Borgogna: il sacro e inviolabile culto del terroir

Borgogna: il sacro e inviolabile culto del terroir

Degustando
di Raffaele Cumani
04 febbraio 2016

Degna chiusura del grande Congresso AIS dello scorso 14 e 15 Novembre a Milano è stata l’ultima e straordinaria degustazione dei bianchi di Borgogna guidata sapientemente e con grande simpatia da Armando Castagno

Titolo dell’incontro è il “sacro e inviolabile culto del terroir”, un tentativo di indagine sui fattori principali della produzione del bianco in Borgogna, secondo una visione del vino francese che parte senza mezzi termini dal territorio. 

Un volo su una delle regioni vinicole più famose che punta a spiegarne le caratteristiche attraverso i vini, i vini degustati, tutti chardonnay della stessa annata.

La Borgogna è infatti, per vari fattori storici e culturali, uno degli archetipi del vino bianco nel mondo.  La degustazione è appunto centrata su una sola annata, il 2011, i cui vini sono accomunati da una potente nota sapida che prevale sull’acidità che si attesta, viceversa, su valori medi; un’annata caratterizzata da un inverno rigidissimo e un aprile caldissimo, fattori che hanno determinato una germogliazione precoce con grandi riserve d’acque, e un agosto caldissimo che ha accelerato la maturazione portando a una delle vendemmie più precoci della storia.

La salaCome detto, il vino francese parte dal territorio: il tentativo è quello di sentirlo cambiare in degustazione, in un rapido giro tra sud, nord e zone classiche della Borgogna. Vini territoriali quindi, “ambientali”, spiegabili solo attraverso l’analisi del territorio da cui provengono, della sua altitudine, esposizione, conformazione geologica. 
Il più importante elemento da indagare è il terreno, quasi unico in Borgogna, una delle terre emerse più antiche d’Europa, composto dalla stratificazione di complessi durissimi di calcare, distese di marne giurassiche di vari periodi, ricchissime di fossili, ricordo dell’era in cui la zona era sommersa da acque che hanno compattato col loro peso i carapaci. 
Tutto questo si riversa prepotentemente nel vino donandogli una potenza straordinaria, le marne kimmeridgiane, in particolare, impongono la propria presenza in maniera netta sull’uva, così anche AOC come Sancerre e Chablis (nei terreni caratterizzati da queste marne) possono essere accomunate e a volte confuse, anche dal degustatore esperto, proprio perché le caratteristiche varietali di uve straordinarie come sauvignon blanc e chardonnay si “inchinano” di fronte a territori così importanti. 

In Borgogna la dotazione culturale del vino è tale che si punta e si racconta solo il territorio e sulle etichette non si indica neppure il vitigno che, in condizioni così peculiari, acquista qualcosa in più; il vitigno diventa così lo strumento che deve suonare la partitura ideale che è l’ambiente intorno ad una vigna. 
Lo chardonnay è l’uva che si è imposta in Borgogna perché garantisce evoluzione e matura molto presto, un’uva per così dire di salvaguardia. 
Si è affermata così su vitigni storici come l’aligoté e il melon de Bourgogne; leggendo poi i testi e le note di degustazioni dell’Ottocento, le descrizioni dei vini sono sovrapponibili a quelle di oggi pur essendo ottenuti da uve diverse, a dimostrazione dell’importanza del territorio che è rimasto fisso e che domina quindi sul vitigno stesso. 
Il legislatore tutela il luogo in cui vitigno si esprime al massimo e travalica le sue caratteristiche varietali, superandosi, non subordinandolo a dati stilistici.

I vini degustatiI vini proposti, stessa uva e annata, ad eccezione dell'ultimo, hanno caratteristiche inconfondibili, caratteristiche che vengono date da una specifica zona e in alcuni casi da una specifica vigna. Dalle note grasse, barocche, “sudiste” del Viré-Clessé Quintaine 2011 Domaine Emilian Gillet, nel Mâconnaise, all’essenzialità marina dello Chablis Grand Cru Les Clos 2011Domaine William Fèvre, o confrontando i due vini di Domaine Vincent Girardin, fatti nello stesso modo, dalla stessa azienda e con la stessa uva, nella stessa annata, il Pernard-Vergelesses Vielles Vignes 2011 e Chassagne-Montrachet 1er cru Clos du Cailleret 2011, riscontriamo caratteristiche e spessore diversi: da un lato una struttura e una densità importante ma meno definita, dall’altro una sapidità e una finezza dovuti ad una vigna e ad un ambiente posti in un luogo migliore; per chiudere con lo Chevalier-Montrachet Grand Cru 2011 Domaine Bouchard Père et Fils che esprime una caratteristica maestosità agrumata. Infine, l’ultimo vino del Congresso, Corton-Charlemagne Grand Cru 2001 Domaine Bonneau du Martry, unico vino di annata diversa la cui evoluzione è di grande classe. Vini con caratteristiche diverse che parlano coerentemente per i propri territori e con i quali non resta, in un’ultima analisi, che brindare allo straordinario evento che è stato il Congresso AIS 2015.  

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