Dom Pérignon, per brindare a un anno scintillante
AIS Monza e Brianza chiude una stagione brillante e ricca di appuntamenti con la degustazione di uno champagne tanto iconico, quanto profondo e complesso. Nicola Bonera il perfetto timoniere di una intensa traversata sui mari di Dom Pérignon.
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Abbiamo avuto il piacere di partecipare alla prima serata della stagione 2022/23 organizzata da AIS Monza e Brianza (la trovate qui); 9 mesi dopo, torniamo tra gli stessi banchi per un appuntamento che non soltanto è di per sé un evento (Dom Pérignon, ça va sans dire), ma vuole essere anche la ciliegina su una torta preparata con sapienza e offerta da Antonio Erba e da tutta la vivace e dinamica squadra della delegazione brianzola.
Partiamo dalla fine, dunque, e dai due numeri che ornano le torte che alle 23 passate vengono offerte ai presenti: 77, come il numero di appuntamenti – tra serate, master, wine lab, banchi e approfondimenti – organizzati dalla Delegazione; e 777, come il numero dei soci che, al 30 giugno 2023, AIS Monza e Brianza è arrivata ad avere, con una sorprendente crescita rispetto all’anno precedente di circa il 65%.
C’è orgoglio e c’è la consapevolezza – si legge chiara negli occhi del Delegato Antonio Erba così come in quelli di tutti i sommelier presenti in sala – di aver fatto tanto e bene. Di aver portato interesse alla città di Monza e di aver donato un’attesa centralità alla stessa, fatta anche di grandi eventi e di grandi oratori, com’è il caso della degustazione di quattro Dom Pérignon guidata e condotta dall’autorevole voce di Nicola Bonera.
Le coordinate fondamentali per entrare nel mondo di Dom Pérignon
Innanzitutto, Nicola Bonera ritiene essenziale, per capire lo stile della Maison di proprietà di Moët & Chandon, comprendere che «Dom Pérignon è uno champagne riflessivo, tranquillo, moderato, un vino che ogni volta che lo assaggi ti fornisce molte informazioni differenti, nessuna delle quali scritta con un carattere più grande delle altre». È uno champagne dallo stile quasi sommesso, che – continua Nicola - «non urla, ma che se parla non puoi non ascoltarlo». Questa premessa è stata quantomai essenziale per permetterci, durante la successiva degustazione, di entrare davvero in sintonia con vini che, altrimenti, avremmo potuto facilmente fraintendere.
In secondo luogo, è bene sapere che Dom Pérignon è uno champagne:
- tête de cuvée, ovvero la miglior selezione proveniente da 600 degli oltre 1.200 ettari di vigneti di proprietà di Moët & Chandon;
- sempre e soltanto millesimato;
- d’esprit, de corps, de cœur, cercando con pervicacia uno standard evolutivo che copra, per i Vintage, almeno un trentennio a partire dal tiraggio;
- prodotto in circa 4,5 milioni di bottiglie per la versione bianca, a cui si aggiungono circa 800 mila rosé, numeri vertiginosi se pensiamo alla qualità di ogni singola bottiglia.
Da ultimo, le tre tipologie, tutte frutto di assemblaggio di pinot noir e chardonnay:
- il Vintage, espressione di quella che la Maison definisce la Première Plénitude: affinamento sui lieviti di non meno di 8 anni, vuole affermare, nell’auspicio aziendale, «un dialogo armonioso tra il carattere dell’annata e la firma di Dom Pérignon». Prodotto dal 1921 e non in tutte le annate, vuole essere «una promessa, un invito a entrare nel mondo di Dom Pérignon»;
- il Rosé, nato dalla voglia di sperimentare, di trarre dal pinot noir la sua «potenza primigenia». Tra i 10 e i 12 di affinamento sui lieviti, incarna – secondo l’azienda - «l’anelito alla creazione come esplorazione radicale di nuove possibilità»;
- le Deuxième e Troisième Plénitude, emblema di elevazione senza fretta, per raggiungere «un nuovo vertice di espressione», con oltre 16 anni di affinamento sui lieviti per il Plénitude 2 e ben 25 per il Plénitude 3.
La degustazione
Vintage 2013
49% pinot nero, 51% chardonnay, circa 90 mesi sui lieviti, sboccatura ottobre 2021, dosaggio di 5 g/l.
Dal sito aziendale apprendiamo che l’annata è stata tardive e che «dopo un inverno freddo e umido seguito da una primavera molto fresca e piovosa, la vigna ha iniziato la sua crescita con una quindicina di giorni di ritardo. L’estate calda e secca, con la maggiore esposizione al sole mai registrata in Champagne, è stata particolarmente benefica per la qualità dell’uva. Le piogge di inizio settembre hanno presto lasciato posto al vento, che ha permesso di mantenere i grappoli sani fino alla raccolta. La vendemmia si è protratta dal 28 settembre al 15 ottobre, con uve che hanno rivelato un equilibrio promettente tra acidità e rotondità».
L’approccio è garbato, il naso un po’ frenato su profumi di frutta a guscio, polvere di caffè e fienagione. In bocca è più estroverso ed espressivo, ha forza, vivacità e una trama nervosa intensa e lunga, su aromi di fungo porcino. È ancora nella sua fase riduttiva: l’acidità ne connota il potenziale e al contempo ne marca l’estrema giovinezza.
Vintage 2012
51% pinot nero, 49% chardonnay, circa 90 mesi sui lieviti, sboccatura settembre 2020, dosaggio di 5 g/l.
Il 2012, ci informa Dom Pérignon, è stata un’annata caratterizzata da «gelate invernali e primaverili, piogge torrenziali, grandinate e ondate di freddo intenso mentre i vigneti stavano germogliando, oltre a forti ondate di calore estive». La vendemmia è iniziata tra il 10 e il 26 settembre.
La nuance paglierina del calice è appena più intensa rispetto al vino precedente. A parere di Nicola il naso di questa Vintage 2012 «è meno Dom Pérignon e più “champagne evoluto”», quasi da Plénitude 2: la morigeratezza, il fine understatement che connotano l’elegante stile della Maison lasciano qui spazio a note esplicite e particolarmente intriganti di panificazione e agrume, con accenni ammandorlati, di clorofilla e di erbe aromatiche. Se il quadro olfattivo rapisce, è però l’assaggio a conquistare completamente sia Nicola che l’intera sala: pieno, gustoso, potente, con un’acidità che dà un ritmo trottante all’intera beva e ciò nel contesto di un equilibrio ammirevole. La persistenza è letteralmente infinita.
Vintage 2010
46% pinot nero, 54% chardonnay, circa 95 mesi sui lieviti, sboccatura febbraio 2019, dosaggio di 5 g/l.
Il 2010 è considerato dalla Maison un anno di contrasti: «con le temperature più basse dal 1996, la prima parte dell'anno è stata in netto contrasto con il resto del decennio. Le gelate invernali e una primavera fresca hanno ricordato la latitudine del vigneto. L'estate calda - anche se non eccessivamente - e le scarse precipitazioni hanno reso l'annata particolarmente secca. All’improvviso, tutto è cambiato a metà agosto: in due giorni è caduta tanta pioggia quanta ne cade in due mesi. Con il caldo e le precipitazioni, la maturazione è stata rapida e generosa, ma la vendemmia è iniziata con la botrite, che ha colpito le uve di Pinot Noir. Come nel 1995, l'uva ha raggiunto un equilibrio intenso tra dolcezza e acidità, ma è stato necessario rinunciare ad alcune parcelle e sottoporne altre a un’accurata selezione per tirare fuori il meglio da un’annata ricca di contrasti».
Timido, il naso propone profumi di panificazione, foglie, fiori bianchi e gialli ma soprattutto frutta a guscio. Al palato, commenta Nicola, «è buono perché sembra un riesling»: la botrite potrebbe aver donato qualche nota a questo vino, accentuata dalla lunga evoluzione. Gli aromi di bocca sono vari, vanno dal liquore al limone alla pasta brioche, dalla crema di mandorle a note vanigliate fino a un leggero sentore di zafferano. L’unico appunto sulla beva sta nel breve vuoto amaricante che si percepisce a metà bocca, seguito poi da un ritorno di tensione e volume. Grande classicità nello stile di questo Vintage 2010, nel quale si intravede la componente ossidativa.
Rosé 2008
59% pinot nero, di cui il 10% vinificato in rosso, 41% chardonnay, circa 120 mesi sui lieviti, sboccatura giugno 2019, dosaggio di 5 g/l.
Il 2008 è stato caratterizzato dalla la mancanza di luce e calore. Poi, si legge sul sito di Dom Pérignon, «il mese di settembre - in maniera tardiva quanto miracolosa - ha salvato il millesimo. Proprio quando stava per iniziare la vendemmia, il 15 settembre, le condizioni erano perfette: cielo blu e venti che spiravano da nord-nordest».
Avvicinando al naso il calice di bella veste ramata, si percepisce una massa indistinta eppure complessa di profumi. Assaggiandolo una prima volta, la nota tostata e la chiusura asciutta marcano la beva. È un assaggio «duro e polveroso, per certi versi ostico» che, però, incuriosisce Nicola. Tornando al quadro olfattivo, ecco che fanno capolino note resinose e boschive, arancia spremuta e mandarino.
Plénitude 2 2004
62% pinot nero, 38% chardonnay, circa 200 mesi sui lieviti, sboccatura settembre 2021, dosaggio di 5 g/l.
L'annata 2004, afferma la Maison, «segnerà la storia di Dom Pérignon per la sua ricchezza e generosità»: resa abbondante, con acini grandi, e «anche se il clima si era preannunciato mite, con un mese di agosto piuttosto fresco, è stato il caldo secco delle ultime settimane a determinare il carattere del Millesimo. La raccolta è iniziata il 24 settembre, con uve perfettamente sane e mature».
Il colore inizia a virare sul dorato chiaro e mantiene intatta una inscalfibile lucentezza. Il naso è ampio, a dir poco: fetta biscottata, marzapane, funghi, limone, accenni di carne rossa cotta e poi nota vegetale; a parere del nostro oratore «non arriva all’esaltazione del Vintage 2012», che comunque ammette essere una rarità per lo stile aziendale, «ma ciò nonostante è molto elegante». La beva è mutevole, ancora in cerca della sua esatta collocazione: pare di essere su un ottovolante, l’acidità è sorprendentemente dinamica e gli aromi di miele, uva spina, crema di nocciole e caffelatte donano tridimensionalità all’assaggio. «Se il naso è Plénitude 2, la bocca deve ancora maturare e pare più da Vintage» conclude Nicola.
Grazie a Nicola Bonera per averci dato le chiavi di accesso a un mondo complesso quale quello di Dom Pérignon. E grazie, di cuore, ad AIS Monza e Brianza, al suo Delegato Antonio Erba e a tutta la squadra, per aver organizzato un evento così speciale, giusto coronamento di una stagione strabiliante.
Ci vediamo a settembre!