Wine and cheese made in Lombardia: l’eredità dei Celti e dei Bergamini, tra montagna e pianura
Se la Lombardia vitivinicola sa offrire vini di pregio lungo tutto il suo territorio, non è da meno per i suoi formaggi, ricchi di una storia che ci riporta all’epoca dei Celti e dei Bergamini e di un gusto che dai loro giorni arriva a noi tramandandoci antichi saperi e sapori.
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Una serata d’impatto, la prima di una serie che sicuramente interesserà molti estimatori: si entra nella sala del Westin Palace Hotel e si sente subito un forte odore - o profumo a seconda di come lo vogliamo definire - di formaggio.
«Stasera parleremo di vino, di formaggio e del loro rapporto con il territorio di origine» - dichiara in apertura Maria Rita Olivas, degustatore e relatore AIS, ma ancor più milanese, con le montagne nel cuore - «e poi della mano dell’uomo che li ha creati, il vignaiolo e il casaro».
Queste due figure sono risultate fondamentali per la storia vitivinicola e casearia lombarda. Due artigiani, uno del vino e l'altro del formaggio: il viticoltore è il custode della terra, con una profonda conoscenza delle condizioni del suolo e del clima e una sensibilità unica per la gestione del vigneto; l’expertise del casaro, invece, si esprime con la cura degli animali, la raccolta del latte e la caseificazione con metodi tramandati di generazione in generazione e un tocco personale che influenza il profilo di gusto del formaggio.
La storia del formaggio in Lombardia risale a tempi antichi e riflette l'importanza della regione nel panorama lattiero-caseario italiano, ma una delle tappe cruciali nella storia casearia della nostra regione è rappresentata dalla tradizione dei Celti e dei Bergamini.
I Celti
Nelle valli lombarde si rifugiarono numerosi Celti provenienti dalla Pianura Padana, spinti verso nord dall'avanzata della conquista romana. In un'epoca in cui la conservazione degli alimenti era affidata all'abilità e all'ingegno delle persone, la produzione di formaggio si rivelò l'espediente più comodo ed efficace per preservare il latte: da esperti conoscitori delle tecniche casearie notarono che rompendo e cuocendo la cagliata il prodotto diventava più asciutto e, quindi, si conservava meglio. Tali capacità si perfezionarono nel corso del tempo e vennero tramandate di generazione in generazione tra gli abitanti delle valli che misero a punto diverse ricette di formaggi giunte inalterate - o quasi - fino ai giorni nostri. Una di queste ricette è quella del Bitto, la cui parola deriverebbe dal celtico “bitu”, ossia “perenne”, “durevole”: insediatisi in Valtellina, territorio montuoso e abbondante di pascoli, i Celti cercarono di creare un prodotto per sfamare la popolazione, capace di durare nel tempo e di essere trasportato facilmente da un posto all’altro.
I Bergamini
Il testimone della tecnica casearia viene poi passato ai Bergamini, allevatori transumanti presenti sul territorio delle Orobie già a partire dal Trecento: a fine estate, scendevano dagli alpeggi nelle valli fino alla Pianura Padana alla ricerca di erba di qualità per il loro bestiame. Nascono così gli stracchini, formaggi a pasta molle e di forma quadrata prodotti con il latte di mucche “stracche” dopo le lunghe transumanze (il quantitativo di latte era inferiore rispetto a quello prodotto in alpeggio) che non avevano bisogno di cottura. Queste forme erano poi inserite in cassettine sotto i carri per farle sgrondare durante i viaggi. Tra questi formaggi, i più famosi sono il taleggio e il quartirolo, quest’ultimo prodotto alla fine dell’estate, con latte di bestiame nutrito esclusivamente con l’erba ricavata dal quarto sfalcio, denominata appunto “quartirola”. La produzione degli stracchini da parte dei Bergamini porta anche alla creazione di formaggi erborinati dalla forma tonda: quando non c’era abbastanza caglio per fare una forma intera, e in attesa di una nuova cagliata, nei caseifici venivano mischiate la prima, fredda, alla seconda, calda, portando alla creazione naturale di piccole cavità nella pasta, ambiente prediletto dalle muffe. Questi stracchini con muffe di origine naturale oggi sono una minoranza (Strachitunt e Blutunt) dal momento che per quasi tutti gli altri le muffe vengono inoculate direttamente nella cagliata e/o vengono fatti delle forature nella forma per aumentare l'ossigenazione.
Con il tempo, i Bergamini iniziano a stabilirsi in pianura tutto l'anno e la produzione di latte aumenta: qui vendono formaggi e con il ricavato comprano altri animali, acquistano una maggiore superficie di pascolo per gli animali e gli animali producono più latte. Grazie a questa produzione “in eccesso” iniziano a sperimentare una nuova tecnica casearia: triturando e cuocendo la cagliata danno vita a un formaggio granuloso, poi perfezionato dai monaci cistercensi dell'abbazia di Chiaravalle nel 1135. Tra il XII e il XIX secolo si consolida la produzione del granone lodigiano, diretto discendente del formaggio dei Bergamini e padre dell’odierno Grana Padano: il latte veniva scremato, il caglio veniva quindi rotto finemente e fatto cuocere a 45 °C circa per poi essere messo in forme molto grandi conservabili a lungo.
È così che nasce una vera e propria imprenditoria lombarda che porta poi, nel 1957, alla creazione di un consorzio di tutela da parte di produttori, stagionatori e commercianti.
La degustazione
Salva Cremasco DOP e Terre Lariane IGT Solesta 2019 - La Costa
Il Salva Cremasco è un formaggio a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, a crosta lavata, con stagionatura minima di 75 giorni, durante la quale il casaro fa penetrare acqua e sale grazie a numerose spugnature.
L’assaggio fa scoprire un formaggio delicato nell’insieme, ma con una personalità ben evidente. La pasta è friabile e si sentono tendenza dolce, sapidità, grassezza e una persistenza data dalle note di erbe e sottobosco, burro fuso, frutta secca e fungo.
Queste caratteristiche si abbinano molto bene al riesling renano in purezza dell’azienda La Costa: il vino è prodotto intorno a Montevecchia in Brianza, una zona molto ventilata grazie alla posizione a sud dei laghi, con un’ottima escursione termica, su un terreno calcareo con le vigne esposte a sud.
Solesta fermenta in acciaio e affina in tini di acacia per 12 mesi, regalando un vino che profuma di frutta tropicale, agrume dolce, camomilla, fiori d'arancio e ginestra. In bocca si avvertono freschezza e sapidità che sgrassa e pulisce la bocca. Dopo qualche minuto, iniziano a sentirsi al naso anche gli idrocarburi, che completano la piacevolezza di questo prodotto in abbinamento del Salva.
Blutunt e Garda DOC Riserva Colombara 2021 - Cantina Gozzi
Antesignano degli erborinati bergamaschi naturali più famosi e diretto discendente dello Strachitunt (è prodotto con la stessa tecnica, ma fuori dalla denominazione) è un formaggio stagionato a lungo, di grande ampiezza aromatica. Al naso e in bocca si percepiscono molto bene il latte e il burro cotti, i funghi e gli aromi vegetali. Anche nelle parti non erborinate è ricco di profumi e sapori.
L’abbinamento è con uno Chardonnay del Garda, dal colore quasi dorato e di grande espressività al naso grazie all’influenza del lago e ai venti provenienti dalle montagne. In bocca Orestilla ha un’acidità pronunciata anche se bilanciata dalla morbidezza e dalla sapidità minerale che accompagna il finale lungo e complesso.
Grana Padano DOP 24 mesi Bio e Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese DOC Vigna Sacca del Prete 2015 - Fiamberti
Questo Grana Padano è stato creato da un diretto discendente di una famiglia di Bergamini che dalla Presolana si sono insediati nella bassa bresciana.
Il colore giallo molto carico deriva dal foraggio fresco o affinato che mangiano gli animali, senza insilati, foraggi, mangimi o cibi messi nei silos che possono far iniziare la fermentazione in fase di caseificazione. I profumi sono intensi, gli aromi infiniti, la solubilità medio-elevata così come la persistenza. L’effetto crunchy è comprensibile già guardando i cristalli di tirosina sulla superficie, ma in bocca è ulteriormente esaltato: i cristalli si sentono letteralmente scrocchiare sotto i denti.
Questo formaggio viene abbinato a un Buttafuoco dal colore vivido e tipico di questo vino, con un profumo complesso che va dalla frutta in marmellata ai fiori secchi, dai sentori balsamici alla liquirizia fino ai profumi terziari. In bocca è elegante e ha un buon equilibrio tra acidità e tannino setoso proprio del vitigno. La persistenza è molto sfaccettata: si alternano tutte le sensazioni del naso permettendo un finale fruttato, erbaceo e agrumato di chinotto.
Silter DOP 2021 e Valtellina Superiore DOCG 2010 - Le Strie
La Valle Camonica e il Sebino sono da sempre noti come territori con una forte tradizione lattiero-casearia, sia per le ampie estensioni territoriali sia per le storiche sfide di comunicazione con il resto della regione: questa situazione peculiare potrebbe essere uno dei motivi che ha spinto la comunità camuna a impegnarsi per raggiungere un'autonomia alimentare ben definita. I Celti hanno lasciato un'impronta significativa in questa valle, influenzandone la storia e la cultura, tanto che questa connessione si riflette nelle pratiche agricole, nell'allevamento e, probabilmente, anche nella produzione di formaggi.
Tipico dell’area è il Silter che raccoglie a piene mani le tradizioni e l'esperienza casearia celtiche, tanto che il suo nome deriva proprio da un termine dialettale che indica i locali per la stagionatura dei formaggi nelle malghe. La sua degustazione racconta una lunga storia che ha inizio negli alpeggi: il colore molto giallo è tipico dei formaggi di quota, i sentori sono molto gradevoli e ricchi di burro, frutta esotica come l’ananas, frutta essiccata ed erbe aromatiche. In bocca evidenzia una sapidità equilibrata, una grassezza molto solubile e un ritorno di bocca legato ai funghi.
L'abbinamento con il nebbiolo del Valtellina Superiore de Le Strie è estremamente piacevole: il vino ha un naso esuberante di frutti e fiori secchi, tostatura, tabacco, frutta sotto spirito, humus, sottobosco e funghi champignon. In bocca è fresco, succoso ed elegante con ritorni di fiori e frutta secca e un tannino perfettamente integrato.
La serata si conclude e noi possiamo confermare che come diceva Clifton Fadiman: «il formaggio è il compagno perfetto, che accompagna il vino nella danza del palato».