Pinot nero, a ciascuno il suo
Degustando
di Sara Missaglia
01 giugno 2023
Multiforme, indomabile, magnetico, mai uguale a se stesso. Il pinot nero, l’enfant terrible della viticoltura mondiale, ha trovato in Oltrepò Pavese un luogo dove mettere radici. Il Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese lo ha recentemente messo al centro di un approfondimento dedicato alla stampa di settore. Il nostro reportage.
Sul pinot nero è stato scritto di tutto: innegabile il fascino esercitato da uno dei vitigni più nobili tra quelli a bacca nera, l’unico a poter cambiare d’abito di continuo con la disinvoltura e la classe di una star. Audace, coraggioso, altezzoso, pestifero, capriccioso, difficile, primo della classe per definizione senza essere nemmeno troppo secchione, sexy, malizioso, intrigante. Sostanzialmente incurante dell’opinione altrui, si veste di bianco, rosso e rosé senza badare alle mode, ed entra in scena come meglio crede, in versione sparkling, ferma e pétillant. Austero e suntuoso, vibrante ed accecante, esuberante ed energetico, leggero o concentrato: un amante senza tempo con cui è impossibile annoiarsi. Versatilità o trasformismo? Probabilmente entrambi, dono di chi è in grado di essere sempre se stesso pur cambiando aspetto. Talmente unico da passare da vitigno a vino in un attimo: in realtà il pinot nero è un vitigno estremamente sensibile al terroir, capace di offrire interpretazioni molto diverse tra loro a seconda della zona di produzione. Per questa sua straordinaria capacità interpretativa mette alla prova anche i degustatori più esperti: una complessità che ha il sapore di una sfida.
Ve lo ricordate il film del 2004 “Sideways. In viaggio con Jack”? Una commedia brillante e divertente con battute fulminanti e ironiche tra due amici, Miles (Paul Giamatti) e Jack (Thomas Haden Church), che intraprendono un viaggio alla scoperta dei vini in California. Miles è l’esperto di vino, e con queste parole descrive il pinot nero: ”Ha la buccia sottile, è sensibile, matura presto. E, insomma... non è una forza come il cabernet che riesce a crescere ovunque e fiorisce anche quando è trascurato. No, al pinot nero servono cure e attenzioni. Sì, infatti cresce soltanto in certi piccolissimi angoli nascosti del mondo. E solo il più paziente e amorevole dei coltivatori può farcela, è così”. Jack è in difficoltà: “Pinot nero? E perché è bianco?”. Sembra divertente, ma in realtà dietro l’interrogativo cromatico ci sono secoli di storia.
Il Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese e il suo Direttore Carlo Veronese in due masterclass condotte da Chiara Giovoni, ambasciatrice italiana dello champagne, sommelier e winewriter, hanno condiviso un’idea di fondo precisa, che non è un obiettivo ma una conferma già verificata: il pinot nero è un’uva che nell’Oltrepò Pavese ha trovato il luogo idoneo per offrire un’interpretazione di sé unica e qualitativamente elevata.
Il pinot nero
Ha un grappolo di dimensioni contenute, acini piccoli e serrati, una buccia sottile e sensibile, delicata, soggetta a fratture, permeabile. Vuole il suo tempo per la piena maturazione, e la vendemmia spesso si protrae fino a ottobre. Ama i climi più freddi e le nebbie, che in Oltrepò non mancano. È considerato uno dei vitigni più antichi ancora in coltivazione, con una storia che risale a oltre 2000 anni fa. Dici pinot nero e pensi alla Borgogna in Francia, dove è l'uva più famosa e produce alcuni dei vini più celebri e ricercati al mondo. Fu introdotto in Oltrepò dal ministro Agostino Depretis nel 1854, che per primo intuì la potenzialità del pinot nero allevato in alta collina: vide bene e a lungo, se pensiamo che oggi, su 13.500 ettari vitati in Oltrepò, 3.000 sono dedicati a questo vitigno. Qui i genotipici del pinot nero erano già coltivati dai tempi dei Romani: attualmente sono impiegati sia i cloni a bassa produzione, adatti per la vinificazione in rosso, sia quelli a produzione più abbondante, impiegati per la vinificazione in bianco e per le basi spumante. In Oltrepò la produzione di pinot nero rappresenta circa il 75% dell’intera produzione nazionale del vitigno e trova tre declinazioni perfette: il metodo classico, il cruasé e il rosso da invecchiamento. “Cruasé” è un marchio registrato del Consorzio dell’Oltrepò Pavese che indica il Metodo Classico rosé secondo il Disciplinare Docg: l’espressione (che nasce dall’unione di “cru”, selezione, e rosé) sembra avere fortuna alterna ed è ancora alla ricerca di una sua precisa riconoscibilità, dal momento che anche alcuni produttori non sempre riportano la menzione in etichetta. La storicità della sua presenza sul territorio fa sì che qui parlare di “vitigno internazionale” suoni male, e che il pinot nero sia considerato a tutti gli effetti un’uva nativa, con una voce profondamente territoriale. Fondamentale l’alleanza che il vitigno ha stabilito con l’uomo: il sigillo sono quelle straordinarie bollicine da Metodo Classico, tipologia in cui le scelte del produttore hanno un ruolo primario. Prodotto “manipolato” per definizione che non ha fretta di entrare in scena: come le grandi star si fa attendere, se teniamo conto che la permanenza sui lieviti è ben superiore rispetto ai più diffusi 15-18 mesi. La vinificazione in rosso presenta una storia più recente rispetto al passato illustre del Metodo Classico: un percorso di circa 50 anni, per interpretazioni che oggi si concentrano da un lato in prodotti importanti con affinamenti in legno, e dall’altra in vini più agili, freschi, immediati: calici giovani in cui fino a poco fa si credeva meno, e che ora trovano invece produzioni interessanti. Tendenza recente è anche la lavorazione su “single vineyard”, con l’obiettivo di vinificare cru separati e distinti. Altro aspetto non trascurabile in ottica di enoturismo ed esperienziale è il fatto che il pinot nero ha una natura food-friendly, con la possibilità di abbinamenti molto versatili.
L'Oltrepò Pavese
“Cos'è la pianura padana dalle sei in avanti, una nebbia che sembra di essere dentro a un bicchiere di acqua e anice”, scriveva Paolo Conte ne “La Fisarmonica” di Stradella: nebbie ma non solo in pianura, visto che il territorio, cha ha un’altitudine media di 300 metri s.l.m., si spinge anche a 600 metri di quota. Un territorio a forma di grappolo d’uva, questione di karma, verrebbe da dire. Sorge lungo l’asse del 45° parallelo che accomuna le grandi zone vinicole mondiali, dalla Napa Valley alla Georgia, ed è il terzo territorio per la produzione di pinot nero dopo la Champagne e la Borgogna. Ha radici legate alla viticoltura da oltre 2.000 anni: nel 40 a.C. Strabone, storico e geografo greco, scriveva: “vino buono, popolo ospitale e botti in legno molto grandi”. Nel 1884 l’Oltrepò Pavese vantava 225 vitigni autoctoni: oggi sono oltre dodici fra quelli conservati e quelli riscoperti. Pinot nero, croatina, barbera e riesling sono sicuramente i vitigni più rappresentativi, seguiti da uva rara, ughetta, pinot bianco, pinot grigio, cortese bianco, moscato, malvasia, mornasca e müller-thurgau. Più fattori dal punto di vista ambientale favoriscono un microclima distintivo: da un lato un clima mite influenzato dal vicino Mar Ligure, dall’altro la protezione delle montagne dell'Appennino e i differenti suoli di calcare, argilla e marna. Il territorio conta una superficie vitata di 13.500 ettari che si estende nella provincia di Pavia: Piemonte, Liguria e Emilia-Romagna sono molto prossime, in un vero e proprio crocevia contaminante cultura e storia. Un unico terroir e quattro valli molto diverse tra loro: la Valle Staffora, la Valle Coppa, la Valle Scuropasso e la Valle Versa. La Valle Staffora è una valle appenninica che si incunea tra la Val Curone in provincia di Alessandria, Santa Maria della Versa, la Val Tidone e la Val Trebbia, in provincia di Piacenza; la Valle Versa ricomprende i comuni di Stradella, Montecalvo e Versiggia; la Valle Scuropasso si trova tra la Valle Versa e la Valle Coppa, mentre la Valle Coppa vede in Casteggio il suo centro principale. 1700 aziende formano la filiera vitivinicola, con il 62% dell’uva lombarda che proviene da qui. Un territorio vocato alla biodiversità, in quanto i filari sono letteralmente incastrati tra i boschi: molte aziende hanno seminativo e bosco, e i vigneti sembrano coltivati come giardini. Un territorio di confine ancora non fortemente compreso, ma dalle indubbie potenzialità: il fatto forse di avere molti vini “buoni” potrebbe essere una sorta di maledizione, che va sfatata nei fatti e con una comunicazione corretta, che finalmente veda i produttori interpreti di un gioco di squadra.
La degustazione
Un vitigno per due masterclass: la prima dedicata al Metodo Classico Docg, la seconda alla vinificazione in rosso con la Doc. Le referenze sono state selezionate dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.
OLTREPÒ PAVESE METODO CLASSICO PINOT NERO DOCG
Oltrepó Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Martinburgo - La Travaglina
L’azienda è nata negli anni 60 nell’omonima cascina da cui ha preso il nome. Con i suoi 33 ettari di vigneto si trova sulla prima fascia collinare nel Comune di Santa Giulietta nel cuore delle colline dell’Oltrepò Pavese. L’assemblaggio prevede per il 90% pinot nero e per il 10% chardonnay, fermentati in acciaio e affinati per circa sei anni sui lieviti. I terreni sono calcareo argillosi con una pendenza che arriva anche al 25%. La spuma è molto ricca e cremosa, con una corona abbastanza persistente. Vino molto godibile, che mantiene l’acidità anche perché la malolattica non è stata svolta. I profumi sono freschi e croccanti, con una palette sostanzialmente floreale: fresia, glicine e fiori di acacia, per passare alla pesca bianca croccante e agli elementi vegetali come il timo limone e il rosmarino. Note molto fresche e succose al palato.
Oltrepó Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Brut - Torre degli Alberi
Si tratta di un’azienda biologica che sorge a Torre degli Alberi, un piccolo borgo sulle colline dell’Oltrepò Pavese a circa 500 metri di altezza con esposizione a sud. I terreni sono calcareo argillosi e i vigneti si trovano in alta collina. La sosta sui lieviti è di 42 mesi, il millesimo è del 2017 con sboccatura a giugno del 2022. Il calice attesta quanto sia importante l’affidamento sulle fecce fini: prima di creare una bollicina viene infatti creato un vino che, in questo caso, presenta freschezza, ottima acidità, leggiadria. Non per questo è privo di corpo, in quanto presenta una materia al palato ricca con maggiore concentrazione di complessità e sensazioni rispetto al precedente campione. Una importante grassezza di frutta sul finale, di grande piacevolezza.
Oltrepó Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Brut Millesimato - Ca’ del Ge
Si tratta di uno spumante con 60 mesi sui lieviti, a cui la maturazione in acciaio ha consentito di mantenere molta freschezza. Meno floreale nelle fasi iniziali, presenta una certa austerità ed eleganza, con una lunghezza al palato che ha sviluppo e progressione. Pur mantenendo freschezza è un vino meno da aperitivo e sicuramente più gastronomico, per via del piacevole bouquet fruttato e speziato che lo distingue.
Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Brut Collezione 2008 - La Versa
Lo spumante è stato sbloccato nel 2021, con 160 mesi sui lieviti. 85% pinot nero e 15% chardonnay che, come base, aveva fatto un passaggio in legno. Il vino presenta caratteristiche burrose e da crema pasticciera e frutta secca, giocato sulla complessità, a cominciare dal colore, un giallo dorato intenso molto elegante. Finale di nocciole tostate che firmano il pedigree del calice.
Oltrepó Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Rosé Cruasè 2018 - Pietro Torti
La cantina Pietro Torti di Montecalvo Versiggia è una piccola realtà nata negli anni ‘60 per volontà di Pietro Torti. Si trova a circa 360 metri sul livello del mare. Il suo progetto Cruasè va alla ricerca dell’eleganza, con estrazioni molto soffici a cominciare dal colore. Tonalità della cipria delicata, fiori di pesca, con una piacevolezza dissetante legata agli aromi primari. Ribes, mirtillo rosso, lampone, conferiscono una eccellente vivacità nei profumi. Al palato sorprende l’acidità, sferzante e di grande personalità.
Oltrepó Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg Rosé La Bolla Cruasè 2018 - Cantine Cavallotti
30 mesi sui lieviti e 6 di affinamento in bottiglia per un vino che ha una tannicità al palato più evidente. Un vino gastronomico, che ha memoria, lunghezza e seducenza, a cominciare dal colore. Vibrante, scattante, intenso e ben equilibrato. Persistenza sorprendente.
PINOT NERO DELL’OLTREPÒ PAVESE DOC
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Tiamat 2021 - Cordero San Giorgio
Vinificazione esclusivamente in acciaio. Il sottosuolo di matrice argillosa conferisce un’anima profondamente mediterranea al vino, con una avvolgenza fitta, meno tagliente. Il corpo ha materia e struttura, con sensazioni vegetali di bosso e ricordi di arancia sanguinella che amplificano la freschezza.
Eleganza del Vino Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc 2021 - Torti
La sensazione al naso è floreale con ricordi di petali di rosa. Nel complesso una bella gioventù, con ricordi di ciliegia più dolci e erbe aromatiche. Un corredo speziato sullo sfondo, per un vino che ha una buona struttura anche per via del leggero passaggio in legno.
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Riserva 2019 - Finigeto
Passaggio in barrique per 12 mesi, che conferisce al vino sensazioni più tostate da tabacco, incenso, cocco. Corredo speziato tra pepe nero, cumino e cardamomo, e beva comunque fresche e agile, per un risultato finale che sottolinea l’interpretazione moderna di un progetto originariamente più classico.
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Bertone 2018 - Conte Vistarino
Si tratta di un cru di 2 ettari con cloni borgognoni: nasce come progetto che guarda alla Francia, ma che nel tempo si è alleggerito, dimenticando per strada un’eccessiva austerità. Viola e rosa canina, frutti rossi, scorza d’arancia, erbe aromatiche e spezie, con una chiusura che rimanda alla liquirizia e al rabarbaro: un corredo ampio per un vino di grande piacevolezza e memoria.
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Noir 2018 - Tenuta Mazzolino
Il colore è più fitto rispetto ai precedenti, e il corredo olfattivo è molto ricco di sensazioni fruttate sotto spirito, dalla ciliegia alla mora, dal mirtillo alla prugna. Il ricordo di erbe aromatiche che si alterna nella metrica degustativa con gli aromi speziati, conferisce alla beva un buon ritmo e una buona piacevolezza. Il vino ha preso le distanze dalla interpretazione francese inizialmente voluta, e oggi appare come un prodotto territoriale e identitario.
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Giorgio Odero 2018 - Frecciarossa
Le uve provengono da una singola vigna a 160 metri sul livello del mare allevata in biologico. Il vino affina in acciaio, in botti da 25 ettolitri e in bottiglia. Il colore è molto fitto e concentrato, con rimandi prevalentemente alla mora di rovo, all’ incenso, a sensazioni di sacrestia, fiori e foglie secche. Un vino di corpo e struttura, di intensità e persistenza, che presenta una beva interessante proprio in forza dell’acidità che lo contraddistingue.
Dodici calici molto interessanti, una campionatura dell’oggi e, al tempo stesso, del domani: la volontà del Consorzio nell’organizzare momenti come questi risponde ad una logica di dare voce al territorio nelle sue espressioni più qualitative e appealing, passando attraverso una visione d’intenti e di obiettivi comuni a tutti i produttori. Quando la qualità c’è è tutto più semplice.