Questione di tappo, seconda puntata
Sold out e grande interesse per la serata di Simone Bevilacqua dedicata ai sistemi di chiusura del vino organizzata da AIS Pavia che ha avuto come ospiti Alessandro Defilippi e Giulia Benini (Vinventions) e il produttore Walter Massa.
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L’importanza della chiusura, quale elemento essenziale per la buona riuscita del vino, è un tema molto importante che AIS Pavia aveva già affrontato nel 2022 (vedi qui) e che, anche in questa seconda puntata, ha riscosso un grande successo, a conferma dell’interesse da parte dei soci a questo argomento. Anche questa volta a condurre la serata è stato il sommelier Simone Bevilacqua, insieme ad Alessandro Defilippi e Giulia Benini in rappresentanza di Vinventions, azienda produttrice di innovative soluzioni per la chiusura del vino e partner dell’incontro.
I produttori devono operare una serie di scelte fondamentali e delicate durante il processo di produzione complessivo di un vino, nulla è lasciato al caso, anche quando si parla di chiusura della bottiglia. Se quest’ultima è affidata al sughero, sottolinea Simone Bevilacqua, materiale naturale e disomogeneo, diventa una variabile non controllabile. Il sughero per secoli è stato identificato come il tappo ideale per le bottiglie in quanto è un materiale naturale, è dotato di buona elasticità e attraverso la propria porosità permette la microossigenazione del contenuto della bottiglia.
Il sughero viene ricavato dalle querce da sughero, che impiegano circa 40 anni per formare il sughero femmina, strato esterno di protezione della pianta; la rimozione del sughero espone questi alberi secolari agli attacchi di agenti esterni, durante il processo di riformazione di un nuovo strato di sughero che si riformerà in circa 10 anni. Le plance di sughero, raccolte in cataste, vengono successivamente lavorate, separando le varie pezzature per caratteristiche di compattezza, porosità ed elasticità.
Oggi, il mercato si sta orientando verso metodi di chiusura più tecnici con l’obiettivo di avere il controllo sull’ossigenazione, che di fatto determina la maturazione e la conservazione del vino e per evitare diseguaglianze da una bottiglia all’altra all’interno dello stesso lotto. Se parole come “omogeneità”, “omologazione”, “uniformità” sono da sempre considerate accezioni negative nel mondo del vino, poiché deve essere premiata l’unicità e la tipicità, il sistema di chiusura deve invece garantire al produttore una tenuta sempre uguale e standardizzata nel tempo e garantire una perfetta neutralità organolettica.
Il punto di vista di Walter Massa
Walter Massa, titolare della omonima cantina, è ormai conosciuto da tutti gli appassionati di vino come il pioniere nella riscoperta del vitigno autoctono timorasso dei Colli Tortonesi. Appassionato artigiano, considera il vino “una medicina per lo spirito” e, in quanto tale, va protetto e gestito in modo assoluto. Secondo lui il tappo di sughero è stata la migliore chiusura per secoli, ma oggi, nel 2023, ci sono metodi molto più affidabili e moderni. La sua scelta, in questo momento, si rivolge al tappo a vite, chiusura sempre più performante e sempre più richiesta dai mercati esteri, scelta che prevede inevitabili adeguamenti a linee di imbottigliamento apposite e a bottiglie differenti, operando un significativo cambiamento negli impianti aziendali che implica al produttore considerevoli investimenti. La linea di tappi impiegati nei prodotti degustati durante la serata lasciano invece la possibilità di continuare a utilizzare le attrezzature già in uso per i cicli di chiusura che utilizzano oggi il tappo in sughero.
Sostenibilità, un fattore non secondario
Alessandro Defilippi ci parla di prodotti innovativi, con un occhio attento alla sostenibilità nei cicli produttivi, utilizzando prodotti a basso impatto ambientale o naturali. L’azienda, che oggi propone una ricca gamma di tappi, è nata nel 1999 con lo scopo di creare chiusure ecosostenibili. Durante la serata sono stati presentati diversi sistemi di chiusura:
- il tappo Sübr, realizzato con sughero agglomerato legato da polimeri vegetali biodegradabili di loro creazione, senza l’utilizzo di colle poliuretaniche.
- il tappo a vite, che si presenta esternamente con un guscio uguale per tutti, in alluminio, ma che in realtà all’interno può fornire differenti tipi di liner, membrane sottotappo, a seconda dei quali si parla di differenti microossigenazioni. Da non sottovalutare, in questo caso, è anche lo spazio di testa nel collo della bottiglia, che è molto maggiore rispetto al tappo tradizionale, e deve pertanto essere inertizzato perfettamente per la migliore tenuta del vino.
-Il tappo Nomacorc green line, realizzato in polimeri vegetali estratti dalla canna da zucchero, provenienti da coltivazioni di loro proprietà in Brasile, realizzato con una guaina esterna e all’interno con una schiuma più porosa, attraverso la quale il passaggio dell’aria può essere gestito.
Vinventions ritiene importante evitare gli sprechi e, a tal proposito, Giulia Benini ci spiega come ogni giorno nel mondo, a causa del problema della TCA (odore di tappo), milioni di bottiglie di vino vengano sversate, sprecando così il lavoro di tantissimi produttori oltre a un non indifferente danno economico. L’azienda produce tappi evitano questo problema, e lo fa in modo sostenibile, utilizzando negli impianti di produzione energie da fonti rinnovabili. Utilizza, inoltre, materie prime interamente riciclate, con una Carbon Foot Print completamente neutra.
non secondario è il problema relativo al fine vita dei tappi: il sughero è di difficile decomposizione e da anni è stata istituita una rete di raccolta diffusa in quasi tutti i comuni, al fine di recuperare i tappi usati, in modo che possano essere riutilizzati nella catena produttiva, una volta igienizzati e macinati. In questo caso c’è da dire che spesso le colle e gli agenti leganti dei microgranulati sono essi stessi elementi invasivi e marcanti nella mescola del tappo. Nel caso di tutti i prodotti Vinventions, sono di facile smaltimento: nella plastica o nell’alluminio, vengono subito indirizzati nel corretto canale di riciclo. L’azienda si è impegnata ad arrivare al 100% del riciclo dei materiali entro il 2030. Da ultimo, ma non meno importante, una considerazione sui prezzi: mentre un buon tappo di sughero monopezzo oggi costa circa da 1 euro a 1,5 euro, il tappo Nomacorc più alto in gamma costa 0,30 euro.
La degustazione
Tre tipologie di vini in tre batterie, chiusi con tappi differenti. Sono le prove volute dal produttore che nello stesso momento di imbottigliamento con lo stesso prodotto di partenza, crea differenti scenari per vedere nell’apporto dell’ossigeno in bottiglia e quale tappo sarà migliore per l’evoluzione di quel vino.
1° batteria: Kovacs Nimord Battonage 2018 (Ungheria)
Degustiamo 3 versioni di questo chardonnay in purezza affinato per 18 mesi sur lies, in botti di rovere ungherese, francese e americane, imbottigliato ad agosto 2020.
Nel primo campione troviamo con aromi floreali e fruttati, ben riconoscibile l’impronta dell’affinamento in legno con note di vaniglia, di frutta esotica e chiusura fumé. Fresco in bocca, teso con note citrine e marcata sapidità, scopriamo che è stato chiuso con il tappo di tipo Nomacorc Riserva. Questo tappo permette l’ingresso in microossigenazione di 0,3mg di O2 dopo 3 mesi , 0.7 mg dopo 12 mesi e una ossigenazione di 0.6mg per ogni anno dopo il primo.
Nel secondo campione, le percezioni cambiano: all’olfatto riscontriamo note di pasticceria e di frutta secca e un palato più morbido ed evoluto. In questo caso è stata scelta la chiusura con il tappo Nomacorc Select Green 100. Questo tappo permette una micro ossigenazione di 0.4mg di O2 dopo 3 mesi, 1,2 mg dopo 12 mesi e 1.1 mg per anno dopo il primo.
Il terzo campione si apre all’olfatto dopo diversi minuti: in bocca la morbidezza seppur avvolgente, estrae aromi più speziati e piccanti, sentori terziari. La chiusura in questo campione è il tappo Nomacorc Select Green 500. Questo tappo permette una microossigenazione di 1.8 mg di O2 dopo 3 mesi, 3,1 mg dopo 12 mesi e 1.7 mg per anno dopo ilprimo.
2°batteria: Barbera d’Alba Doc Raimonda 2016, Fontanafredda.
Ci troviamo di fronte quattro campioni, imbottigliati ad agosto 2018, che si presentano tutti con un bel manto granato denso e compatto.
Il primo campione si apre con profumi di frutta in confettura, mirtillo, liquirizia e bacche di ginepro. In bocca con buona freschezza e acidità: chiusura con Nomacorc Riserva.
Il secondo campione al naso ricorda maggiormente profumi di sottobosco e muschio ,Il sorso è più pieno ma si avverte con maggior forza la tannicità: chiusura Nomacorc Select Green 100.
Il terzo si apre nuovamente con note differenti, di frutta scura macerata e una piacevole nota vegetale. In bocca avvertiamo ancora maggiormente il tannino, quasi ruvido, con un buon finale persistente. Chiusura con Nomacorc Select Green 300.
Il quarto campione all’olfatto si presenta meno intenso dei precedenti, e con aromi poco percettibili, al palato risulta meno interessante e con un finale amaricante meno piacevole: chiuso con Nomacorc Select Green 500.
3° batteria: Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015, Colombaio di Ciencio
Questo vino, prodotto con uve sangiovese 100%, è stato affinato per 36 mesi sia in botti di legno grande che barriques.
Il primo calice presenta al naso una esplosione di profumi: ciliegia, ribes, rosa rossa, nota vegetale balsamica e speziata. Al sorso è fresco, sapido e tannico perfettamente integrato in tutti i suoi aspetti. Il finale è persistente: la chiusura in questo caso è il tappo di sughero tradizionale monopezzo, ed è ancora la scelta del produttore al momento, non solo perché dettato dal disciplinare, ma come strumento di perfetto sviluppo del prodotto.
Il secondo calice presenta profumi che virano su frutta rossa cotta, floreale secco tipo pot-pourri e note di eucalipto. In bocca fresco e sapido, avvertiamo una maggior tannicità. È stato utilizzato Nomacorc Reserva 300.
Il terzo calice si apre su sentori marcatamente erbacei di fieno secco e profumi terziari di tabacco secco e china. In bocca è più morbido e la tannicità passa in secondo piano, con un finale lievemente amaricante. Utilizzato il tappo Nomacorc Reserva.
L’ultimo calice della serata presenta da subito odori di resine sintetiche: in bocca è teso, quasi aspro, sapido e con lieve tannicità. Decisamente poco piacevole, scopriamo che è chiuso con un tappo in sughero microagglomerato, che si rivela non adatto a questo vino.
Scorre veloce e piacevole la serata tra queste comparazioni che ci fanno ben comprendere come i sistemi di chiusura del vino stanno vivendo una nuova epoca.