Dequinque. Nel cuore di Uberti

Dequinque. Nel cuore di Uberti

Degustando
di Giuseppe Vallone
09 luglio 2022

Infinito e multiforme. Nato dalla riserva perpetua di 10 vendemmie, il Dequinque è chiamato a rappresentare la lunga storia dell’azienda

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 22 Maggio 2022

I ritratti appesi accanto al fuoco scoppiettante di un camino tardo invernale danno un’idea della storicità del luogo dove ci troviamo. Saranno le tinte in bianco e nero, saranno gli abiti, probabilmente gli occhi delle due donne che chissà quanti sguardi hanno incrociato. Sarà tutto questo, o più semplicemente è l’effetto tridimensionale, di pura immersione temporale, che quelle due immagini conferiscono alle parole della nostra interlocutrice, che vi siede proprio davanti. Lei è Silvia Uberti e quei due quadretti, incorniciati in semplici ovali di legno, ritraggono le sue antenate. Ci troviamo a Erbusco, in località Salem, dentro una stanza dal soffitto in pietra nella parte antica della proprietà. Lungo la strada che ci ha condotto qui, più volte abbiamo pensato all’anno ufficiale di fondazione di questa realtà, il 1793 - quando a Parigi veniva ghigliottinata Maria Antonietta d’Asburgo- Lorena - e al peso di avere almeno 15 generazioni di avi dietro di sé. Questa lunga storia è però, per la famiglia Uberti, il propulsore di tutto il proprio agire. C’è una frase, sul sito internet aziendale, che riassume perfettamente, e fuor di retorica, questa filosofia: «dalla tradizione e dalla storia della nostra Famiglia, scaturisce lo spirito innovativo, la sensibilità e l’entusiasmo di essere Viticoltori in Franciacorta». Guardare alle proprie spalle, dunque, simbolicamente ai quei ritratti appesi alla parete, nella convinzione che sia lì la chiave per l’innovazione tesa al continuo miglio- Dequinque. Nel cuore di Uberti Infinito e multiforme. Nato dalla riserva perpetua di 10 vendemmie, il Dequinque è chiamato a rappresentare la lunga storia dell’azienda ramento. «È proprio questa la nostra forza», ci racconta Silvia, «essere nati qui, cresciuti e formati con l’esperienza di persone a loro volta nate e cresciute in questi luoghi». Sapere di essere parte di qualcosa di più grande di sé stessi, così che il peso del passato possa trasformarsi in voglia di miglioramento e ricerca dell’eccellenza. Perfettamente immerso in tutto ciò, parte integrante e integrata della grande famiglia Uberti, è Luigi Biolatti, cognato di Silvia: origini cuneesi, un passato e il cuore in Coldiretti, Luigi è il testimone venuto da fuori di ciò che di speciale serba questo luogo.

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Lo comprendiamo anche noi, a dire la verità: mentre ascoltiamo i racconti di Silvia, non possiamo che accorgerci degli occhi lampeggianti, dall’entusiasmo che riveste le sue parole, della passione con cui pesca nel suo vissuto e dell’ammirazione e della gratitudine verso i suoi genitori i quali, oltre al merito di averle fornito una cassetta degli attrezzi munita di tutto punto, l’hanno spronata a usarla, incoraggiandola a osare, ad alzare l’asticella dei propri obiettivi e dei traguardi aziendali. Che, poi, è quello che Agostino ed Eleonora, i genitori di Silvia, hanno fatto a loro volta quando, negli anni ’70 del secolo scorso, decisero di imprimere una svolta alla loro attività, abbandonando l’idea di un’agricoltura tout court per puntare esclusivamente sulla viticoltura. Guardare al proprio passato come base di lancio per il proprio futuro, dunque. Ne abbiamo ulteriore testimonianza camminando per l’azienda: all’aia, che un tempo ospitava gli animali, fanno da cornice gli edifici principali, tra cui quello storico tardo seicentesco, alle spalle dei quali si ergono i vigneti Ciusì, piante di cabernet franc di 35 anni, e Comarì – così chiamato perché venne acquistato, all’epoca, dal figlio della levatrice del paese, la comare -, chardonnay e pinot bianco di oltre 50 anni d’età, allevati ancora con un poetico sylvoz. Sotto i due vigneti, o per meglio dire dentro la collina, Agostino Uberti ha voluto realizzare la cantina, con una lungimiranza che è stata anche un auspicio, potendo accogliere il riposo di circa mezzo milione di bottiglie. Tra i corridoi fiocamente illuminati, l’atmosfera si fa momento e il momento si fa esperienza: è un attimo immaginare il remuage manuale cui si dedicano quotidianamente i ragazzi, «tutti bravi e molto appassionati» chiosa Silvia, «perché se non sei appassionato qui non duri». Mentre proseguiamo nel cammino, Silvia e Luigi ci spiegano l’impegno rivolto alla sostenibilità ambientale, intesa prima di tutto come cura della propria casa e attenzione alla comunità di cui fanno parte.

Tutto questo, la forza del passato, la tensione propulsiva verso il futuro, l’ottimismo e anche l’incoscienza di voler con tinuamente osare, la cura delle proprie radici e della propria casa; tutto questo si traduce in uno stile aziendale nitido e riscontrabile in tutti i vini di Uberti: dal Francesco I, di accesso alla gamma, passando per il Satèn Magnificentia e le Riserve, sino ad arrivare al progetto ultimo di Silvia Uberti, quello che ci vuole qui oggi ad ascoltare le sue parole: il Dequinque. «Se dagli altri vini emergono le particolarità legate all’annata, al vitigno o al singolo vigneto – spiega Silvia –, nel Dequinque ciò che risalta siamo noi, è “Uberti”». Il Dequinque, vino vincitore del Tastevin per la Lombardia della Guida Vitae 2022, nasce da una riserva perpetua iniziata nel 2002. In un tino di rovere naturale di 32 ettolitri sono custoditi vini da uve chardonnay provenienti dalle vigne che, anno per anno, si sono rivelate le più performanti. Nel 2007 ecco la prima base spumante, formata dalle cinque annate 2002-2006, che dopo il tiraggio è stata affinata sui lieviti per quasi 7 anni. Quindi, la commercializzazione della prima bottiglia, chiamata Quinque, dalle cinque vendemmie costituenti la cuvée.

Il progetto, da lì in avanti, non si è più fermato, e così è nato il Dequinque («da cinque», ci spiega Luigi Biolatti), frutto di 10 vendemmie e di un lunghissimo affinamento, la cui durata «non è prestabilita – specifica Silvia –, dipende da quando è il momento giusto». Abbiamo avuto l’onore di assaggiare un campione di botte del Dequinque che verrà, frutto di ben 20 annate, dalla 2002 alla 2021: vedere Silvia spillare dal vecchio tino di rovere quel “mangiaebeviˮ, come lo definisce lei, è emozionante. E in effetti, al palato più che al naso, è tutto fuorché una “classica” base spumante: fatta la tara delle ovvie asperità, ha un corpo e una complessità di aromi sorprendente, prodromi di ciò che sarà il vino dopo la presa di spuma e l’affinamento. «Nel Dequinque potete trovare Uberti», conclude Silvia. Sì, siamo d’accordo: un vino così ampio, che racchiude in sé luoghi, climi, epoche diverse, è come un grande libro di famiglia, fatto di brevi racconti e lunghi saggi, che concorrono a tratteggiare un alfiere della Franciacorta passata, presente e soprattutto futura.

Degustando Uberti

Rientrati nella stanza dal soffitto di pietra, il fuoco ancora a rischiarare le pareti, ci accomodiamo sulle sedie di legno. Silvia e Luigi ci tengono a farci degustare i vini che più ritengono rappresentativi di tutto l’affascinante scambio avuto sin lì.

FRANCIACORTA EXTRA BRUT FRANCESCO I
Chardonnay 75%, pinot bianco 15%, pinot nero 10%.
Uve da diversi vigneti, fermentazione in acciaio. Millesimo 2018 non rivendicato in etichetta. Tiraggio: marzo 2019, sboccatura: luglio 2021. Il perlage, fitto e guizzante, contribuisce a illuminare il calice dai barbagli verdolini. Naso estroverso di erba sfalciata, mela, pesca bianca e spezie dolci, accenni balsamici. In bocca l’attacco è morbido, poi emerge una gustosa vena fresco-sapida.

FRANCIACORTA EXTRA BRUT COMARÌ DEL SALEM 2014
Chardonnay 80%, pinot bianco 20%.
Uve provenienti dal solo vigneto Comarì, alle spalle dell’azienda. Fermentazione per l’80% in acciaio e per il 20% in barrique. Tiraggio: marzo 2015, sboccatura: maggio 2021. Il paglierino brillante ha riflessi dorati, la bollicina è finissima. Profumi di frutta tropicale, cenni di agrume, richiami vegetali e accenni balsamici formano un quadro olfattivo di grande suadenza. La bocca prosegue dove termina il naso, ha volume, rotondità, simmetria e una grande persistenza.

FRANCIACORTA DOSAGGIO ZERO SUBLIMIS RISERVA 2014
Chardonnay 100%.
Uve provenienti da un unico vigneto a Cazzago San Martino, in località Calino. Fermentazione in tini di rovere da 32 ettolitri. Tiraggio: marzo 2015, sboccatura: maggio 2021. Il perlage è quasi impercettibile. Il calice è eloquio ininterrotto, note dolci di crema pasticceria, vaniglia, zucchero filato e poi frutta gialla, torrone e nocciola tostata, cui fanno da contraltare accenni resinosi, di corteccia. All’assaggio è di impatto, piacevole, terso negli aromi di pesca e di mandorla, infinito nella persistenza, di classe e fattura sublimi, come il nome che porta in etichetta. Silvia e Luigi ci confermano quella che è più di un’impressione: «il 2014, per noi, è stata una grandissima annata».

FRANCIACORTA EXTRA BRUT DEQUINQUE CUVÉE 10 VENDEMMIE
Chardonnay 100%.
Riserva perpetua delle annate 2002-2011. Tiraggio: marzo 2012, sboccatura: ottobre 2020. Il colore è di oro antico, il perlage ha la persistenza di un soffio a confronto con la storia del vino che abbiamo davanti. L’approccio al calice esige tempo, non può pretendersi immediatezza da un monolite liquido cresciuto per lustri. Intenso, il naso ha richiami di ananas e mango, poi mela, albicocca, bulbose e liquirizia. La temperatura sale, il vino si scalda, emergono note di acquavite e pungenze di pepe bianco e senape. Assaggiarlo è un’esperienza, la bollicina è lieve, poi se ne va, e rimane un grande vino bianco, dalla struttura e dal carattere poderosi. La persistenza va fuori scala.