I Colli Tortonesi secondo Claudio Mariotto

In compagnia di Francesco Ferrari e Simone Chiesa, braccio destro di Claudio Mariotto, e con qualche piacevole “incursione” del sommelier Roberto Fusè, grande appassionato e profondo conoscitore del territorio, scopriamo una delle realtà storiche dei Colli Tortonesi.

Tiziana Girasella

«I Colli Tortonesi sono il Paese delle meraviglie. Claudio è il Cappellaio matto e io sono la lepre». Con questa similitudine, coniata da un giornalista danese, Simone Chiesa apre il racconto della serata.

I Colli Tortonesi si compongono di due sottozone: Derthona (o Monleale, sottozona della Barbera, ma su cui Derthona stessa insiste) -  collocata più a nord verso la pianura padana e in cui è ubicata l’azienda Mariotto - e Terre di Libarna.

Si trova menzione di Derthona già in epoca romana, nota per gli scambi e traffici commerciali, ma anche per la produzione di vino attraversata dalla via Postumia, una delle più importanti strade consolari romane, che congiungeva Genova ad Aquileia.

Geologia

Le marne calcaree che si trovano in questa zona risalgono allo stesso periodo di quelle di Barolo e Barbaresco: sono terreni sedimentari di origine marina nati dalla deposizione di microrganismi e da sabbie e limi. In particolare si trovano terre bianche e terre rosse. A determinare il diverso colore è la pendenza. Nelle zone più ripide il suolo è più soggetto alle erosioni per cui, non riuscendo a depositarsi e trasformarsi, risulta più simile al sottosuolo. Viceversa, dove la pendenza è più dolce, le piogge, la sedimentazione, la ferrettizzazione e la presenza di humus sono in grado di trasformare il suolo che diventa via via più pesante, argilloso e scuro. Lo stesso vitigno può quindi dar origine a vini diversi a seconda della matrice sulla quale viene allevato: più eleganti e verticali nel primo caso; più robusti e strutturati nel secondo.

Cenni storici

Il timorasso ha una storia interessante. Già Pier de’ Crescenzi, il più importante scrittore di vino del Medioevo, parla di un vitigno di questa zona, il gragnolato, e lo descrive con un grappolo piuttosto grande, lucente, che ricorda e fa pensare al timorasso, pur senza averne dimostrazione scientifica. Dal 1600 in poi si parla di timorasso come vitigno molto coltivato. Successivamente, nel 1834, Giorgio Gallesio lo cita espressamente come tipico della zona di Novi Ligure. Nel 1875 De Maria e Leardi, due importanti ampelografi, descrivono la diffusione del timorasso nel Tortonese. Poi, un periodo di declino fino al quasi totale oblio, a vantaggio del cortese e delle uve rosse, soprattutto barbera, più produttive e semplici da coltivare (si ricordi che allora il vino era considerato un alimento), tanto che nel 1980 si parla di appena 2 ha vitati. Solo alla metà degli anni ’80, tre vignaioli, Massa, Mariotto e Mutti, decidono di puntare sulla sua riscoperta e nel 1987 la prima vendemmia. Un aneddoto racconta che andassero in vespa a raccogliere l’uva dalle poche piante possedute dai contadini del luogo, consentendo loro di produrre in totale ben 54 litri di vino! Da allora si occupano di diffonderlo e valorizzarlo fino ad arrivare agli attuali 65 produttori (oltre alla cantina sociale che ne conta 182). Oggi vive un momento di splendore, tanto da suscitare l’attenzione di importanti produttori provenienti da altre zone più note del Piemonte.

Il Timorasso 10 anni dopoIl 31 gennaio 2020 è stata presentata la sottozona Derthona; la scelta è stata quella di non citare obbligatoriamente il vitigno in etichetta, decisione lungimirante in quanto ne consente da un lato la diffusione anche al di fuori del Tortonese, permettendo al tempo stesso di riconoscere questa come zona come quella maggiormente vocata.

Claudio Mariotto appartiene alla terza generazione di vignaioli attivi sin dal 1921, ma è stato il primo della sua famiglia a imbottigliare il vino. Oggi possiede 54 ha totali più 12 con diritto di reimpianto: 27 sono dedicati al Derthona e gli altri 27 agli altri vitigni (freisa, barbera, croatina, cortese e moscato); la produzione annua si attesta sulle 250.000 bottiglie. Non dichiara esplicitamente il biologico in etichetta, pur lavorando di fatto con la stessa metodologia: zolfo e piretro in vigna, diradazione delle foglie, fermentazione spontanea, nessun diserbo chimico, selezione delle doppie gemme e defogliatura in fioritura per evitare marciumi (che rappresenta un azzardo in quanto, nelle annate poco piovose, come il 2022, può essere rischiosa per l’eccessiva insolazione).

Degustazione

Braghè - Freisa 2019
Tipica del Piemonte e in particolare della zona del Torinese e del Canavese, la freisa storicamente veniva vinificata frizzante e con residuo zuccherino, ma ci si è resi conto che, se condotta per fare un vino più strutturato, acquista connotazioni interessanti. Pare che discenda dal nebbiolo ma, a differenza di questo in cui i tannini si trovano nella buccia, qui sono presenti nei vinaccioli: il tannino del vino sarà quindi più presente e meno elegante di quello del nebbiolo, ragion per cui l’estrazione dovrà essere più contenuta. Presenta un’interessante acidità e buona presenza di materia colorante; si presta molto bene agli abbinamenti gastronomici.
Il vino in degustazione fa una macerazione corta di 3-4 giorni per limitare l’estrazione e preservare i sentori primari; fa poi 6 mesi in acciaio.
Al naso emerge una nota vinosa, fresca e giovane, di piccoli frutti rossi, garofano, geranio e in generale di fiori non molto dolci e con sentori ancora un po’ vegetali. Il palato sorprende rivelando una buona corrispondenza gusto-olfattiva sebbene la bocca risulti più performante, con un tannino presente, ma non preponderante e una chiusura sapida, ma anche gustosa di liquirizia e con ritorni agrumati. Un vino semplice e piacevole che esprime le caratteristiche del vitigno e manifesta da subito grande bevibilità e perfetto equilibrio.

Montemirano – Croatina 2016
Presente nella zona del Novarese, del Biellese e del Vercellese, la croatina si trova anche nel Tortonese e in Oltrepò Pavese. Vitigno con un tannino meno presente della freisa, con maggiore carica antocianica e il cui vino è tutto giocato sul frutto. Storicamente anche quest’uva dava vini semplici, frizzanti e di pronta beva. In Piemonte veniva utilizzato come vino da taglio, spesso aggiunto al nebbiolo a cui forniva maggior colore; nei Colli Tortonesi, tradizionalmente, veniva utilizzato come vino da taglio per l’Amarone. Rivalutata, oggi la croatina viene apprezzata anche con qualche anno sulle spalle, mostrando un buon potenziale di invecchiamento.
Il vino in degustazione è prodotto in zona Vho, con esposizione sud-est, su terra rossa. Poche le bottiglie prodotte. Fa circa 15 giorni di macerazione, un anno di affinamento in tonneau di secondo passaggio e almeno un anno in bottiglia.
Più intenso al colore rispetto al precedente; note fruttate più scure, di ciliegia e prugna anche in macerazione, sentori vegetali di erbe officinali e un finale leggermente agrumato. Rispetto alla freisa presenta diversità di struttura, più allargata, più piena e ricca; ha una corrispondenza perfetta naso-bocca con una persistenza maggiore del vino precedente. Sorso potente, l’alcol si sente ma è equilibrato; il tannino è mascherato da altre sensazioni tattili come struttura e morbidezza.

Poggio del rosso – Barbera 2016
Coltivata ovunque in Piemonte in quanto resistente e produttiva, la barbera veniva utilizzata per produrre vino in quantità. Vitigno che conferisce tanta acidità, poco tannino e intensa carica cromatica, per vini semplici, ma abbattendo le rese e “pensandolo” maggiormente, emergono anche altre caratteristiche, struttura e potenza in primis, che lo rendono vino da evoluzione, da invecchiamento.

«E se il timorasso è la moglie, la barbera è l’amante!» afferma Simone Chiesa.

I viniIl vino in degustazione proviene dalla vigna storica dell’azienda situata intorno alla cantina con esposizione sud-ovest e dedicata al padre di Claudio Mariotto. 15 giorni di macerazione, un anno di affinamento in legno nuovo, tra tonneau e barrique, sfata il mito della necessaria presenza di una nota boisé.
Il naso presenta una sfumatura dolce, quasi di zucchero a velo, unico indizio dell’affinamento in legno, e rivela al contempo profumi di frutta matura dolce, prugna e mora, effluvi balsamici, quasi di canfora; gli aromi floreali, invece, richiamano la rosa, mentre la speziatura è legata a toni dolci, di chiodo di garofano. All’assaggio presenta una bella corrispondenza gusto-olfattiva, ritorna la frutta, le erbe aromatiche, una nota agrumata dolce; giocato sulle morbidezze sorrette, però, da una struttura che si impone senza risultare pesante, un sentore fresco, un bel tannino e una scia sapida che accompagna il sorso fino alla fine, evidenziando la parte più pura del vitigno.

Degustazione di Timorasso

Il Timorasso è bianco solo di colore, ma per potenza e struttura è un rosso; il ventaglio odoroso tipico va dalla camomilla agli agrumi fino alla mela cotogna; ha note empireumatiche, balsamiche, minerali di idrocarburi; presenta inoltre un’elevata capacità di invecchiamento. Tutti i Timorasso di Mariotto non fanno criomacerazione, ma viene effettuata una pigiatura soffice e lenta, fermentazione spontanea, un anno in acciaio sulle fecce nobili seguito da sei mesi/un anno in bottiglia. In degustazione i tre cru aziendali diversi per anzianità delle vigne e nella matrice territoriale.

Derthona Bricco San Michele 2018
Vigne giovani, di 7-8 anni, su marne calcaree-terre bianche in altitudine e terre rosse in basso con esposizione sud-est: siamo a Sarezzano, a 2 km da Vho. Tappo a vite.
Paglierino con riflessi dorati, luminosissimo; al naso presenta un bouquet variopinto: frutta gialla matura, note balsamiche, erbe aromatiche come timo e rosmarino. La struttura al sorso è sorprendente, soprattutto se si pensa alla giovane età delle vigne: è rotondo, pieno, sapido ed elegante. Potente.

Derthona Cavallina 2019
Vigne di circa 18 anni interamente su terre bianche, esposte a sud-est, in una frazione di Vho. 12.000 bottiglie prodotte.
Rispetto al precedente, il naso è meno prorompente, ma è un merletto quanto a finezza ed eleganza. Una pluralità di fiori bianchi emergono all’olfatto: gelsomino, zagara e camomilla; la nota fruttata, poi, si sposta su toni agrumati. È maggiormente evidente la coerenza tra naso e bocca: ha potenza, è un po’ meno rotondo del precedente, più verticale, con una sfumatura di dolcezza balsamica. Persistenza aromatica notevole, ripropone anche al palato i sentori floreali. Meno immediato e pronto del precedente; va cercato e aspettato.

Francesco Ferrari, Simone Chiesa, Roberto Fusè e le Sommelier in servizioDerthona Pitasso 2018
Da vigne di 25 anni situate nel comune di Sarezzano con esposizione sud-est e sud-ovest. 9.000 bottiglie.
Sin dalla prima olfazione si evidenzia una notevole complessità: nuance caramellizzate, cera, note empireumatiche; emerge la frutta matura, quasi esotica. Effluvi di erbe aromatiche; manifesta una scia minerale di pietra focaia. Al palato è esplosivo, sapido e perfettamente corrispondente all’olfatto. Chiude lunghissimo, con ricordi di mandarino.

Derthona L’imbevibile 2018
Nato per caso nel 2012, anno in cui, per una dimenticanza, 4 filari sono stati vendemmiati in ritardo, andando in sovramaturazione, Mariotto decide di pigiare e affinare in un’anfora recuperata al volo da Gorizia. Il risultato piace e da allora si produce tutti gli anni da vigne di diverse età situate su terreni differenti.
Diraspatura, vinificazione con contatto sulle bucce di 15 giorni con rimontaggi; affina in anfora di terracotta per un anno per poi essere immesso in bottiglia. Se ne producono 6.000 bottiglie.
All’olfatto, che risulta da subito complesso e attraente, si delinea una nota leggermente ossidata che, non copre, ma si integra con tutto il resto. Segue un pot-pourri di fiori secchi, aromi di tabacco, sentori affumicati. In bocca è pulito, piacevole e coerente, ha aromi di scorza d’agrumi, soprattutto bergamotto, con una chiusura sapida, notevole e piacevolissima.