifichi il prezzo grazie alla sua rinomanza e conoscibilità.

La vera e propria “retorica gastronomica”, come la chiama il Professor Williot, inizia nell’Ottocento con indicazioni e commenti (forniti dagli stessi produttori) sulla qualità dei prodotti venduti e presentati nei negozi dai commercianti. Questi commenti venivano accompagnati spesso da una riflessione contenuta in raccolte di settore e addirittura libri per gourmand come “L’almanacco dei golosi” di Grimod de La Reynière (un antesignano giornalista enogastronomico) che citavano prodotti che iniziavano a essere conosciuti e rinomati anche perché selezionati e giudicati da giurie, atte a rafforzare soprattutto quelli legati a determinate caratteristiche di produzione o territorialità. Si crea, dunque, una vera e propria “geografia alimentare” per invogliare i turisti e i ghiottoni dell’epoca a viaggiare e scoprire nuovi luoghi d’interesse e, insieme, nuovi prodotti.

Il mezzo di comunicazione prescelto sono le immagini: la trasmissione di idee suggestive veicolano una reputazione grazie all’impatto visivo che ha sul consumatore (idea che non differisce di molto dal moderno concetto di pubblicità). Si ha, pertanto, una valorizzazione della geografia e della storia del luogo attraverso il rafforzamento dell’impatto commerciale di un prodotto perché positivamente influenzato dal luogo dov’è coltivato/fabbricato. Il turismo aiuta la conoscenza di luoghi e prodotti tanto che spesso vengono inserite, nelle mappe di viaggio, apposite legende create per evidenziare determinati territori e le loro ghiotte prelibatezze, da degustare durante il viaggio.

Si rafforza l’idea del prodotto e, per conferirgli ancor più dignità e forza commerciale, si organizzano fiere e concorsi per aumentare la notorietà dei luoghi e delle filiere produttive. Si passa, dunque, dalla trasmissione orale tradizionale, di generazione in generazione, di determinate caratteristiche e produzioni alla notorietà del prodotto avvalorata tramite concorsi, fiere e pubblicità. Vengono sfruttate, per valorizzare e diffondere alcuni prodotti, vere e proprie finestre di opportunità come l’Esposizione Universale di Parigi del 1855. In questa occasione, l’esempio più importante e famoso, è quello dei vini di Bordeaux. La Classificazione ufficiale risponde perfettamente all’emergente logica secondo cui un ordinamento lega la notorietà del vino all’etichetta e ne influenza la reputazione (e di conseguenza il suo prezzo). Notorietà e prezzo si legano, perciò, indissolubilmente: sostenere la notorietà di un prodotto significa, dunque, sostenere direttamente la sua filiera produttiva.

In Francia le Appellations nascono a partire dal 1905 da una legge promulgata per avversare le frodi di prodotti, e in particolare di vini, che venivano sofisticati e alterati. Per dimostrare l’origine di un prodotto e conservarne il valore era quindi necessario limitarne il territorio di produzione e garantire un minimo standard qualitativo (le primissime AOC furono Champagne - designata nel 1908 -, Cognac e Armagnac nel 1909). Da questa esigenza nasce poi la moderna Appellation d'Origine Contrôlée a tutela di produttori vinicoli di determinate zone vocate, cui si aggiunge l’istituzione di associazioni e comitati di verifica del rispetto dei disciplinari istituiti per lo scopo tutelante.

Nel 1919 viene promulgata una legge che disciplina la denominazione controllata e fornisce essenzialmente regole su vitigni, grado alcolico, definizione del profilo organolettico, principio di legame tra origine e qualità del prodotto. Sull’onda francese anche il resto dell’Europa si è dotata di analoghe leggi, fino ad arrivare alle più moderne Denominazioni d’Origine che non coinvolgono solo i vini ma tanti altri prodotti enogastronomici: prodotti caseari, dolci, etc.

Si giunge, dunque, a una vera e propria strategia europea per promuovere la qualità attraverso l’esaltazione dei prodotti di una determinata zona e la difesa di questi territori di produzione mediante l’istituzione di Denominazioni e disciplinari per arginare le frodi e tutelare la rinomanza dei prodotti.

Riassumendo, inizialmente la reputazione (cioè la forza di un prodotto) derivava direttamente dal suo creatore, che ne raccontava personalmente la storia e le caratteristiche ai consumatori. Con la diffusione dei mezzi di trasporto e comunicazione moderni si costruisce una “retorica alimentare” che, grazie al turismo e alla geografia gourmet, fa conoscere i prodotti anche al di là dei confini di produzione. Infine, con la creazione delle moderne Denominazioni, si punta alla reputazione del marchio/prodotto legato al territorio con la necessità di un’internazionalizzazione del prodotto e di una “protezione europea” per validare e proteggere i prodotti dell’Unione dalle frodi.

La serata è stata impreziosita dalla degustazione di cinque vini e tre prodotti alimentari con denominazioni specifiche.

Haut-Médoc Château Cantemerle 5ème Grand Cru Classé 2019
cabernet sauvignon 68%, merlot 23%, cabernet franc 5%, petit verdot 4%

Granato con riflessi carminio di profonda fittezza e consistenza cromatica. Il naso è generoso ed espressivamente giocato su toni di frutta scura (cassis, more in confettura), note di viola mammola, cannella e sbuffi empireumatici. Il sorso è morbido, caldo, rotondo, con tannini levigati e persistenti ritorni di frutti neri. Grande opulenza grazie anche alla generosità e al calore dell’annata.

Volnay Premier Cru Frémiets Clos de la Rougeotte 2019 - Bouchard Père et Fils
pinot noir 100%

Calice cristallino di un carminio scintillante. All’olfatto si apre su intensi sentori di agrumi freschi e dolci (mandarino e arancia) e lampone, cui seguono note di rosa rossa e lavanda per finire su uno strato di fragrante finezza dai ritorni agrumati e macis. L’assaggio si svolge con delicata precisione, morbido, suadente e con lunga persistenza agrumata e di concentrazione fruttata.

Vino Nobile di Montepulciano DOCG 2021 - Podere Sanguineto
sangiovese (prugnolo gentile) 80%, canaiolo nero e mammolo 20%

Rosso carminio, naso verace e intenso con note di visciola, prugna, alloro, cuoio, garrigue e sottobosco. In bocca il tannino è succoso e ben presente, il sorso di ampio respiro, con un finale vibrante dai ritorni ematici e speziati.

Champagne AOC Dosage ro Chloé - Vincent Couche 
pinot noir 65%, chardonnay 35%

Brillante paglierino di ottima vivacità, perlage finissimo e persistente. Naso che si apre su toni agrumati di pompelmo giallo e mela golden, per lasciar spazio a richiami speziati (pepe bianco, zenzero) ed empireumatici di croissant. Bocca elegante, netta, pura, con acidità e sapidità cesellate; i richiami agrumato-speziati si fondono con una precisa salinità gessosa che completa un sorso appagante e molto persistente.

Jurançon Moelleux Les Grains des Copains 2022 - Camin Larredya
petit manseng 70%, gros manseng 30%

Giallo paglierino intenso con riflessi dorati; naso di pesca melba, albicocca sciroppata, miele millefiori e arancia candita. All’assaggio è dolce, fresco con un sorso ben bilanciato tra leggerezza, acidità e dolcezza, con ritorni quasi “pasquali” (es. la Colomba con la sua parte di soffice dolcezza dell’impasto dolce e i canditi) ed equilibrati.

Oltre al vino sono state degustate tre prelibatezze d’oltralpe che hanno regalato interessanti emozioni in abbinamento.

Camembert de Normandie AOP - Gillot
latte vaccino 100%

Siamo in Normandia, dipartimento dell’Orne e il caseificio si trova nel comune di Saint Hilaire de Briouze; AOC dal 1983. In abbinamento con lo champagne la grassezza del formaggio viene abilmente stemperata dalla cremosità delle bollicine lasciando una bocca detersa e desiderosa di un altro assaggio.

Roquefort AOP Le Vieux Berger - Maison Combes
Latte di pecora 100% inoculato con Penicillium roqueforti

Si sposa armonicamente con lo Jurancon Moelleux che, con la sua dolcezza, ben si accompagna alla persistente aromaticità e sapidità del formaggio.

Veritable Pain d’épices de Dijon - Mulot & Petitjean

Tipico pane speziato artigianale della zona di Digione prodotto con cannella, anice verde, chiodi di garofano, zenzero e cardamomo. Ottimo da solo o in abbinamento con formaggio, fois gras o come base per creare altri dolci.