Borgogna Bianca

Nel secondo appuntamento dedicato alla Borgogna, Ivano Antonini ha portato i partecipanti alla scoperta dei vitigni e dei vini bianchi di questa zona di eccellenza.

Manuela Basaglia

Storia, territorio e denominazioni

«Ci sono vini che si bevono, e poi ci sono quelli che ti portano altrove: ogni sorso di Borgogna bianca è un passo tra le nuvole sopra Corton, un lampo di luce sulle pietre di Meursault, un eco del silenzia che abita le vigne all'alba di Chassagne. È questo il misero: non sono solo Chardonnay, ma memorie liquide di un luogo che non smette mai di raccontarsi, bottiglia dopo bottiglia.»

Ivano AntoniniCon questa frase si chiude la seconda serata del ciclo di due, interamente dedicate alla scoperta della Borgogna: Ivano Antonini ha guidato i partecipanti alla scoperta di questa zona dal terroir unico al mondo. Per coloro che hanno partecipato al primo di questi due appuntamenti dedicati alla Borgogna, storia, caratteristiche pedoclimatiche e classificazioni saranno un discorso noto; per coloro che volessero approfondirlo, vi rimandiamo all’articolo scritto per il primo appuntamento, dedicato alla Borgogna rossa.

La degustazione

La Yonne – Chablis

Quattro diverse classificazioni di Chablis, Petit Chablis, Chablis, Chablis premier Cru, Chablis Grand Cru, sono coltivate a nord e a sud del fiume che attraversa la cittadina di Chablis, e divide tra pianura e collina gli appezzamenti vitivinicoli. Chablis si trova nella più ampia zona della Yonne, che condivide il suolo di età giurassica con altre zone di eccellenza come la Champagne e il centro Loira (Sancerre e Pouilly-sur-Loire). Formatosi circa 200 milioni di anni fa con il ritiro del mare, il terreno è composto da marne, ricche di calcare gessoso, ricco di piccoli fossili di ostriche. La zona vitivinicola di Chablis è il territorio più a nord, caratterizzato da forti escursioni termiche, sia stagionali che quotidiane.

Chablis 1er Cru “Fourchaume” 2020 - Esprit Leflaive

100% chardonnay, fermentazione in acciaio, affinamento parzialmente in vasche di cemento e in botti da 650 litri prima dell’assemblaggio, a cui seguono ulteriori 6 mesi in vasche di acciaio.

Il vino nel calice è di un paglierino molto brillante, che ne denota maturità, con note verdi che ritroviamo anche al naso. Naso che al primo impatto è quello di un vino che nasce nel freddo, ma con un temperamento caldo, che ricorda l’annata, il 2020, caratterizzata da temperature particolarmente elevate. Si percepiscono immediate note agrumate di pompelmo, accenni aromatici e verdi, tesi e diretti, a cui si contrappongono note opulente di frutta esotica, che insieme rendono l’olfatto complesso e pieno. Il terreno su cui le vigne sono coltivate, caratterizzato da fossili di ostriche, è percepibile nella mineralità pungente, che dà uno spiccato carattere a questo calice. Miele, camomilla e sentori di frutta esotica emergono quando la temperatura del calice aumenta. All’assaggio un’immediata avvolgenza calda, esotica e mielosa, seguita dalla nota fresca, con uno spiccato lato verde e crudo che caratterizza il carattere dello Chablis. È evidente il DNA di un vino nato e cresciuto al freddo: questo marchio di fabbrica si rincorre nel calice, anche al gusto, con i tratti di un’annata calda, la cui delicatezza non riesce a sovrastare il chiaro sapore freddo e gessoso tipico del territorio. 

Domain Leflaive è una delle aziende più importanti della Borgogna, situata a Puligny-Montrachet, e composta da 24 ettari delle migliori parcelle della Cote de Beaune. Oggi alla quarta generazione dalla fondazione, l’azienda deve la sua ascesa ad Anne-Claude, visionaria imprenditrice che virò la produzione in biodinamica nel 1997 e avviò l’acquisto di 9 ettari aggiuntivi a Mâcon-Verzé. Ad aumentare le referenze di questa cantina fu il progetto nègoce, chiamato Esprit Leflaive, avviato nel 2018, con l’obiettivo di compare uve da piccoli vigneron da poi vinificare con la grande maestria del direttore tecnico Pierre Vincent.

Máconnais

Regno incontrastato dello Chardonnay, il Máconnais gode di una fama inferiore rispetto alla Côte de Beaune, nonostante produca vini con un rapporto qualità prezzo a volte migliore rispetto a quelli della Côte de Beaune stessa. Questa zona deve la sua ascesa a un viticoltore, Claude Brosse, che, in occasione di una fiera svoltasi nei pressi della corte di Versailles, fece in modo che uno dei suoi vini raggiungesse Luigi XIV, il Re Sole, il quale rimase piacevolmente colpito dal prodotto, e ordinò che la corte fosse sempre fornita di questo vino. 

Pouilly Fuissé “Héritage” 2018 - Domaine Thibert

100% chardonnay, assemblaggio delle migliori parcelle su suoli misti; affinamento in acciaio per 10 mesi di cui 70% in legno e 30% acciaio sulle fecce fini.

Domaine Thibert Père et Fils è una rinomata azienda vinicola situata nel cuore del villaggio di Fuissé e proviene da una tradizione familiare di otto generazioni. Tratto caratteristico della produzione di questa etichetta è la coltivazione biologica delle vigne, dove l’utilizzo di fitosanitari è ridotto al minimo necessario per proteggere le vigne, a favore della preservazione della biodiversità e della salute del suolo. Per evitare l’ossidazione da calore, le uve vengono raccolte all’alba. 

La commistione di terreni vulcanici, granitici, scistosi e ricchi di tufo è chiaramente percepibile nel bicchiere che viene degustato, facendo percepire da subito un grande equilibrio. Al calice il colore è più dorato rispetto al calice precedente, con riflessi verdolini e una marcata grassezza nel bicchiere. 

Al naso ricorda lo Chablis per mineralità, anche se in questo caso si tratta di una mineralità più scura, tendente alla pietra focaia invece che al gesso; si percepiscono burro fuso, erbe aromatiche più balsamiche rispetto al calice precedente, banana e ananas, accompagnate da sentori più delicati, come il miele di acacia, e una finale sensazione agrumata di mandarino.

Al gusto si confermano i tratti percepiti all’esame visivo: l’assaggio porta alla luce una maggior grassezza rispetto allo Chablis, accompagnata da un finale sapido, quasi salato. 

Côte de Beaune

Beaune, capitale enologica della Borgogna, è divisa tra la coltivazione di pinot nero, prevalentemente al nord, e chardonnay, in predominanza al sud, dove Mersault è uno dei tre comuni di riferimento per la provenienza di questo vitigno. Le prime testimonianze della nascita del nome di questo villaggio risalgono al 1094, e si racconta derivi da marens salix, ovvero il salice maschio, una pianta dalla quale derivano molti toponimi di climats borgognoni, e dalla quale si ricavano le palizzature in legno per i vigneti. Le prime coltivazioni vitivinicole di Mersault furono opera dei monaci, che delimitarono appezzamenti venduti poi ad alti prezzi dopo la Rivoluzione francese, grazie alla nomea che i vini di questo comune avevano guadagnato. L’avvento della fillossera fece da spartiacque per una coltivazione quasi totalmente a bacca bianca, su un terreno che rileva il 30% in più di ciottoli rispetto alle aree limitrofe. 

Meursault Blanc 2021 - Domaine Dominique Lafon

100% chardonnay, da vigne di 30-50 anni, fermentazione in acciaio, affinamento in legno per 12 mesi, a cui seguono altri 6 mesi in acciaio.

Il progetto di Dominique Lafon era quello di rilevare la tenuta di famiglia, e riappropriarsi di tutti i vigenti limitrofi, ceduti e coltivati da mezzadri: il suo sogno iniziò a realizzarsi nel 1984 per proseguire fino al 2008, da quando Domaine des Comtes Lafon è annoverata tra le etichette più apprezzate in Borgogna, e Dominique fonda la sua azienda, composta da vigneti a Meursault, Puligny-Montrachet e Beaune, che lui personalmente segue nei lavori in cantina. 

Il colore paglierino di questo vino, con pochi riflessi verdolini, farebbe pensare a un vino più maturo di quello che in realtà abbiamo nel calice: questo inganno visivo è dovuto alle caratteristiche del terroir di questo villaggio, che offre vini molto strutturati e diretti, anche se ancora giovani. 

Al naso il tratto esotico prevale su tutti gli altri, con sentori di frutta a polpa gialla, note di pesca e banana, seguite da pepe bianco e da una mineralità diversa da quella del Máconnais. Con l’aumentare della temperatura nel calice emergono note di burro fuso e un finale amaricante. 

All’assaggio complessità e persistenza, con ancora un grande futuro davanti. Il calice è avvolgente, fresco e allo stesso tempo molto crudo e acido, ancora alla ricerca di un equilibrio tra tutti i sentori.

Côte de Nuit

Zona di elezione dei grandi vini rossi, vede il suo centro nel villaggio di Nuits-Saint-Georges, conosciuto per la grandezza dei suoi pinot neri anche se manca di una denominazione grand cru: deve la sua grandezza al medico del Re Sole, Fagon, il quale suggerì al re il consumo di vini rossi per curare la gotta, attribuendola a un consumo eccessivo di champagne (creando non pochi dissapori con i viticoltori di Vosne-Romanée).

Fu grazie a un’intuizione di Henri Gouges che anche i vitigni a bacca bianca ascesero al successo in questo territorio: camminando per i vitigni si accorse che le vigne in invaiatura viravano non alla bacca rossa, ma a quella bianca; coltivò questa intuizione, dando a questa varietà il nome di pinot Gouges, che oggi altro non è che il pinot bianco.

Domaine Henri Gouges, fondato nel 1920 e tramandato tra generazioni, vanta 15 ettari, una cantina di ultima generazione dove si pratica la macerazione a freddo, e le temperature di fermentazione sono controllate ad un massimo di 30 gradi; l’affinamento avviene in rovere di cui solo il 20% è nuovo, preferendo lasciare che il frutto si esprima da sé, esaltando il carattere proprio del terroir di appartenenza.

Nuits-Saint-Georges 1er Cru “La Perrière ” - Domaine Henri Gouges

100% pinot blanc da vigne di 50 anni, affinamento in legno per 12 mesi, di cui solo il 15% è di legno nuovo.

Il colore dorato, profondo e pieno, di grande lucentezza, già nel bicchiere denota equilibrio, maturità ed evoluzione, conservando una grande freschezza.

Al naso il bicchiere mostra invece caratteristiche in contrasto, con note erbacee e balsamiche di eucalipto e mentuccia, un preponderante carattere agrumato di cedro, arancio e scorze candite, e a seguire note vanigliate che non derivano dall’affinamento in legno. Il quadro che si ottiene dall’esame olfattivo è molto ricco, imputabile a uno stato di maturazione più avanzato rispetto ai precedenti calici degustati. 

L’assaggio conferma i sentori: una nota vanigliata cremosa non data dal legno introduce un calice suadente e dolce, con una spiccata freschezza; la mineralità è meno gessosa, data da terreni più argillosi e meno calcarei, e mantiene una spina acido-sapida.

È un calice equilibrato e armonico, anche se non ancora completo e più tendente al pronto che non al maturo, che ci introduce a una Borgogna bianca più complessa. 

Chassagne-Montrachet

Comune più a sud per lo chardonnay, ha un sottosuolo più profondo di quello di Puligny, che gli permette di produrre vini che vengono chiamati chardonnay di gola, poiché sono vini di grande avvolgenza, profondità e carattere. Tra i comuni limitrofi, Chassagne è quello che produce, oltre ai bianchi, anche ottimi vini rossi. 

Chassagne-Montrachet 1er Cru “Morgeot” 2022 - Domaine Jean Marc Pillot

100% Chardonnay, vigne di 40-50 anni, affinamento di 12 mesi di legno e assemblaggio in acciaio prima della messa in bottiglia; nessuna chiarifica.

Il colore del calice fa pensare a un vino giovane, verdolino molto luminoso, che richiama la bellezza dell’annata, e che esprimerà molto sul lato della freschezza.

Al naso ha tonalità grasse ed esotiche, accompagnate da una finezza sottile e dinamica, una mineralità più pungente rispetto agli ultimi due vini assaggiati. Note di arancia e cedro in candito, di frutta gialla matura fanno da contorno a una freschezza disarmante, con un naso che ancora deve costruire la sua strada; viaggiando di fantasia ce lo immaginiamo tra qualche anno come un vino solare, con un frutto che esce in maniera dinamica.

L’assaggio è completamente scoordinato rispetto all’esame olfattivo: un sorso grasso, che vira verso la frutta matura, quasi crudo; i sentori del naso facevano pensare a un calice avvolgente, mentre all’assaggio troviamo un vino ancora chiuso, ma con allo stesso tempo una struttura che fa presagire un grande futuro, anche grazie alla sua persistenza.

Jean Marc ha una grande tradizione vitivinicola fatta da generazioni, a cui decide di dare il proprio nome nel 1991, fondando il Domaine Jean Marc Pillot. Oggi la proprietà raggiunge i 15 ettari coltivati completamente in biologico: la sua filosofia è fondata sulla delicatezza, che si esprime in un uso moderato dei legni nuovi, fermentazioni spontanee e batonage poco frequenti.

Aloxe Corton

Nome di origine germanica, Corton potrebbe derivare proprio da curtis Otto, ovvero la corte di Ottone I, re di Germania e poi Imperatore del Sacro Romano impero, che possedeva i territori di quest’area nel X secolo, e i cui vigneti iniziarono ad essere considerati di alta qualità già nel XVII secolo. Vigneto posizionato su una collina, sui cui due versanti si coltivano eccellenti pinot neri e chardonnay. Nel 1937, con la creazione delle AOC, vennero riconosciuti Corton Grand Cru (rosso e bianco) e Corton-Charlemagne Grand Cru (bianco), AOC quest’ultima dedicata all'imperatore Carlo Magno, che secondo la leggenda aveva autorizzato la piantagione di chardonnay perché il vino bianco non macchiava la sua barba.

Il termine che meglio identifica l’azienda Latour è rispetto della tradizione, unito a un approccio innovativo: fondata nel 1797 ad Aloxe-Corton, la Maison Louis Latour è una delle più antiche e prestigiose famiglie di négociant-éleveur della Borgogna, guidata dalla stessa famiglia da undici generazioni. 

Oltre a possedere il più grande patrimonio di vigneti Grand Cru in Borgogna, fu tra i primi a vinificare in cantine gravitazionali e a investire nella produzione di barrique proprie, con un controllo qualitativo anche dei legni utilizzati. 

Corton-Charlemagne Grand Cru 2020 - Louis Latour

100% chardonnay, terreno di marne bianche a calcare attivo con pietre friabili, vigne di 30-35 anni, affinamento di 12 mesi in barriques, leggera filtrazione e nessuna chiarifica.

Il colore nel bicchiere è ricco e profondo, definito da Ivano «quasi fosforescente, che si potrebbe vedere a luci spente». Al naso ha un carattere sottile e minuto, fine e setoso, molto meno esuberante del precedente Chassange-Montrachet. 

All’assaggio ci lascia senza parole: nonostante l’annata giovane, 2020, il vino denota un grandissimo equilibrio. Una nota piccante, che quasi pizzica la lingua, viene temperata dall’equilibrio acido-minerale e dalla dolcezza di un frutto pieno e maturo. Si capisce che è un vino giovane, ma anche che ha ancora ampio spazio per migliorare.