Il rosé tra territorio e tecnica: i Degustatori a lezione da Mattia Vezzola
Degustatori AIS Lombardia
19 novembre 2025
Una giornata di approfondimento ad AIS Lecco dedicata alle diverse espressioni del rosé, tra vini fermi e spumanti, guidata da Mattia Vezzola e Artur Vaso
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Sabato 8 novembre 2025, ospiti di AIS Lecco, il gruppo dei Degustatori lombardi si è cimentato in una sessione di approfondimento dedicata al vino rosé nelle sue diverse espressioni, ferme e spumanti.
La giornata di studio è stata guidata da Artur Vaso, curatore della guida ViniPlus di Lombardia e referente regionale della guida Vitae, con l’illustre e preziosa partecipazione di Mattia Vezzola, enologo e produttore tra i più autorevoli interpreti della Valtènesi e del Metodo Classico (qui e qui alcune recenti interviste e articoli pubblicati su ViniPlus e i "Racconti dalle Delegazioni").
L’appuntamento si è articolato in quattro batterie di degustazione, ciascuna dedicata a una tipologia specifica di rosé, per esplorare le differenze di vitigno, tecnica e territorio. Un confronto che ha permesso di analizzare le diverse identità produttive, dal Nord al Sud Italia fino alla Francia.
Introduzione e metodo
Dopo i saluti introduttivi della delegata di AIS Lecco Rossella Ronzoni e del responsabile dei Degustatori Luigi Bortolotti, la parola è passata ad Artur Vaso e Mattia Vezzola, che hanno impostato la giornata sul confronto tecnico.
«Il mondo del vino rosé è complesso e richiede conoscenza profonda – ha esordito Mattia Vezzola – perché si tratta di un segmento dove la mano dell’uomo incide in modo determinante: il produttore è interprete del territorio e della propria visione stilistica».
Vezzola ha quindi invitato i degustatori a un approccio analitico e consapevole: «tentare di omologare il mondo dei rosé non solo è impossibile, ma anche inutile. Dobbiamo partire dalla vocazionalità dei territori e dalla qualità della viticoltura: solo da vigne dedicate, e da decenni poste a quello scopo, possono nascere rosé di valore».

Prima batteria – Rosé fermi (Italia e Francia)
La prima serie di assaggi ha riunito cinque vini di diversa provenienza e, come ha osservato Artur Vaso, ha mostrato «una grande varietà cromatica, dai toni più chiari del primo Pinot Grigio fino alle estrazioni più intense dei Cerasuolo e del Riceys».
Vezzola ha sottolineato come le scelte di macerazione e temperatura siano decisive per l’intensità colorante: «in Provenza dominano i colori cipria, corallo e perla, frutto di temperature miti e uve sane; al centro-sud, invece, la maggiore concentrazione polifenolica porta a tinte più cariche e fitte».
Il Pinot Grigio delle Venezie DOC – Pinot Grigio 2024 – Bosco del Merlo si è distinto per la delicatezza olfattiva e la chiusura lievemente amaricante.
Più espressivo il Chiaretto DOC – 18 e Quarantacinque 2023 – Citari, che ha mostrato maggiore sapidità e finezza gustativa.
I due Cerasuolo d’Abruzzo DOC hanno evidenziato differenze di stile: il Cerasuolo d’Abruzzo 2023 – Nododivino più sottile e fine, il Villa Gemma 2022 – Masciarelli più tipico e di bocca piena.
Il Rosé des Riceys AOC – Rosé des Riceys 2022 – Domaine Morel, infine, ha mostrato la fragilità propria del pinot nero in questa interpretazione, con note ossidative e minore coerenza gustativa.
Seconda batteria – Rosé fermi (Valtènesi, Alto Adige e Provenza)
La seconda batteria, proposta in degustazione alla cieca, ha consentito un confronto tra stili di vinificazione differenti. Artur Vaso ha sottolineato che, degustando alla cieca, «alcuni rosé, per la loro finezza cromatica e olfattiva, possono facilmente essere confusi con vini bianchi».
Vezzola ha approfondito gli aspetti tecnici legati alla colorimetria: «l’intensità colorante deriva dalla somma dei tre colori primari, mentre la tonalità dipende dal rapporto tra rosso e giallo. In Valtènesi il Groppello e il Sangiovese contengono molto giallo, da cui derivano tonalità più calde. Il colore ideale è quello che mantiene nel tempo brillantezza, evitando derive ossidative verso il marrone».
Ha inoltre introdotto il concetto di succosità, caratteristica distintiva dei rosé di Valtènesi: «è il risultato di uve sane e mature, senza malolattica e senza zuccheri residui. La succosità è direttamente collegata alla digeribilità del vino».
Tra i vini, il Riviera del Garda Classico Chiaretto DOC – Rosamara 2024 – Costaripa si è imposto per equilibrio e lunghezza; il Valtènesi Chiaretto DOC – Antitesi 2022 – Avanzi ha mostrato maggiore struttura e persistenza; i campioni altoatesino (Alto Adige DOC – Merlot Rosé Vigna Windegg 2022 – Brigl) e provenzale (Côtes de Provence AOC – Héritage 2021 – Château Barbelle) hanno evidenziato minore complessità e piacevolezza complessiva.
Mattia Vezzola ha concluso con una riflessione economico-produttiva: «vendemmiare a mano un rosé costa dieci volte più che farlo a macchina, ma la differenza si traduce in valore agronomico e longevità. Fare rosé di qualità significa credere nella vocazione di un territorio».
Terza batteria – Spumanti rosé (metodo classico e Martinotti)
La terza batteria ha introdotto il tema della spumantizzazione, con vini da vitigni e metodi differenti.
Sul punto, Artur Vaso ha evidenziato «la necessità di valutare non tanto il colore o il perlage, quanto la saturazione del colore, la qualità dei profumi e il gusto, elementi che definiscono il territorio d’origine».
Nel degustare il VSQ Metodo Classico Pas Dosé – Paion Rosé Groppello Ruberti 2022 – Tiziano Bellini e il VSQ Metodo Martinotti – Dudes S.A. Rosato – Adriano Marco e Vittorio, ottenuto da un noto vitigno autoctono piemontese a bacca rossa (come si legge nella scheda tecnica), Mattia Vezzola ha ribadito l’importanza della vocazionalità varietale nella produzione di vini spumanti. I due campioni sono apparsi apprezzabili esempi di una sana voglia di sperimentazione, più che testimonianza di vocazionalità delle rispettive uve.
Quanto allo Champagne AOC – Pur Rosé S.A. – Morel Père & Fils, ha osservato Vezzola, «il rosé in Champagne ha minore tradizione rispetto agli spumanti bianchi, ma la qualità media si è elevata enormemente anche in Italia, complice l’evoluzione climatica e agronomica».
Tra tutti gli assaggi, il Franciacorta DOCG – Rosé Brut Millesimato 2019 – Castello Bonomi si è distinto per nitidezza e complessità, con note di piccoli frutti rossi e agrumi e una persistenza superiore.
Quarta batteria – Spumanti rosé (metodo Martinotti e Champagne)
Per l’ultimo gruppo, interamente alla cieca, Artur Vaso ha invitato a valutare la finezza del perlage e l’armonia d’insieme, mentre Mattia Vezzola ha spiegato il parametro tecnico della bollicina:
«per essere di qualità, una bolla dovrebbe avere un diametro di 0,2 millimetri: più tempo il vino trascorre in cantina, più la CO₂ si integra, aumentando la digeribilità e la sensazione di equilibrio in bocca».
I campioni in degustazione – Prosecco DOC Rosé – Prosecco Rosé 2024 – Bosco del Merlo, VSQ Metodo Classico – Mattia Vezzola Rosé S.A. – Costaripa, Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG – Moratti Rosé 2019 – Castello di Cigognola e Champagne AOC – Rosé de Saignée Brut 2019 – Guy Lamoureux – hanno mostrato differenze nette di struttura e persistenza, con lo Champagne a spiccare per precisione olfattiva e profondità gustativa.

Vezzola ha chiuso la sessione con un pensiero sulla viticoltura: «l’obiettivo nel fare vino è permettergli di vivere a lungo nel modo più elegante possibile. La qualità è un prerequisito, ma il vero valore è la longevità: accompagnare la vigna nella crescita, in simbiosi con la natura, è la condizione per ottenere equilibrio e armonia».
L’incontro ha confermato il ruolo del degustatore come interprete tecnico e culturale del vino. Come ha ricordato Artur Vaso, «il compito di chi degusta non è giudicare ma comprendere: riconoscere l’identità di ogni vino, gli strumenti di espressione e il pensiero che lo ha generato».